SCENA 5
Il buio dello studio era denso, ma Mario non riusciva a sentirsi al sicuro. Si era addormentato di un sonno pesante, trascinato dalla grappa e dal tumulto dei pensieri, ma qualcosa lo aveva svegliato di soprassalto. Un rumore esterno, il suono di una macchina che si fermava nello spiazzo davanti alla villetta.
Istintivamente si alzò, i piedi nudi sul pavimento freddo. Si avvicinò alla finestra, scostando appena la tenda. Le luci dei fari erano accecanti, deformavano le figure. C’era qualcuno alla guida, una sagoma maschile, e Lara era seduta accanto, nel posto del passeggero. Mario sentì il petto stringersi.
Le luci automatiche si spensero, lasciandolo a fissare il buio. Distingueva a malapena le due figure sedute in macchina. Il silenzio si fece pesante, rotto solo dal ticchettio della sua ansia. Si sforzava di vedere, di capire cosa stesse succedendo. Chi era quell’uomo? Da quanto tempo erano lì fermi? Cosa stavano aspettando? “Dai Lara scendi da quella macchina” pensò Mario.
Il tempo sembrava liquido, dilatato. Minuti interminabili in cui Mario si sforzava disperatamente di capire cosa stesse succedendo. Gli sembrò di vedere Lara sporgersi verso l’uomo alla guida. Ma forse no, era troppo buio per riuscire a vedere qualcosa. Poi, finalmente, la portiera del passeggero si aprì. Lara scese con un movimento incerto, i capelli biondi che scivolavano sulle spalle. La voce di un uomo risuonò ovattata nella notte:
— Stai bene? Ce la fai a salire o vuoi che ti accompagni?
Mario trattenne il respiro. Sentì il sorriso nella voce di Lara mentre rispondeva:
— No, no… ce la faccio. Grazie davvero.
Aveva bevuto, si sentiva chiaramente. La sua voce aveva quella dolcezza roca e sfocata di chi è appena un po’ oltre il limite. Poi lei fece un gesto che Mario non poté vedere chiaramente, ma quando l’uomo rispose con un semplice:
— Ci sentiamo domani,
Mario capì.
Lara mandò un bacio con la mano e chiuse la portiera. La macchina ripartì, lasciandola sola davanti alla villetta.Lei lo guardò andare via, rimanendo in piedi con un lieve dondolio. Lui rimase immobile, il respiro spezzato nel petto mentre lei infilava la chiave nella toppa. La porta si aprì e Lara entrò.
Dal suo studio al primo piano, Mario aveva una vista perfetta sull’ingresso. Vide Lara chiudere la porta dietro di sé e appoggiarvisi con la schiena. I capelli le coprivano il viso, ma le sue mani salirono lentamente a stringersi nelle ciocche dorate, come a trattenere un pensiero, una sensazione. Poi abbassò le mani e, improvvisamente, rise piano. Una risata leggera, elettrizzata, carica di qualcosa che lui non riusciva a decifrare ma che sentiva come una pugnalata.
Lei barcollò leggermente verso la cucina. Mario si sporse appena di più, il cuore che gli batteva nelle orecchie. Lara prese il cellulare e iniziò a scrivere. Le sue labbra si piegarono in un sorriso. Quel sorriso che lui non vedeva da mesi.
La vide avvicinare il microfono del telefono alla bocca e iniziare a sussurrare qualcosa, ma non riusciva a tenere ferma la voce. Stava inviando un vocale a Giada, la sua amica. Mario cercò di ascoltare di capire. Solo qualche parola spezzata qua e là che rimbombava tra le pareti della casa avvolta nel silenzio:
— Non puoi capire … Giada… tutta la sera a parlare e bere … Divertita … Non crederci … un bacio … Dio, non puoi capire … Mi sento … avevo bisogno … tutto assurdo … Domani
La gola di Mario si chiuse. Le parole rimbombarono nella sua testa come macigni. Un bacio. Cosa voleva dire? Si sono baciati? Voleva darle un bacio? O voleva lei? Le immagini che aveva immaginato qualche ora prima si sovrapposero alla realtà, crude e senza controllo. La sua Lara, tra le braccia di un altro. E lei era felice. Rideva, si sentiva viva. Avevo bisogno.
Si ritrasse di scatto, il sudore freddo sulla schiena. Tornò verso il divano letto, cercando di respirare piano. Il rumore dei passi di Lara sulle scale lo fece irrigidire. Si sdraiò di fretta, chiudendo gli occhi, fingendo un sonno profondo.
Sentì i passi fermarsi davanti alla porta dello studio. Il suo respiro era lento, controllato con uno sforzo immane. Sapeva che Lara era lì, in piedi, forse guardandolo. Un’eternità sospesa tra loro. Lei entrò nella stanza, muovendosi piano piano, si avvicinò a lui guardandolo dormire e gli diede un bacio sulla guancia. Mario non si mosse continuando a fingere di dormire. Sentì lei rialzarsi e i suoi passi che si allontanavano fino ad udire la porta del bagno chiudersi a chiave dietro di lei.
Mario aprì gli occhi nel buio, sentendo un vuoto infinito spalancarsi dentro di sé, immobile sul divano letto senza sapere come reagire, gli occhi fissi sul soffitto avvolto nel buio. Ogni fibra del suo corpo era tesa come una corda di violino, i muscoli rigidi, le mani serrate in pugni involontari. Il silenzio della casa sembrava amplificare ogni suono. Sforzandosi di ascoltare, percepì un lieve ronzio provenire dal bagno. Un suono appena udibile. Si alzò cercando di non fare rumore e si avvicinò alla porta del bagno. Il ronzio era più intenso ed era interrotto da respiri rapidi e spezzati. Oddio si stava masturbando con il suo giochino. La mente iniziò a sussurrare scenari che non voleva considerare. Cercò di fermarsi, di allontanare quei pensieri, ma erano già lì, nitidi e crudeli. Era tentato di guardare dalla serratura ma temeva di fare troppo rumore.
Rimase lì inerme ascoltando Lara che in bagno cercava il suo piacere. Mario iniziò a toccarsi anche lui, chiuso fuori dalla porta del bagno, mescolandosi al piacere di lei. Lei che si masturbava pensando a cosa? Al ragazzo della macchina? Lara che cercava piacere perché carica di eccitazione per la serata passata fuori. Mario che pensava a loro due insieme. Sentì provenire dal bagno un gemito strozzato e poi il click del pulsante del giochino di Lara. Cercando di non far rumore ritornò a letto, ancora eccitato per la situazione assurda che si era creata. Respirò profondamente e si girò su un fianco, tentando di ignorare quella tortura mentale. Dopo qualche minuto, sentì la porta del bagno aprirsi. I passi di Lara erano leggeri, esitanti. La sentii fermarsi poco fuori dal bagno, tra le stanze. Nel buio, Mario udì un sussurro:
— Buonanotte.
La voce era dolce, appena percettibile, come una carezza. Ma a chi era rivolta? A lui? Oppure a qualcun altro? un messaggio vocale inviato a qualcuno? L’incertezza gli scavò un solco nello stomaco. Il rumore della porta della camera di Lara che si chiudeva risuonò come un sigillo definitivo.
Mario chiuse gli occhi, ma l’oscurità dietro le palpebre era popolata da fantasmi. Immagini di Lara che rideva con un altro, le sue labbra che si curvavano in quel sorriso che lui amava, ora rivolto a un estraneo. Vedeva mani che non erano le sue sfiorare le braccia di Lara, scivolare lungo la sua schiena, intrecciarsi nei suoi capelli. Vedeva quel viso che una volta cercava solo il suo, ora sollevato verso un altro uomo, pronto a un bacio che non era per lui.
Il dolore nel petto si mescolava a una eccitazione perversa, un tormento che non riusciva a scrollarsi di dosso. Ogni scena immaginata si faceva sempre più dettagliata: Lara che si lasciava cadere su un letto sconosciuto, il corpo che si inarcava sotto un altro, i sospiri che lui aveva imparato a conoscere ora dedicati a qualcun altro.
Cercò di scacciare quelle visioni, ma erano come onde che si infrangevano sulla sua mente senza sosta. Si girava e rigirava, le lenzuola che si attorcigliavano attorno a lui come catene. Riprese in silenzio a masturbarsi mentre flash di immagini rimbombavano nella sua testa. Aveva ancora in testa gli ansimi di Lara chiusa in bagno a cercare un piacere solo suo. Venne. Stremato e si sentii crollare.
Finalmente, in un momento di stanchezza estrema, scivolò in un sonno tormentato. Ma gli incubi lo aspettavano lì, pronti ad assalirlo. Vide Lara avvolta tra le braccia di un ragazzo che non riconosceva, i capelli sparsi sul cuscino, il viso illuminato da un sorriso radioso, libero. La sentì ridere, gemere, la vide muoversi con un’intimità che una volta apparteneva solo a loro. Voleva gridare, fermarla, ma era paralizzato.
Si svegliò di colpo, il respiro affannoso, il petto umido di sudore. La stanza era fredda e desolata. La notte sembrava eterna. Chiuse di nuovo gli occhi, sfinito, solo per sprofondare in nuovi incubi. Ogni volta si svegliava più esausto, più svuotato.
Quando infine il buio cominciò a stemperarsi nei primi accenni di luce del mattino, Mario giaceva sul divano letto, lo sguardo fisso nel vuoto, le palpebre pesanti. Non c’era riposo, solo un vuoto che pulsava sotto la pelle, un senso di perdita che gli aveva prosciugato ogni energia.
Cuori in pausa – dramma erotico in innumerevoli scene – SCENA 5
One Comment
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Ho temuto che non continuassi… sarebbe stato un vero peccato, il racconto è davvero interessante