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Ci sei o ci fai?

By 20 Agosto 2013Aprile 2nd, 2021No Comments

Capitolo 1: Il primo, cauto approccio
Di rientro da un lungo venerdi di lavoro e varie commissioni in giro per la città, Vittorio si rese conto di non avere nulla di commestibile in casa. Ma la voglia di restar fuori anche per cena, dopo avervi trascorso quasi dodici ore ininterrotte, era pressoché inesistente. Voleva solo fare una doccia rigenerante, mangiare qualcosa e buttarsi davanti alla TV finché Morfeo non avesse preso possesso dei suoi sensi. Decise, perciò, di tentare la fortuna all’alimentari vicino la sua abitazione, e prendere i primi cibi appena invitanti che gli sarebbero capitati a tiro.
Varcata la soglia, si diresse verso il bancone semivuoto del negozio. L’aria condizionata nel locale lo investì come una benedizione in quell’afosa serata estiva.
La commessa sbucò pochi istanti dopo dal retro, salutandolo. ‘Ehi, ciao!’. Era simpatica, anche se, almeno all’apparenza, un po’ stupidotta. I suoi modi di ridere e di parlare lasciavano trapelare un’intelligenza non proprio spiccata. Tuttavia, era una gran bella ragazza: di un’altezza attorno al metro e settanta, con lunghi capelli corvini mossi e grandi occhi neri, a sovrastare un piccolo nasino all’insù e due labbra rosse e abbastanza carnose. La tipica bellezza mediterranea. Il suo corpo era celato dagli abiti e dal camice da lavoro. Tuttavia, pareva essere abbronzato ed esile alla pari del suo viso e delle mani sempre curate e ben smaltate. Mani sulle quali campeggiava un anello che il ragazzo non aveva mai notato nelle visite precedenti. ‘Sicuramente sarà stato un recente scambio di fedine’, pensò.
Vittorio non conosceva il suo nome né la sua età, ma riteneva che la ragazza fosse all’incirca sua coetanea. Sui trent’anni, o forse qualcuno in meno. Non frequentava molto spesso quel negozio, ce n’erano di decisamente migliori in zona per qualità dei prodotti, per cui ci si recava di rado, in casi d’emergenza come quello. Di conseguenza, non era mai entrato troppo in confidenza con la ragazza del banco, seppure lei fosse affabile ed amichevole.
‘Non è rimasto molto oggi, eh?’. ‘A quest’ora”. ‘Eh, lo so, ma mi son appena sbrigato’. ‘Lavoro?’. ‘Lavoro, servizi, scocciature varie! Pane croccante me lo scordo, quindi?’. ‘Mi sarebbe rimasto questo’, così dicendo afferrò un filone di grano dall’aspetto invitante, mostrandolo al cliente dell’ultima ora. ‘E’ un po’ grosso per una sola persona’. ‘In effetti è grosso e lungo, ma a me piace, lo prendo spesso’, replicò di getto la ragazza.
Vittorio ebbe un fremito. Probabilmente il doppio senso era troppo sottile, e lei non ci aveva neppure fatto caso mentre pronunciava quelle parole. Eppure, il modo nel quale maneggiava il pane e il tono di voce, lasciavano intuire che sotto ci fosse qualcosa di più. Decise, pertanto, di calcare un po’ la mano, senza tuttavia scoprirsi troppo. ‘E riesci a prenderlo tutto da sola?’. ‘Oddio, no. Però ci provo, perché mi piace’, rispose lei, fissandolo. ‘Dovremmo cenare insieme, vorrei proprio vederti alle prese con qualcosa di così grosso’, replicò Vittorio, senza distogliere lo sguardo. La ragazza arrossì appena e, abbassando gli occhi al pavimento, si produsse in una delle sue consuete risatine stridule.
Neppure il tempo di pesare il pane sulla bilancia, che dalla medesima porta sul retro sbucò un uomo sulla quarantina. Guardando accigliato Vittorio, si avvicinò alla ragazza cingendole la vita. ‘Tutto ok?’. ‘Si si, tutto bene’. Le diede un bacio sulla guancia e tornò sul retro, sempre con gli occhi puntati sul cliente. Vittorio sostenne lo sguardo, poi si rivolse alla commessa. ‘E’ il tuo ragazzo?’. ‘Si, a furia di lavorare insieme qui ci siam fidanzati. Perché?’. ‘No niente, da come mi guardava sembrava volesse uccidermi’, rispose Vittorio, con un sorriso ironico. ‘Scusalo, è un po’ geloso’. ‘Per forza, non è certo bello come te’, disse il ragazzo, accennando un occhiolino. Un sorriso illuminò il volto della commessa: ‘Grazie!’.
‘Altro?’, chiese lei, dopo aver prezzato il filone. ‘Mozzarelle ne hai?’. ‘Son rimaste queste, da centocinquanta grammi’, rispose lei, infilzando una treccia con un forchettone di metallo, ‘Sono di produzione propria’. ‘Ah, be’, se le fai tu, allora non posso rifiutare! Dammene un paio’. La ragazza rispose, mentre riponeva le mozzarelle in una bustina trasparente: ‘Non le faccio proprio io. Le producono i miei, hanno una piccola latteria fuori città’. Vittorio decise di esagerare un po’, per valutare le reazioni della commessa: ‘Non mi dispiacerebbe vedere la tua latteria’, affermò, facendo scorrere lo sguardo dagli occhi della ragazza fino all’altezza del suo seno e viceversa. Lei arrossì e sorrise imbarazzata, senza replicare.
‘Desideri altro?’, chiese lei, dopo qualche istante. ‘Si, ma in presenza del tuo ragazzo non mi sembra il caso’, replicò Vittorio, con un largo sorriso e forte dell’atteggiamento palesemente remissivo della sua interlocutrice. Il viso della commessa avvampò di colpo. ‘Dai!’, si limitò a rispondere. I due si produssero in una flebile risata complice.
La ragazza, poi, preparò busta e scontrino. ‘Sono sei Euro e cinquanta’.
Vittorio contò i soldi, tutte monete, e li dispose sul piattino accanto alla cassa. Lei prese a ricontarle a sua volta. ‘Che fortuna, ero rimasta a corto di spiccioli’. Usando quella frase come pretesto, Vittorio decise di rischiare il tutto per tutto. ‘Vedi? Io ti ho fatto un favore e ora tu ne farai uno a me’. La ragazza lo guardò incuriosita. ‘Cioè?’. ‘Domenica sera darò una festa a casa con alcuni amici, mi piacerebbe che ci venissi’. Lei gli si avvicinò e gli sussurrò: ‘Non credo che potremo, domani sera il mio ragazzo parte per andare a trovare dei parenti e torna direttamente lunedi’. ‘Ma io ho invitato te, mica lui’. La ragazza sembrava incerta, così Vittorio, senza darle il tempo di riflettere, le scrisse il suo numero sul retro dello scontrino e glielo porse. ‘Quando parte chiamami, che ti dico dove abito’. La ragazza, come un automa, prese il foglietto e lo infilò nella tasca dei jeans che indossava sotto il camice, senza proferire alcunché e, almeno apparentemente, pensierosa sul da farsi.
‘A proposito’, riprese Vittorio per distoglierla dalle sue riflessioni, ‘Non ci siamo mai presentati. Io sono Vittorio’, disse, porgendole la mano. Lei sembrò rilassarsi, tornando a sfoggiare un sorriso frivolo ma sincero. ‘Stefania, piacere mio’. Dopo averle stretto la mano, ritraendosi Vittorio ruotò il suo arto, accarezzando in maniera vigorosa il dorso della mano di Stefania.
‘Ciao, ci vediamo’, disse a voce sostenuta. Poi, abbassando il tono, aggiunse: ‘Chiamami’.
Uscendo dal negozio, col fiato corto per la calura e per l’inusuale sfrontatezza dimostrata, avvertì lo sguardo della commessa fisso su di sé, certo che di lì a un paio di giorni avrebbe avuto ulteriori notizie di Stefania.

Capitolo 2: Nella tana del lupo
La telefonata di Stefania non si fece attendere. Nonostante le domande indagatorie della ragazza circa chi sarebbero stati gli altri invitati, di che tipo di festa si trattasse ed altri chiarimenti simili, Vittorio decise di restare sul vago e lasciarla sulle spine, limitandosi a dritte attinenti la scelta dell’abbigliamento più adatto.
Quella sera andò a prenderla, lasciando nel suo appartamento gli invitati più puntuali ad attendere l’arrivo degli altri.
Casa di Stefania non era troppo distante dalla sua, ci arrivò in meno di un quarto d’ora e lei scese pressoché immediatamente, dimostrando una puntualità ed, assieme, un’impazienza che sorpresero molto favorevolmente il ragazzo. Con un leggero vestitino estivo azzurro, i capelli al vento e un filo di trucco teso a valorizzare i suoi grandi occhi scuri e le sue labbra da mordere, la ragazza era un vero incanto. Vittorio poté, per la prima volta, ammirare il suo corpo, solitamente nascosto da abiti meno succinti e dal camice da lavoro bianco e piuttosto sformato. Era snello come se l’aspettava, con lunghe gambe abbronzate e un seno che immaginava più piccolo, invece della buona terza misura sfoggiata dalla commessa, resa ancor più appetibile dalla sua generosa scollatura.
Sedendosi in auto, l’abito, già corto sopra il ginocchio, risalì parzialmente, lasciando scoperte le cosce quasi per intero, ma Stefania sembrò non farci caso. Vittorio, sporgendosi in avanti per salutarla con i canonici due baci sulle guance, ne approfittò per posarle distrattamente una mano sul ginocchio, constatando la completa mancanza di qualsivoglia reazione da parte di lei. Una tale circostanza lo indusse a non mollare la presa e, anzi, a massaggiare delicatamente la giuntura della ragazza, dando il via a un banale quanto provvidenziale scambio di battute. ‘Sei molto bella stasera’. ‘Grazie, anche tu stai bene’. ‘Cos’hai raccontato al tuo ragazzo?’. ‘Che ero stata invitata ad una festa di lontani cugini. Sai com’è, ho un sacco di parenti, non li conoscerà mai tutti’. ‘Che birbante’, rispose Vittorio, sorridendole e facendo scorrere la sua mano appena più su lungo le cosce. Stefania sorrise a sua volta. Strinse appena le gambe, ma non lasciò trasparire sentimenti circa il prolungato contatto in corso, né fece alcunché per mettervi fine.
A farlo fu, però, Vittorio. Giunto, difatti, a metà coscia, fino al bordo dell’abito, il ragazzo mise in moto l’auto e riportò entrambe le mani sul volante, lasciando Stefania quasi interdetta.
Di tanto in tanto, lungo i rettilinei o nelle soste ai semafori rossi, riprendeva a sfiorarle le gambe, senza, però, oltrepassare i confini più intimi del suo corpo. Lei, dal canto suo, continuava a non mostrare fastidio né piacere verso simili atteggiamenti, prodigandosi in discorsi della più varia natura, dall’astrologia ai programmi televisivi.
Più lei parlava e più Vittorio, che spesso si limitava ad annuire o a rispondere con brevi frasi di circostanza, si rendeva conto di avere ben poco in comune con la ragazza. Tuttavia, l’attrazione fisica che provava nei suoi confronti, sebbene cercasse di non renderla troppo evidente, era innegabile. Anche solo sfiorarle le cosce sode e lisce e guardare le sue labbra muoversi, seppur per esprimere concetti di ben magra consistenza, gli avevano causato un accenno di erezione che premeva nei suoi ruvidi jeans.
Il percorso per il ritorno sembrò anche più breve che all’andata. Usciti dall’auto, Vittorio non perse l’occasione di cingere la vita di Stefania lungo il tragitto che dal parcheggio li condusse al portone d’ingresso. Stefania sembrava tesa, eppure non si sottraeva a quelle attenzioni, all’apparenza più per non passare da bigotta che per effettivo piacere fisico, ebbe a pensare Vittorio.
Tuttavia, l’atteggiamento della ragazza lo intrigava. Fino ad allora si era mostrata disponibile ad accettare le sue avances, pur senza mai incoraggiarle o prendere iniziative di alcun genere. E lui, dal canto proprio, aveva rimarcato il suo ruolo di cacciatore, evitando di mettere troppo a suo agio Stefania, quasi a volerla intimorire più che sedurre, ed evitare a priori ogni sua possibile resistenza.
Nell’attesa dell’ascensore, i due erano uno di fronte all’altro, a pochi centimetri di distanza. Vittorio scostò i capelli di Stefania per portarli lungo le spalle e lasciare, in tal modo, completamente sguarnito il sontuoso decolleté della ragazza. Nel farlo, non mancò di sottolineare il suo apprezzamento per quanto poteva vedere. ‘Dato che ci sono e sono così belle, è un peccato nasconderle, ti pare?’. Lei arrossì, sorridendo debolmente e distogliendo lo sguardo, che portò al pavimento.
Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Vittorio spinse delicatamente Stefania a precederlo e, nel premere il bottone del penultimo piano, quasi abbracciò la ragazza, non mancando di far aderire completamente il suo torace alla di lei schiena. Nonostante lo spazio fosse più che sufficiente per quattro persone, Vittorio non si scostò dalle terga di Stefania e, anzi, la cinse completamente, stringendola a sé.
Le scostò ulteriormente i capelli, esponendo il suo collo che, inizialmente, carezzò col dorso delle dita e, successivamente, prese a sfiorare appena con la bocca, avvertendo un lieve sussulto da parte della ragazza. ‘Hai un buon profumo’, le sussurrò. ‘E un ottimo sapore’, aggiunse, dopo averle baciato la base del collo schiudendo appena le labbra. Stefania chiuse gli occhi, serrando le sue braccia attorno a quelle di Vittorio. Il ragazzo, però, non si rassegnò a quell’incrocio di arti, e con una mano andò ancora a cercare la gamba della sua preda, risalendo lungo la coscia e scostando il lembo inferiore del vestitino. Con l’altra mano, invece, risalì lentamente lungo il ventre, andando a cercare il seno.
Vittorio avvertiva i muscoli di Stefania contrarsi fra le sue braccia, e il suo respiro farsi sempre più affannato. La ragazza, come ormai d’abitudine, sembrava non prendere alcuna iniziativa, ma il piacere che provava veniva reso evidente dalle reazioni involontarie del suo corpo.
Quando reclinò la testa leggermente all’indietro, posando la nuca su una spalla di Vittorio, lui prese ancora possesso del suo collo, prima baciandolo e poi mordendolo leggermente. Vide che la ragazza aveva gli occhi serrati e respirava con le labbra appena schiuse, come se stesse salendo di corsa le scale cercando di celare il fiatone.
Strinse ancor più Stefania a sé, facendole avvertire la consistenza del suo pene contro il suo invitante sedere a mandolino. La ragazza gemette, e a Vittorio parve che avesse arretrato ancor più il suo bacino, per accentuare il contatto del suo didietro con l’imponente sesso dell’uomo che la costringeva in quell’abbraccio erotico e clandestino.
Nello stesso istante in cui una mano di Vittorio stava insinuandosi nel caldo interno coscia di Stefania e l’altra era in procinto di afferrarle i seni, le porte dell’ascensore si aprirono e il ragazzo sciolse la morsa che aveva stretto attorno alla sua ospite.
Dalla sua posizione, gli parve di vedere Stefania barcollare appena prima di riprendere l’equilibrio e uscire dall’ascensore. Guardandola più attentamente, prese coscienza del successo ottenuto dalle sue opere di seduzione. La ragazza mostrava le gote infuocate, i capelli scarmigliati e un respiro sensibilmente accelerato. A tradire più di ogni altra cosa il suo stato di eccitazione erano, però, i suoi occhi. Vittorio li trovò lucidi, persi nel vuoto, a dispetto dello sguardo ben più vispo che Stefania mostrava, solitamente, da dietro il bancone del suo negozio.
Trattenendo a stento un sorriso soddisfatto, infilò le chiavi nella toppa e aprì la porta.
Mentre si susseguivano le presentazioni di rito con gli altri invitati, ormai tutti giunti presso l’abitazione, Stefania sembrava ancora assente. Ci vollero diversi minuti prima che tornasse pienamente padrona di sé e si rendesse conto di essere l’unica donna nell’appartamento, con Vittorio e i suoi quattro amici, di cui non aveva neanche sentito il nome, che la fissavano con insistenza e ridevano, bisbigliando tra loro.

Capitolo 3: Poche, deboli difese
Nonostante l’iniziale timore per essere in un appartamento con cinque sconosciuti, Stefania venne immediatamente messa a suo agio dagli uomini di casa, che con lei si dimostrarono gentili scherzando e parlandoci, a turno o tutti insieme. Ancora non aveva afferrato i loro nomi ma, almeno, nella prima mezz’ora di permanenza, aveva capito che quella era una festa per l’addio al celibato di Guido, uno di loro. Il ragazzo, chiaro d’occhi e di capelli e prestante fisicamente, l’indomani avrebbe sposato la sua compagna storica che, naturalmente, quella sera era impegnata con le amiche di sempre. Erano tutti sulla trentina, per cui fu facile rompere il ghiaccio parlando di esperienze comuni e rivangando canzoni o film degli anni della loro adolescenza.
L’unica cosa che lasciava interdetta la ragazza erano gli atteggiamenti fin troppo amichevoli di tutti i maschi della casa. Inizialmente, era prerogativa unicamente di Vittorio, quando le era vicino, cingerle la vita, accarezzarle le spalle o le braccia, o prodigarsi in carinerie simili. Un po’ alla volta, però, tutti i ragazzi si lasciarono andare a questi gesti. Stefania, che aveva mostrato di accettare di buon grado i frequenti e, all’apparenza, casuali, contatti con Vittorio, si sforzava di non sottrarsi alle attenzioni degli altri, per non dar vita a disparità che avrebbero potuto creare rivalità e rovinare la serata.
Quando uno dei ragazzi, però, nel passarle da dietro, indugiò più del dovuto col suo pene contro il suo sedere, pensò di riferire l’accaduto al padrone di casa, affinché ristabilisse l’ordine. La reazione di Vittorio, tuttavia, non fu quella che si aspettava. ‘I ragazzi avranno bevuto un po’, e tu sei l’unica donna della festa. Che c’è di male se fanno un po’ gli scemi?’. Stefania rimase interdetta, mentre Vittorio continuò: ‘Se dovessero esagerare ci penso io a calmarli, tu stai tranquilla e divertiti’. Lei era palesemente esitante. Vittorio, allora, riprese: ‘In fondo sono tutti bei ragazzi, immagino che anche a te faccia piacere essere sommersa da tutte le loro attenzioni, o no?’. Stefania rispose con un fil di voce: ‘Be’, è piacevole che tutti ridano e scherzino con me, si’. ‘E allora, qual è il problema?’. Stefania non sapeva più cosa rispondere. Era così sicura di esser dalla parte della ragione, eppure si sentiva trattata come una bambina capricciosa che stentava a vedere l’ovvio. Vittorio aveva completamente demolito ogni sua arma di difesa, tanto che fu costretta a reagire con finta nonchalance e un’aria di sfida negli occhi: ‘Nessun problema, torniamo di là!’. Vittorio la precedette e, nel superarla, le stampò un fugace bacio sulle labbra, lasciando di stucco la ragazza. Quando lei prese a chiedersi cosa fosse accaduto, lui era già in salone a parlare con uno dei ragazzi. Ci andò anche lei e sedette su una sedia, sgranocchiando arachidi salate con più domande che certezze.
Poco dopo, fu la volta dei balli. Il primo, naturalmente, fu un lento con Vittorio. Lui la teneva stretta a sé, guidandola e non staccando per un istante gli occhi dai suoi. Stefania era rapita dalla stretta decisa e dal buon profumo emanato da Vittorio, tanto da perdere ogni cognizione durante lo scorrere delle note.
Quando il brano finì, il posto del padrone di casa venne preso da Guido, lesto a reclamare una bella donna con la quale ballare alla festa a lui dedicata. Dopo di lui, uno alla volta, tutti i ragazzi ballarono con Stefania, non lesinando di strofinare i loro corpi e le loro mani lungo il suo corpo, pur evitando contatti con zone intime. Stefania, dal canto suo, pur se terribilmente imbarazzata, non mancava di godersi la vicinanza dei corpi atletici dei ragazzi. Erano tutti ben più alti di lei, con fisici scolpiti e muscoli guizzanti, in particolare il futuro sposo, e tutti vantavano lineamenti del viso decisamente gradevoli. Tutti loro, inoltre, non avevano mancato, durante i passi di danza, di farle avvertire la consistenza dei loro membri sul suo ventre o contro i suoi fianchi, e Stefania non poté non accorgersi delle ragguardevoli dimensioni di ciascuno. Tornando a sedersi e accavallando le gambe, notò che anche lei era parzialmente eccitata dalla situazione. Difatti, avvertiva chiaramente le sue mutandine appena umide quando stringeva le cosce.
Era ancora assorta nei suoi pensieri, quando uno dei ragazzi, rivolto a Vittorio, gli fece un finto rimprovero: ‘Ma che schifo di addio al celibato è senza neanche una spogliarellista?’. Vittorio, tra le risate degli altri e un sorriso sforzato di Stefania, fece uno sguardo colpevole, mentre i ragazzi rincaravano la dose: ‘E’ vero, che razza di padrone di casa!’. ‘E tu saresti un organizzatore di feste? Vergognati!’. Vittorio allora, quasi come fosse un’idea maturata sul momento, si riscosse: ‘Veramente’ una ragazza ce l’abbiamo qui”. Stefania lo guardò a bocca aperta. ‘Non mi guardare così, vuoi rovinare la festa al povero Guido?’. ‘Ma’ io mi vergogno!’. ‘E su’ non devi mica rimanere nuda, anche solo in intimo. A mare ti vedono tutti in due pezzi, che differenza c’è?’. Stefania, stavolta, non pareva voler cedere. Si era seduta a braccia conserte, col volto rosso come un peperone. Neanche i ragazzi, però, sembravano voler demordere. Questo interminabile braccio di ferro venne risolto a favore dei cinque quando gli uomini, fingendo rassegnazione, smisero di avanzare richieste. ‘E va bene dai, se si vergogna lasciatela stare’, disse Guido. ‘Pazienza, dovrò sorbirmi una festa di addio al celibato più grama di tutti gli altri’, aggiunse, con aria compassata. Vittorio lo consolò con una pacca sulla spalla: ‘Scusami, avrei dovuto pensare a tutto, e invece”. Stefania, colpita più da quella messinscena che dall’insistenza precedente, capitolò. ‘E va bene, lo farò! Ma in intimo! E appena finito mi rivesto subito!’.
Un boato d’acclamazione si sollevò dai cinque. Vittorio non perse tempo, inserendo un CD di musiche adatte allo scopo.
Il padrone di casa e Guido si sedettero sul divano, gli altri tre sulle sedie, tutt’intorno a Stefania, a un paio di metri di distanza da lei.
La ragazza iniziò a muoversi in maniera sensuale, facendo roteare il bacino e piegandosi sulle ginocchia. Si avvicinò a tutti i ragazzi, uno per volta, ballandogli a pochi centimetri dal volto ma senza mai toccarli. Tornata al centro della pista improvvisata, fece risalire il suo vestito fin quasi a scoprire le mutandine, poi iniziò a giocare con le bretelline. Ne lasciò cadere una, poi l’altra, e piano iniziò a farlo scorrere verso il basso. Quando il reggiseno turchese fu completamente esposto, i ragazzi urlarono e applaudirono. Lei sorrise imbarazzata, continuando la sua danza. Alla metà del secondo brano, dopo quasi dieci minuti di spogliarello, il vestito finì a terra, rendendo possibile la visione delle mutandine di Stefania, anch’esse turchesi. Il completino di pizzo lasciava poco spazio all’immaginazione, facendo intravedere, in trasparenza, le scure e larghe areole e il curato pelo pubico della danzatrice, e lasciando quasi completamente esposto il suo marmoreo culetto abbronzato.
Tra i fischi di approvazione dei ragazzi, Stefania andò a sedersi al centro del divano, fra Guido e Vittorio, schioccando al festeggiato un bacio su una guancia e arrotolandogli il vestito attorno al collo, abito che l’uomo fu lesto ad afferrare e lanciare via.
Alla fine del brano, Stefania dichiarò terminata la sua performance. Guardandosi intorno, però, non riuscì a scorgere il suo abitino. ‘Ragazzi, su, non fate gli scemi, dov’è il vestito?’. Tutti finsero di cadere dalle nuvole. ‘Eddai, me l’avevate promesso’, aggiunse la ragazza con voce melliflua. ‘E’ vero’, disse Vittorio, col suo consueto tono deciso eppure gentile, ‘Ma ormai ti abbiamo vista tutti, che cambia se resti così?’. ‘Si, ormai non hai nulla di cui vergognarti, ti abbiamo già vista’, insistette il ragazzo seduto di fronte a loro, lo stesso che a inizio serata insinuò il suo pene tra le natiche della donna. Stefania stava per replicare, ma si bloccò nel momento esatto in cui Vittorio le cinse le spalle stringendola a sé e dandole un bacio sulla guancia. ‘Dai, fallo per Guido’, le disse, ‘E per me’. La guardò intensamente, tanto che lei fu costretta ad annuire, senza riuscire ad opporsi alle richieste del padrone di casa.
Vittorio continuò ad accarezzare le spalle di Stefania, insinuando la sua mano sotto la spallina destra del reggiseno. La ragazza si irrigidì di colpo, augurandosi che le richieste del ragazzo fossero terminate o che, in caso contrario, il potere che il padrone di casa riusciva ad esercitare su di lei non fosse tale da farle commettere imprudenze maggiori.

Capitolo 4: Come fosse una bambola
Vittorio fece scivolare la spallina lungo il braccio di Stefania. Lei si voltò a guardarlo con aria confusa. ‘Che fai?’. Lui rispose col tono di chi rimarcava qualcosa di scontato: ‘Non si vede? Ti accarezzo. Hai una pelle così morbida’. ‘Si, ma”. Stefania non fece neppure in tempo a replicare, che Vittorio si rivolse a Guido, seduto alla destra della ragazza. ‘Prova anche tu, senti com’è delicata la sua pelle, sembra seta’.
Il festeggiato, senza farsi pregare, prese ad accarezzare il collo di Stefania, scendendo lungo le spalle e scostando, a sua volta, l’altra spallina del reggiseno. Nel mentre, Vittorio le baciava il collo, sotto gli occhi famelici degli altri tre invitati alla festa, ancora inermi sulle loro sedie.
Il respiro di Stefania era lievemente accelerato. Provava a ribellarsi, ma le sue lamentele, e il tono di voce estremamente suadente col quale le esprimeva, più che come deterrente suonavano come un invito a continuare.
Non ci volle molto prima che Vittorio le scostasse una delle coppe del reggiseno, prendendo possesso, con la sua bocca, del capezzolo sinistro della ragazza. Stefania gemette, fra proteste poco convinte che, in ogni caso, nessuno pareva ascoltare.
Guido, subito, replicò le mosse dell’amico, prendendo a stuzzicare il seno destro di Stefania, sempre più interdetta ed eccitata.
Quando il reggiseno scivolò lungo l’addome della ragazza e si posò sul suo ventre, gli altri invitati si unirono al terzetto.
Stefania, occhi al soffitto, mormorava continui e flebili ‘No, vi prego’, mentre avvertiva le bocche di Guido e Vittorio suggerle le mammelle, e qualcun altro sganciarle il reggiseno, liberandola dall’ormai inutile indumento intimo.
Abbassò lo sguardo quando sentì uno dei ragazzi divaricarle le gambe e assistette allo spettacolo di due mani che risalivano lungo le sue cosce, impattando nel tessuto delle mutandine turchesi. Subito vennero scostate, per far posto ad un dito che prese a massaggiarle la labbra già gonfie. ‘Come sei bagnata’, le disse l’uomo che le carezzava la vagina. Stefania, rossa ed accaldata, non poté che emettere un sospiro compiaciuto. Quando l’uomo le infilò appena un dito tra le labbra umide, la ragazza gemette con una smorfia.
Un quarto uomo prese, successivamente, il posto dell’altro tra le gambe di Stefania, scostando ancor più, fin quasi a lacerarle, le sue mutandine e prendendo possesso della sua vagina con la bocca. Stefania non riuscì a trattenere un grido sommesso.
Appena spalancate le labbra, però, furono prese d’assalto da Vittorio, che l’afferrò per i capelli e le impose un bacio osceno, umido, quasi aggredendo la sua lingua. Bacio al quale, dopo un primo istante di sorpresa, la ragazza rispose con altrettanta passione, lasciando cadere i suoi ultimi freni inibitori.
Con gli occhi chiusi, Stefania si godeva la bocca di Vittorio sulla sua, avvertendo il suo alito al profumo di menta entrarle nelle viscere. Nel mentre, sul suo corpo completamente esposto si alternavano mani, bocche, lingue, che la palpavano, baciavano e leccavano ovunque. Non uno dei suoi seni ebbe un attimo di tregua, né la sua vagina fradicia venne lasciata, per un solo istante, scevra da lingue che la leccassero in profondità o bocche che ne stringessero il succoso clitoride.
La ragazza avvertiva, intanto, rumori di stoffa e di cerniere. Immaginava i ragazzi che freneticamente si liberavano dei vestiti, mostrando i loro corpi atletici e i loro peni già tutti certamente eretti a causa dello spettacolo che stava regalando loro. E più questi pensieri affollavano la sua mente, più il suo sesso secerneva umori. E più i ragazzi la vedevano eccitarsi sotto le loro mani, più si eccitavano a loro volta, aumentando le loro stimolazioni al corpo, ormai bollente ed ansimante, dell’unica femmina della casa. Non donna, ma femmina dato che, ormai, gli istinti più primordiali di Stefania avevano nettamente preso il sopravvento sul suo già scarso autocontrollo.
Quando la ragazza avvertì prima un dito e poi due penetrarle la vagina, non poté fare a meno di riversare un urlo liberatorio nella gola di Vittorio. Il ragazzo spinse ancor più il viso della donna contro il suo, quasi a soffocarla. Le mani che avvolgevano le mammelle di Stefania le strinsero ancor più forte, causandole spasmi di dolore ma, al contempo, eccitandola al punto che sembrava che i suoi capezzoli stessero per esplodere talmente le dolevano. Ancora ad occhi chiusi, allungò la mano destra, afferrando una testa qualsiasi e spingendola verso i suoi seni. Quel ragazzo, che lei ignorava finanche chi fosse degli altri quattro, non si fece pregare, e prese a morderle e succhiare il capezzolo sinistro, mentre quello destro divenne preda di dita che non esitavano a stringerli ed impastare con foga la gonfia mammella della ragazza.
Uno dei piedi di Stefania venne portato su un’asta di carne che lei riconobbe immediatamente essere un pene in erezione. L’intera superficie inferiore del suo piede destro riusciva appena a ricoprire l’estensione di quel membro che, al tatto, le pareva davvero grosso. Il proprietario di quell’invitante arnese prese a sfregare su di esso il palmo del piedino di Stefania che, ben presto, iniziò a muovere la sua estremità senza l’ausilio dell’uomo.
Nel frattempo, chiunque la stesse masturbando stava nettamente aumentando il ritmo, portandola a muovere convulsamente il bacino per assecondare la penetrazione. Un altro dito sembrava volersi aggiungere alle due già inserite e, data la dilatazione raggiunta dall’elastico sesso di Stefania, e il fatto che lo stesso fosse completamente zuppo di umori, non incontrò troppe difficoltà nell’introdursi tra le labbra ipersensibili della ragazza, che continuava a gemere, esprimendo in maniera inequivocabile il suo apprezzamento per la piega presa dagli eventi.
Il ritmo della masturbazione continuava ad aumentare imperterrito, mentre Stefania, di tanto in tanto, apriva gli occhi per qualche istante, vedendo tanti corpi aitanti prendere possesso del suo, prima di richiuderli per godersi tutte le sensazioni e il piacere che quegli uomini vogliosi le stavano donando.
Quando arrivò al punto di non ritorno, reclinò all’indietro la testa, staccandosi da Vittorio, e prese a muoverla a destra e a sinistra, urlando il suo piacere, mentre le tre dita dentro di lei la stantuffavano sempre più rapidamente e gli altri continuavano a godere del suo corpo nudo.
Non ci mise molto a raggiungere l’orgasmo, lanciando un ultimo urlo, più acuto degli altri, prima di accasciarsi su Vittorio ansimando, col volto rosso e sudato e un’espressione stravolta.
Non ebbe, però, neppure il tempo di riprendersi, che si ritrovò sollevata da più mani e portata lungo il corridoio fino a quella che era una stanza da letto arredata in maniera minimalista. Un armadio a muro, un letto, due mensole di vetro come comodini, un TV attaccato alla parete e null’altro.
Immediatamente, gli uomini la adagiarono sul grande e morbido letto al centro della stanza, per poi fiondarsi nuovamente su di lei. Le vennero sfilate le mutandine e, nuovamente, avvertì il suo corpo divenire preda di quei cinque maschi nudi e bramosi almeno quanto lei.
Il suo livello di eccitazione tornò subito alle stelle, ma la ragazza ebbe un sussulto quando sentì la suoneria del suo cellulare. Tutti si bloccarono, tranne Vittorio, che si catapultò in salone a recuperare il telefono per porgerlo, dopo pochi squilli, alla ragazza.
Lei vide sul display lampeggiare il nome di ‘Amore mio’, poi si voltò verso Vittorio con aria dubbiosa circa il da farsi e lui, sdraiandosi accanto a lei, con un sorriso più inquietante che rassicurante, la invitò a rispondere alla chiamata.

Capitolo 5: Nuovi equilibri
‘Pronto?’. La voce di Stefania era chiaramente scossa, pareva preoccupata. Il suo uomo se ne accorse sin dalle prime sillabe. ‘Ehi, amore. Come va?’, chiese. ‘Tutto bene’, rispose telegrafica lei, mentre un dito di Vittorio percorreva i suoi peli pubici scuri e racchiusi in un triangolino ben curato. ‘Sicura? Mi sembri strana’. ‘No, no, sono solo un po’ stanca’, replicò Stefania, con la mente occupata unicamente dal pensiero di concludere il prima possibile quella imbarazzante telefonata.
Vittorio, intanto, aveva preso a mordicchiarle il lobo dell’orecchio destro, facendo vagare la sua mano lungo tutto il corpo della ragazza, mentre gli altri quattro sembravano comporre una scena surreale, restando immobili ed in totale silenzio in piedi intorno al letto, completamente nudi e con i loro peni eretti che puntavano il corpo disteso di Stefania.
La ragazza, di tanto in tanto, chiudeva gli occhi, sedotta dal tocco leggero e sensuale che avvertiva sulla sua pelle. Ma, all’ennesima domanda del suo fidanzato, non poté fare a meno di sgranare le palpebre e alzare lo sguardo al cielo, chiaro segnale d’impazienza, che indusse in Vittorio una flebile risata sommessa.
L’uomo, intanto, prese possesso del seno destro di Stefania, prima palpandolo, soppesandolo, poi stringendo e torcendo appena il capezzolo, dopodiché imboccando quel chiodino e stimolandolo, sino a farlo tornare turgido come in precedenza.
Stefania sospirò dal piacere, ma il suo fidanzato interpretò quel verso come un segnale di fastidio. ‘Ma ti sto scocciando? Sbuffi!’. ‘No, no’ era’ uno sbadiglio’ te l’ho detto che son stanca’, rispose titubante la donna, lanciando un’occhiataccia a Vittorio. ‘E allora torna a casa, no?’. ‘Ma non posso, la festa è ancora nel vivo, che figura ci faccio?’.
I ragazzi intorno al letto si avvicinarono sino al bordo del materasso, visibilmente divertiti da quell’inaspettato risvolto. Vittorio, sempre stimolando con le labbra lo scuro capezzolo di Stefania, insinuò una mano tra le sue cosce, forzandola ad aprirle. ‘No!’, disse, d’istinto la ragazza, subito pentendosi di quell’esternazione fatta ad alta voce. Il suo compagno, difatti, non perse tempo nel chiedere chiarimenti: ‘Cos’è successo?’. La mente di Stefania vorticò nel cercare d’improvvisare una risposta plausibile: ‘Niente, niente. Mia cugina stava per sedersi sulla mia borsa, e dentro ho gli occhiali da sole’. ‘Capisco’, fece lui. ‘Comunque ti sento strana’, aggiunse.
Vittorio, intanto, aveva facilmente preso possesso della vagina di Stefania, ancora umida dalla stimolazione precedente, iniziando a massaggiarla lungo le grandi labbra. I sospiri della ragazza si facevano sempre più frequenti e profondi, e la stessa, pervasa dall’eccitazione montante, aveva completamente dimenticato di fingere interesse verso la comunicazione telefonica in corso.
Guido, nel mentre, si era inginocchiato sul letto, strofinando il suo pene sul viso di Stefania e percuotendo lievemente le sue guance.
‘Ehi, ma ci sei? Parlo da solo stasera!’.
Le parole del suo fidanzato sembravano giungere alla donna da una galassia lontana. Si sforzò però di riprendere il controllo di sé e di ritrovare il bandolo della matassa di quella conversazione. ‘S’ si’ è solo che’ la’ confusione’ mi distrae’. ‘Si, l’ho notato! Ma si può sapere che hai?’.
Vittorio infilò d’improvviso un dito nell’apertura vaginale della ragazza, che non riuscì a trattenere un gemito di stupore e desiderio. Lei fu lesta, però, a mascherarlo in maniera da farlo sembrare un colpo di singhiozzo. Il suo partner non si insospettì o, comunque, non domandò nulla a riguardo.
Gli altri ragazzi erano ormai a pochissima distanza dal corpo nudo ed eccitato di Stefania, e non si fecero scrupoli nell’avvicinarsi ulteriormente ad esso.
Vittorio, nel frattempo, aveva preso a masturbare la ragazza, visibilmente in difficoltà dal trattenere i gemiti di piacere che premevano sulle sue corde vocali per librarsi nell’aria circostante.
Quando Vittorio inserì un altro dito nella vagina ormai fradicia di Stefania, aumentando esageratamente il ritmo della stimolazione sino a ricordare quello di un amplesso forsennato, lei non poté fare a meno di spalancare la bocca per respirare a pieni polmoni, preda di un’eccitazione divenuta incontenibile. Guido, ancora in attesa accanto al volto arrossato della ragazza, non perse l’occasione di infilargli il suo pene in bocca, che Stefania prese immediatamente a leccare e succhiare come un’ossessa.
Anche gli altri ragazzi avevano oramai preso nuovamente possesso di quel corpo giovane e caldo davanti a loro, stringendole i seni, le cosce, strapazzandole il culetto sodo posato sul materasso.
Stefania, in preda agli spasmi del piacere e con la cavità orale completamente ostruita dal grosso membro del futuro sposo, si limitava ad emettere versi che parevano un continuo distratto annuire alle frasi incessanti e tedianti del suo interlocutore.
‘Lo so che ti annoio con questi discorsi. Ma sono necessari. Ti sento strana, distante. Puoi biasimarmi per volerne sapere di più?’. ‘Mmhhh’. ‘Ecco, appunto, non puoi. Invece potresti dirmi cosa ti prende. Se ho fatto qualcosa di male è giusto che io lo sappia’. ‘Mmmhhhh’. ‘Ho capito, sei arrabbiata e non parli. Ma così non si arriva a nulla, lo vuoi capire?’. Il compagno di Stefania sembrava voler andare avanti all’infinito nella sua predica e, per fortuna della ragazza, poco si curava del fatto che lei stentasse a replicare alle sue parole.
L’attenzione della ragazza fu catturata, invece, da Vittorio, che, approfittando del suo stato poco cosciente, le strappò il cellulare dalle mani, inserendo il vivavoce e posandolo sulla mensola accanto al letto. La ragazza lo guardò preoccupata, ma non ebbe la prontezza di ribellarsi a quella mossa avventata, in quanto in breve si trovò tutti i cinque ragazzi addosso.
Vittorio la sollevò di peso e si sdraiò sotto di lei, continuando a stimolare il suo clitoride con il pollice e avvertendo il contatto della sua coscia con la vagina di Stefania, ormai imperlata dai copiosi umori che ne fuoriuscivano.
Due dei ragazzi afferrarono le mani della donna, portandole sui loro peni e mimando una masturbazione che Stefania non mancò di continuare di sua iniziativa.
Mentre la voce, monotona e priva di ritmo, del fidanzato di Stefania riempiva la stanza, assieme ai gemiti e ai sospiri sommessi dei sei amanti, la ragazza si sentì sollevare per il busto da Guido e dall’ultimo dei cinque uomini che tormentavano il suo corpo quella sera. Sul momento rimase basita, ma iniziò a capire le loro intenzioni solo quando scorse Vittorio sistemare il suo pene in posizione perpendicolare rispetto al materasso, e i due uomini trascinarla per qualche centimetro in modo da portare le labbra della sua vagina proprio sopra il glande del padrone di casa.
Stefania si ritrovò, dunque, sospesa su venti centimetri di carne che fremevano per penetrarla, completamente alla mercé dei due uomini che la sorreggevano e con il suo fidanzato al telefono, intento a predicare circa l’importanza della sincerità in una relazione.
Quando i due ragazzi abbassarono appena il suo corpo, portando la sua vagina ad essere penetrata dalla punta del glande di Vittorio, Stefania non poté fare a meno di emettere mugolii di approvazione, che risuonarono evidenti nel silenzio della stanza.
‘Ma mi stai ascoltando?’, urlò, d’improvviso, l’uomo al telefono.
Stefania venne calata per qualche altro centimetro sul pene eretto di Vittorio, ormai per quasi un terzo inserito nella sua vagina aperta. Era su di giri. Muoveva freneticamente il bacino bramando la penetrazione imminente, mentre le sue mani continuavano a stringere e masturbare i peni dei due uomini che le erano accanto. ‘Mmhhh’ oddio’ non ce la faccio più”.
‘La pianti di lamentarti e ti decidi a parlare da persona matura una buona volta?’.
La ragazza non fece neanche in tempo a finire di udire questa frase, che i due la liberarono senza preavviso dalla loro presa, facendola impalare completamente sul membro di Vittorio. Stefania, un po’ per la sorpresa, un po’ per scaricare l’eccitazione accumulata, lanciò un grido liberatorio che quasi scosse i muri della stanza. Stette per un momento immobile su quel palo di carne che la deflorava, poi avvertì il bacino di Vittorio iniziare a dettare il ritmo della penetrazione e lei prese a muovere il suo, seguendolo. ‘Aahhh’ siii!’. Ormai i suoi versi erano inequivocabili e si susseguivano sempre più frequenti ed alti, tanto che il suo fidanzato fu costretto a chiedere nuovamente delucidazioni: ‘Ma si può sapere che cazzo stai facendo?’.
Nel totale disinteresse della donna verso la telefonata, a rispondere fu Guido.
‘Che cazzo si fa, vorrai dire. Al momento solo quello di Vittorio, ma noialtri rimedieremo presto’.
Un sorriso si dipinse sul volto del padrone di casa, espressione che non tardò a contagiare anche Stefania. Vittorio la guardò, mentre sorrideva ansimante e gemente, cavalcando con decisione e rapidità il suo membro sempre più turgido, mentre i suoi umori colavano bagnando le loro cosce.
Guido, intanto, salì in piedi sul materasso, porgendo nuovamente il suo pene alla ragazza, che non tardò ad imboccarlo e riprendere il lavoro di lingua interrotto pochi istanti prima.
Stefania avvertì l’ultimo dei cinque trafficare nei pressi del suo canale posteriore e tentare di allargarlo con un dito. I suoi gemiti si fecero ancora più acuti.
‘Ma”, il fidanzato della ragazza appariva esitante, ‘Chi parla? Che succede?’.
Guido rispose immediatamente: ‘Senti, mò hai rotto le palle. Ci stiamo scopando per bene la tua ragazza. Cosa che evidentemente tu non fai, dato che sai solo frantumare i coglioni alla gente’.
Dall’altra parte calò il silenzio.
Stefania, più eccitata dalla situazione che preoccupata per eventuali ritorsioni, accelerò il ritmo della sua cavalcata e della masturbazione dei due membri che stringeva nelle mani, aumentando di proposito anche il volume dei suoi gemiti, sempre, tuttavia, soffocati dall’asta di Guido che occupava per intero la sua bocca.
L’uomo alle sue spalle, intanto, iniziò con maestria ad inserire il suo pene nel sedere stretto ed invitante della ragazza. Quando fu dentro per oltre la metà, con un colpo di reni introdusse l’intera porzione mancante. Stefania non trattenne un urlo che, comunque, si infranse contro la carne di Guido.
‘Ma’ è vero?’, chiese, incredulo, l’uomo al telefono.
Stefania, allora, guardò Guido, che afferrò al volo le sue intenzioni ed estrasse il suo pene dalla bocca della ragazza. Lei inghiottì parte della saliva prodotta, dopodiché, ansimante, rispose con risolutezza: ‘Si, è vero. Aahhh. Ora, o riagganci’ aaahh’ siii! O resti ad ascoltare ma’ aaahh’ chiudi il becco. siii! Aaahhh!’. Non fece neanche in tempo a finire, che il festeggiato occupò nuovamente la sua bocca col suo membro.
Il silenzio calò improvviso nella stanza, spezzato solo dai sommessi mugolii di Stefania e, successivamente, dagli incitamenti dei cinque uomini che, instancabili, presero ad alternarsi in ciascuno dei suoi buchi, riempiendola di sperma ovunque e portandola più volte ad orgasmi devastanti. Se la ragazza, sfinita, riusciva ancora a reggersi in posizione eretta, era da imputare solo al fatto che i cinque la sostenessero e piegassero in ogni modo possibile pur di dare libero sfogo alle loro fantasie. Stefania era completamente in loro balia non mancando, comunque, di sottolineare il suo piacere gemendo, invogliando i ragazzi a continuare e non perdendo occasione di imboccare, leccare e smanettare ogni membro che si trovasse a transitare davanti a sé.
Una volta che furono tutti in debito d’ossigeno, Stefania si accasciò sull’uomo sotto di lei e gli altri le si sedettero accanto, formando un’unica indistinta massa di corpi abbandonati sul soffice giaciglio.
Quando, dopo qualche minuto, si riscossero, Stefania lanciò un’occhiata al cellulare. Vittorio lo afferrò e glielo porse. La ragazza notò che la comunicazione risultava ancora aperta e, su richiesta di Vittorio, gli restituì il telefono. Il ragazzo si limitò a dire: ‘Spero che il trailer ti sia piaciuto. Ora scusaci, ma il resto dello spettacolo è privato. Addio!’. Senza aspettare una risposta, chiuse la comunicazione tra le risate e gli applausi generali e posò nuovamente il telefono sulla mensola di vetro, prima di catapultarsi ancora sul corpo di Stefania seguito a ruota dagli altri quattro, già riposati e pronti per un nuovo assalto alla bollente ragazza finita tra le loro grinfie.

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