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Roberto e Fabio, due peccati per me posson bastare

By 14 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Questo racconto troverebbe la sua giusta collocazione nella sezione delle ‘confessioni’, ma tant’&egrave, &egrave pure un racconto, ed &egrave pure bene avvertire i lettori che qui si tratta di incesto. Sappiate, sappiano però tutti, che le righe che leggeranno &egrave come se fossero quelle di un diario: il diario di una puttana e delle sue bizzarre fantasie. Alla fine invece farà la sua comparsa un diario vero e proprio. Ma ogni cosa ha il suo tempo, e io non voglio anticipare nulla.

La nostra camera da letto &egrave sempre stata bollente: Roberto lì mi sbatte da sempre, quasi tutti i giorni, per un paio d’ore. Non abbiamo mai lesinato giochini, e m’intriga salire a smorzacandela su di lui, e allargare le cosce fino a sentire il suo cazzo in gola mentre le sue mani mi palpano le tette a pera rigogliose che ho, folleggianti fra i miei capelli lunghi e corvini. Quando sto sopra al mio uomo, adoro sentire le sue mani strizzarmi le tette come fossero due gustosi peccati da spolpare. Lo adoro. Se poi le sue grosse mani mi passano anche sui fianchi e mi solcano il culo, e sento bestemmiare e mi sento dare della puttana in tutte le salse, intraprendo una serie di orgasmi talmente lunghi e ravvicinati che non ci credereste! Io e Roberto ci siamo sposati che avevo ventitré anni, ma la nostra camera da letto cominciò a diventare ancora più bollente quando raggiunsi l’età di trentasette. Perché? E’ presto detto: mio figlio a quell’epoca cominciò ad invitare i suoi primi amichetti a casa. Niente di male, non crediate, solo mi faceva impazzire, nel pomeriggio, scopare Roberto nel timore che mio figlio o uno dei suoi amici potesse d’un tratto spalancare la porta e trovarci lì. Il gusto del pericolo, tutto qua; si sa, però, che non c’&egrave un peccato che ben presto non se ne assommi subito un altro. Quando mio figlio raggiunse i diciotto anni (io ne avevo quarantacinque) era davvero nel suo splendore: asciutto, magro, alto, era coccolato e vezzeggiato da tutte le ragazze della sua classe’ma egli era ritroso quant’altri mai. Non che non avesse pulsioni sessuali: le sue mutande ospitavano spesso macchioline facilmente identificabili, solo era timido; troppo timido. In quel periodo, nel pomeriggio, ospitava ancora i suoi amici in casa: ai giochi erano succeduti i compiti mal fatti, ma le mie abitudini non erano affatto cambiate. Non chiudere la porta a chiave mentre facevamo l’amore era un lusso che attendevo, e da un po’ di tempo avevo reso Roberto partecipe delle mie fantasie, che lo avevano dapprima allibito poi vieppiù eccitato. Spesso per aumentare le possibilità di essere scoperti arrivavamo a tenere la porta socchiusa. Ma all’eccitazione legata a quel senso di pericolo si era aggiunto, ahim&egrave, qualcosa in più’, ché nessuna diga, se non siamo noi a costruircela, si crea da sola per arginare le nostre voglie: che fosse un bel ragazzo, quel bel ragazzo di mio figlio, attraente e solo, a guardarmi’, che potesse essere mio figlio ad incontrare la mia schiena nuda e il mio sedere arrapante sul cazzo dell’uomo che amavo, cominciò a non essere affatto di secondaria importanza! Ben presto non sperai altro. E più mio marito mi recitava, sussurrandomi nelle orecchie, mentre mi trafiggeva nella penombra della camera, i suoi rosari al contrario e le sue parole ardenti, più io mi sentivo pronta a scioccare mio figlio.

E un giorno venne l’occasione per eccedere, per sbagliare, per essere peccato e non più madre, ma femmina, e maiala fino in fondo. L’occasione la dette una benedetta perdita nell’appartamento al piano di sopra, che in meno di dodici ore ricoprì la camera di Fabio, mio figlio, di pezzi d’intonaco. Bene. Per cinque giorni egli dormì, su di un letto di fortuna, accanto al nostro regale letto di battaglie.

Roberto intuiva il mio stato d’animo, ma mi amava troppo per prendermi a calci nel sedere come avrebbe dovuto, e finì con l’assecondarmi.

La prima notte che dormimmo tutti e tre nella stessa camera, appena Fabio cominciò a respirare profondamente feci una sega a mio marito e mi feci sborrare in bocca. Con un bel po’ di sperma fra le labbra, guardando il bel petto di mio figlio che si alzava ed abbassava nella notte, indugiai a lungo sul cazzo di Roberto.

La seconda notte, quando Fabio iniziò a dormire io cominciai a non desiderare altro che l’uccello di mio marito in bocca e la mia figa sulla sua lingua, e questo ottenni. Questa volta però volli che le lenzuola ci coprissero: celati agli sguardi possibili di nostro figlio avremmo potuto permetterci di giocare a lungo; folleggiammo così nell’oscurità, coperti, ma la prossimità a quella giovane virilità che mi apparteneva per diritto di natura’, era lei che mi faceva traboccare la figa di umori, ben oltre e ben di più delle semplici slinguazzate di mio marito, che era comunque un attore principale e indispensabile.

La terza notte mio marito la volle dedicare al riposo, povero, e io mi masturbai come una ragazzina per almeno tre ore: passai in rassegna tutti gli amici di mio figlio, dai più belli ai più brutti, e ad ognuno dedicai un orgasmo. Mi divertii a lasciare proprio il mio Fabio, ancora una volta, anche nel mio pensiero, a bocca asciutta!

La quarta notte cominciai proprio a desiderare che lui ci sorprendesse: ero pronta a scioccarlo. Quel giorno compiva diciannove anni: per regalo volevo mostrargli come la sua mamma si facesse scopare a dovere dal suo papà. Era ora che aprisse gli occhi a quell’età, no? Ero avida, impaziente. Quella notte non aspettai di sentire il rumore pesante del respiro nel sonno, e ben prima, con un iniziale suo imbarazzo, cominciai sotto le coperte a far rizzare il bel pisellone di mio marito. Poi scesi sotto le coperte con la testa e gli baciai le palle e presi a spompinarlo, e ad un tratto mi accorsi che mio figlio si stava alzando. Rimasi immobile col cazzo di Roberto in bocca. Sentii mio figlio che al buio cercava nel corridoio la luce del bagno, infine trovandola. Udii distintamente il rumore della sua piscia nel water e proprio in quel momento decisi di continuare a spompinare per bene il mio Roberto. Volevo che il suo orgasmo coincidesse col rientro nella camera di nostro figlio, col suo coricarsi nel suo letto di fortuna, nella sua zatterina accanto al nostro vascello di peccati, che prima o poi, lo sapevo, lo avrebbero raggiunto. Mio marito mi diede una piccola botta in testa per fermarmi, ma io sapevo come scioglierlo: mugolai indifesa succhiandoglielo come un’ adolescente ed egli dopo pochi minuti mi travasò in bocca il suo liquido caldo mentre Fabio ci concedeva la sua seconda ‘buona notte’.

La quinta notte fu decisiva: appena Fabio si addormentò volli mettermi a scopare con Roberto completamente fuori da lenzuola e coperte, e in modo tale che, gli fosse accaduto di destarsi, avrebbe trovato il mio culo proprio vicino alla sua faccia e il bel cazzo di suo padre proprio dentro la mia sorca! Che vedesse dunque che razza di mignotta era sua madre. Cominciai così ad andare su e giù, in quella posizione che adoravo. Quella notte però Fabio voleva dormire più profondamente del solito e non lesinai di scoreggiargli un po’ in faccia per cercare di svegliarlo dai suoi sogni, ma non ottenni alcun risultato: sotto di noi, a neppure un metro da noi, egli dormiva sonni beati. Ma io stavo impazzendo, volevo che egli ci vedesse. Cominciai a dimenarmi in modo da far perdere la testa a Roberto, gli presi una mano e me la conficcai tra le chiappe, e l’altra la costrinsi a strizzarmi le poppe come fossero due gavettoni pieni d’acqua calda, e quando fui sicura che non avrebbe potuto più fermarsi cominciai a perdere la testa anch’io’: ‘Godo, sì, sono la tua puttana’, cominciai prima piano, e poi sempre più forte, a dire. ‘Sfondami, ti prego, trapassami l’utero con il tuo cazzo di pietra’, quasi gridai. Mio figlio si svegliò in quel mentre e accese come un razzo la lampada del nostro comodino: egli vedeva i miei capelli lunghi, neri, liberi sulla mia schiena ancora molto attraente, e il mio culo ancora giovanile che galoppava senza pietà sulla mazza di suo padre che mi penetrava duro.

Ci guardava incredulo con un piccolo sorriso, senz’altro più innocente che malizioso, esterrefatto, stralunato dalla mancanza di rispetto che stavamo dimostrandogli. Poi proferì, severo: ‘Ma non vi vergognate?’. Non ci crederete: mi scoppiò una scoreggia. Al che mi misi a ridere sguaiatamente e ad abbracciare con passione lasciva il corpo di mio marito, che ormai non era più in sé, appoggiando i miei seni al suo petto. ‘Scopami Roberto, scopami, che Fabio non lo saprà mai fare come te’, dissi, e in quel mentre guardai Fabio e mi scostai con la mano una chiappa per mostrargli la via che poteva seguire per smentirmi. Egli a quel punto uscì dalla stanza sconvolto e sbattendo la porta.

Il giorno dopo Roberto lo dedicò a cercare Fabio per la città, ma Fabio rientrò in casa alla sera che Roberto era ancora fuori a cercarlo’ Io ero in salotto che aspettavo accanto al telefono ma con un buon presentimento. Mio figlio era orgoglioso: sapevo che sarebbe tornato. Tornò, infatti, e quando fu nel salotto e mi vide, mi guardò imperterrito, con un viso maschio e risoluto che pareva dirmi: ‘L’hai voluto tu: morire di piacere o morire e basta, scegli’. Scelsi, lo immaginate, di morire di piacere.

La luce elettrica era accesa e le tende erano spalancate: tutto il quartiere poteva vederci. Feci l’atto di alzarmi dal divano per tirare le tende ma Fabio aveva già tirato fuori il suo cazzo giovane armato di tutti i suoi odori meravigliosi, e caddi ai suoi piedi letteralmente a bocca aperta. Gli succhiai il cazzo per dieci minuti e quando lo ebbe ben duro lo guardai per aspettare i suoi ordini. ‘Ti prendo il culo’, disse feroce. Mi limitai a chiedere se voleva che tirassi le tende. Fece un semplice cenno per dire di chiuderle. Tremava. Tirai la tenda. Tremava e io lo punzecchiai: ‘Non sono tua madre, sono la bambinaia, la vostra bambinaia scrofa, falla godere’, gli dissi mettendomi a carponi e allargandomi il culo più che potei: ‘Sputaci sopra e affonda’, impetrai. E lui lo fece.

Ma io qui mi fermo, perché a questo punto mi sembra più interessante farvi conoscere le sensazioni di mio figlio. Trascrivo a questo fine alcune righe del suo diario personale, che vi faccio conoscere senza il suo consenso; ma credo ne valga la pena, e penso sia un bel modo per concludere il mio racconto d’incesto.

‘[‘]Il mio cazzo era duro e incollato al mio ventre. Tirava verso l’alto come fosse tirato da un elastico, come potesse diventare più lungo di quello che era, e già non lo era mai stato così tanto. Paragonato al cazzo di mio padre era poca cosa, certo, ma aveva un’energia!’ Il sedere bellissimo di Silvia era spalancato e il culo divaricato era un pertugio di libidine e intimità. Agganciai quel buco con il cazzo e sprofondai in esso gridando ‘troia!’ con tutte le mie forze. Lei inarcò la schiena e divaricò ancor di più le gambe, a carponi com’era, e si lasciò stantuffare implorando di darle della puttana e di darci dentro quanto più potessi. La pompai per mezz’ora fino a sfinirmi a furia di resistere per non venire troppo presto, e il suo culo infine accolse tutta la mia sborra con una tale voracità che ebbi l’impressione che un ululato silenzioso dipartendosi da esso conducesse il mio cazzo nelle più lontane viscere di mia madre e raggiungesse fin la sua ugola, tant’&egrave che ella si voltò a guardarmi ed aprì una bocca sensuale e dissoluta che m’invitò a baciare. Mentre gli ultimi sussulti mi scuotevano baciai la bocca di mia madre, a lungo, troppo a lungo. , mi diceva. E infatti io persi allora la mia verginità: inculando mia madre. Ci intrattenemmo così fino all’arrivo di mio padre, che fu quasi felice di vedere quella scena, tanto si sentì sgravato da un senso di colpa che lo stava forse per uccidere. Considerammo così pari e patta tutta la faccenda [‘]’.

Ecco tutto. Ultima banale considerazione: davvero mio figlio non potrà mai negare di essere un figlio di puttana!

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