SCENA 3
Non so come ne sarebbero usciti ma ce l’avrebbero fatta. Mario sapeva solo che nel mentre tutto sembrava un inferno. Cercavano di non darsi troppa confidenza, di non perdersi in chiacchiere. Facevano di tutto per cercare di evitarsi per non ricadere l’uno tra le braccia dell’altro. Ma non era facile. I primi giorni se Lara era in salotto Mario si chiudeva nello studio, mentre quando Lara andava in camera Mario riprendeva possesso del resto della casa. Si davano un saluto ogni tanto, niente domande, niente programmi. Era maledettamente difficile.
Finalmente una sera Mario decise di provare a uscire. Chiamò Matteo e si diedero appuntamento al GIN pub come al solito. Magari fare due chiacchiere con un amico l’avrebbe aiutato.
Il pub era un vecchio locale in mattoni scuri e legno consumato. Luci soffuse proiettavano ombre morbide sui tavoli graffiati, mentre voci e risate si sovrapponevano alla musica rock che usciva dai diffusori. L’odore di birra e fritto impregnava l’aria, denso e familiare.
Mario fissava il boccale davanti a sé, la schiuma che si scioglieva lentamente come un’illusione destinata a svanire. Matteo, dall’altra parte del tavolo, si passò una mano tra i capelli castani e scosse la testa.
«Non ci credo, amico. Stai davvero dicendo che vivete insieme, ma come due coinquilini?»
Mario sollevò lo sguardo e strinse le spalle, come se il peso della situazione gli fosse appena scivolato lungo la schiena. «Sì, è l’unica cosa che possiamo fare adesso. Andarsene sarebbe troppo complicato. E poi… quella è casa nostra.»
Matteo lo fissò incredulo. «Casa vostra? È un purgatorio, altro che casa.» Fece un sorso di birra e aggiunse, più serio: «Mario, stai giocando col fuoco. Sai cosa significa questa pausa? Che lei è libera di uscire. E non dirmi che non lo sai.»
Mario deglutì. Sentiva le parole dell’amico come aghi sotto pelle. Guardò il boccale, poi gli occhi scuri di Matteo, che erano pieni di una preoccupazione che lui non voleva vedere.
«Lo so,» rispose piano. «Ma se è quello che serve per farci ritrovare… ne vale la pena. Matteo io la amo perdutamente, sarei disposto a fare qualunque cosa pur di vederla felice e tornare insieme.»
Matteo fece un gesto con la mano, come a spazzare via l’ingenuità di quell’affermazione. «Sei pazzo. Lei è giovane, è bellissima. Ti rendi conto di quanti le correranno dietro? E se lei ci sta? Ci hai pensato?»
Mario sentì una fitta allo stomaco. La sua mente proiettò un’immagine improvvisa e dolorosa di Lara che rideva con uno sconosciuto, le labbra curve in quel sorriso che una volta era solo suo. Un brivido gli scivolò lungo la schiena. Paura, gelosia… e qualcosa di più oscuro, più profondo, una scintilla proibita di eccitazione che lo fece sussultare.
«Se… se qualcuno ci prova con lei?» sussurrò, come se stesse parlando a se stesso.
Matteo lo fissò con occhi accigliati. «E se lei risponde? Se è quello che sta aspettando? Una scusa per lasciarsi andare, per dire che è successo mentre eravate ‘in pausa’? Non puoi controllarla, Mario. E non puoi impedirti di soffrire quando succederà.»
Mario chiuse gli occhi per un attimo. La testa gli pulsava. «Non è così semplice. Non lo farebbe mai..»
«Sì, invece,» ribatté Matteo. «Sei ancora innamorato di lei. E sei troppo orgoglioso per ammettere che questa pausa è una resa. Un’inutile anticamera alla separazione. Sai già come andrà a finire»
Mario prese il telefono dalla tasca. Lo schermo rifletteva la luce fioca del locale. Con le dita tremanti, aprì la chat con Lara. Non le scriveva da quando avevano deciso di separare i loro spazi. Il pollice esitò sulla tastiera, poi digitò rapidamente:
Come stai? Dove sei?
Premette “Invia” e sentì il cuore accelerare. Non ci volle molto prima che la risposta arrivasse. Uno squillo breve, una vibrazione secca. Il messaggio di Lara apparve come una lama sullo schermo:
Non devi sapere sempre dove sono. Siamo in pausa, ricordi? Non mi stare addosso
Sto uscendo a bere con delle amiche.
Gli occhi di Mario si spalancarono. Sentì un gelo diffondersi sul petto, mentre una fiamma sottile e malata gli bruciava dentro. Il terrore si annodava con qualcosa di viscido e primitivo: l’idea che Lara fosse fuori, che qualcuno potesse notare i suoi capelli dorati, il suo corpo forte e morbido, il modo che aveva di ridere con le mani quasi a coprirsi il volto. L’idea che un altro potesse desiderarla… e forse toccarla.
Gli tremavano le mani mentre poggiava il telefono sul tavolo. Matteo lo guardò scuotendo la testa. «Te l’avevo detto. Questa storia finirà male.»
Mario prese un respiro profondo, cercando di controllare il battito accelerato. «Forse,» ammise. «Ma devo provare. Lo dobbiamo a noi.»
Matteo sbuffò, appoggiandosi allo schienale della sedia. «Se hai bisogno di qualcuno che ti ricordi quanto sei idiota, sai dove trovarmi.»
Un sorriso stanco si fece strada sul volto di Mario. «Sei già qui.»
Il vociare del pub continuava attorno a loro, indifferente. E mentre il telefono restava immobile sul tavolo, Mario fissava il display come se aspettasse un altro messaggio. Una spiegazione. O forse una scusa per correre da lei e mettere fine a quella farsa.
Cuori in pausa – dramma erotico in innumerevoli scene – SCENA 3
One Comment
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Complimenti, un racconto scritto veramente bene, con scene corte ma potenti e sempre con un cliffhanger finale.
Non vedo l’ora di leggere il continuo.
Grazie!