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Ciò che puoi darmi, lo prendo

By 8 Gennaio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

23 Agosto 2013

Mi ha incuriosito fin dal primo momento che l’ho visto, ma non mi aveva colpito particolarmente, fatta eccezione per il primo contatto avvenuto con una sola stretta di mano, decisa, ma non forte e quel semplicissimo gesto di buona educazione lo avevo apprezzato molto, era riuscito a sorprendermi. Lo ammetto non mi interessava minimamente, era uno come tanti, ma poi in un attimo &egrave cambiato tutto. Ricordo che ad un certo punto della serata, mi ero alzata dalla tavolata per fumare una sigaretta, per non dare fastidio a nessuno, ma non era altro che una scusa per allontanarmi un po’, dopotutto non erano proprio miei amici, la maggioranza almeno: era una serata tra conoscenti e volevo prendere le distanze, per poter osservare tutti da un diverso punto di vista, studiare le azioni naturali come bere, parlare, il gesticolare delle mani, il modo di sedersi, lo stare più vicino o lontano ad una persona rispetto ad un’altra, e così via. C’&egrave stato un momento però nel quale non ero più io ad osservare gli altri, qualcuno lo stava facendo a me! Sento ancora sulla pelle quella sensazione e non c’&egrave voluto molto per incontrare lo sguardo del mio osservatore: un sorriso beffardo gli illuminava il viso, i suoi occhi azzurri, come il cielo che si riflette in uno specchio d’acqua, difficili da passare inosservati, mi stavano guardando. Mi fece cenno di andare a sedermi accanto a lui e le mie gambe si erano già mosse ancor prima che il cervello trasmettesse quel semplice comando ai miei muscoli. Mi piaceva, accidenti se mi piaceva ed era da tanto, forse troppo tempo, che un ragazzo non dimostrava interesse nei miei confronti, anche se, mentre mi dirigevo verso di lui, l’istinto mi stava mettendo in guardia: ‘Non avvicinarti’ti farai male!’ e aveva dannatamente ragione. Il mattino seguente avevo una richiesta d’amicizia.

31 Dicembre 2014

E’ la notte di capodanno. Siamo tutti intorno a un tavolo, per trascorrere la serata in compagnia, per festeggiare tutti insieme e con un’astuta manovra sei riuscito ad avermi vicino, sei seduto accanto a me. La cena trascorre tranquilla, tra una risata e l’altra tu continui a riempirmi il bicchiere e ormai sono piacevolmente allegra, ma ancora abbastanza lucida per alzarmi e uscire a fumare una sigaretta insieme a te. So già cosa vuoi, so quello che vuoi fare.
Fuori l’aria &egrave gelida, ma grazie al vino che ho in circolo, non lo sento così pungente o forse sarà perch&egrave siamo uno fianco all’altro e tutto il resto non ha la minima importanza.
‘Lo sai che adesso voglio verificare vero?’ mi dici avvicinandoti.
Certo che lo so, te l’ho detto a tavola che questa sera non ho messo le mutandine e adesso vuoi sapere se ho detto la verità, se davvero l’ho fatto’eccome se l’ho fatto!
Mi sollevi la giacca e sali con la mano fino a trovare l’elastico dei leggings che superi velocemente per riscendere altrettanto rapidamente verso quelle che sono le mie labbra più nascoste: la tua mano &egrave fredda, la mia intimità &egrave calda, bagnata e questo contrasto mi da i brividi, li sento in tutto il corpo, sono sempre più stordita, mi fa ribollire il sangue e so che se non ti fermo, perderò il controllo.
‘Non te ne approfittare.’ A queste mie parole, ti fermi all’istante e ti allontani. Non volevo questo, ma &egrave davvero troppo pericoloso, qualcuno potrebbe vederci.
Sospirando, pensavo ormai che quello era il massimo del contatto che avremmo avuto, quindi mi accendo un’altra sigaretta nel tentativo di reprimere la mia eccitazione, ma con grande sorpresa ti avvicini di nuovo, ma questa volta infili la mano da sopra la giacca, ti fai strada tra il maglione e il reggiseno, ti fermi quando arrivi al mio capezzolo, diventato turgido, un bottoncino sensibilissimo e lo stringi tra i polpastrelli gelidi: mi fa impazzire quando lo fai e lo sai bene, perché continui e io non voglio fare niente per farti desistere. Vorrei potermi lasciar andare e gemere senza aver paura che orecchie indiscrete possano sentire, vorrei farti sentire quanto riesci a sconvolgermi i sensi con solo quelle piccole strette delle dita. Ti prego non fermarti. Allungo la mano verso il cavallo dei tuoi jeans, inizio ad accarezzarti da sopra il tessuto e sento, sento la tua erezione già cresciuta al massimo che se possibile mi fa bagnare ancora di più. Scavalco la cintura, scosto il cotone dei tuoi boxer e finalmente sento la tua forza, calda che mi pulsa tra le dita. Ti prego lo voglio adesso. Lascio per un momento la mia scultura preferita per tentare di slacciarti la cintura e avere tutta per me la tua eccitazione, ma tu hai un’idea migliore: ti abbassi la zip dei jeans e me lo offri così, senza dirmi niente, quasi come se fosse scontato, quasi come mi avessi letto nel pensiero. Non posso che inginocchiarmi davanti a te e accogliere nella mia bocca la tua carne, iniziare ad assaporarla, con una lentezza quasi estenuante, uso solo la bocca e la lingua, anch’io ho le mani gelate e non voglio rovinare tutto. Sto succhiando in un modo indecente, cerco di infilarmelo tutto in bocca, voglio sentirlo fino alla gola, quasi a soffocarmi e mi accorgo che ti piace.
‘Sto per venire’ La tua voce, il tuo sussurrare, come ogni volta, mi accarezza le orecchie, mi scioglie. Ti prego riempimi la bocca di te. Vorrei tanto guardarti negli occhi mentre vieni, ma so che se sollevo lo sguardo rischio di cadere all’indietro e non voglio fermarmi. La tua eccitazione si fa più accesa, vorrei tanto affondare le mie unghie nelle tue gambe, ma non posso, mi limito a stringere le mani intorno ad esse e le sento tremare. In pochi secondi ti liberi nella mia bocca e io non posso che gustarmi il mio brindisi personale, quasi tutto in un fiato e mi piace, mi piace quel tuo sapore stranamente dolciastro.
Mi stacco e mi rialzo cercando di mantenere l’equilibrio. Mentre ti ricomponi, tento di baciarti, due volte, ma come già accaduto commetto un errore, un errore inevitabile, l’alcol non mi ha dato modo di pensare, ma da adesso in poi non sbaglierò più.
Prendi la porta, mentre io finisco quel che resta della sigaretta accesa prima, e ti avvii per ritornare dagli amici e lo fai senza voltarti, senza vedere se ti sto seguendo e io resto li fuori a guardarti mentre ti allontani: hai ragione, &egrave ora di fare ritorno dall’isola che non c’&egrave.
Spengo la sigaretta e ti seguo ad un intervallo di tempo di una rampa di scale e non posso fare a meno di pensare che nel bene o nel male, sono tua, adesso, sempre. 5 Febbraio 2014

Avevo preso una decisione, una di quelle importanti e soprattutto definitive, ma in fondo so bene perché sono ancora qui.
Sono sempre stata una persona diversa, costretta a diventare tale &egrave vero, ma che col passare del tempo ne avevo fatto una linea di vita da seguire, non per farmi notare o primeggiare tra la gente, ma per potermi isolare, senza apparire scortese, per evitare con eleganza discorsi inutili e situazioni vuote.
Invece ora sono qui, ad impazzire, la mente che elabora pensieri che neanche pensavo di concepire e il cuore, neanche credevo di averlo più un cuore, impegnato nella sola funzione di battere per permettermi di vivere, adesso &egrave come spaccato.
Quelli che si definiscono miei amici, credono che sia una brava persona, sempre pronta a dare consigli che a quanto pare risultano validi, almeno la maggior parte delle volte, e di conseguenza mi sono meritata l’etichetta di buon amica: poveri stupidi. Se solo sapessero cosa penso veramente di loro, cosa vorrei davvero dirgli quando cercano da me consolazione o dritte sui loro problemi esistenziali, ma non meritano altro che continuare a vivere nelle loro sciocche illusioni, tanto prima o poi si dissolveranno e sarà gratificante vedere come sbatteranno la faccia contro la realtà delle cose.
Una persona terribile, ecco ciò che sono, ciò che mi hanno fatto diventare e questo fino ad ora mi aveva sempre salvato, il mio comportamento mi proteggeva.
Poi qualche mese fa sei arrivato tu e tutto &egrave cambiato: adesso quella che sbatte la testa contro il muro sono io.

20 Novembre 2014

Non ci credo, eppure lo sto facendo di nuovo, so che mi stai aspettando e io sto venendo a prenderti.
Ti ho portato in un parcheggio, sembra andar bene, bisogna adattarsi. Siamo seduti in macchina e iniziamo a parlare del più e del meno, fino a che la conversazione cade dove era prevedibile e arriva dritto al punto, dritto al vero motivo per il quale ci siamo incontrati e lo vogliamo entrambi.
‘Per favore fai attenzione all’abito.’ mi dici con un sorriso malizioso dipinto sul viso.
Come stai bene in giacca e cravatta. Vorrei tanto poterti spogliare lentamente e poter sentire il calore della tua pelle sotto le mie mani, appoggiare la testa sul tuo petto e potermi inebriare del tuo profumo, ma non posso, non c’&egrave tempo. Non c’&egrave bisogno di aggiungere altro, ti lascio fare, non ti voglio sgualcire, ti slacci la cintura, scosti la camicia, abbassi i pantaloni e gli slip insieme ed ecco la tua erezione li davanti a me che aspetta solo la mia bocca. Ti supplico baciami. Un bacio diverso da quelli che descrivi nei tuoi racconti, diverso da quelli che mi hanno fatto emozionare tante volte, un morbido contatto delle labbra, un breve tocco della tua lingua calda e umida, ho la pelle d’oca, vorrei non finisse mai. Ti supplico fammi sentire che sei mio.
Ti darò quello che vuoi, adoro soddisfarti, so che godi del fatto di sapere che in quel momento ti appartengo. Mi abbasso verso la tua evidente eccitazione, lo prendo tra le dita, sentirti così caldo mi manda in estasi, mi bagno le labbra con la punta della lingua, sei il mio pasto preferito, bacio la vetta del tuo sesso e assaggio la prima goccia di te che mi regali. Ti supplico ho fame di te. Lascio scivolare tutto il tuo vigore dentro la mia bocca e torno indietro senza mai lasciarti andare, lo faccio ancora, ancora, sempre di più, ancora una volta fino in fondo alla mia gola e questo mio fare ti fa sospirare, lo sento, stai gemendo, ne stai godendo completamente e io anche. Ti supplico toccami. La tua mano passa sotto il maglione e con le dita cerchi il mio capezzolo da sopra il reggiseno: non hai difficoltà a trovarlo, &egrave già in marcato rilievo e attende solo di essere pizzicato, stuzzicato, come solo tu sai fare. Solo tu mi tocchi così, mi fai morire e lo sai.
‘Visto il poco tempo, credo che mi lascerò andare’. Non riesco a resistere alla tua voce, ogni volta mi fa impazzire, perdo la ragione.
La morsa delle tue dita sul mio capezzolo si fa più intensa, più decisa, non riesco a trattenere un verso strozzato, non puoi sentirmi, ho la bocca piena di te, mi fai male e ne sei consapevole. Ti supplico fallo ancora. Mi stringi sempre di più, piacere e dolore si alternano, &egrave una sensazione incredibile, mi fa bagnare, sto perdendo il senno e vorrei che continuassi fino a farmi venire, ma non c’&egrave tempo per me, ma avrò comunque il mio premio. Ti supplico ho sete di te.
Sento il tuo sesso riempirmi completamente la bocca, stai per venire, ti sento ansimare, non ce la fai più, la tua eccitazione sta pulsando, cerco di farti andare a fondo più che posso, voglio bere tutto: in un attimo ti lasci andare, vieni, vieni copiosamente e io non posso che esserne soddisfatta e so che lo sei anche tu.
Mi separo da te, in modo che tu possa rimetterti in sesto: sono gesti normali e semplici quelli che stai facendo, ma mi piace guardarti mentre ti ricomponi.
‘Meglio avviarsi, &egrave tardi’. Ti sei risvegliato e con questa frase, fai tornare anche me alla realtà.
Ti riporto al lavoro, scendi dalla macchina, mi saluti con un il tuo sorriso e con un grazie.
Sono io che devo ringraziarti. Per tutto ciò che sei, per tutto ciò che rappresenti, per tutto ciò che mi dai. E anche se vorrei di più, non preoccuparti, quello che c’&egrave me lo farò bastare. Tua, sempre.
9 Dicembre 2014

Lux Aeterna ‘ Requiem for a dream (full orchestra)

0’00’ questa la conosco a memoria. Preferisco una colonna sonora musicale, senza parole. Quelle posso condizionare tutto.
I primi 20 secondi &egrave come se fossero muti ed io resto immobile ad ascoltare, ad aspettare. Sento solo il mio respiro. Sono in piedi in mezzo alla stanza ad occhi chiusi, con la testa rivolta verso il basso, le braccia lungo i fianchi come se fossero morte e aspetto.
0’25’ il contrabbasso rompe il silenzio. Lascio che quelle note entrino nelle mie orecchie, inizio a respirare più profondamente, ma resto ferma, lì in piedi.
I violini si preparano.
Arrivano.
0’39’ accompagnati in sottofondo dal pianoforte e segnati dalle melodie più gravi delle viole.
Inspiro lentamente, faccio girare la testa, come se volessi disegnare dei cerchi nell’aria con essa, voglio che tutti i suoni di questi strumenti si mescolino e possano così iniziare a scorrermi in corpo.
Lo faccio sempre, &egrave così che comincia.
I miei arti superiori percepiscono il cambiamento, la melodia arriva fino alla punta delle mie dita, si trasformeranno, presto non saranno più le mie.
Mi accarezzo le braccia con entrambe le mani, risalgo fino alle spalle, mi ci stringo per qualche secondo, mi stai abbracciando, continuano a salire lungo il collo, giungendo al viso e li si fermano per un istante.
Le mani mi passano davanti agli occhi ancora chiusi, arrivano a coprirmi le orecchie e li restano.
Tutti questi gesti sono di una lentezza esasperante.
La mia testa rivolta verso l’alto, sospiro, sosprio più volte.
Sono in attesa.
Aspetto un bacio, che non arriva. E non arriverà, lo so.
Le dita scivolano più in alto, si intrecciano nei capelli, i pugni si chiudono e tirano.
1’36’ Mi sveglio, apro gli occhi e intravedo il soffitto bianco, vuoto, come me. I pugni lasciano la presa, si riaprono. Un mezzo giro sulle punte dei piedi, le mani abbandonano i miei capelli per permettere alle braccia di aprirsi, come se fossi in croce, respiro e ho paura. Sto per lasciarmi cadere all’indietro, tremo all’idea che tu non sia dietro di me per prendermi, ma se ti voglio devo buttarmi. O almeno dovrei provarci.
1’51’ Di nuovo tutto tace.
So apprezzarlo.
Il mio respiro &egrave pesante, incostante.
Il mio cuore ha un ritmo tutto suo.
1’59’ Ogni otto secondi si avverte la presenza di un tamburo, resta in sottofondo accompagnando le singole note del pianoforte, obbligando il mio battito a questo ritmo, lento, ma ben scandito.
Chiudo nuovamente gli occhi, mantengo la stessa posizione facendo solo qualche passo in avanti. Mi sto perdendo.
Questa falsa quiete mi spaventa a morte, non riesco a decidermi, non so che fare.
Lasciarmi andare, lasciarmi cadere, fidarmi ancora di te. Oppure proseguire e andare via, dirti addio: ci ho già provato, più volte e ogni volta sono tornata indietro. Ne valeva la pena.
2’25’ la grancassa e il coro mi danno una scossa. Devo decidermi. Devo farlo in fretta.
Un altro mezzo giro sulle punte. Sto pensando. A volte penso troppo.
La verità che mi hai detto. Crudele.
Credo di aver smesso di respirare in quel momento. Non avevo parole per descrivere ciò che sentivo mentre leggevo. Delusione. Solo tanta delusione. Di me stessa, per aver sbagliato ancora una volta, per averci creduto.
Creduto in qualcosa che in realtà non ho e non ho mai avuto. Adesso me ne rendo conto. Adesso &egrave tutto chiaro, restano pochi dubbi e una quantità smisurata di perché, dei quali non so nemmeno se voglio conoscere risposta. Forse &egrave meglio lasciar perdere. Scappare, molto, molto lontano e non fare ritorno.
2’54’ il violoncello bussa alle mie orecchie, mi mette pressione. Stupida mi dice. Le ginocchia mi cedono, cado su di esse e appoggio le mani a terra per non cadere del tutto. Inizio a provare rabbia. Una rabbia quasi indescrivibile verso me stessa. Mi mordo le labbra, fa male, gli occhi si gonfiano di lacrime.
3’08’ nascondo la testa tra le mani. Sto piangendo in silenzio. Vedo le gocce sul pavimento. Vorrei gridare, vorrei urlare, ma non posso farlo mi sentirebbero. Devo calmarmi, riprendere il controllo. Alzo la testa, mi siedo sui talloni, distendo le braccia avanti tenendo le mani ben incollate sulle piastrelle del pavimento. Tento di calmare il respiro, tento di ragionare. Devo rialzarmi, devo farlo subito o rischio di non riuscirci più.
3’23’ il ritmo diventa più intenso all’improvviso. Il pianoforte &egrave sparito, restano i tamburi, la grancassa e i violini ora suonano padroni. Devo provarci adesso. Porto le braccia all’indietro, disegnando due archi ai lati delle mie gambe ancora piegate, il mio peso su di esse, mi serve tutta la forza che possiedo. Riporto le braccia in avanti, rapidamente, mi serve la loro spinta, la forza delle mie caviglie non basta.
Fallisco.
Non ho inarcato la schiena a sufficienza. Riprovo ancora. Stessi movimenti.
Sbaglio di nuovo.
Forse non sono ancora sicura di volermi davvero rialzare. Ragiona mi dico. Sempre in ginocchio, cerco di distendermi in avanti, appoggiando di nuovo le mani, piego le braccia, il petto scorre sul pavimento, inarco la schiena come se avessi un peso che mi trascina l’ombelico a terra, chiudo la figura stendendo le braccia, buttando la testa all’indietro, il ventre a contatto col pavimento, le gambe distese dietro di me.
4’00’ l’orchestra mi concede una tregua, tutto torna calmo. Respiro. Mi rimetto seduta, ma questa volta non sui talloni, allargo leggermente le gambe, per potermi sedere a terra, sempre a ginocchia piegate. Sto ancora piangendo, per la verità conosciuta, per la disperazione, per i miei sbagli. Mi guardo le mani. Sono stata un’ingenua. Chiudo gli occhi e lascio che la mia schiena cada all’indietro. Forse &egrave meglio così. Forse &egrave meglio arrendersi. Forse dopo starò meglio. Perché dovrei sforzarmi, in fondo non si sta così male qui giù. Però c’&egrave un gran freddo. Perché dovrei rialzarmi, servirebbe solo a portar avanti un’agonia.
4’37’ il coro riprende a cantare, intonando per prima la lettera A. L’iniziale del tuo nome. Mi piace il tuo nome. Mi piace tutto di te. Amo tutto quello che sei, per mia fortuna o per mia disgrazia. Aiutami, non posso rialzarmi da sola, non ci riesco. E’ difficile. Fa male. Alzo le braccia verso il soffitto, guardo ancora le mie mani. Penso. Cerco. Cerco le tue mani che possano aiutarmi, ma non le trovo, non le vedo.
Basta! Ho deciso! Non mi sono mai arresa, non lo farò di certo ora.
5’01’ di nuovo un ritmo sempre più crescente, potente, so che non mi darà tregua da ora fino alla fine. Ho come una macigno sul petto, ma mi rialzerò, posso riuscirci, ne sono convinta adesso. Come se avessi un defibrillatore che mi scarica nel cuore i suoi impulsi, inarco la schiena con dei colpi secchi per potermi rimettere a sedere. Una volta. Sono ancora a terra. Due volte. Non &egrave facile. Tre volte. Ci sono quasi. Quattro volte. Finalmente sono a metà strada. Sto sorridendo adesso. E’ un sorriso terribile, lo so, spaventa anche me.
5’30’ l’orchestra da il meglio di se. Non mi importa quello che &egrave successo. Ormai &egrave accaduto. Non posso farci nulla. Una questione di scelte. Non posso porre rimedio a ciò che ho già sbagliato. Indietro non si torna. So che &egrave una battaglia persa. Non mi interessa. So che &egrave anche questo sarà un rischio. Non ti dirò addio! Ne adesso ne mai.
6’05’ mi resta poco tempo. Riprovo. Le braccia all’indietro, con più decisione questa volta, disegnando sempre due archi ai lati delle gambe, raccolgo tutta la mia determinazione. Getto all’indietro la testa, slancio le braccia in avanti il più rapidamente possibile, inarco la schiena, le ginocchia si sollevano, sto esercitando una leva tremenda sulle caviglie, ma non mollo, non questa volta. Devo rialzarmi!
Un dolore fortissimo al collo del piede che si tende al massimo, ha pieno carico del mio corpo. Non mi resta che girare le dita dei piedi e ci sarò riuscita.
6’16’ &egrave rimasto solo il pianoforte, che con le sue note rimette tutto a tacere, riporta tutto come da principio. Il silenzio torna a regnare sovrano. Sono di nuovo in piedi e ho deciso.
13 Settembre 2013

Sta sera ti rivedrò. Lo so, dovrò aspettarti, ma ti rivedrò e questo pensiero mi fa emozionare come una stupida quindicenne. Perché mi fai sentire così? Le 20:45, sono pronta ad uscire. Sono tra le prime ad arrivare e i ‘buona sera’ e i ‘come stai?’ aprono le prime conversazioni, accompagnate dal primo giro di birra, l’atmosfera &egrave piacevole, la serata promette bene, ma mi rendo conto subito che il tempo scorre lentissimo, non faccio che guardare l’orologio: sono le 22:00, non ci sei, le 23:00 e ancora nessuna traccia di te. Inizio a pensare che forse non verrai. So che avevi l’allenamento, so quanto ci tieni, so quanto ami giocare. Mi piacerebbe poterti vedere un giorno, mentre sei in campo, mentre fai una delle cose che ti appassiona di più.
Ad un certo punto la sento, sento la tua voce, nonostante il chiacchiericcio di sottofondo la riconosco subito, mi viene la pelle d’oca. Perché mi fai questo effetto? Finalmente sei arrivato. Perché mi sento così’. felice?

15 Ottobre 2013

Hai un buon lavoro, che ti piace, una casa, una bella famiglia, i ragazzi della squadra, gli amici non ti mancano. Sembra che tu abbia tutto, che non ti manchi nulla. Cerchi di goderti la vita, di non farti sfuggire niente, cogli ogni opportunità che ti si presenti. Eppure in certe occasioni appari insoddisfatto. In alcuni momenti, sembri terribilmente triste, perso, smarrito. A volte ho l’impressione che tu sia come intrappolato e abbandonato a te stesso. Perché ti senti così solo?

23 Gennaio 2015

Che serata strana. Forse perché so, che grazie ad una banalissima scusa, potremo stare soli, anche se sarà per pochi minuti. Siamo vicini, seduti fianco a fianco. Scherzi, mi fai ridere, mi fai stare bene, beviamo insieme agli amici. Ogni tanto la tua mano scivola sotto il tavolo e mi cerchi, mi accarezzi sotto il ginocchio con le tue dita, lunghe, calde: contatti fugaci, veloci, li adoro anche se sono di breve durata. Fingendo di sistemare la calza nascondo la mia mano agli occhi degli altri e ricerco la tua, voglio toccarti anch’io, la trovo, le nostre dita s’intrecciano per pochi secondi, un’ondata di calore mi si propaga per tutto il corpo ed &egrave una sensazione meravigliosa, ma scappi via e tutto torna come se nulla fosse. Il tatto &egrave veramente un senso straordinario.
Il tempo passa e ormai sto diventando impaziente: la mia birra &egrave finita, non ordino nuovamente da bere volontariamente per non prolungare ancora l’attesa, voglio uscire, voglio arrivare alla macchina, voglio te!
Riusciamo finalmente a trovare il momento giusto per mettere in atto la nostra scenetta, già preparata in precedenza e usciamo dal locale. Attraversiamo il parcheggio, arriviamo alla macchina, saliamo: giusto due parole e qualche sorriso imbarazzato da parte mia, prima di lasciarsi andare. Con mia grande sorpresa porti una mano sul mio viso e mi baci. E’ la prima volta che lo fai. Non &egrave stato come i precedenti, non recitato, non come da prassi in queste situazioni, hai abbassato la guardia, solo per un po’&egrave vero, per farmi contenta, ma quel poco in più, per me &egrave stato tanto; ho dovuto usare tutta la mia buona volontà per non lasciarmi travolgere dalla forte emozione che ho provato: mi hai permesso di sentire quanto siano morbide le tue labbra, di come il velo di barba che porti mi solletica il mento, di assaggiare il sapore della tua bocca, di mischiare la mia saliva con la tua. Tutte parti di te fin’ora a me sconosciute.
‘Se faccio così, cosa ti viene voglia di fare?’ mi mostri la tua erezione, liberandola dai jeans e dagli slip, tenendola tra le dita della mano: ti accarezzi, lentamente, con una naturalezza tremendamente provocante, vuoi che guardi, che ammiri, che la mia bocca lo voglia. Il mio ventre si contrae per l’eccitazione, il mio respiro non ha più un ritmo definito, diventa pesante, mi trattengo a stento dal gemere, mi fai perdere la ragione.
‘Lo sai benissimo.’ rispondo con un filo di voce.
‘Voglio che lo dici.’
‘Ho voglia di succhiartelo.’
‘Allora fallo.’
Come già accaduto, mi abbasso vero si te, mi bagno le labbra con la punta della lingua, inizio a leccarti, voglio assaporare tua pelle, vedere che si tende sempre di più, sentirne il calore, ma riduco volontariamente i tempi di questo gioco al minimo perché desidero troppo che ogni centimetro della tua eccitazione mi riempia e così faccio, sei tutto nella mia bocca e comincio a succhiarti con foga, percorrendo il tuo sesso in tutta la sua lunghezza, dall’alto verso il basso, più e più volte e vorrei poterti mordere per sentire il tuo vigore sotto i denti, vorrei divorarti. All’improvviso interrompi i miei gesti, appoggiandomi una mano sopra la testa: una scossa elettrica che mi attraversa interamente, la sento arrivare fino alla mia intimità, fino al clitoride, provocandomi un mugolio di piacere che non riesco a trattenere, lo senti, ma non mi permetti di abbandonarti ed imprimi maggiore forza su di me, costringendomi a restare dove sono, a tenerti completamente dentro la mia bocca.
Pazzo! Non hai idea di cosa hai rischiato, dello sforzo che ho fatto per trattenermi, nonostante fossi completamente sconnessa, abbandonata ai sensi, alle sensazioni che quel tuo solo dito sta scatenando dentro di me, che riesce ad esplorare tanto in profondità il mio ventre da farmi tremare le gambe, che adesso non mi lascia più, lo spingi sempre più a fondo, e questi tuoi gesti sono in perfetto ritmo con quelli della mia bocca che si limita a deglutire come se dovessi continuamente ingoiarti ad ogni mio piccolo movimento, ogni volta che apro leggermente le labbra per prendere respiro; sono gli unici che posso, che mi permetti di compiere: il tuo sesso preme fortemente contro il mio palato e desidera esplorare la mia gola, vuoi venire così. Eserciti ancora una piccola pressione con la mano sulla mia testa, &egrave così che vuoi, brami ad avere assoluto controllo di me ed io non oppongo nessuna resistenza, mi lascio totalmente andare al tuo volere, godo del fatto di essere pienamente nelle tue mani, mi fido di te. Faccio solo un profondo respiro e vieni: il tuo seme schizza direttamente nella mia gola, e lo sento scendere, lungo l’esofago, caldo, fluido ed &egrave eccitante da morire.
‘Toh! si sono appannati i vetri.’ dici con finto stupore e riesci ancora a farmi sorridere.
Scendiamo dalla macchina, fumiamo una sigaretta insieme, per giustificare meglio la tua assenza, seppur non eccessivamente prolungata, agli occhi degli amici e ci salutiamo. Mentre tu rientri nel pub io sto già guidando verso casa. Una volta arrivata, ti scrivo un messaggio, solo un ‘grazie’ nient’altro: aspetto una tua risposta, che non ricevo. A volte, vorrei non essere tanto persa.
Anche se il mio messaggio non ha avuto ritorno, so che domani mattina, mi darai il buongiorno.
Tua, sempre.
10 Febbraio 2014

E’ ‘interessante’ leggere di alcuni stati condivisi dagli amici: alcuni sono divertenti, fanno sorridere, altri di pessimo gusto, altri ancora risultano incomprensibili e ci si domanda che cosa possa essere successo, ma sono domande che muoiono con lo scorrere delle notizie sulla bacheca. Poi ci sono i tuoi e oggi ne hai scritto uno semplice, efficace, che non ha bisogno di spiegazioni, &egrave immediato e chiaro: ‘sei felice.’ E nonostante senta un pesante nodo in gola, sono comunque contenta per te.

28 Febbraio 2015

Per come sono, credevo che avrei avuto una soddisfazione immensa nel riuscire in questa cosa, e per il concetto di sfida che ho con me stessa, ho come un sentore di vittoria interiore, ma alla fine, non mi porta da nessuna parte’ Pensare di averla trovata, fa solo più male e nient’altro.

23 Marzo 2015

Devo portare avanti l’impegno preso, &egrave una questione di principio, se inizio una cosa devo portarla a termine. Per quanto gli altri ne sappiano, ti sei offerto di aiutarmi per alleggerirmi il lavoro ed &egrave con questa scusa che oggi sei venuto da me.
Ricordo bene la dinamica di quanto successo: non hai preso un’altra sedia, ti sei seduto al mio posto, davanti al pc, per guardare il lavoro fatto. Mi inviti ad accomodarmi sulle tue gambe e nonostante cerchi di resistere a un tale invito con la prima scusa che mi viene in mente, non ci riesco e mi siedo sopra di te, dandoti le spalle, cercando di sembrare il più indifferente possibile, continuando a valutare quanto lavoro resta da fare, esaminando il materiale appena caricato sul pc.
‘In questa posizione &egrave difficile resistere alla tentazione” lo dici sempre sussurrando, forse lo fai volontariamente perché sai l’effetto che mi fa’
‘Quale sarebbe, questa tentazione?’
Nemmeno mi rispondi, incroci le tue gambe alle mie, costrette così a seguire i tuoi movimenti, me le fai divaricare e restiamo legati in quella posizione per qualche secondo, senza far nulla. Continuo a guardare il monitor del mio computer, aspetto che le tue mani vengano a cercarmi : le tue dita passano oltre la tuta e trovano subito la mia pelle nuda, perché come da tuoi ordini, non indosso l’intimo. Inizi massaggiandomi il clitoride, con movimenti lenti, esasperanti, alternati da strette decise, forti. Sai dannatamente come farmi vibrare tutto il corpo e non mi resta che cederti, lasciandomi andare, la mia schiena contro il tuo torace, la mia testa sulla tua spalla, chiudo gli occhi, ascolto solo le tue mani e le reazioni del mio corpo: le tue dita continuano a torturarmi, con carezze e pressioni, scivolando ogni tanto lungo le labbra, per darmi un po’ di respiro, per controllare quanto mi stai facendo impazzire. Voglio sentirle dentro di me. Un dito affonda nella mia intimità, seguito subito da un altro e un altro ancora, con lo stesso giocare di prima, entrano energicamente, premi tutto il palmo della mano sul clitoride, sento le dita sempre più a fondo, mi mordo le labbra per non urlare, ed ogni volta che mi lasciano, trattengo il respiro, in attesa di averle di nuovo, potermi abbandonare così agli spasmi ormai incontrollabili del mio ventre. Con una mano ti stringo un polso, l’altra &egrave sulla tua nuca, le gambe ancora imbrigliate alle tue. Non fermarti, osserva come si contrae il mio corpo, ascolta la mia voce distorta dal piacere che mi fai provare, senti cosa scatena ciò che mi fai, lasciami venire.
Sento solo il mio respiro adesso, i miei muscoli si stanno rilassando, riprendo lentamente coscienza.
Inspiri profondamente, porti la testa indietro oltre le spalle, la tua mano sinistra si solleva per quanto la mia tuta lo permetta. Esiti un istante. Cosa vuoi fare?
Mi colpisci! Con tutte e quattro le dita, lì sul clitoride. Sorpresa e incredula apro gli occhi, guardo il soffitto, cerco di realizzare quanto accaduto in due secondi. Mi schiaffeggi di nuovo. Un leggero dolore, bruciore, tutto concentrato in un unico punto, tra le mie cosce, che si trasforma in un piacere dilagante.
‘Fallo ancora’ sono io a chiedertelo! Di nuovo colpisci, di nuovo questa sensazione: un dolore pungente, che come un’onda d’urto si estende per il tutto il mio corpo, che man mano si propaga diventa piacere. E’ sconvolgente. Ti chiedo più volte di ripetere tale gesto e forse non ce ne sarebbe nemmeno bisogno, sento che ti piace, che tutto questo ti sta eccitando oltre ogni misura, mi baci perfino. Un bacio lascivo, di pochi attimi ma quasi senza controllo. Sentirti tanto preso, tanto coinvolto in tutto questo, mi manda letteralmente in estasi.
Preso dalla foga, mi liberi le gambe, mi fai alzare davanti a te, abbassi i pantaloni della mia tuta, mi sculacci per tre volte, sento tutta la tua mano destra. Non ho nemmeno la forza, il coraggio di dire una parola, ti lascio fare, sono completamente nelle tue mani. Fai pure ciò che più desideri.
Mi guidi, mi fai sdraiare sopra le tue gambe. Mi sento come una scultura in un museo, totalmente in mostra, immobile, inerme e al tempo stesso desiderata, ammirata, sotto il tuo sguardo e ora non mi rimane che aspettare il resto: con la mano sinistra mi allarghi le labbra, vuoi che il mio clitoride sia esposto il più possibile e con la mano destra assesti il colpo, che arriva, forte, preciso, mi fa sussultare, gemere, mi stordisce. Lasci passare pochi secondi tra un colpo e l’altro, ho il sangue alla testa, non capisco più nulla.
‘Ne vuoi ancora?’ la tua voce’quanto amo la tua voce.
‘Si..’ non mi resta che un filo di voce.
Ricominci, ma questa serie di colpi non ha pausa, non mi da tregua. E’ come se mi stessi punendo per aver detto che ne volevo ancora. Fa male, malissimo, il bruciore &egrave ormai insopportabile, ho quasi le lacrime agli occhi. Tento istintivamente di chiudere le gambe, non me lo permetti, anzi mi apri sempre di più, ma in quel momento ti fermi. Percepisco una sensazione di gonfiore tra le cosce, un formicolio curiosamente piacevole e sento i tuoi occhi su di me, guardi il risultato dei colpi che mi hai dato e il tuo respiro si fa più pesante, come se fossi in affanno, si mescola, si perde con il mio. Fammi venire ancora Padrone, finiscimi.
Prendi uno dei miei seni a mano piena, mi palpi, per poi passare a stringermi, torcermi il capezzolo tra le dita, mentre il palmo dell’altra fa pressione sul mio sesso, dolorante e gonfio, due dita tornano dentro di me, restano lì, andando sempre più a fondo, con decisione, fino a farmi esplodere in un orgasmo potentissimo, forse unico: tutte le mie percezioni sono come amplificate, non ho modo di pensare, sono totalmente in balia delle sensazioni, il mio corpo &egrave come se non si muovesse, come se fosse distrutto, avverto un’ondata di calore che si allarga a macchia d’olio, un fremito in ogni parte di me che sembra non trovare fine ed &egrave incredibilmente bello.
Mi concedi qualche istante per riprendermi, mi aiuti ad assumere di nuovo una posizione eretta e mentre cerco di stare in piedi, ti liberi dei pantaloni, scostandoli quanto basta per mostrandomi la tua erezione. Sempre uno spettacolo magnifico. So cosa desideri, &egrave ciò che desidero anch’io. Lo voglio in bocca Padrone.
Con la lingua, assaporo la tua pelle, riesco a sentire le vene gonfie, come nervature in rilievo, il palato e la gola avvertono il tuo calore, voglio riempirmi la bocca sempre di più: la tua voce, i tuoi gemiti, scendono sempre più di tono, diventano sempre più gravi, ascoltarti mi fa impazzire. Godi ancora mio Padrone, fammi sentire che apprezzi ciò che fa la tua schiava. Con le mani ti accarezzo, ti stringo le gambe, ti succhio avidamente. Ho sete Padrone, dissetami.
Non resisti per molto, per la prima volta non mi avvisi, sento solo uscire dalla tua bocca un verso profondissimo, seguito da un altro ancora più gutturale, mi riempi la gola di te, non aspettavo altro e se non fosse che sono già a terra, in ginocchio, credo che le mie gambe avrebbero ceduto a fronte di un tale sconvolgimento fisico e mentale. Per un attimo ho creduto di svenire.
‘Basta.’ mi dici seccamente e forse grazie a questa parola resto cosciente.
Ci alziamo entrambi in piedi, cerchiamo di ricomporci, di apparire normali, naturali.
Nessuno dei due dice nulla. Usciamo un momento per fumare una sigaretta insieme, scambiamo due parole che non hanno niente a che fare con quanto abbiamo appena fatto. Non si poteva restare, abbiamo già lasciato l’isola che non c’&egrave, siamo tornati.
Mi piacerebbe, almeno una volta, poterci restare, anche solo per due secondi in più.
Sull’isola e nella realtà, TUA, sempre.
26 Aprile 2015

La mia luce: felice, davvero felice di averti potuto vedere, di aver ascoltato la stessa musica di sottofondo, di essere seduta allo stesso tavolo, di aver gustato la stessa cena, di aver riso così tanto, di aver condiviso una serata tanto splendida…grazie di cuore. Contentissima che la torta ti sia piaciuta :)
La mia ombra: l’idea di provocarti, davanti a tutti, cercando di mostrarti che non avevo il reggiseno non &egrave stato casuale, ho visto un’occasione e l’ho colta. Adoro avere, sentire il tuo sguardo su di me, incrociare i tuoi occhi, che anche per pochi secondi, mi danno imbarazzo e eccitazione insieme…brividi e calore nello stesso momento ed &egrave bellissimo. Altrettanto bello e intrigante, chiedermi a cosa puoi pensare tu, a cosa vorresti, a cosa faresti…
La mia oscurità: maledetto diavolo! La tua voce che chiede, che comanda in tono basso, quasi un sussurro…mi scioglie ogni volta…Non hai idea di cosa hai scatenato con il solo toccarmi la prima volta, per quei pochi secondi! Quanto mi mancavano le tue mani, quanto mi sono mancate le strette delle tue dita su di me, sui miei capezzoli…morse arrivate anche a farmi male, molto, ma non volevo in alcun modo che ti fermassi. Se solo avessi potuto lasciarmi andare’ Quanto avrei voluto toccare la tua pelle, invece di limitarmi a palpare e stringere la tua forma da sopra i jeans…quanto avrei voluto averti nella mia bocca, assaporarti, succhiarti fino a farti venire…
Cosa non mi hai dato, quando per la prima volta hai baciato e succhiato il mio capezzolo…avrei voluto che non ti fermassi ad un assaggio, ma so bene che la situazione non permetteva di più. Credo di non essermi mai morsa le labbra tanto forte x cercare di trattenermi…
E infine, i 2 baci che mi hai dato…la tua bocca &egrave sempre una parte di te che desidero, sotto ogni aspetto, situazione, in ogni parte di me, in luce, in ombra, nel buio più nero. Non so se lo hai fatto x accontentarmi o per sentirti dire da me che li ho adorati e far così salire la tua autostima, ma una cosa te la posso dire: anche se sono stati baci di pochi istanti, li ho sentiti miei.
Sei il mio demonio e non solo.

02 Maggio 2015

Serata tranquilla, in compagnia. Una sigaretta alternativa, tra me e te sul terrazzo, gustata con una straordinaria naturalezza mista adrenalina dovuto ad un fattore di rischio davvero elevato. Un extra ‘fuori dalle mura di casa’.
E adesso film, tutti insieme, sul divano. Ad un certo punto due protagonisti, affrontano un dialogo. Sentire quello scambio di battute’una stretta al petto fortissima. Non posso non pensarci. Ma c’&egrave una cosa che mi ha fatto ancora più male. Vederti ascoltare quelle parole, vederti accarezzare con le dita quel bracciale. Era come se stessi strofinando la lampada magica per poter esprimere un desiderio. Ora che ho visto, capisco perché ci tieni tanto e cosa realmente rappresenta. Una morsa indescrivibile. Mi chiedo ancora come ho fatto a non scoppiare. Per fortuna, le sigarette erano rimaste sul terrazzo ad aspettarmi.

25 Maggio 2015

Ormai pur di sfruttare un’occasione, ci s’inventa di tutto. Tutto pronto e ovviamente giustificabile, credibile. Oggi vengo io da te. Sarà un incontro breve, ne sono perfettamente consapevole.
Mi fai entrare, accomodare sul tuo divano, ti siedi accanto a me e bando ai convenevoli, mostri subito quello che vuoi, quello per cui sono venuta. Lascio il mio posto per inginocchiarmi davanti a te, ti spoglio dei pantaloncini, sei già pronto per la mia bocca. Mi accarezzi la testa, mi accompagni verso il tuo sesso, le tue dita scivolano tra i miei capelli e accompagnano i miei movimenti. Mi parli, ordini ed io eseguo. Inutile ripetere ancora l’effetto della tua voce su di me. Devo prenderlo tutto, più che posso, ne devo godere, devo scoparmi la gola. Vorrei guardati negli occhi, ma le tue mani fanno pressione su di me in modo che possa andare ancora più a fondo. Quasi mi manca il fiato. Di nuovo mi parli, comandi ed io obbedisco. Non devo ingoiare, devo tenere tutto il tuo piacere nella mia bocca, vuoi che te lo mostri, vuoi vedermi mentre lo assaporo e lo bevo in un unico sorso. La tua erezione &egrave prorompente e si svuota sulla mia lingua, copiosamente, difficile resistere, mi sembra di affogare, non posso, non voglio disobbedirti. Mi separo da te, stringendo le labbra su di te per non sprecare nessuna goccia del tuo orgasmo, serro la bocca, ti guardo, aspetto. Aspetto il tuo volere. Ordini, comandi, ancora. Apro la bocca, vedi ciò che mi hai offerto e mi permetti finalmente di bere, di liberarmi, di respirare a pieni polmoni. Eccitazione, liberazione, soddisfazione per entrambi. Oggi &egrave andata così.
Tua….sempre.

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