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Incesto a Sorpresa

By 2 Luglio 2020Luglio 9th, 2020No Comments

Le storie che andrò a narrare sono state vissute realmente o sono frutto di fantasie, sia mie che di altre persone che ho conosciuto nel corso delle mie esperienze. Si trattano di storie a carattere sessuale tra persone che hanno vari legami tra loro, non solo di stampo coniugale, ma anche di tipo figliare, parentele famigliari, amicizia e colleghi di lavoro. Racconterò tutto in prima persona, per aumentare il fascino del racconto stesso senza svelare se la storia sia stata vissuta da me direttamente oppure si tratta di fantasie.  Buon divertimento.

INCESTO A SORPRESA

Mia moglie ed io abbiamo sempre avuto un rapporto aperto e libero con il sesso, tanto che abbiamo frequentato club d’incontro per scambisti fin dall’inizio della nostra relazione. La nostra vita di coppia è stata molto intensa e abbiamo sempre avuto delle accortezze e precauzioni nel nascondere le nostre passioni alla nostra unica figlia nostra, smettendo, anche per vario tempo, di frequentare altre coppie fin tanto che era piccola e aveva bisogno delle nostre attenzioni. Crescendo, Adriana, divenne una bella ragazza, dal volto ovale e pulito, capelli neri e fluenti che le scendevano lisci fino sotto le spalle, una bocca larga e carnosa, di aspetto formoso e piena di carne con molte curve che la rendevano semplicemente sensuale e provocante, prendendo molto da me per la costituzione corporea. Con l’andare del tempo Adriana divenne una veterinaria e un poco alla volta andò a vivere per conto proprio, come giusto che sia, una volta raggiunta l’età matura. Abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto con lei, anche se ci sono state delle divergenze che rientravano nella normalità del rapporto tra figli e genitori, soprattutto nel periodo dell’adolescenza. 

Roberta, mia moglie, ed io mai avremmo pensato che succedesse quello che poi è avvenuto nella realtà. Una situazione che ci ha scioccato all’inizio, ma che poi e ha ridefinito i rapporti con nostra figlia sotto un’altra ottica. Premetto che non siamo una famiglia morbosa e malata sessualmente; per noi il sesso è piacere e benessere. Lo abbiamo sempre dosato senza mai cascare nella dipendenza. Eppure, una sera avvenne ciò che non ci si aspetta.

Come dicevo, mia moglie ed io abitiamo da soli nella nostra villetta in periferia. Una volta che Adriana ha lasciato casa, abbiamo visto bene di proseguire le nostre passioni sessuali, non solo frequentando i locali d’incontro, cosa che si riprese di fare quando nostra figlia iniziava ad uscire con le amiche i sabato sera, ma anche invitando a casa  delle coppie nostre amiche. 

Roberta ed io ricevevamo per via e-mail degli inviti a delle serate particolari che venivano organizzate nei vari club. Una in particolare  ha suscitato in noi molta attenzione, intrigandoci mentre leggevamo come sarebbe svolta la serata; era previsto che ogni partecipante indossasse una tunica e un copricapo integrale che avvolgeva tutta la testa, con due fessure per gli occhi e una per la bocca, così che nessuno potesse riconoscere i vari partner. 

Roberta ed io ci iscrivemmo subito dando un acconto per la partecipazione e le taglie dei costumi che ci avrebbero fatto trovare, stimolando le nostre fantasie erotiche nei giorni seguenti.

Finalmente arrivò la serata tanto attesa. Ci preparammo vestendoci con abiti eleganti. Roberta andò anche dalla parrucchiera standoci per tutto il pomeriggio per la messa in piega ed il colore biondo dei capelli che nascondeva la ricrescita dei capelli bianchi. Io, fui molto più veloce dal barbiere; una sistemata ai miei capelli brizzolati e alla mia barba grigia non impiegandoci più di un ora. 

Roberta indossava un bell’abito di seta nero senza maniche, un invitante decoltè profondo che faceva intravedere il seno di terza misura a campana racchiuso in un pushup. Alla vita portava una grossa cintola di cuoio nera lucida con una elegante fibula simil argento. Alle spalle nude e larghe, indossava uno ampio scialle di seta blu scuro. Mia moglie, per avere 55 anni, non mostrava grandi segni d’invecchiamento sul volto e sulla pelle. Alta e lanciata, longilinea, sedere quadrato con i glutei sporgenti, stretta ai fianchi. I capelli biondi erano lisciati per l’occasione, di solito le ha ondulati, mossi, le scendevano sul lungo collo fino a toccare le spalle contornandole il viso magro e regolare. Gli occhi celesti erano due perle che emanavano luce e vita, con un trucco leggero che le accendeva il volto. 

Io indossavo un abito classico, giacca e cravatta grigio scuro con il doppio petto con piccole decorazioni floreali rosse sullo sfondo nero. Profumati entrambi, con fragranze sensuali, ci mettemmo in marcia per il locale, entusiasti e già particolarmente eccitati. 

Una volta arrivati, alla reception ci dissero di toglierci tutto quello che poteva essere un indizio nel farci riconoscere; orologi, collane, braccialetti e anche le fedi nuziali. Ci indicarono due diversi spogliatoi, uno per gli uomini e uno per le donne, dove avremmo potuto mettere negli appositi armadietti sia gli abiti che gli ornamenti. Caso diverso era per i tatuaggi, cosa che non potevano essere oscurati in alcun modo, quindi, ci raccomandavano di fare in modo di non farli vedere, anche se per taluni era difficile. 

Gli armadietti erano già distribuiti dall’organizzazione dell’evento: ognuno di noi doveva recarsi agli spogliatoi con il ticket rilasciato all’ingresso: un membro dello staff, all’ingresso degli spogliatoi, divisi in uomini e donne, dava un numero che indicava l’armadietto che ci era stato assegnato, e nel quale avremo trovato le tuniche con il copritesta delle nostre taglie indicate al momento dell’iscrizione, con tanto di numero dell’armadietto stampato sul davanti, nella parte sinistra della tunica, coperte da nylon protettivo affinché fosse assicurata la pulizia e l’igiene. 

Le tuniche erano tutte uguali, di color marrone chiaro, con maniche lunghe e larghe alle braccia. Arrivavano fino a mezza coscia, allargandosi vistosamente come fossero delle sottane, agevolando ogni posizione che avremmo potuto fare. Ovviamente sotto alla tunica non si indossava alcun intimo. Il copri testa avvolgeva tutto il volto e arrivava fino al colletto della tunica. Anche quello marrone chiaro che si allungava nella parte superiore a formare una specie di cono che finiva con una punta. In più c’erano dei guanti di velluto, taglia unica, sempre dello stesso colore, che arrivavano fino a coprire l’avambraccio.  

Per le donne, invece, le tuniche erano di color celeste, scollate sul petto e ben larghe che permettevano sia la vista che la fuoriuscita del seno in maniera molto agevole. Anche le loro arrivavano a metà coscia, ben più larghe in fondo rispetto alle nostre permettendo di sollevarle con semplicità. La testa era coperta da un copricapo che ricordava quello del burka delle donne musulmane; alle fessure degli occhi c’erano delle retine bianche leggere che non permetteva di scrutare le pupille degli occhi agli uomini ma garantiva ugualmente una buona vista alle donne. Il loro copricapo si allungava verso il collo aumentando la grandezza alla base; non essendoci una fessura per la bocca, bastava che veniva alzato il lembo inferiore per i consueti giochi orali. Anche loro avevano dei guanti di velluto che arrivavano, però, fino al gomito.

Giunto nella sala principale, vidi che non eravamo moltissimi. Ho contanti suppergiù una cinquantina di partecipanti tra uomini e donne. La cosa che più risaltava agli occhi era che c’erano più donne che uomini. Cosa ben gradita visto che di solito era il contrario. Quel locale, di solito, aveva delle stanze private adibite sia per gli scambi di coppia e orge tra persone che si davano appuntamento, allestite in varie maniere con stili che andavano da quello greco-romano, stile medioevale, stile classico ottocentesco e stile moderno, con vari specchi, tra cui alcuni permettevano di guardare dentro queste stanze, sempre che non venivano oscurate dagli ospiti. Per quella serata, tutte le stanze erano state chiuse a chiave, quindi tutti dovevamo stare nella grande sala principale. 

Le luci erano soffuse, la musica di sottofondo era in stile ambient, ed il bar era collocato in fondo alla parete d’ingresso, vicino alla porta di entrata. Un lungo bancone sul quale i baristi e le bariste, gli unici a non indossare alcuna tunica, ma che erano vestiti nelle loro divise, servivano da bere e qualcosa da mangiare ai presenti.  

La sala era piena di divani di varie dimensioni, anche con penisole, poltrone, sedie e tavoli, tutti a formare una specie di centri concentrici fino ad arrivare verso una vetrata con porte finestre che permettevano l’accesso al giardino con tanto di piscina. Anche quelle chiuse. Evidentemente gli organizzatori non volevano che in quella serata ci fossero persone che si appartassero per svilire il tema della serata: orgia al buio.

Mi recai al banco del bar, dando un occhiata attorno. Tutte quelle persone vestite in quella maniera che non permetteva di vedere i tratti fisici, ma solamente sapere il genere dal colore della tunica, mi intrigava moltissimo. Mi era difficile riconoscere anche Roberta e sicuramente anche lei le sarebbe stato difficile riconoscermi, in quanto, a parte le varie altezze, essendo tutti scalzi, la tunica ci livellava. Mentre mi veniva servito un bicchiere di cognac, scrutavo con attenzione le varie signore che giravano tra i divani e parlavano tra loro. Una di quelle poteva essere mia moglie, ma non sapevo chi lo fosse.

Ad un certo punto, quando eravamo tutti nella sala, un organizzatore prese il microfono in mano ed iniziò a parlare dando a tutti un caloroso benvenuto. Anche lui non era vestito in tunica, e trovandosi vicino alla postazione musicale, che consisteva in una tastiera elettronica, un impianto hi-fi con casse a fianco ed un televisore per serate come il sexy karaoke, il giovane, affiancato da una splendida ragazza bionda, vestita con una splendida t-shirt con motivo marinaresco, una minigonna di seta nera e scarpe a spillo, spiegava il motivo della serata che avrebbe dovuto stimolare i nostri sensi erotici al di là dell’aspetto e della conformazione fisica. Un esperimento sociale, diciamo, il cui una parte del ricavato andava in beneficenza ad un ente di ricerca per le cure contro il cancro al seno. La cifra pagata era giustificata per quel nobile gesto, e tutti quanti applaudimmo per l’iniziativa. 

Adesso toccava a noi. Potevamo fare ciò che ci pareva, l’importante era non levarci la tunica, pena una sanzione di cento euro che sarebbe finita nel fondo beneficenza. Potevamo fare sesso solo ed esclusivamente con chi indossava la tunica, quindi erano esclusi gli organizzatori e lo staff del locale. 

La serata prese avvio lentamente. Molti prendevano da bere al banco del bar, ed i baristi appuntavano il numero che portavamo sul davanti per poi addebitarci la consumazione al momento in cui si andava via. Io avevo il numero 42, e giravo attorno a tre  signore che sorseggiavano i loro bicchieri mentre parlavano tra loro. Con una mano toccavo e palpeggiavo il sedere di una donna che continuava a parlare con naturalezza, sollevandole un poco la tunica, le misi la mano tra le sue calde cosce e palpeggiandole lentamente. Questa signora, allungò la mano destra verso di me che le stavo dietro alla sua spalla destra, e mi prese ad accarezzare il cazzo attraverso la tunica, continuando a conversare con le altre signore.

Mentre accadeva ciò, guardavo attorno  vedendo qualche signora seduta sui divani che si facevano palpeggiare e leccare da altri altri signori. Una, sollevando il fondo del copri testa, stava leccando la cappella ad un signore che le si stagliava di fronte a lei.

La musica e le fragranze di incensi aromatici stimolava quel crescendo erotico che poco alla volta prendeva piede, facendoci abbandonare all’ignoto. Un intrigante gioco attraverso le vesti, il non vedere la fisionomia dei volti, lo scoprire poco alla volta le forme degli altri, rendeva il tutto così sessualmente accattivante. 

Posando il bicchiere ad un tavolo vicino, mi misi dietro a quella signora, puntandole il cazzo sul sedere e avvolgendola tra le mie braccia; con le mani le salivo lentamente dai fianchi fino al seno, prendendoli tra le palmi. Le altre due signore si avvicinarono a lei e glielo tirarono fuori, leccandole i capezzoli, mentre io spingevo il bacino contro il suo. Delicatamente, fummo sospinti verso un divano; mi misi a sedere e la signora fu accompagnata dalle altre a salire su di me mentre sollevai la mia tunica dal mio cazzo. La signora allargò le cosce permettendo al mio membro di fare capolineo e un’altra signora si accovaciò di fronte a noi, brandendo il mio pene e iniziando a leccarne la cappella. L’altra signora si dedicò, invece a succhiare i capezzoli di quella che avevo sopra. 

La signora che mi succhiava il cazzo prese a farmelo toccare sulla passera della signora che avevo sopra di me e, poco alla volta, glielo introdusse nella fica, facendola gemere. Sentivo il cazzo entrarle nella fica e iniziai a sospingere con la parte inferiore del ventre. La donna si contorse con il busto dagli spasmi di goduria che stava provando. Nel frattempo, la donna che le stava succhiando i capezzoli, venne presa dal dietro da un signore che la penetrò nella fica. 

Mi sentivo leccare le palle, così l’altra donna rimase accovacciata di fronte a noi ad alternare la lussuria orale tra la fica della signora che avevo sopra e i miei coglioni. 

Mentre stavo spingendo verso la signora, alla quale le avevo tirato su la tunica per vederne la carnagione color ebano, intravidi una scena che mi fece eccitare dando più vigore alle spinte che davo:

di fronte a noi, su un divano, una donna era seduta in mezzo a due uomini i quali stavano le stavano leccando i capezzoli del formoso seno tondo. La donna impugnava con le mani i loro cazzi, masturbandoli lentamente. Uno di quegli uomini le tirò su la tunica, e la donna divaricò le cosce belle carnose, permettendo all’uomo di stroffinarle la fica, aprendola lei stessa con le dita della destra. In quella scena mi sentii pervaso da uno strato stato di eccitazione. Quella abbondanza formosa mi inebriava i sensi. Dovevo averla, possederla, pensai mentre la signora che avevo sopra stava gemendo e veniva ripetutamente. Non capivo perchè ne ero attratto, mi intrigava, mi rapiva.

 Poi, ecco, la vidi sdraiarsi sui due signori. Prese in mano un cazzo che sparì sotto il lembo inferiore del copritesta, mentre divaricava le gambe per l’altro signore  che le prese a leccarle la fica. 

Il mio desiderio cresceva man mano che la osservavo come si toccava la fica mentre gliela leccava. Il fascino del mistero di chi e come fosse mi eccitava: la vedevo con il copri testa celeste sopra la cazzo dell’altro signore, ogni tanto il collo ed il mento facevano capolino. Era un’esperienza emozionante, molto erotica, eccitante. Mi sembrava di essere coinvolto in una specie di orgia tra donne islamiche, con i loro burka ed i loro veli, i loro corpi formosi, le loro doti di amanti perfette con il loro mistero nel nascondere i loro volti con la rapacità sessuale sprigionata.  

Non sapevo cosa fare. Sospingevo con sempre più forza la signora che godeva, immersa nella sua libido abbandonò il corpo sul mio, non permettendomi sempre di vedere quell’altra signora di fronte a noi. Le altre due signore, invece, non avevano ancora trovato un signore che le prendesse. Erano ai nostri fianchi, una alla sinistra che stava succhiando il seno alla “mia„  signora, l’altra alla destra, seduta accanto a me, con gambe ben divaricate che si masturbava. 

Mi venne un idea. Avrei potuto unire entrambi i gruppi. Feci un cenno alla signora che avevo sopra, con gentile cortesia per non sembrare sgarbato. Palpeggiandole il sodo seno, le indicai il trio che avevo di fronte. Lei si accorse della mia indicazione, così scese da me e si recò dal signore al quale veniva fatto un pompino, si accovacciò fra le sue gambe e prese a leccare il cazzo assieme alla mia “preda„. Le sue amiche la seguirono. Quella che stava alla mia sinistra si mise tra le gambe dell’altro signore e glielo prese a succhiare, mentre l’altra, con molta agilità, alzandosi la tunica, si mise in piedi sul divano e divaricando le gambe, si  mise tra le spalle dell’altro signore e lo schienale del divano, arreggendosi con le braccia, facendosi leccare la fica. 

A quel punto mi mossi io che puntando dritto alla signora, il sogno di quella serata.

Avvicinandomi vidi chiaramente il numero stampato sulla parte sinistra della tunica, proprio sotto il seno sinistro. Il numero 29.

Il seno prosperoso di quella signora mi eccitava in una maniera particolare per come veniva contenuto nella sua posizione distesa sul fianco sinistro; i due seni rotondi si schiacciavano l’uno sull’altro, con i capezzoli belli rotondi e rossi. La signora muoveva il braccio destro, che si estendeva fino alla mano sul cazzo di quel fortunato signore, premendo sul seno destro. 

Io mi accovacciai sulle ginocchia, e raccolsi il seno tra la coppa delle mie mani, prendendolo a leccare quella vivida pelle bianca che mi affascinava. I suoi capezzoli erano la meta della mia lingua che le solleticava entrambe, roteandoci sopra con la punta, succhiandoli a volte voracemente. La signora sembrava gradire quel mio generoso riguardo al suo procace seno, tanto che si mosse per con il corpo affinché fosse ancora meglio gustabile alla mia bocca. Con la mano sinistra le andai a cercare la vulva, trovandola già bella bagnata, eccitata. Con le dita le penetrai lentamente tra le labbra, allorché la signora sussultò con un dolce movimento del corpo. 

Sembrò che si fermasse nel succhiare il cazzo al suo partner; sentivo il suo sguardo spiarmi attraverso le fessure di quel copri testa. La cosa mi eccitava ancora di più; la curiosità di scoprire i tratti di quel volto, sicuramente giovanile, che godeva per le sensazioni che le stavo dando. La sua vagina così carnosa, polposa, che le mie dita vi entravano con agilità, mi invogliava ad essere gustata, leccata, mangiata. Dal suo seno mi spostai sul piacere del sesso per eccellenza, in quel buco rosato e profumato dell’eros subliminale, fecondo di emozioni più spinte, che accendono brividi e sogni. Le sue cosce ben vellutate, carnose, con qualche smagliatura qua e là, si stagliavano di fronte a me, al mio punto di osservazione. Quella vagina lasciata dal signore precedente, era a disposizione  delle mia bocca, della mia lingua, la quale vi si immerse per predare quei fluidi dolci e potenti, inebrianti, nel solleticare il clitoride così delicato e forte che si ergeva come un piccolo fallo, pronto a trasmettere quelle sensazioni di  sublime piacere, essenza del sesso orale. 

Mi sentivo cercare il mio stesso sesso; delle mani mi lisciavano la schiena, me la accarezzavano, facendomi tirare su, ma sempre rivolto verso quell’oasi di piacere etereo. Poco alla volta ella mi prese ad accarezzare il cazzo, se lo tirò a sè, sulla sua bocca. Mi misi su di lei, a 69, e lei prese a leccarmi la cappella. Le sue labbra giocavano su di essa muovendosi dolcemente, la punta della lingua premeva sul prepuzio e la saliva lubrificava la cappella, che poco alla volta prese a scivolare all’interno della bocca. 

Alzai la testa e di fronte a me vidi una signora sdraiata su di un tavolo e venire penetrata da un signore. Cercai di vedere meglio e mi sembrò di vedere un tatuaggio alla caviglia di quella signora, un tatuaggio molto simile a quello che ha mia moglie; una rosa non colorata. 

Mi alzai dalla mia partner, le indicai quel tavolo, con la testa fece cenno di assenso, così ci recamo lì. 

Non potevo non riconoscere il seno ambrato di mia moglie e poi, avvicinandomi, quel tatuaggio era proprio quello di Roberta. La mia partner piegò con il busto sulla vagina di quella che, a tutti gli effetti, doveva essere mia moglie, il seno della giovane andava a toccare la vulva di Roberta, facendo estrarre il cazzo al signore che se lo fece leccare dalla mia partner, la quale innarcò sempre più il busto fino a mettersi perfettamente a novanta. Alzai la tunica, un sedere bello bianco, perfetto, non molto grosso, glutei carnosi, tutto i bacino formava un cuore perfetto. Il mio cazzo affondava in quella vagina, morbidamente, sguisciava dentro perfettamente. Dei brividi mi colsero lungo il corpo, le afferrai i dolci glutei e presi a sbattere con impeto. Lei contorse il fondo schiena, lo inarcava, spingeva i glutei contro di me, allargava le gambe, si abbassava sulla fica di mia moglie, gliela leccava mentre veniva penetrata.

La fica era piena di orgasmo, di umori, il mio cazzo era al punto di scoppiare, lei si divincolava in dei moti sussultori. L’uomo che penetrava Roberta estrasse il pene e schizzo sul seno della mia partner, proprio in mezzo tra le procaci masse. 

Un unico brivido precedette il mio orgasmo. Feci in tempo a uscire ed a schizzare violentemente sui suoi glutei. Lei era intenta a succhiare il cazzo a quell’altro signore, io mi presi la briga di poggiarlo sul copritesta dell’altra signora, presunta mia moglie, al quale alzò il lembo inferiore scoprendo il mento e le labbra. Mi prese a leccare la cappella sgrondante di sborra. 

La numero 29 la vidi andare verso la toilette, e la signora che avevo sotto di me si alzò sul tavolo, mettendosi a sedere, per poi scendere e mettersi in piedi di fronte a me. Il signore che l’aveva scopata le allungò la mano destra come segno di saluto, lei, con numero 14, contraccambiò stringendola.

A quel punto, gli organizzatori, quando videro che un po’ tutti avevano finito, presero a parlare. Fecero illuminare meglio la sala e ci fecero i complimenti per come avevamo tenuto la riservatezza dei nostri tratti del volto senza levarci i copri testa. Loro stessi ne furono eccitati che non poterono non scopare tra loro e con i dipendenti dello staff del locale. 

Quello strano esperimento era considerato concluso, e finalmente potevamo svelare le nostre identità.

Mi levai il copri testa e fece altrettanto la signora di fronte a me. Come avevo indovinato, era Roberta, mia moglie. Lei sgranò gli occhi dalla sorpresa nel vedermi; contenta mi abbracciò saltandomi in braccio. Il signore si presentò facendo i complimenti a mia moglie. Eravamo contenti per come ci eravamo trovati e, in effetti, i tatuaggi erano l’unica cosa che ingannava il mistero tra le persone. 

Ci guardammo attorno, e vedemmo tutti volti contenti e divertiti; dalle casse partiva della musica esplosiva, di quelle da gran festa, da far saltare. Lo staff distribuiva bottiglie di spumante con tanto di bicchieri, e sul banco venivano messe delle pietanze da mangiare; dal riso freddo, all’insalata di pesce, a delle verdure grigliate, a dei pezzi di carne arrostite e altro ancora. 

Mia moglie ed io ci tenevamo abbracciati cercando di fare conoscenza con altre persone. Mentre guardavamo distratti bevendo dalle nostre coppe, una voce famigliare catturò le nostre attenzioni, gelandoci tutto in un colpo:

-Mamma? Papà?…-

Di fronte a noi, dall’espressione incredula e allibita ci apparve Adriana. La tunica aveva il numero 29.  

 

 

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