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Nirvana! Avevo raggiunto il mio stato di benessere. Nel deliquio in cui galleggiavo senza peso, cominciai ad avvertire un ansare sommesso e ancora un sibilo continuo che, pian piano, mi cullava. Quello che sembrava un respiro, accanto a me, da pesante, affannoso, divenne roco, mentre il fischio leggero aumentava in ritmicità diventando più vorticoso. Avvertivo lo stridio di una turbina che penetrava nel mio cervello. Cominciai ad agitarmi.
 
Uno strillo improvviso mi riportò alla realtà, facendomi sobbalzare. “Che succede?” – gridai ad occhi spalancati al colmo dello spavento.
“Niente, Tesoro…!” – Marcella mi rincuorava con voce dolce, ma sfinita. Giaceva prona, sdraiata sul letto, apparentemente priva di forze. Teneva nella destra quello che riconobbi essere l’interruttore collegato al vibratore elettrico più potente che avevo in dotazione. Lo strumento fuoriusciva dall’ano in cui era infisso quasi completamente, fino al rigonfiamento che simulava le palle di un ipotetico chiavatore.
 
“Amore, che fai? – gelatinai la frase rimproverandolo amorevolmente per la sua intemperanza – Sai che ti potresti fare molto male?”. Lo rimproverai accarezzandole la fronte sudata, tamponandola con un fazzolettino che avevo preso dal comodino.
“Caro, Tesoro mio…! – la abbracciavo tenendole il mento rivolto alla mia bocca  e la baciavo con succhiotti brevi, profondi, sentiti. “Dolcezza mia, – continuai – non vorrai procurarti un danno fisico che ti sottragga ai miei desideri? E tu sai che sono infiniti! Amore, non farlo più, ti prego…! Riguardati. Sei uno splendore. Non consumarti dietro stupidi giochini. Ora stenditi e fammi vedere cosa ti sei procurata…” – le consigliai e la costrinsi a mostrarmi il suo ingresso riservato ai piaceri del sesso.
 
Marcella fu ubbidiente. Si tenne tutte le coccole e fu pronta a mostrarmi il campo di battaglia. Le aprii le crespe del sedere e inorridii, constatando lo stato in cui erano. Dilatate due dita, di un colore paonazzo, lasciavano intravedere l’interno rosso sangue. “Ma sei stupida! – fu il primo rimprovero che d’impulso le impartii – Non ti bastava tutto quello sfregamento che avevi già ricevuto di mio? Aspetta, aspetta… Tesoro! Oh, ma perché ti comporti da stupidina? Dovevi oliare bene l’ano prima di spingerti a tanto!. Aspetta…”
 
Ero veramente allarmata, perché Marcella, nonostante tutto, restava pur sempre il mio uomo, anche se in transizione. E gli, o le, volevo bene. Corsi a prendere tutti i linimenti di cui disponeva il mio armadietto dei medicinali. Tornai che si stava lamentando sommessamente per il bruciore che provava. “Oh, cara…!” – non potetti fare ameno di ripetere e mi detti a spalmare ben bene l’area interessata con creme rettali, per eliminare la flogosi interna, e poi con creme emollienti per lenire il dolore esterno.
 
Mentre agivo così in profondità sul povero culetto, avvertii che il batacchio di Marcella, costretto sotto il peso delle anche, stava fuoriuscendo allo scoperto, presentandosi fra le cosce dilatate di quell’essere martoriato. “Per fortuna – notai – non c’è sanguinamento.” – mentre il suo glande mi accarezzava la mano scivolando da sotto il corpo adagiato sul letto. Sembrava scodinzolare per la contentezza.
 
glielo accarezzai, finendo con un colpetto sul capino. “Tesoro, – dissi al cappuccetto indiscreto – sono finiti i tempi in cui eri tu ad arrossarti, mentre diventavi rubizzo, nel vigore delle tue forze. Ora sei pallido e cicciotto come un cannolo ripieno di ricotta! Saporito, ma di vigore, niente! Hai abdicato in favore del buchetto di dietro che si industria a darsi da fare forse più di te!”
 
Marcella sorrise. “Come mi preferisci?” – chiese maliziosa. “Amore mio, – risposi sibillina – ogni cosa ha il suo tempo e stupido è chi non ne approfitta. Ti ho goduto nella prima versione e mi hai soddisfatta, ora, posso dire che mi soddisfi ancora meglio.” – e la baciai con trasporto sul glande che era arrossito, pur non raggiungendo le dimensioni né la consistenza di una volta.
 
“Volevo dirti… Credo che sia giunto il momento di comunicarti che mi hai convinta. Accetterò la proposta di Lucia e diventerò una nouvelle Madame de Saint-Ange. Dovrò, naturalmente individuare il conte de Dolmancé. Vedremo chi scegliere tra gli amici che mi proporrà la mia manutengola. Già mi sento, investita del potere da Regina delle serate che andremo ad organizzare.” – rivelai alla stupita, ma felice Marcella. Era evidente che condivideva con gioia la mia decisione.
 
Continuai a sbocconcellarle il cazzo, facendolo inturgidire. Lo leccai ben bene sul prepuzio, scendendo lungo la canna, fino a farla vibrare di suoni celestiali che solo noi sapevamo intendere e apprezzare. Finché, dopo lunghe imboccate, accompagnate da schiocchi dell lingua sul frenulo, non cominciò l’abbondante estrusione di liquido prostatico che, presto, si compattò nel più denso siero spermatico. Mo riempì, burroso, la bocca pronta ad accogliere ogni goccia di quel liquorosa bevanda degli dei.
 
Marcella era sfinita. Si stringeva le reni che iniziavano a dolere. Poi cadde sudi un lato in un sonno profondo. Abbassai le luci fino a soffonderle, coprendo il lume sul tavolo con un velo azzurro. Poi mi alzai, infilai le papushe con i pon pon, e, silenziosamente. mi diressi in bagno.
 
Un bagno rigenerante ci voleva proprio. Riempii la vasca, mentre mi lavai le incrostazioni giallastre di sperma che profanavano i pori, chiazzando il biancore della pelle. Poi mi immersi nell’acqua, tiepida al punto giusto, ricevendone tutti i benefici di un bagno rilassante.
 
Intanto, pensavo intensamente ai preparativi che mi aspettavano per le giornate seguenti. Gli accordi da prendere con Lucia e con gli altri che si fossero uniti alle nostre spedizioni. Sicuramente Marcella, Teo, il Magnifico Teo, e chiunque fosse disposto a condividere la nostre “scelleratezze”. Chissà se mi avrebbero accettata come Regina della Festa?
 
Sarei stata inflessibile con i miei sudditi, portandoli alla follia, se fosse stato necessario, per soddisfare i miei desideri. Li avrei scorticati vivi. Non in senso materiale, ma in quello psicologico. Avrebbero loro stessi chiesto pietà pur di godere nel modo più sfrenato possibile. Li avrei schiavizzati senza alcun ritegno.
 
E già mi vedevo pungolare Teo perché fosse inculato da Marcella , mentre mi chiavava forsennatamente e Lucia gli leccava le palle, passando dal suo cazzo alla mia “sorca”. Non vedevo chi inculava Lucia, né chi le profanava la vulva, ma, a quel punto, non mi interessava.
 
Quasi mi addormentai nella vasca, ma mi ripresi. Mi asciugai e andai di filato a stendermi sul letto, accanto a Marcella. Dormiva di brutto e quella notte fu subito buio.
 
  
Nina Dorotea

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