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Erotici Racconti

Incontinenti propositi

By 28 Novembre 2019Febbraio 13th, 2023No Comments

Sono dentro casa che rifletto, dalla finestra del terzo piano squadro là di fuori in lontananza e osservo il vento che smuove il fitto fogliame sollevandolo dall’asfalto, mentre una ragazza nel frattempo conduce al guinzaglio il cane affrettandosi per rientrare. Dopo mi accomodo e ben presto il freddo e inespressivo tessuto del canapè questa volta non m’infastidisce né mi secca più, perché le temperature si stanno alzando e un brivido fresco sulle cosce nude è indiscutibilmente gradevole e per di più teneramente soave. Nel frattempo io m’accovaccio rilassando le caviglie sullo schienale, allungando la schiena in maniera obliqua sulla seduta, mentre m’abbandono levando ogni volontà alle braccia fiacche, con i capelli che nel contempo s’ammassano morbidi sulla nuca. 

Al momento è piuttosto caldo, sennonché io quella chioma non la sopporto più, perciò rimango indifesa qualche istante poi richiamo una mano, la sollevo, in seguito la passo sulla nuca umida liberando le ciocche oltre il bordo del canapè verso il basso, lasciandole penzolare verso il pavimento per carezzare appena il legno. La luce frattanto inonda le travi bianche, non ci sono tende per proteggerla, mentre il cielo s’infrange sulle pareti tingendole appena: una nota azzurra sbianca scolorendo in maniera impietosa le gambe flesse e lo smalto scuro si lucida di colore blu. 

In realtà mi piacciono molto i contrasti, prediligo il loro immancabile risalto, perché gioco stringendo le palpebre, confondendo la retina e sovrapponendo i colori disorientandoli: il bianco freddo si scalda in un istante, stemperando in conclusione lo sfondo e la lacca scura delle unghie. Alla fine sorrido mentre ascolto i nervi sciogliersi, slegarsi grazie al peso del capo in abbandono, poi scivolo un altro poco oltre la seduta e la nuca cede improvvisamente. Con la mente vado subito al recente spettacolo, al burrone buio oltre il palco, all’idea d’una coreografia che punti proprio sul senso di vuoto oltre le luci di scena. In quel momento sforzo gli occhi in cerca delle sigarette, non le vedo, mi maledico e prima d’alzarmi imprimo ogni dettaglio sulla pelle, la mia stavolta, per poter ritrovare al mio ritorno la stessa identica posizione iniziale. 

Il canapè conserva accuratamente il mio peso quasi intatto e quando ritorno per coricarmi trovo la traccia delle spalle, la linea della schiena e l’avvallamento più fondo delle natiche. Mi sdraio calcando la mia stessa impronta, eppure immancabilmente non trovo le stesse piacevoli sensazioni, allora scrollo le spalle, m’accendo una sigaretta e rovescio la testa interamente oltre la seduta, perché il sangue in tal modo svuota le gambe e fluisce lento alla mente, poi porto il filtro alle labbra e aspiro chiudendo gli occhi lasciando scorrere i miei confidenziali e sfrenati libidinosi pensieri. Quando li riapro spalanco la bocca senz’avvicinarne gli angoli e il fumo sale contrario dal mio palato, annebbiando di netto provvisoriamente le labbra. Non ho specchi vicini, eppure mi vedo, dal momento che conosco perfettamente l’espressione e la caratteristica inconfondibile mimica del mio viso quando fumo, perché amo quel tocco d’altri tempi che vedevo in mia nonna suppergiù vent’anni fa. 

La sigaretta adesso scioglie disgiungendo le ultime tensioni e da lontano assieme all’ozio, mostra in conclusione un’ordinaria fiacca sbrogliandola. Non penso d’esitare né d’oppormi, poiché infilo direttamente la mano sinistra tra le cosce e mentre chiudo gli occhi godendomi una nuova boccata, lascio che le dita seguano l’antico e primitivo originario istinto, la naturale indole. I polmoni si riempiono sotto la spinta dei polpastrelli leggeri, poi quando questi fremono si fermano, premono infastiditi e affondano perché il diaframma si livella distendendo il ventre. La schiena s’allunga, si piega nell’onda del piacere che arriva sgradevolmente presto, antipaticamente e indubbiamente assai presto, sto per cedere, l’orgasmo irruento penetra inondandomi lascivamente e scardinandomi in modo vorticoso le viscere, molto prima che la sigaretta finisca lasciandomi delusa, frustrata e finanche insoddisfatta. 

Al presente, in un baleno, riesamino rielaborando gradevolmente per diversi secondi vivamente ammaliata e totalmente avvinta, per di più calorosamente assorta e spregiudicatamente coinvolta, squadrando con estremo diletto e con grande soddisfazione la scena finale di Riccardo, che peraltro io adoro molto in quest’atteggiamento puro e vizioso, giacché a seguito del mio fantasioso pompino lui mi sborra in definitiva sulle tette, scaricandomi tutta la sua candida e densa speziata essenza. Entrambi, invero, ci siamo intenzionalmente nascosti in fretta e furia sotto la tettoia d’un casolare abbandonato all’imbrunire, in una giornata d’un inatteso acquazzone estivo mentre rientravamo verso casa con la mia Ford Fiesta, dove io in quella lussuriosa circostanza avevo come un’ossessa una voglia grandissima di succhiargli il cazzo e successivamente di scopare. 

In un secondo tempo, manifestamente stremata, ma vivacemente appagata, sollevo la testa e la ricolloco pigramente sul bracciolo del canapè, spengo il mozzicone nel posacenere trasparente e mentre l’eccitazione ritorna a pizzicarmi sorprendendomi e attizzandomi, attendo che le dita riprendano nuovamente a svagarsi liberamente senz’impedimenti di sorta.  

{Idraulico anno 1999}   

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