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Evoluzione di una segretaria perfetta

By 29 Gennaio 2017Dicembre 16th, 2019One Comment

– Le dispiacerebbe alzarsi un momento e venire di fronte la mia scrivania? – domanda abbassando gli occhiali per potermi scrutare meglio.
Pensavo il colloquio ora sarebbe finito con il classico “le faremo sapere” e me ne sarei andata senza ricevere più risposta, come già successo ormai in innumerevoli colloqui.

Con portamento professionale e senza scompormi troppo, mi alzo quindi dalla poltrona in pelle e come fossi su una stretta passerella, mi avvio verso la scrivania dell’uomo.
– La prego di fermarsi. – fa una pausa e poi, appoggiando gli occhiali sulla scrivania, dopo aver congiunto le mani e appoggiato i gomiti prosegue – torni a sedere e ripeta tutto da capo.-
Mi sorprendo per questa strana richiesta ma comunque, eseguo senza darci troppo peso. Mentre torno verso la poltrona l’uomo prosegue :

– Mi raccomando, questa volta sia naturale nei movimenti e non un freddo robot. Deve essere se stessa, disinvolta e…. si sleghi i capelli e si tolga la giacchetta – conclude la frase marcando bene le ultime parole.
Una volta seduta, slego quindi i capelli e tirando indietro la testa, con una mano cerco di sistemarli alla veloce.
Un colpo di tosse, deglutisco e dopo aver aperto i tre bottoni della mia giacchetta più elegante che avevo nell’armadio, la lascio scivolare lungo le braccia, lasciandola cadere sulla poltrona nel mentre che mi alzo.
– Quel colletto della camicia, così stretto! Non la sta strozzando? Se lo apra per cortesia. –
Questa strana confidenza e queste attenzioni verso la mia persona, mi stanno piano piano smontando il grosso muro di freddezza e distacco che mi ero posta di mantenere in ogni colloquio, così da poter sembrare una persona seria ed affidabile.
Faccio finta di essere a casa, faccio finta di essere scalza e di andare in cucina e non verso la scrivania del mio ipotetico futuro capo, mi apro il colletto di alcuni bottoni ed una volta di fronte a lui, mi appoggio con entrambe le mani sul piano freddo e scuro della grossa scrivania.
Solo allora, fissando il volto dell’uomo, mi rendo nuovamente conto di dove sono e tutta la mia disinvoltura, cade nuovamente, sopraffatta dalla tensione e dall’agitazione del colloquio.

Mi stacco quasi spaventata dalla scrivania e ricomponendo la mia postura, torno sull’attenti, come fossi parte di un plotone militare.

– Signorina, era perfetta, dovrebbe essere così disinvolta sempre. Qui vogliamo persone serie, affidabili ma soprattutto molto disinvolte. – dicendo così, si alza quindi dalla sua lussuosa poltrona e facendo il giro della scrivania mi raggiunge.
Una volta di fronte a me, sovrasta la mia piccola e fragile figura con il suo metro e novanta fasciato in un completo molto elegante ed una cravatta sgargiante.
Mette quindi le mani in tasca e senza togliermi gli occhi di dosso prosegue :

– Signorina, al mio fianco necessito di una persona seria, professionale, ma come ho detto poco fa, deve essere molto disinvolta sia con me che con i nostri importanti clienti. – fa una pausa e poi, appoggiando la sua mano destra sulla mia spalla, prosegue avvicinando il suo viso al mio – crede di riuscire in questo semplice compito ? – mi domanda infine attendendo immobile la mia risposta
– Si, credo di riuscirci è solo che … è insolito – ammetto sorridendo mentre rimango inebriata dal suo profumo.

– Nella vita sono tante le cose insolite e le assicuro che anche i nostri clienti li troverà molto insoliti, quindi credo che anche lei, dovrà dimostrarsi insolita nel suo lavoro – poi sorridendo prosegue – ecco perchè nell’annuncio è specificato che la candidata deve essere intraprendente! – conclude staccandosi da me e andando a sedersi ora sul grosso divano in pelle.

– Venga, si sieda qui accanto a me – indica il posto affianco a lui nel grande divano.
Titubante ma sempre silenziosa, mi dirigo verso il posto indicato ed una volta seduta affianco a lui, non riesco a guardarlo. Fisso di fronte a me, fisso il nulla e attendo nervosamente la sua prossima mossa.
– Signorina, si metta a suo agio la prego. Si tolga quei sandali, le faranno sicuramente male i piedi visto che tacco vertiginoso portano! In questo lavoro lei sarà la mia ombra, dovrà sempre essere al mio fianco e di conseguenza dovrà esserci fiducia reciproca, altrimenti non potrà mai svolgere correttamente il suo lavoro. – mentre dice ciò, la sua mano destra si appoggia nuovamente sulla mia spalla.
Il contatto fisico con quell’uomo mi fa venire la pelle d’oca, poi finalmente riesco a voltarmi e a fissare il suo volto ed i suoi occhi color ghiaccio che sembrano volermi penetrare fin dentro l’animo.
– Mi parli di lei. Vive da sola? Ha un fidanzato? – mentre parla usa sempre un tono professionale che mi fa quasi rabbrividire visto il contenuto del discorso
– Si vivo da sola a pochi passi da qui, però attualmente non sto frequentando nessuno. – finisco la frase sorridendo nervosa mentre slaccio le fibbie dei sandali per poi sfilarli uno ad uno, riponendoli ordinati affianco ai miei piedi.

– Noto con piacere che piano piano si sta sciogliendo quella freddezza e distacco che le appartenevano appena entrata. – Afferma sorridente mentre senza smette di fissarmi in volto, con entrambe le mani raggiunge i miei occhiali e dopo avermeli tolti, li posa con delicatezza sul mobiletto posto dietro il divano.
Il suo non è affatto uno sguardo volgare, come quelli trovati in parecchi colloqui passati. Pur essendo interessato alla mia persona, rimane distaccato, quasi fosse un medico che mi sta visitando e che tastandomi una tetta, mi parla della partita di calcio del giorno precedente.
– Le posso fare una confidenza ? – mi domanda sorridente.
– Si mi dica pure – rispondo affrettandomi a muovere rapidamente il capo in senso affermativo.
– Le consiglio di indossare il corsetto, le servirà molto a mantenere una postura più corretta con la schiena ma rimanendo ugualmente disinvolta e rilassata nei movimenti – mi confida quasi premuroso.
– Immagino ne avrà a casa – continua senza mai cambiar tono.
– Si… Si signore, ma… signore.. ecco… – mi imbarazzo tantissimo ma non posso fare a meno di dirlo – i corsetti che posseggo, non credo siano proprio consoni – concludo la frase con il viso ormai in fiamme dal rossore che porta.
– Provocanti? Minimali ? Dai colori sgargianti? – domanda quasi sottovoce, assumendo un tono più confidenziale.
– Ecco, beh… Si… Esatto – rispondo nella vergogna più completa. Eppure quest’uomo riesce a tirare fuori da me, tutta la verità, semplicemente parlando e guardandomi come solo lui sa fare.
– Non si preoccupi, per il periodo di prova andranno benissimo, dopodiché, se sarà confermata nella sua mansione, non dovrà più preoccuparsi per queste cose. – spiega nuovamente con tono professionale.

 

L’uomo si dedica ora a mostrare la mia futura scrivania, come riporre i documenti, come utilizzare il telefono e poi mi mostra gli armadi e dove riporre sulla sua scrivania le situazioni ancora da vagliare o su cui bisogna prestare maggiori attenzioni.
Tutto questo succede mentre sono ancora scalza e cercando di immaginarmi a casa, provo ad essere più disinvolta possibile. Ma tutto quando viene nuovamente smontato quando mi chiede il perchè abbia scelto dei pantaloni eleganti al posto della gonna.
– Non è mica un uomo. Lei è una donna. – afferma freddamente.
– Dovrò indossare sempre la gonna signore ? – domando a capo chino, quasi come fossi stata appena punita.
– Certamente o se preferisce vanno bene anche abiti interi. Valorizzi il suo splendido corpo e vedrà che valorizzerà anche l’azienda ! – conclude prima di tornare a sedere sul divano.
– Come desidera – dico nuovamente imbarazzata!
– Senta ma è sicura di aver scritto l’età giusta sul suo curriculum? Mi sembra così giovane con quel viso.
Ovviamente i complimenti mi fanno sempre piacere ma dire bugie non è il mio caso, quindi confermo la mia età ricevendo ulteriori complimenti.

– Ottimo, sono sicuro che andremo d’accordo. – mi invita verso l’uscita dal suo studio – vada al piano inferiore e chieda di Federica. Intanto io annuncio del suo arrivo. – poi stringendomi la mano e sorridendo, conclude – complimenti, il suo periodo di prova inizierà dal prossimo lunedì. L’attendo puntuale alle 08.30 qui nel mio ufficio. Ah già, quasi dimenticavo! Si rivesta pure –
Io come una stupida, stavo per uscire ancora scalza e con la camicetta sbottonata.

 

 

Domani è già lunedì e la mia preoccupazione maggiore non è tanto il lavoro di per sé, quanto invece, il cosa indossare. Nemmeno andassi ad un matrimonio o al primo appuntamento con un ragazzo, eppure questa insicurezza mi agita.
Non sono la solita ragazza che per ogni situazione ha l’abito adatto nell’armadio. Non che mi vesta male, anzi.
Detto sinceramente, sono una che non ha bisogno di abiti particolari per farsi notare. Mi basta una buona scollatura ed un pantalone attillato per calamitare gli sguardi di chi mi sta intorno ed ammetto che tutto ciò mi piace.
Ragazzi? Una moltitudine. Ma dopo poche settimane in cui mi lodavano per la mia esuberanza e disponibilità tra le lenzuola, uno dopo l’altro scappavano tutti per colpa del mio carattere impulsivo.

Ma vivendo sola, dovendo trovare sempre qualche lavoretto per poter pagare l’affitto e le bollette e non essendo una che naviga nell’oro, quasi non mi offendevo quando venivo scaricata.
Da piccola sognavo di avere una vita diversa compiuti i 25 anni, eppure, la sorte non è stata gentile con me.

Ed ora che sono al tavolo della cucina, seduta di fronte una tazza di the a riflettere, quasi non mi accorgo che il telefono sta vibrando.
Un messaggio.
– Per domani la prego di presentarsi con un’ora di anticipo. Il direttore. –
Quasi sobbalzo a tale messaggio. Sono già le 22.00 ed io non so ancora cosa indossare.
Mi alzo dalla sedia e quasi di corsa mi fiondo nell’armadio.
Il primo ad essere buttato sul letto è un tubino di colore nero, parecchio attillato, scollato ma allo stesso tempo elegante. Purtroppo non ho un’ampia scelta di abiti casti.

Per secondo, un paio di autoreggenti normalissime anch’esse di colore nero.
Terzo, ovviamente il mio tanga portafortuna, semplicissimo ma di colore rosso lo indosso ogni volta che ho bisogno di fortuna.
Per ultimo, anche se molto indecisa, come richiesto dal direttore, tiro fuori dall’armadio uno dei corsetti meno provocanti che posseggo. Tutto lavorato in pizzo nero con rifiniture rosse, è un modello push up privo di spalline che mi stringe quasi eccessivamente la mia quarta di seno.
Per i piedi decido di utilizzare gli stessi sandali del colloquio.

Senza nemmeno fare la prova vestito, dopo aver riposto tutto sulla scrivania, mi butto sul letto e quasi logorata dalla tensione, crollo subito nel sonno più profondo.

La notte è stata molto agitata, piena di incubi e di situazioni in cui mi sognavo nuda o quasi di fronte a diversi sconosciuti.

Solo dopo che la sveglia suona per la seconda volta riesco finalmente ad alzarmi dal letto.
Mi faccio una rapida doccia e mentre mi vesto, mi sento come stessi per andare al primo appuntamento con un nuovo ragazzo.

Calzo con cura le autoreggenti, sistemo con attenzione il tanga rosso e quando indosso il corsetto, guardandomi allo specchio mi sistemo meglio le tette strizzate ferocemente nello stretto tessuto.

Dal basso ventre, innumerevoli scariche elettriche mi arrivano direttamente al cervello, innescando una serie di emozioni contrastanti che riesco a bloccare solo quando mi infilo rapidamente il tubino nero. Altrettanto rapidamente però, ritornano a devastarmi quando, piegandomi per indossare i sandali, noto di come risalga notevolmente il corto vestito, tanto da scoprire per intero il bordo delle autoreggenti, fino a scoprire la pelle nuda delle cosce.

Per sfatare il momento e cercare di tornare in me, ripeto nella mente che non c’è più tempo e dopo una sistemata ai capelli ed un filo di trucco, in pochi minuti sono già fuori casa, diretta verso il mio nuovo posto di lavoro.
– Buon giorno signorina. Puntualissima e molto elegante. – è il direttore ad accogliermi, fuori dai cancelli ancora chiusi.
Sorridendo nervosamente, vado per stringere la mano dell’uomo, ma anche questa volta vengo fermata.
– Se vuole stringermi la mano, lo faccia perchè vuole, non perchè deve. – e così dicendo, girandosi di spalle, mi precede entrando in un cancello secondario.
– Mi segua, l’ho fatta venire prima per fare un rapido giro dell’industria, prima che arrivino i dipendenti. – e così, nel giro di un’ora di massacrante cammino, a causa dei miei piedi fasciati in quelle alte scarpe, l’uomo mi fa visionare l’intero comprensorio.
Mentre siamo in ascensore, diretti verso il mio nuovo ufficio, non smetto di muovere le gambe, spostando il peso da un piede all’altro a causa del male provato.
– La prego di togliersi quelle scarpe immediatamente – mi ordina con tono severo
– Le indosserà solo nel caso qualcuno entra nel suo ufficio – e poi guardandomi aggiunge – lo saprà con anticipo, in quanto dalla reception, le comunicheranno chi deve salire e sarà lei a consentire o negare l’entrata. –
In pochi attimi, mentre già sto piegando il busto in avanti, inizio ad arrossire, sicura dello spettacolo che darò all’uomo, ancora prima di entrare nel mio nuovo posto di lavoro.
E così, dato il grande ascensore vetrato, riesco a vedere distintamente il mio riflesso nel grosso specchio posto alle mie spalle, e altrettanto distintamente, in pochi attimi vedo comparire la fine delle autoreggenti.
In silenzio, cadendo nell’imbarazzo più profondo, rimango piegata fino a quando non ho tolto entrambe le scarpe e una volta raccolte in una mano, mentre torno in posizione eretta, con la mano libera vado a riabbassarmi il vestito, sicura che l’uomo al mio fianco abbia visto l’intera scena.

Dopo questa introduzione abbastanza provocante, il resto della mattinata passa relativamente bene.
Scalza, continuo a viaggiare dal mio nuovo ufficio a quello del direttore, per sistemare e ordinare i documenti creandomi un’ordine personale e più facile da consultare.
L’uomo a differenza di prima, sembra quasi simpatico ed oltre a impartire con autorità i vari ordini da eseguire, finiamo per parlare di noi, delle nostre vite e dei nostri gusti.
Scopro che è divorziato, con tre figli che non vede ormai da anni e che da allora non ha più voluto risposarsi.
Io dal mio canto, gli racconto la mia breve e tragica storia, del perchè vivo sola e del perchè non abbia mai un ragazzo per più di due settimane.
In poco tempo, quasi senza accorgerci, scatta la pausa pranzo.
Per non perdere troppo tempo, chiedo il permesso di poter ordinare qualcosa da asporto e di rimanere così in ufficio per riuscire a terminare il lavoro assegnatomi in giornata.
Quasi stupito, mi risponde con entusiasmo che anche lui farà altrettanto, così da tenermi compagnia in quanto tutti i dipendenti degli uffici nella pausa tornano a casa.
Mano a mano che il tempo passa e più mi sento a mio agio con quest’uomo fino al punto di riuscire a scherzarci assieme.
Quest’uomo tanto duro e autoritario, sembra piacermi sempre di più.
Da qui, la settimana passa in un baleno e dalla prima sera, per tutte le sere della settimana lavorativa, l’uomo mi accompagna ogni volta da casa a lavoro e da lavoro a casa.
Mi consiglia inoltre di mantenere questo abbigliamento per tutta la settimana e come se non bastasse, ormai è all’ordine del giorno mostrare distrattamente la fine delle mie autoreggenti, in qualche movimento involontario o piegandomi per raccogliere qualche pesante scatolone mostrando così anche una generosa panoramica dei miei seni dalla scollatura del vestito.
Tanto è la disinvoltura che provo negli ultimi due giorni della settimana, che quasi non mi rendo conto di pranzare con le gambe spalancate mentre mi piego su quel basso tavolino posto tra noi due per raccogliere il cibo da mangiare. Dopo questi momenti, ripensandoci, arrossisco vistosamente, immaginando che oltre le autoreggenti abbia potuto vedere distintamente il mio tanga rosso.
Ma poi, il venerdì sera, ormai di fronte casa mia, ancora nella sua auto, una richiesta mi fa tornare l’agitazione:
– Domattina se passo a prenderti verso le 9 avresti qualche ora libera ? Vorrei tornare in ufficio con te a stipulare un contratto di prova per un mese e se alla conclusione sarai idonea, sto pensando di assumerti a tempo indeterminato. –
Presa dall’agitazione ed euforia per la bella notizia, senza riuscire a dire una parola, faccio cenno di assenso con il capo mentre mostro un sorriso a 32 denti.
Prima di uscire dall’auto, mi consente di vestirmi più comoda per il giorno seguente.
Ed io, ancora una volta, acconsento per poi ringraziarlo dell’opportunità ed infine salutarlo.

 

 

Sono le 8.50 e sono già fuori casa, in attesa del mio capo.
Come richiesto questa mattina mi sono presentata con scarpe da ginnastica, un semplice top grigio che copre a stento il reggiseno nero in pizzo ed oltre a un paio di jeans a vita bassa, ho indossato un piccolo perizoma nero. Ho anche cambiato i miei occhiali, indossando quelli che uso quando esco a far festa.
Finalmente l’auto arriva ed io con il sorriso stampato sulle labbra, apro la portiera ed entrando lo saluto con entusiasmo.
Quando lo guardo però, lui mi sorride ma è sempre vestito molto elegante, come ogni altro giorno della settimana ed il suo carattere sembra più distaccato rispetto gli ultimi giorni.
Una volta arrivati a destinazione, in poco tempo ci troviamo finalmente nel suo grande ufficio.
Non sembra invogliato a scherzare, poi mentre si siede alla sua scrivania accendendo il pc, mi comanda :
– Vai nel tuo ufficio e nell’armadietto nero troverai una busta bianca molto grossa. Quando la aprirai, se vedendo cosa contiene, sarai ancora intenzionata a firmare il contratto, leggi il biglietto all’interno ed esegui tutto ciò che c’è scritto. Se avrai ripensamenti, non mi offendo nel caso te ne vada. Ovviamente avrai comunque ottime referenze per lavori futuri, certo del fatto che manterrai discrezione sull’accaduto. –
A primo impatto, questo discorso mi sembra assurdo, ma nel momento in cui raggiungo l’armadietto e preso in mano il grosso sacchetto, aprendolo, ogni dubbio scompare.
Tutto di colore nero, all’interno trovo un reggiseno pushup di pizzo, micro perizoma, autoreggenti a rete e un miniabito di pizzo totalmente trasparente.
Il foglietto dice : Prima di firmare il nuovo contratto, come tacito assenso, mi permetti di decidere il tuo abbigliamento ogni qual volta lo ritenga necessario, quindi come prova dovrai tornare in ufficio indossando solamente ciò che è contenuto in questo sacchetto.
Questa situazione surreale, al posto che terrorizzarmi o scandalizzarmi, dopo la settimana trascorsa, quasi mi eccita e mi incuriosisce.
Nell’imbarazzo piu totale e con il cuore che batte a mille, decido di spogliarmi riponendo tutti i miei vestiti e l’intimo sulla mia scrivania, dopodichè, indosso tutti questi capi tanto provocanti e senza pensarci oltre mentre sto ancora indossando il corto miniabito, lo raggiungo nel suo ufficio.
Una volta entrata, a testa bassa, con le guance che scottano dal rossore, mi avvicino alla scrivania con il suo sguardo puntato sul mio corpo.
Di fronte a me, il contratto è pronto e la penna per firmare è affianco ad esso.
Il direttore mi scruta pochi attimi e potendo notare il mio evidente cambio di vestiario, inizia a parlare :
– Stipuleremo due contratti differenti. Questo è quello legale, contratto per un mese di prova. –
fa una pausa e poi, appoggiando affianco un’altro contratto, questa volta scritto a penna, continua
– questo contratto invece è differente, una volta firmato il primo, questo ti consiglio di leggerlo per intero –
e così, mentre lui si accende una sigaretta, dopo aver firmato il primo contratto praticamente ad occhi chiusi, appena inizio a leggere il secondo, fin da subito impallidisco quasi.
Una volta concluso, deglutisco rumorosamente e poi domando :
– per essere sicura di aver capito, puoi rispiegarmelo tu? –
sorride e poi avvicinandosi e poggiando i gomiti sulla scrivania, commenta :
– è semplice, per tutto il periodo di prova, in mia presenza, oltre che svolgere le normali mansioni di assistente, sarai in tutto e per tutto di mia proprietà. – dopo aver fatto un’altro tiro di sigaretta, prosegue – Se decidi di firmare, ti impegni a soddisfare ogni mio capriccio o esigenza. Avrai i tuoi momenti di libertà, di vita privata, ma nel momento in cui ti darò un’ordine, tu dovrai eseguire senza esitazione. Firmando, accetti anche che la validità dei due contratti siano rinnovati sempre assieme, senza uno, l’altro non è più valido. Ovviamente nel momento che ne parlerai con qualcuno, sarai licenziata in tronco. – fuma ancora e poi conclude – Infine, se decidi di accettare, alza l’abito fino in vita e dopo aver firmato, attendi in ginocchio mie disposizioni. –

Sono senza parole, eppure, tra le mie gambe, qualcosa mi chiama con forza e mi dice di accettare.
Sono combattuta tra l’imbarazzo e questa nuova ed eccitante opportunità anche se è ovvio che essere schiava, significherà anche schiava sessuale, altrimenti non credo mi avrebbe fatta vestire in questo modo.
Nel mentre che rifletto però, come se le mie mani si muovessero da sole, una volta raggiunto il bordo inferiore del corto abito, con entrambe le mani lo alzo così da scoprire il pube ed il mio culo reso in pratica nudo dallo striminzito perizoma.
Lo sguardo dell’uomo non si stacca un secondo da me e sembra attratto principalmente dalla parte di corpo che ho appena dovuto scoprire.
In pochi attimi mi piego sulla scrivania e firmo anche il secondo e ultimo contratto.
In pochi attimi sono già in ginocchio, a testa bassa, in attesa dei suoi ordini.

 

Non parla, non si muove ed il silenzio è rotto solo dai miei profondi respiri dettati dall’agitazione.
Passano svariati minuti prima che senta l’uomo alzarsi e camminando lentamente, raggiungermi per poi accovacciarsi alle mie spalle.
Con una mano lo sento darmi dei rapidi colpetti tra le cosce mentre comanda di allargarle.
Eseguito l’ordine lo sento avvicinarsi con il volto al mio collo. Annusa, respira a pieni polmoni il mio profumo, poi con entrambe le mani raccoglie i miei capelli dietro la nuca e li lega in una stretta coda. Le sue mani si spostano entrambe sulle mie chiappe, accompagnate da un mio leggero sussulto e poi, mentre iniziano a palparle, con il volto si avvicina al mio orecchio.
– Giovane, intelligente, intraprendente e molto arrapante. Sembra tu abbia tutte le qualità che cerco-
Afferma prima di afferrare la sottile stoffa del perizoma per poi abbassare la parte posteriore fino sotto le mie chiappe.
– Il tuo corpo sembra un’opera d’arte – afferma spostandosi con le mani sulle mie spalle.
– Siediti sui talloni – comanda stringendo la presa e spingendomi verso il basso.
Eseguo e mostrando ancora meglio le mie chiappe definitivamente nude, finalmente lui si rialza.
– Sono sicuro tu abbia un’ottimo potenziale. – ammette mentre sento una macchina fotografica scattare diverse volte.
– Togliti l’abito, lascialo in terra e sporgi in fuori il petto. – comanda posizionandosi ora al mio lato destro.
Non smette un secondo di scattare, nemmeno mentre mi tolgo quello striminzito pezzo di stoffa e nemmeno mentre mi metto in posizione.
– Molto molto bene. – afferma per poi mettersi di fronte a me e scattare altre foto.
– Ora alzati senza sistemarti il perizoma – comanda facendomi diventare un’altra volta rossa come un peperone.
Anche questa volta non smette di scattare ed una volta in piedi noto come quel piccolo triangolino di stoffa, copra maldestramente la mia passera ora gonfia di eccitazione.
– Allarga le gambe, alza il capo e tira bene in fuori il petto. – Ordina mentre lo vedo distintamente stringersi diverse volte il membro tramite il tessuto dei pantaloni.
Appena allargo le gambe, il perizoma tendendosi per la posizione, si allontana pericolosamente dalla passera mostrandone ora una piccola porzione.
L’uomo inizia a farmi il giro attorno, fotografandomi in ogni angolazione.
Una volta alle mie spalle, lo noto scattare molte più foto.
Devo essere uno spettacolo indecente, con il perizoma abbassato sotto il culo.
Lo sento quindi avvicinarsi e con una mano mi alza dinuovo il perizoma infilandolo bene tra le mie chiappe.
Scatta ancora qualche foto e finalmente dice che abbiamo finito.
– Molto brava. Queste foto le stampo e le allego al contratto di schiavitù. – commenta sorridente mentre io sono sempre più imbarazzata.
Fatto il giro della scrivania mentre si siede mi ordina di tornare in ginocchio e poi, mentre lo vedo riordinare i contratti appena firmati, con la sua domanda quasi mi fa perdere l’equilibrio.
– Vorrei solo precisare che la tua vita privata sarà effettivamente intoccabile e gestibile nella più totale libertà, ma in effetti di cose, essendo mia proprietà e quindi avendo il possesso esclusivo del tuo corpo, vorrei sottolineare che qualunque tipo di attività sessuale, individuale o non, ti è categoricamente negata, come ti è negato qualsiasi tipo di relazione affettiva. – conclude con gli occhi puntati nei miei e vedendomi molto turbata oltre che imbarazzata mi domanda un’ultima volta – sei sempre sicura di ciò che hai firmato? Ti sto dando l’ultima possibilità di ripensamento – afferma senza staccarsi dai miei occhi.
Non fiato, senza aprir bocca faccio solo un leggero assenso con il capo.

– Benissimo – afferma alzandosi e facendo cenno con la mano di alzarmi anche io
Mentre poi gira intorno la scrivania per raggiungermi, comanda ancora.
– Ora avicinati alla scrivania, allarga bene le gambe e piegati fino a quando con i gomiti non ti appoggi ad essa. –
Eseguo nell’imbarazzo più completo, sicura che ora vorrà riscuotere la sua parte, pronta a stringere i denti mentre affonderà in me.
Lo sento quindi posizionarsi alle mie spalle e come previsto, i suoi pantaloni in pochi secondi li sento cadere in terra.
Pur essendo terrorizzata, sento la passera che richiede le attenzioni di quest’uomo ed in un certo senso, non vedo l’ora che mi abbassi le mutandine.

Ma purtroppo tutto questo non sembra succedere.
Dopo aver abbassato i pantaloni, non sento nemmeno un singolo tocco sulla mia pelle, non sento calore, non lo sento muoversi. Ma ben presto sento il suo respiro sempre più corto e poco dopo sento la sua masturbazione sempre più rumorosa per via dell’eccitazione crescente che gli bagna sempre più il prepuzio.
Ci vogliono diversi minuti, ma poi, sbuffando e lamentandosi lo sento fermarsi, tornare a respirare normalmente e poi, sento i suoi pantaloni richiudersi, con la fibbia che viene riagganciata.
In poco tempo, tutta la mia eccitazione inizia a darmi fastidio, mi produce brividi e mi sento sempre più bagnata tra le cosce, ma poi, quando tornando a sedersi alla scrivania mi pone di fronte il volto un fazzoletto di stoffa appallottolato e particolarmente umido che nel momento in cui l’odore di ciò che contiene mi arriva alle narici, mi fa letteralmente esplodere dal desiderio.
– Prego ora alzati pure. Il fazzoletto ti prego di portarlo a casa e dopo averlo lavato a mano, vorrei me lo riconsegnassi per lunedì. –
Quando mi stacco dalla scrivania prendendo con me il fazzoletto, mentre mi rimetto in posizione eretta, quello che sento non è solo l’umido di cosa tengo in mano, ma anche di quel piccolo triangolino di stoffa che copre la passera.
Il fatto poi che oltre non poter scopare con chi voglio, non mi siano concesse nemmeno attività sessuali individuali, mi fa quasi esplodere.

– Dovrei visitare casa tua per sbrigare alcune faccende, ma prima di andare vai a recuperare i vestiti con cui abbiamo raggiunto l’ufficio e portameli. – ordina senza nemmeno guardarmi, intento a visionare alcuni documenti.
Come un’automa in poco meno di un minuto, sono già di ritorno e consegno i miei indumenti all’uomo che dopo aver scartato jeans e top, controlla con cura il perizoma e reggiseno.
– Molto bene, questi li tengo come campione per quando farò acquisti. Ora indossa jeans e top senza toglierti nulla di cosa indossi. –
Anche sta volta eseguo, cosciente del fatto che la situazione mi sta intrigando sempre di più e poi, finalmente dopo aver infilato in tasca il fazzoletto pieno dei suoi umori, indosso anche le scarpe da ginnastica e finalmente usciamo dall’ufficio diretti verso casa mia.

 

Appena entrati in casa, quasi mi vergogno per il caos che regna sovrano da diverse settimane.
Non mi aspettavo certo una visita simile in così poco tempo.
Senza chiedere alcun permesso, costringendomi a seguirlo a 4 zampe, vaga per la casa, apre i cassetti, sgatta nella biancheria sporca e poi mi chiede dove sia la camera da letto.
Una volta raggiunta, mi ordina di rimanere ancora una volta in biancheria e autoreggenti poi dopo avermi messo a quattro zampe sul letto, con la testa rivolta verso la stanza, accende il mio pc, guarda le foto, i documenti, i social network, la cronologia recente di che pagine web ho visitato e poi si sposta al mio armadio.
Lo vedo sgattare principalmente nei cassetti della biancheria, ma noto che utilizza parecchio tempo anche tra i vestiti appesi poi inizia a togliere un sacco di cose, le butta tutte in terra, come un mucchio di stoffa stropicciata.
– Le cose che tiro fuori sono quelle che non potrai più indossare, quando vado via, ti conviene farne una valigia e riporla altrove. –
Poi lo vedo tirare fuori due abiti molto semplici con le spalline ma che arrivano poco sotto le chiappe, sono abbastanza comodi ma molto attillati.
Me li butta sul letto, di fronte il mio volto.
– Per oggi puoi indossare uno di questi due – si ferma a guardare le mie guance che si arrossano e poi prosegue – niente intimo ovviamente – fa una pausa e poi schiarendo la voce – Le prossime volte che visiterò casa tua, preferirei non indossassi abiti ma solo intimo e possibilmente mutandine ridotte che mostrino bene il tuo culo. –

Sono talmente immersa nei pensieri di tutte queste novità che anche l’uomo se ne accorge :
– Bene, riordina le idee mentre io cerco qualcosa da bere nel tuo frigo. – e dopo essersi avvicinato al letto, prende il vestitino bianco e mostrandomelo continua – Puoi iniziare con questo.- dopo averlo riappoggiato sul letto, mentre si allontana comanda – Entro 5 minuti ti voglio vedere entrare in cucina a quattro zampe e con addosso solo il vestito bianco –
Mentre lui è ormai uscito dalla camera, rimango imbambolata ancora diverso tempo prima di riuscire a muovermi.
Mi alzo e iniziando dal reggiseno, mi spoglio completamente, lasciando tutto sul letto.
Guardo quel vestito e mentre lo sto indossando, penso al fatto che non l’ho mai messo senza nient’altro sotto, anzi, di solito lo usavo indossando dei jeans per quanto è corto e casomai con reggiseni piu coprenti possibili visto quanto è anche attillato.
Quando finalmente l’ho indossato, guardando l’immagine riflessa nello specchio posso solo ammettere quanto risulto provocante e quanto si vedano le mie tette tramite il tessuto. Per non parlare dei capezzoli, che quasi vogliono bucare il vestito e poi girandomi, il culo viene coperto per intero, ma è come se non coprisse niente visto che sembro di essere nuda.
Mostra ogni curva, ogni particolare ed anzi, sembra esaltare le mie forme.
Quando poi mi posiziono a quattro zampe, mi eccito a dismisura ed allo specchio, mentre mi allontano, noto come il tessuto sia risalito e mostri per intero la mia passera, gonfia e quasi gocciolante dall’eccitazione.

Mentre gattono verso la cucina, guardandomi i seni traballanti che spingendo verso il basso allargano la scollatura già generosa, noto che la panoramica è notevole.

 

Una volta giunta in cucina, in pochi attimi il suo sguardo è puntato su di me.
Quasi mi mangia con gli occhi ma senza scomporsi mi ordina di avvicinarmi.
– Alzati in piedi e fai una lenta piroetta mostrandomi bene come stai vestita così –
Con l’imbarazzo alle stelle ed il cuore che batte all’impazzata a meno di mezzo metro da lui, eseguo l’ordine sentendomi totalmente nuda.
– Molto bene. – afferma per poi prendere una forchetta e gettarla a terra di fronte a lui.
– Raccoglila dandomi le spalle e senza flettere le ginocchia – ordina con finta indifferenza ma notando una piccola flessione nel suo tono di voce. Sintomo che sicuramente anche lui si sta eccitando.
Io ormai come fossi stata privata di ogni dignità, eseguo l’ordine e per la prima volta, l’uomo può vedere la mia passera depilata, carnosa, gonfia e zuppa di umori.

Raccolta la forchetta, mentre torno in posizione eretta, ho quasi un mancamento e quando mi giro, l’uomo ha una mano stretta sul cavallo dei propri pantaloni ed il viso è quasi paonazzo.
Si schiarisce la voce e mente consegno la forchetta conclude :
– Bene, molto bene – poi alzandosi dalla sedia, mi ordina – ora voglio vedere il resto –
Mi toglie gli occhiali e dopo averli posati sul tavolo, mentre sono diventata di pietra da tale affermazione, lo vedo raggiungere con le mani il bordo inferiore del mio vestito.
È questione di attimi e dopo l’ordine di alzare le braccia, il vestito scivola via dal mio corpo che per la prima volta, rimane completamente nudo di fronte a lui.
Poggia il vestitino sul tavolo e dopo avermi rimesso gli occhiali, si allontana di qualche passo per fissarmi meglio.

 

Sembra ipnotizzato dal mio corpo, dalle mie grosse tette e dalla mia passera.
Fatto quindi il giro alle mie spalle, sento lo sguardo sul mio pronunciato culo sodo sormontato da due fossette alla base della schiena che lo rendono ancora più invitante.
Lo sento avvicinarsi.
Lo sento sfiorarmi il culo, i fianchi e poi lo sento risalire.
In pochi attimi avvolge con le mani i miei seni e li strizza con vigore massaggiando tra le dita i capezzoli duri dall’eccitazione.
Sento il suo volto sul mio collo, il suo respiro, il suo profumo:
– Da adesso tutto questo è di mia proprietà e tu non potrai nemmeno più sfiorarti con un dito se è per darti piacere –
Con i piedi mi allarga le gambe e costringendomi a sporgere il culo con una mano si intrufola tra le mie gambe.
È questione di attimi prima che raggiunga la mia passerina.
Le dita dopo una breve perlustrazione esterna, con una seconda passata, entrano in essa, la esplorano e poi, senza preavviso, due dita la penetrano con arroganza e facendomi gemere.
– Zitta! – ordina mentre con la mano libera prende i capelli per la coda e me li tira fino a piegarmi la testa all’indietro in una scomoda posizione.
Tirando ancora la coda verso il basso, in pochi attimi mi rendo conto di aver sporto ancora di più il culo così da aggevolare la mano che tiene tra le mie gambe.
Mi perlustra per diverso tempo, accrescendo ad ogni tocco la mia eccitazione e facendomi letteralmente colare umori.
Poco dopo la mano si ritrae e con essa anche la stretta sui miei capelli.
Mentre finalmente posso tornare ad avere una postura più rilassata, lo vedo tornare di fronte a me, con le dita umide che entrano ed escono dalla sua bocca.
– Hai un buon sapore – afferma sorridendo e mandandomi così nel pallone.
Quelle stesse dita, dopo essere state avvicinate al mio viso, mi vengono infilate in bocca.
– Succhiale – ed anche ora eseguo l’ordine assaporando il mio stesso sapore, misto a quello della bocca dell’uomo.

Mi ha così tenuto nuda fino all’ora di pranzo, portandomi a spasso per la casa a quattro zampe e continuando a frugare tra le mie cose.
Solo alle 12 in punto, prima di congedarsi, mi ha permesso di rialzarmi per poi illustrarmi il programma della prossima settimana :
– Da lunedì troverai nel tuo ufficio cosa indossare nell’orario lavorativo. Quindi puoi venire con abiti informali. – fa una pausa, giusto il tempo di accendersi una sigaretta e poi, prosegue – Sempre da questo lunedì, in ufficio mi darai solo del lei e mi chiamerai Signor Direttore – poi assumendo uno strano sorriso conclude – Da questo momento la tua pausa pranzo ti viene ridotta di 30 minuti e quindi alle 13 precise dovrai presentarti nel mio ufficio ad attendere nuovi ordini di fronte la mia scrivania –
Dopo aver aspirato altro fumo mi domanda :

– Ora è tutto chiaro cosa devi fare? –
Asserisco con il capo e non oso parlare.
– Bene, ora sei libera di fare cosa vuoi. Arrivederci –
Così, senza attendere oltre, esce di casa lasciandomi sola, nuda ed eccitata.

 

La notte è stata infernale, per non parlare del sabato pomeriggio in cui non mi sono mossa di casa perché ero sovraeccitata.
La domenica mattina volevo uscire per fare un giro del quartiere, ma sgattando nell’armadio e vedendo quel poco del vestiario rimasto dopo l’incursione del direttore, mi vergognavo troppo.
Solo nel primo pomeriggio, visto anche il sole cocente che scalda il mio piccolo appartamento, mi decido finalmente ad uscire.
Con la scusa del caldo azzardo così ad indossare un top rosa, molto minimale che lascia l’ombelico scoperto ed un paio di shorts di cotone anch’essi rosa che dopo una larga banda elastica che lascia scoperte le mie fossette sulla schiena, scende morbidamente fasciando il mio culo fino a due dita sotto di esso.
Come intimo, ho deciso per un reggiseno di pizzo bianco che sbuca un po’ ovunque dallo striminzito top e per un perizoma anch’esso bianco che si nota attraverso la sottile stoffa degli shorts.
Indosso delle semplici infradito bianche e così esco portando con me una piccola borsetta nera che va in tema con i miei occhiali dello stesso colore.
Più mi allontano da casa e più la mia eccitazione mista all’imbarazzo tornano vive e forti a intasare la mia mente.

Solo quando incontro finalmente le mie amiche e con esse ci dirigiamo al centro commerciale, riesco finalmente a rilassarmi e non pensare più a tutte queste nuove emozioni.

I ragazzi ci guardano, ci ammirano, ci desiderano….mi desiderano… vedo i loro sguardi puntati sulla scollatura e li intravedo dalle vetrine come guardano il mio culo.
Basta veramente poco e sono di nuovo eccitata all’inverosimile.
Mi sento arrossare, sento un caldo salire dal basso ventre e mandarmi il cuore a mille.
Le altre ragazze mi domandano se stia bene e dando la colpa ai locali climatizzati, sfato il momento proponendo di andare a prenderci un gelato nel bar poco fuori il centro commerciale.

Arrivate a pochi metri dal bar, ricevo un messaggio :
– Cosa fai ? – il mittente è il direttore.
– Sono in giro con le amiche. Ora prendiamo un gelato al bar xxxx – rispondo con agitazione per questa inaspettata domanda.
Non ho il tempo di rimettere il cellulare in borsa, che ricevo un altro messaggio.
– Vai in bagno e fotografati fronte e retro da vestita e poi un’altra retro ma mostrandomi bene che mutandine indossi. Voglio riceverle entro 5 minuti.-

Sbianco ancora una volta e congedandomi dalle amiche che stanno ordinando i gelati, mi precipito in bagno.
Le prime due foto sono state relativamente semplici da scattare, ma nel momento in cui ho abbassato gli shorts e puntato la fotocamera del cellulare verso lo specchio del bagno da cui si rifletteva la mia immagine, in pochi istanti sembrava di sentire le sue mani che mi stringevano le chiappe con forza.
Mentre invio le foto, mi lavo più volte il viso per cercare di riprendere colorito e smorzare la tensione.
Visto che sono in bagno, ne approfitto per fare i miei bisogni e proprio mentre sono seduta sul cesso, ricevo un altro messaggio.
– Arrapante come sempre. Sei eccitata ? –
A tale messaggio stavo per infilarmi una mano tra le gambe per potermi finalmente sgrillettare, ma poi i suoi ordini rimbombano forti nella mia mente e come un automa mi ritraggo.
– Troppo – rispondo semplicemente.
– Cosa saresti disposta a fare per poter venire ? – quasi vengo senza toccarmi e mentre un filo di umori cola nel water, rispondo :
– Tutto quello che desideri. Ti prego. – al messaggio allego una foto dove mi posiziono a novanta in ginocchio sulla tavoletta del cesso e con shorts e mutandine alle ginocchia si vede palesemente la passera grondante umori.
– Nessuno ti ha detto di farti quella foto. Domani, conclusa la pausa pranzo ti posizionerai nello stesso modo sulla mia scrivania ed attenderai la giusta punizione. Ora torna dalle tue amiche senza asciugarti la passera e scordati di poter venire. – in pochi attimi sono sprofondata nella disperazione per questo repentino e imprevisto cambiamento di programmi.

Sono bastati pochi minuti di cammino e mentre ancora mangiavo il gelato, scherzando con le amiche, una chiazza sempre più evidente si andava via via formando tra le mie gambe. Così, dopo un breve saluto collettivo, sono scappata verso casa tirando fuori la scusa che non stavo nuovamente bene.

Arrivata mi sono subito buttata sotto la doccia dove finalmente ho calmato le mie voglie.
Indossato un piccolo perizoma ed un top di colore bianco, scalza, vado ad accendere la tv e poco dopo essermi buttata sul divano, crollo nel sonno più profondo.

Quasi non mi rendo conto delle ore trascorse e quando sento suonare la sveglia, non riesco a capire che ora sia.
La tv è ancora accesa, la passera mi continua a bruciare come se l’avessi masturbata per ore e poi, quando guardo l’ora quasi urlo realizzando che è già lunedì mattina e tra 35minuti devo essere a lavoro!
Non ho molto tempo per ragionare e corsa in camera, indosso un paio di jeans a vita bassa e una camicetta bianca. Dopo aver indossato un paio di scarpe da ginnastica, mentre esco di casa prendo al volo due merendine che mangio durante il tragitto verso lavoro.

 

– Buongiorno Signorina. La vedo sconvolta. Qualcosa non va? –
Il direttore mi accoglie con questa frase mentre varco la soglia dell’ufficio.
– No signore, è che questa notte non ho dormito molto bene. –
Affermo mentre mi dirigo alla mia scrivania in cerca del sacchetto con dentro il vestiario deciso per oggi dal direttore.
– Capisco. Ora si vesta e inizi a lavorare. Tra 40 minuti passi a prendere le cartelle alla mia scrivania. –
Afferma per poi chiudersi nel suo ufficio.

Apro quindi il sacchetto posto sulla mia scrivania ed estratto un miniabito granata molto aderente, strabuzzo gli occhi, trovando all’interno solo più un normalissimo perizoma nero.
Niente scarpe, reggiseni, calze…

Nient’altro.

Trascorsi i 40 minuti in cui bene o male sono riuscita a riprendermi dal notevole imbarazzo, pensando a cosa succederebbe nel caso qualche cliente faccia visita al direttore, mi dirigo a passo svelto verso il suo ufficio per recuperare le cartelline.
Con il cuore in gola, una volta di fronte la sua scrivania, domando cosa debba fare.
– Prenda queste – fa una pausa porgendomi una decina di cartelline con in cima un foglio scritto a mano – le riponga in ordine nell’archivio e poi si dedichi a prenotare gli appuntamenti per domani che trova scritti sul primo foglio.-
Mi congedo senza dire parola alcuna, ma appena mi volto dirigendomi all’uscita, mi fanno diventare nuovamente rossa come un peperone :
– Molto bella vestita così, questa settimana proveremo diversi abiti su questo stile. Da ora deve accentuare il modo in cui sculetta. –
Eseguo l’ennesimo ordine, notando però che più sculetto e più sento il vestito risalire.
Il resto della mattinata trascorre normalmente e dopo un breve saluto al direttore che esce per la pausa pranzo, io decido di mangiare qualcosa ai distributori automatici in quanto ho troppo poco tempo per tornare a casa.
Con i battiti del cuore a mille, aspetto con ansia le 13 in punto, per subire la mia ignota punizione.
12.54 sono già diretta verso l’ufficio del direttore.
12.56 mi sono già messa in ginocchio sulla sua scrivania
12.57 dopo innumerevoli respiri a pieni polmoni, mi alzo il corto vestito ed abbasso il perizoma mostrando così le mie intimità al primo che entrerà da quella porta.
12.58 con i gomiti raggiungo il piano della scrivania e sporgendo bene in fuori il culo, attendo…
13.00 Nessun rumore, nessuno apre la porta.
13.05 sono ancora immobile, mentre dalla passera inizia a far capolino qualche rivolo di umori.
13.10 sento dei passi e poi la porta si apre.
13.11 i passi si avvicinano alla scrivania e poi una mano raggiunge il mio sesso.
– Signorina, credo lei sia decisamente pronta a ricevere questa punizione. – afferma il direttore per poi passare due dita nel che divide le labbra del mio sesso gonfio dall’eccitazione.

Quasi urlo dalla voglia che non riesco più a contenere…..

 

 

– Signorina. Esigo che mantenga un certo contegno ! –
Mi sbraita il direttore per poi strapparmi letteralmente di dosso il perizoma.
Con pochi balzi, raggiunge l’altro lato della scrivania ed una volta agguantata per i capelli, il capo mi viene alzato a forza e subito dopo, quel che rimane del perizoma, mi viene ficcato in bocca.
– Ora vediamo se si lamenterà come prima – afferma per poi tornare alle mie spalle.

In poco meno di un minuto, una serie interminabile e frenetica di sculaccioni si susseguono dolorosi su entrambi i miei glutei.
Stringo quel pezzo di stoffa tra i denti, stringo gli occhi da cui escono inesorabili diverse lacrime, stringo le chiappe tra loro, trattengo il respiro e quando il mio viso è ormai paonazzo, esplodo.
– Huaaaaaahaahaaaaaa !!! – Urlo con il perizoma in bocca.
– Direi che la lezione non l’abbiamo capita vero? – domanda l’uomo per poi trascinarmi giù dalla scrivania, fino a schiacciarmi in terra.
Mi tiene nuovamente in ginocchio, ma questa volta mi spinge letteralmente con le spalle ed il volto sul freddo pavimento per poi posizionarsi a cavalcioni sulla mia schiena e rivolto verso le mie chiappe ormai rossastre quasi quanto il vestitino, ne prende possesso con le mani per stringerle in una dolorosa morsa. Senza mollare la presa, ben presto vengono divise mostrando così all’uomo il mio buchino posteriore.
– Molto bene. – fa una pausa in cui molla la presa da una chiappa per poter raggiungere con due dita l’ano – Signorina, lei fa sesso anale ? – domanda senza smettere di massaggiare il buchino.
Impossibilitata a parlare, scuoto semplicemente la testa in senso di negazione.
– Molto bene. – afferma per poi colpirlo con forza con quelle due dita che prima lo massaggiavano.
Un urletto mi scappa involontario e subito dopo un altro colpo ancora più forte raggiunge nuovamente l’ano.
– Lei non vuole che la punisca altrove vero? – domanda carezzandomi la passera, come a volermi dire che quello sarà il prossimo punto interessato.
Nego nuovamente scuotendo il capo .
– Bene, allora si impegni e mantenga un po’ di contegno –
Così, senza attendere oltre, i colpi sul mio ano si susseguono rimbombando rumorosamente nell’ufficio.
Cerco di non urlare mentre le lacrime scendono solcando le mie guance rossastre.
I colpi inesorabili ed incessanti si susseguono accentuando sempre di più il bruciore al mio buchino posteriore, mentre davanti, la mia passera sembra sempre più elettrizzata da questa situazione.

– Bene, e siamo a 20 colpi. – fa una pausa in cui finalmente si sposta al mio fianco e dopo aver mollato la presa dal mio gluteo arrossato, prendendomi nuovamente per i capelli, mi alza il busto fino a quando non mi trovo in ginocchio. Con il viso puntato verso la patta degli eleganti pantaloni deformati da un evidente eccitazione, rimango ferma ad attendere nuovi ordini.
– Si spogli e mi dia il vestito. – ordina mentre mi toglie gli occhiali.
Come un automa eseguo, mostrandomi così ancora una volta nuda di fronte l’uomo.
Si allontana qualche attimo e quando torna, tiene in mano una sciarpa.
Bastano pochi giri attorno alla mia testa e tutto diventa buio.
Gli altri sensi in breve si attivano e sento distintamente i suoi calzoni aprirsi e cadere in terra.
In silenzio, con il cuore a mille ed il respiro accelerato, attendo la sua prossima mossa.
Attendo a lungo, ma niente. Sento solo il suo respiro accelerare, mentre un rumore ripetuto e frenetico indica che si sta segando di fronte a me.
Sento il suo profumo.
Profumo di uomo.
Profumo di eccitazione.
Profumo di cazzo duro.

Sento un lamento strozzato , sento i suoi movimenti frenetici e poi più niente.
Il suo respiro si fa più pesante e dopo un’ulteriore lamento passano diversi secondi prima di sentire la sua mano infilarsi tra le mie labbra a riscuotere il perizomino stracciato.
– Tenga la bocca aperta. – ordina mentre le sue dita escono trascinando con se il piccolo pezzo di tessuto.
Subito dopo, qualcos’altro si presenta a contatto con le mie labbra.
Un pezzo di stoffa molto più voluminoso ed umido mi viene spinto tutto in bocca prima di sentire l’uomo allontanarsi.
– Ora può togliersi la benda e rivestirsi. – fa una pausa mentre lo sento distintamente sedersi sulla sua lussuosa poltrona – La attendo nuovamente di fronte la mia scrivania a fine giornata per riconsegnarmi il fazzoletto che ha in bocca. –
In breve il sapore che contiene quel pezzo di stoffa si fa più vivo, soprattutto dopo le sue parole ed in un attimo capisco di che cosa si tratti.
– Non deve mai estrarlo, nemmeno se deve bere e quando me lo riprenderò, lo voglio perfettamente pulito. –
Dopo il suo ennesimo ordine, mi tolgo la sciarpa, mi alzo e recuperato il vestitino ed occhiali, mi congedo con un inchino.

Alla mia scrivania, mentre torno al lavoro, il suo sapore è sempre più intenso e scavando con la lingua, in breve trovo un enorme quantitativo che si riversa nella mia bocca.
Quasi con golosità, quasi fosse normalità, inghiotto tutto il suo seme.

Il resto del pomeriggio passa con rapidità e all’orario di uscita mi presento nuovamente nel suo ufficio.
Non mi degna di alcuna parola e giunto di fronte a me, con le dita estrae il fazzoletto per poi controllarlo attentamente.
– Bene – afferma per poi raggiungere i suoi calzoni con una mano.
La mano si infila nel suo pacco per poi estrarne il perizoma che mi aveva strappato poco prima.
– Questo lo può buttare quando giunge a casa – mi ordina per poi infilarmelo in bocca.

Senza proferir parola, accetto l’ennesimo ordine e chinando il capo mi congedo.

Quando esce dal proprio ufficio mi saluta frettolosamente quasi senza accorgersi che sono nuovamente nuda, intenta a rivestirmi dei miei abiti.

Il resto della settimana passa senza altre novità.
Nessun’altro spogliarello.
Nessun’altra punizione.
Nessun’altro fazzoletto da pulire e molto sovente mi manda a casa in anticipo.
Ogni giorno trovo nel sacchetto posto sulla mia scrivania un vestito diverso. A volte più corto, a volte più lungo ma sempre stretto, attillato e sempre abbinato ad un perizoma diverso.
Quasi mi rattristo provando talvolta a chinarmi più del dovuto, mostrando più di quello che dovrei e sculettando con passi lenti e studiati.
Anche se la mia preoccupazione maggiore è il continuo formicolio che riempie la mia passera, quasi penso di non essere più di suo gradimento.
Ogni suo passaggio, ogni sua parola, sono sempre in attesa di qualcosa di eccitante da fare o subire.
Ogni suo gesto mi fa battere il cuore per poi deludermi.
Il venerdì sera prima di andare via, dopo essermi cambiata vestiti lo raggiungo nel suo ufficio e salutandolo gli auguro un buon weekend, speranzosa che mi avrebbe chiesto qualche extra.

Ma niente.

Il sabato mattina però, mentre ancora sono nel sonno più profondo, vengo svegliata di soprassalto dal campanello che suona alle 06.45.
– Chi è???? –
– Sono io signorina! Aprimi! –
Il direttore.
A quest’ora.
A casa mia.
Sono ancora in perizoma e canotta.
Mezza nuda, appena saltata giù dal letto e con i capezzoli che sembra vogliano bucare il soffice tessuto, non torno nemmeno in camera a cambiarmi e dopo due scatti della serratura, spalanco la porta con un sorriso a trentadue denti.

 

– Tu accogli tutti così? – domanda squadrandomi da testa a piedi mentre entra richiudendosi la porta alle spalle.
– Solo lei signor direttore – rispondo sorridente e facendolo accomodare in cucina.
– Mi compiace che ti sia abituata a darmi del lei anche fuori dall’ufficio. Da ora non darmi più del tu – ordina per poi sedersi capotavola.
– Vuole del caffè? – domando stando in piedi affianco all’uomo, in attesa di ordini, anche quando dovrei essere “libera” da questo legame.
– Si grazie – sorride per poi distrarsi con il proprio cellulare
Senza accennare a vestirmi, eseguo preparandogli così il caffè.
Mentre attendo che sia pronto, guardando meglio l’uomo, quasi non mi ero accorta che oggi fosse in tenuta meno formale, anzi, direi proprio in tenuta “sportiva”.
Versato il caffè nelle tazzine finalmente mi siedo.
Mentre sorseggia dalla tazzina, senza nemmeno aver aggiunto lo zucchero, mi domanda :
– Che sport fai? –
Rispondo che è diverso tempo che non pratico più alcuno sport, soprattutto da quando mi sono trasferita da sola in città.
– Prima facevi qualche ora di corsa per caso? – domanda posando la tazzina vuota per poi accendersi una sigaretta
– Si certo e mi piaceva – affermo sorridente
– Bene allora cambiati. Ti porto a far pratica in un posto fuori città dove ci sono dei bei boschi– ordina prima di prendere un’altra boccata di fumo.
Sorridente per la bella notizia, quasi corro in camera e raggiunto il cassetto dell’intimo, sperando che il direttore non me li abbia rimossi, cerco il reggiseno e tanga elasticizzati che usavo per andare a correre.

Fortunatamente ci sono ancora.
Mi spoglio in pochi attimi, indosso subito tanga e reggiseno completando l’abbigliamento con una semplice tuta rosa, fantasmini grigi e scarpe da ginnastica grigie come il mio intimo.

– Eccomi, sono pronta – affermo quasi saltando in cucina.
– Molto bene. Ma legati i capelli e lascia in tavola gli occhiali.– afferma alzandosi dalla sedia.

Uscendo di casa, visto il fresco che provo, ritengo di aver fatto bene a non mettermi una maglietta a maniche corte e salendo nella lussuosa macchina del direttore, quasi non penso che tra poco saremo in mezzo al nulla, soli….
Sicura di compiacere l’uomo, durante il tragitto che ci separa dall’aperta campagna, senza dare nell’occhio, apro la zip della tuta fino a mostrare una generosa scollatura che sicuramente non passerà inosservata.
Difatti, nel giro di pochi minuti, l’uomo ha iniziato a girare lo sguardo più sovente verso di me.
La cosa mi ha eccitato notevolmente e potevo sentire il suo sguardo fisso nell’incavo delle mie tette.
Infine siamo giunti a destinazione dove svoltando in un grosso parcheggio sterrato ai confini di un fitto bosco, parcheggia l’auto.
– Scendi pure, siamo arrivati – conferma prima di spegnere il motore.
Con un sorriso acconsento in silenzio scendendo dall’auto. Attendo che attivi l’antifurto e dopo avermi raggiunto mi spiega sommariamente il percorso.
– Io ti sto dietro, non puoi sbagliare. Mantieni il passo che ritieni più opportuno per fare i 10 km di andata.- fatta una pausa, in cui fissa di sfuggita il mio culo fasciato nel soffice tessuto, prosegue – Dopo aver fatto mezzora di pausa, torniamo quindi indietro per lo stesso percorso. Tutto chiaro? – domanda per poi iniziare a saltellare sul posto.
Imitandolo, inizio a saltellare di fronte a lui.
Annuisco sorridente, anche se sono certa che il suo sguardo è puntato sui miei seni che saltellano a ritmo inverso al mio.
– Bene, andiamo – ordina facendo segno di partire.

I 10km che ci hanno diviso dalla civiltà sono stati fantastici e dopo una lunga e ripida salita finale, ci siamo trovati in punta ad una piccola collina da cui si ammira un paesaggio invidiabile.
Entrambi provati e con il fiatone, ci siamo seduti su una grossa roccia a riprendere fiato mentre il sole, sempre più vivo e caldo, inizia a farsi sentire sui nostri volti.

– Spogliati – è l’ordine secco che mi giunge dopo nemmeno 5 minuti di riposo.
L’eccitazione che si era assopita per la corsa, ora torna viva tra le mie gambe, ricordandomi della settimana trascorsa dolorosamente, privata di qualunque tipo di piacere, anche individuale.
Mentre divento rossa in viso, apro la zip della tuta mostrando in mezzo alla natura il mio seno coperto solo più dal reggiseno. Quindi mi alzo e mentre scalcio via le scarpe, abbasso i pantaloni, rimanendo così con il solo intimo ed i fantasmini ai piedi.
Quando sto per togliere il reggiseno, l’uomo però mi blocca e con mano ferma mi rimette supina contro la roccia.
Estratto il cellulare dalla tasca, scatta ancora una volta innumerevoli foto da ogni angolazione. Riposto poi il telefono, stando di fronte a me, si toglie scarpe e pantaloni della tuta.
Per la prima volta, posso vedere i suoi boxer attillati deformati dalla notevole erezione.
Per la prima volta, posso vedere quanto sia grosso e lungo, piegato di traverso nello stretto tessuto.
Poi anche l’ultimo ostacolo viene tolto ed il suo cazzo svetta libero di fronte a me.
– Da tempo attendevo questo momento – afferma salendo a cavalcioni sul mio stomaco e bloccando le mie braccia tra le sue ginocchia.
Con diversi strattoni al reggiseno, fa uscire entrambe le tette, libere di svettare verso il cielo con i capezzoli che sembrano due dritte antenne.
Preso quindi il cazzo in mano, si inizia a masturbare ferocemente, con foga, mentre con l’altra mano inizia a palparmi senza sosta.
Procede con questo ritmo per diversi minuti e poi, sul punto del non ritorno, la mano che palpava le tette si sposta sulla mia testa e tirandomi per i capelli, forza il capo verso il suo cazzo.
In breve è a pochi centimetri dalle mie labbra che non vedono l’ora di accoglierlo.
Digrigna i denti, si lamenta e poi irrigidendosi quasi, urla spruzzandomi tutto il seme sul volto, fino a oscurarmi la vista, fino a sentire il suo sapore giungere alla bocca.
Finalmente si ritrae e dopo essersi pulito il cazzo nel solco tra i seni, si rialza.
Mentre ancora cerco di capire cosa fare, lo sento tra le mie gambe, sento il tanga che mi viene sfilato e subito dopo il suo ordine mi fa eccitare ancora di più :

– Pulisciti – ordina mettendomi in mano l’indumento appena sottratto dal mio inguine.
Eseguo, pulendomi anche l’incavo tra le tette e quando finalmente riacquisto la vista, lui è di fronte a me, con il cazzo nuovamente stretto nella sua mano che frenetica va su e giù.

Rimango ferma ed allargando le cosce, mostro la mia passera carica di umori, invitante e pronta ad essere penetrata da quel grosso affare.
– Tu non sei una puttana. Sei mia, sei schiava e devi imparare a meritarti di essere scopata. – afferma a voce alta, mandando il mio cervello e la mia dignità nel “tilt” più completo.

Per la seconda volta si avvicina nuovamente a me.

– Mettiti a pecora, muoviti – ordina spingendomi.
In breve mi trovo a quattro zampe, sulla roccia e con l’uomo alle mie spalle.
Lo sento vicino, intento a segarsi, mentre io sto desiderando ardentemente che mi penetri.
Lo sento sempre più frenetico ed infine, quando è nuovamente al culmine, vengo presa ancora per i capelli.
Sono costretta a voltarmi e di fronte il suo cazzo duro, vengo tenuta per la seconda volta a pochi centimetri da quell’invitante asta di carne.

– Apri la bocca – ordina senza smettere un secondo di menarselo.
Quasi non ho il tempo di eseguire l’ordine ed in rapida sequenza, 4 densi schizzi raggiungono il mio palato e la lingua che tengo fuori dalla bocca.
– Ingoia – ordina duro per poi allontanarsi da me mollando la presa dai capelli.
Si pulisce il cazzo con le mie mutandine per poi ordinarmi di indossarle.
– Ora torniamo all’auto. Vestiti e lascia le tette fuori dal reggiseno.-

 

Fortunatamente era ancora presto e benché fossero le 9.30, tutto era deserto. Per tutto il tragitto di ritorno, ho dovuto tenere la maglia aperta, con le tette al vento che saltellavano libere alla luce del sole e quel tanga pieno di miei e suoi umori che mischiandosi e scivolando giù per le cosce non facevano altro che aumentare la mia voglia.

Entrati in auto, dopo avermi concesso di coprirmi i seni, mi confessa di aver atteso tutta la settimana per potersi “svuotare” su di me.
– Ti iscriverò in palestra da un mio caro amico. Ci andrai 3 volte alla settimana. Entro 4 mesi voglio vedere i risultati. – afferma per poi avviare il motore e partire.
Durante il viaggio di ritorno siamo stati entrambi molto silenziosi. Lui, probabilmente godendosi gli attimi appena trascorsi mentre io, corrosa dall’eccitazione, devo stringere i denti e cercare di scacciare ogni pensiero impuro per non impazzire.

Solo di fronte casa mia, dopo aver accostato l’auto, quando stavo per congedarmi, l’uomo mi pone una domanda che mi carica letteralmente di desiderio.
– Sei ancora disposta a fare qualunque cosa se ti concedo di godere? –
Io quasi euforica, con un sorriso a 32 denti, faccio innumerevoli assensi con il capo e poi riesco a dire una sola frase :
– Si, la prego. Sono pronta a fare qualunque cosa desidera. –

Alla mia affermazione, un sorriso compare sul volto dell’uomo.
– Saliamo a casa tua – ordina per poi consentirmi di scendere dall’auto.
Proprio sul portone di casa però, si ferma ancora.
– Hai i preservativi? – domanda con tono normale che chiunque potrebbe sentire.
Con il capo faccio cenno di no.
Sbuffa e poi guardandosi attorno mi ordina :
– Vai a comprarli alla farmacia nella via di fronte, intanto io fumo una sigaretta qui davanti al portone. – mi consegna i soldi e dopo avermi abbassato la zip della maglia, mi fa cenno di muovermi.
La farmacia designata la conosco ed è priva dei distributori di preservativi.
Per comprarli dovrò quindi entrare e chiederli al commesso. Ma vista la zip abbassata che mostra una discreta porzione delle mie tette, la notevole puzza di sborra che mi riempie le narici e la richiesta che dovrò fare a quello sconosciuto, ho le palpitazioni e la passerina non fa altro che fremere al ritmo della mia mente che fantastica su scene da vero film porno.

Giunta all’ingresso della farmacia, non noto clienti all’interno ed una volta varcata la soglia, ne ho la conferma trovando solo un signore abbastanza anziano dall’altra parte del bancone.

Mi avvicino cercando di mascherare l’imbarazzo.
– Salve, mi dica. –
– Buon giorno. Avrei bisogno di qualche confezione di preservativi – rispondo cambiando repentinamente il colorito del volto.
– Bene, li trova qui. Mi segua – replica l’uomo passando dall’altra parte del bancone ed invitandomi a seguirlo nel retro di un grosso scaffale pieno di prodotti.
– Qui può trovare tutto ciò che le serve. – afferma indicando il ripiano più basso dello scaffale.
Raggiungo subito il ripiano e quando vedo quella moltitudine di tipi di profilattici, non so quale scegliere.
Mi chino a guardare meglio e poi nel dubbio, chiamo il farmacista in aiuto.
Me ne sono resa conto tardi, ma quando è arrivato, credo di aver dato degno spettacolo mostrando grazie alla posizione, una buona porzione del mio tanga che fuoriusciva dai pantaloni.
Con il busto flesso in avanti, anche la scollatura deve essere stata notevole, tanto che la voce dell’uomo sembra diventare improvvisamente rauca.
Al momento del pagamento, l’uomo sembra notevolmente scosso e poi controllando i vari prodotti, mi avverte che verrà fatto uno sconto.
– Non capita tutti i giorni di vedere una così bella ragazza. Immagino che si stia dando molto da fare quest’oggi. – fa una pausa e guardandomi la scollatura senza ritegno, mentre io divento quasi paonazza dall’imbarazzo, commenta – avessi quarant’anni in meno e la fortuna di avere una come lei al mio fianco, anche io starei giornate intere a fare certe cose – conclude senza smettere di fissarmi.
– Lei è molto gentile, ma io non ho fatto niente di speciale per meritarmi questo sconto– rispondo nel pieno imbarazzo.
– Ha fatto più di quanto crede. Spero di rivederla presto. Arrivederci ! – conclude per poi dirigersi frettolosamente nel retrobottega.

Quasi di corsa torno verso casa, ma giunta di fronte il portone, assieme al direttore, c’è un altro uomo con in mano un grosso borsone nero. Quest’ultimo ha qualche anno in più, porta gli occhiali da sole e anche se vestito molto casual, si può notare un notevole fisico sotto quegli indumenti
– Era ora, dammi sti preservativi. – comanda allungando la mano verso di me.
– Non sapevo quali prendere – affermo a bassa voce e nell’imbarazzo completo mentre lo vedo controllare lo scontrino.
– Come mai uno sconto tanto notevole? – domanda mandandomi in panico
– Ecco, ha detto… – faccio una pausa in cui mi manca il fiato
– Cosa? – domanda nervosamente
– Ha detto… che non è da tutti i giorni vedere una ragazza così bella – riesco a dire a fatica
– E poi? – domanda con un ghigno strano che compare sul suo volto.
– ….e poi… ha detto che starebbe anche lui giornate intere a fare certe cose… se … avesse quarant’anni in meno.. – concludo sprofondando nella vergogna.
Dopo una sonora risata, si gira verso lo sconosciuto e sempre rivolgendosi a me lo presenta.
– Lui è un mio amico molto intimo – afferma indicandolo.
– Piacere – dico semplicemente rivolgendomi verso l’uomo che rimane impassibile.
– Bene, possiamo salire – afferma il direttore invitandomi ad aprire il portone.

In ascensore entro per prima, rimango rivolta verso le porte e schiacciandomi contro la parete per lasciare lo spazio agli altri due uomini, attendo che entrambi si accomodino per poter premere il pulsante del mio piano.
Appena l’ascensore parte, lo sconosciuto si posiziona subito di fronte a me, mi guarda e poi senza dire una parola mi apre la zip della maglia. Alza gli occhiali da sole sulla testa e con i suoi occhi color ghiaccio, si fissa nei miei giusto i pochi secondi necessari per farmi abbassare lo sguardo.
Alla mia sconfitta, le sue mani raggiungono le mie tette tastandole con forza. Non contento, mi gira di schiena premendomi contro la parete dell’ascensore per poi scoprirmi il culo.
Le sue mani ora si concentrano su di esso, facendomelo sporgere bene all’indietro.
– La tua schiava è una gran bella puttanella – afferma per poi spostare il tanga su una chiappa rivelando così entrambi i miei buchi.
Le sue dita raggiungono la mia passera e dopo una fugace toccata, mi rialza i pantaloni e dopo avermi voltata a forza, mi richiude la zip.

Siamo arrivati al mio piano.

In pochi attimi giungiamo in casa ed appena chiusa la porta, il direttore mi fa sbiancare con le sue parole.
– Fate pure con calma… io vi attendo in cucina –

Mentre l’uomo scompare dalla nostra vista, lo sconosciuto mi chiede dove sia camera da letto.
Una volta giunti di fronte al letto, lo vedo che inizia ad aprirsi i pantaloni.
– Spogliati – sono le uniche parole che escono dalla sua bocca.
Eseguo l’ordine ed in pochi attimi ho lasciato tutti i miei indumenti a terra.
Quando rialzo lo sguardo e mi volto verso di lui la cosa che vedo per prima è il cazzo più grosso e duro che abbia mai visto dal vivo. I suoi pantaloni e boxer sono alle caviglie e appena nota che sono nuda ed in attesa, con un forte spintone mi fa volare sul letto.
– Mettiti a pecora. – ordina secco salendo in ginocchio sul letto.
Appena mi giro di schiena e inizio a posizionarmi come richiesto, le sue mani raggiungono i miei fianchi e vengo letteralmente trascinata con forza verso di lui.
Quasi senza rendermene conto, mi ritrovo il culo a contatto con il suo bacino ed il suo cazzo, che con la sua ingombrante presenza, allarga inesorabilmente le mie chiappe.
Rimanendo ancorato ai miei fianchi, mi trattiene con forza, schiacciata contro di se e lentamente inizia a muoversi.
Sento le sue palle premere sulle labbra della mia passera e l’asta dura farsi largo tra le mie chiappe.
Impone un lento e continuo su e giù che inesorabilmente, alimenta l’eccitazione di entrambi.
Dopo pochi minuti però, sposta le sue attenzioni esclusivamente al mio culo.
Con le mani prende possesso delle mie chiappe, mentre con l’asta si posiziona con cura nel mezzo.
Sputa diverse volte nel solco, per poi spargere la saliva con la cappella dura e scoperta.
Conclusa questa operazione, sento le chiappe che mi vengono strette attorno l’asta e l’uomo inizia letteralmente a fottermele con forza.
Mentre lui gode intensamente, l’unico piacere che riesco a trarne è dovuto alle palle dell’uomo che colpiscono ritmicamente le labbra della mia passera ad ogni affondo.

Procede svariati minuti con questo supplizio, fino a quando, esausto, prendendomi per i capelli, mi sbatte giù dal letto ed obbligandomi in ginocchio di fronte a lui mette la cappella a pochi centimetri dalle labbra.

– Prendi in bocca la cappella e fammi una sega – ordina con il fiato corto
Senza discutere eseguo l’ordine e mentre con la mano raggiungo l’asta, la mia bocca si è già attaccata a succhiarlo come fosse un ciupa ciupa delizioso.

Si irrigidisce, si contrae, si lamenta, respira forte e dopo nemmeno due minuti che ho impugnato quella grossa asta dura e venosa, lo sento al limite. Mi afferra per i capelli e dopo avermi allontanata, inonda il volto e le tette con una miriade di fiotti grossi e densi che mi ricoprono in meno di un minuto.
Solo dopo aver concluso di spruzzarmi addosso rificca il cazzo in bocca ordinandomi di ripulirlo.
Come se niente fosse, conclusa la prestazione, si riveste ed esce dalla camera senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.
Ancora scossa e piena di voglia, mi sento spaesata, rimango a terra, in ginocchio e raggiunto il viso con la mano, raccolgo tutto il suo seme portandolo alla bocca.
Lo gusto, lo faccio scorrere sulla lingua, succhio le dita e poi inghiotto tutto mentre spalmo il restante sulle mie tette.

 

– Venga in cucina signorina! La stiamo aspettando –
Richiama la mia attenzione il direttore ed in un baleno, mi fiondo in cucina senza osare a rivestirmi.
– Molto bene – afferma porgendomi una tessera.
– Questa è la tessera mensile della palestra. Il mio amico qui presente è appunto quello accennato qualche ora fa mentre eravamo a correre. – afferma indicando l’uomo che si era da poco scaricato sul mio corpo.
– Per questo mese ha 3 sedute scontate. – afferma sorridente rivolto verso il suo amico – Spero per il mese prossimo di vedere qualche sconto maggiore. – Conclude rivolgendosi verso di me.
Annuisco con il capo, immaginandomi tra un mese quando sicuramente dovrò riprendere quel grosso arnese tra le mie mani.
Poi rivolgendosi nuovamente verso l’uomo, domanda:
– Secondo te con quale possiamo iniziare? – domanda serio per poi aprire una scatola di preservativi.
– L’ho vista bene. Secondo me possiamo forzare visto quanto è eccitata. – afferma sorridente mentre apre il grosso borsone.
– Mi piace l’idea – afferma il direttore e poi rivolgendosi a me comanda – Vieni, mettiti a novanta contro il tavolo ed allarga bene le gambe –
Eseguo senza capire cosa mi vogliano fare ed una volta appoggiato il busto sul tavolo, allargo le gambe in attesa di altri ordini.
Sento che apre più di un preservativo, mentre l’altro uomo scarta qualcosa contenuto nel grosso borsone.
Entrambi si mettono quindi alle mie spalle.
Discutono tra loro su quale sia meglio.
Poi sento il rumore dei preservativi.
Sono più che convinta che mi fotteranno.
Sono più che convinta che si daranno il cambio e mi sbatteranno con forza per chissà quanto tempo.
Ma poi, non ho più il tempo di ragionare quando sento qualcosa appoggiarsi alla mia passera.
Con una spinta decisa, qualcosa mi penetra accompagnato dai miei lamenti.
Lo sento tornare verso l’esterno e poco dopo, spingere nuovamente in me e sta volta si infila fino a riempirmi tutta.
Non si muove, non pulsa e sembra freddo.
Li sento sbuffare, sento quell’affare che ho dentro che viene mosso più volte ed alla fine, si aziona rumorosamente.
In breve la mia passera viene riempita dalle vibrazioni di quell’affare che ho dentro.
Li sento trafficare ancora, l’oggetto mi viene mosso più volte prima che la vibrazione aumenti fino quasi a triplicare.
Con le mani mi aggrappo ai lati del tavolo mentre mi metto quasi in punta di piedi, con le dita chiuse, i muscoli tesi e i denti stretti.
Il cuore inizia a battere all’impazzata, mentre il respiro diventa frenetico.
Inizio a godere.
Inizio ad ansimare.
Inizio a sognare.

Ecco che in un attimo però, qualcos’altro si presenta sul mio secondo buchino.
Ancora una volta freddo, ancora una volta duro.
Questa volta le spinte sono state maggiori.
Mi hanno consigliato di rilassarmi, di spingere come se dovessi defecare, mi hanno consigliato di non essere tesa e poi hanno spinto.
– Aaaaahhhhh!!! – è stato il mio urlo quando il secondo fallo è entrato dolorosamente in me.
Dopo essere sprofondato nel mio culo per almeno 15 centimetri, si è incastrato all’interno e subito dopo il vibratore ha iniziato a fare avanti e indietro nella passera.

Sono bastati pochi minuti, forse troppo pochi.
Come un fiume in piena, priva ormai di ogni freno, sono venuta quasi urlando fino a formare una grossa chiazza in terra.
Per fortuna sono appoggiata al tavolo o credo sarei caduta rovinosamente a terra.
Le ginocchia hanno ceduto, la testa si è posata sul tavolo e le braccia hanno mollato la presa dai bordi.
Quando ormai sono priva di forze e tutta l’eccitazione è uscita dal mio corpo, sento il vibratore uscire da me e poco dopo, anche il fallo nel culo mi viene tolto senza nemmeno più farmi lamentare.
Sento come un vuoto, nei miei due buchi appena profanati.
Sento calore, sento come delle scariche elettriche che arrivano fino al mio cervello e poi più niente, quasi mi addormento su quel tavolo, con i due buchi aperti e liberi di essere visti dai presenti.

Quando riprendo conoscenza, i due uomini se ne sono andati.
Sul tavolo, vicino al piattino con le sigarette spente del direttore, trovo un biglietto.

Ci vediamo lunedì in ufficio, puntuale come sempre.
Quando guardo l’orologio, sono già le 5 del pomeriggio e mi domando quanto possa aver dormito su quel tavolo.

La sera decido di uscire per una pizza tra amiche ma alla proposta di andare in discoteca, rinuncio vista la giornata per me molto movimentata che mi ha stravolta.
Il pomeriggio successivo, accetto però di uscire nuovamente con loro e come sempre, ci dedichiamo a girare qualche grosso centro commerciale.

Verso le 16.35 ricevo un messaggio.
– Dove sei? – il direttore.
Una volta risposto, il suo messaggio non tarda ad arrivare.
– Vai in bagno e fammi vedere come stai con le tette di fuori. –
Con il cuore che torna a battere a mille, mi congedo dalle amiche dicendo che tornerò tra poco.
In pochi attimi raggiungo il bagno ed entrata, controllo non ci sia nessuno dopo di che, abbasso le spalline del top e del reggiseno ed una volta tirate fuori le tette, scatto di fronte il grosso specchio.

– Molto bene. Hai anche degli short molto belli. – risponde rapidamente.
Rivestita torno dalle amiche e ormai quasi senza pensarci su, torno a chiacchierare amabilmente con loro. Quasi fosse ormai routine.

 

 

Il lunedì, giunta a lavoro, quando apro il solito sacchetto posto sulla mia scrivania, quasi mi stupisco trovando tutta quella mole di stoffe.
Autoreggenti, reggicalze, culotte, corsetto e reggiseno tutti totalmente lavorati in pizzo quasi trasparente sono di colore nero, esclusa la balza delle autoreggenti e il reggicalze che sono di colore rosso acceso, come anche il corsetto.
Sopra a tutto questo, da indossare trovo un lungo abito nero, attillato, scollato e con un lungo spacco che partendo da sotto le ginocchia raggiunge la balza delle autoreggenti che spicca con forza grazie al colore acceso.
Ai piedi, un paio di sandali anch’essi neri, lucidi, con un alto e largo tacco 12.
All’interno trovo anche i trucchi ed un rossetto rosso.
Poco dopo essermi messa al lavoro, vengo chiamata dall’interfono nell’ufficio del direttore.
– Molto molto bene – sento affermare appena l’uomo mi vede entrare.
– Faccia un giro su se stessa – continua senza staccarmi gli occhi di dosso.
– Molto bene ora si giri di schiena e pieghi il busto a novanta – comanda ora con un timbro leggermente emozionato.
– Molto bene ancora! – afferma battendo le mani mentre sto rialzando il busto dopo avergli mostrato come il tessuto aderente non nasconda assolutamente cosa porto sotto.
– Se non la facessi vestire in modo consono e con tutte queste belle lingerie, si noterebbe troppo che lei è molto più giovane. – facendo una pausa si alza dalla sedia e mi raggiunge – I nostri clienti potrebbero scambiarla per troppo giovane e incompetente o addirittura per mia figlia, capisce? – domanda mentre mi carezza il volto con una mano.
– Io non posso fare certe figure e visto che lei, di anni ne ha 24, ed ha accettato certe condizioni. – afferma spostando la mano sul mio seno.
– Possiamo osare molto di più per invogliare il cliente ad accettare qualche clausola scomoda –
Annuisco seria, senza fiatare, stando ferma immobile mentre la sua mano raggiunge le mie chiappe.
– Ricorda? Deve essere intraprendente, sciolta e si mostri sempre calda – conclude per spostare la mano nello spacco del vestito per poter risalire lungo la mia coscia, fino alla mia passera coperta da quella sottile mutandina.
– Pensavo che l’esperienza di questo weekend avesse calmato certe voglie, ma sento che non è ancora cambiato molto – afferma inzuppando le dita nel tessuto fradicio.
Divento rossa come un peperone mentre spero che quelle dita continuino la loro opera.
Vorrei venire ancora…. e ancora…. e ancora….

Ma poi…

Dall’altra stanza sento suonare il telefono posto sulla mia scrivania.
– Prego può andare – è l’ordine secco del direttore che si stacca da me per farmi andare a rispondere.

Appena alzo la cornetta, dall’altro capo del telefono la ragazza della portineria annuncia che i clienti coreani sono arrivati.
– Signore sono arrivati i clienti coreani – annuncio ad alta voce rivolta verso l’altro ufficio
– Bene li faccia salire – annuncia a sua volta l’uomo
Quando chiudo la conversazione e mi rimetto al lavoro, dall’altro ufficio mi arriva un’altro ordine.
– Prego, li attenda di fronte l’ascensore e li conduca nel mio ufficio. – ordina con tono calmo
Eseguo l’ordine e quando sto per uscire, le parole che sento mi raggelano il sangue.
– Si ricordi che sono clienti importanti. Quindi è importante che lei faccia bella figura. Sia cortese, gentile, sorridente, molto disponibile e…. sculetti con grazia e disinvoltura. –
Annuisco frettolosamente con un mezzo sorriso molto imbarazzata e mi dirigo immediatamente fuori dall’ufficio sculettando come richiesto.
Il corridoio che separa gli uffici dirigenziali dall’ascensore è molto lungo e mentre i miei tacchi rimbombano ad ogni passo, penso al fatto che avranno molto tempo per ammirare il mio fondoschiena.
Giunta di fronte le porte metalliche, la pulsantiera luminosa segnala che l’ascensore è già occupato ed è in risalita.
Mi schiarisco la voce, controllo che i miei capelli siano ordinati, raddrizzo gli occhiali e congiungendo le mani ad altezza vita, attendo che le porte si aprano.
Il suono bitonale del cicalino, preannuncia l’arrivo al piano.
All’apertura delle porte, sento un discreto vociferare in una lingua sconosciuta e poi, diverse persone escono fermandosi di fronte a me.
– Buon giorno gentili signori – annuncio flettendo leggermente il busto in avanti, come un piccolo inchino e mostrando così una notevole panoramica dei miei seni grazie all’abbondante scollatura.
Quello che presumo sia il traduttore, ripete le mie parole ai presenti i quali ripetono l’inchino salutandomi nella loro lingua.
– Buon giorno a lei signorina, per l’ufficio del direttore? – domanda il traduttore mentre gli sguardi dei presenti sono puntati su di me.
– Seguitemi, saremo subito da lui – affermo iniziando a camminare sculettando.
– L’ufficio è al fondo del corridoio – continuo sentendo ora tutti gli sguardi puntati sul mio fondoschiena.
Li sento confabulare tra loro, li sento ridacchiare più volte e poi giunti a destinazione, senza mostrare il mio pronunciato rossore sul volto, apro la porta e dopo averli fatti entrare nel mio ufficio li avverto di attendere qualche secondo.
Busso così alla porta del direttore, mentre sento gli sguardi dei presenti, sempre puntati sulla mia figura.
– Signor direttore, sono arrivati. – annuncio scostando la porta e stando a metà tra le due stanze.
– Ottimo! Prego li faccia accomodare – risponde alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso di me.
– Prego, entrate pure. – annuncio rivolgendomi ora verso il mio ufficio.
Tutti i presenti, possono ora presentarsi uno ad uno entrando dalla porta, mentre il traduttore svolge molto diligentemente il proprio lavoro stando al fianco del direttore.
Infine, dopo essersi seduti sui lussuosi divani, il direttore sposta la sua poltrona di fronte la scrivania.
Io intanto, chiusa la porta, rimango in attesa di eventuali ordini.
Poco dopo essersi seduto, indirizzando lo sguardo verso di me, fa cenno di avvicinarmi.
Eseguo, calamitando nuovamente gli sguardi di tutti.
Con due dita mi fa cenno di avvicinarmi con il capo al suo e senza flettere le ginocchia, scendo con il busto, mostrando per intero le mie chiappe che si schiudono attraverso il sottile e aderente tessuto del vestito.
Sento l’ennesimo vociferare fino a quando non rialzo il busto dopo aver ricevuto l’ennesimo ordine.
Mi dirigo quindi verso la sua scrivania e mentre i presenti iniziano a discutere, come ordinatomi, piego nuovamente il busto per raggiungere l’ultimo cassetto.

Devo essere uno spettacolo, vista di profilo, piegata più che a novanta con lo spacco laterale del vestito che risalendo mostra per intero la balza rossa delle calze, un laccetto del reggicalze e parte della mia pelle nuda.
Dopo aver recuperato il fascicolo richiesto, mi dirigo nuovamente verso il direttore ed una volta consegnato nelle sue mani, mi viene concesso di tornare al mio lavoro.

Mi congedo quindi con un sorriso seguito da un breve inchino.

Dal mio ufficio sento che le discussioni sono incessanti, talvolta anche animate e talvolta quasi regna il silenzio.
Diverse volte vengo chiamata per portare dell’acqua o qualche caffè.
Altre volte vengo chiamata per portare dei fascicoli riguardo alcuni prodotti.

Verso metà mattinata però, il direttore decreta una pausa di 20 minuti.
Alcuni escono sulla balconata che si affaccia nella fabbrica, altri rimangono a chiacchierare del più e del meno ed io vengo richiamata dal direttore.
– Prego, accompagni il dirigente ai servizi igienici. – annuncia indicandomi l’uomo che credo essere il capo di questo gruppo di “ospiti”.
– Certamente signor direttore. Prego, lei mi segua gentilmente –
Con un sorriso di cortesia, faccio cenno all’uomo di seguirmi, attendendolo sulla soglia dell’ufficio.
Mentre sto per uscire, mi sembra di aver visto di sfuggita il direttore che fissandomi mi strizza l’occhio.
Non intuendone il significato, accompagno il dirigente ai servizi, ovviamente senza mai smettere di sculettare.
Giunti a destinazione, faccio cenno all’uomo di entrare e cerco di spiegare che lo attenderò qui fuori.
Sorridendo fa cenno di aver capito ed entra nei servizi degli uomini.

Passano diversi minuti e poi, vedo la porta aprirsi e la testa dell’uomo sbucare all’esterno.
Sembra nervoso.
Sembra scocciato.
In pochi attimi il mio cuore batte forte, timorosa di cosa possa essere successo di così sgradevole.
L’uomo mi fa cenno di entrare rimanendo sempre dietro la porta.
Rapidamente, entro quindi in bagno anche io per scoprire quale sia il problema. Ma quando la porta viene richiusa e la serratura scatta, di fronte a me, l’uomo con la patta degli eleganti pantaloni aperta, mostra una prepotente erezione.
Mentre rimango sbigottita ed a bocca aperta, l’uomo indica il cesso e volgendo lo sguardo verso di esso commenta qualcosa di incomprensibile. Solo volgendo anche io lo sguardo, noto che la carta igienica è finita.

 

 

In breve, con diversi gesti e qualche mezza parola di italiano, capisco che non ha trovato la carta per pulirsi dopo aver urinato.
Sono mortificata e quando faccio per aprire l’armadietto in cerca di un nuovo rotolo, l’uomo mettendo una mano sulla mia spalla mi blocca.
Inizio ad avvampare dal rossore mentre il cuore batte ancora più forte di prima.
Quando mi volto verso di lui, con il capo fa cenno negativo.
Le sue mani raggiungono lo spacco del vestito e lo alzano fino a raggiungere le mie mutandine.
Con i gesti, mi fa capire che vuole queste per pulirsi.
In un lampo, mi torna in mente la strizzata d’occhio del direttore e ricordandomi le parole dette inizialmente, in cui includeva la piena disponibilità con i clienti, davanti a quest’uomo, mi limito quindi a sorridere ed acconsentire alla richiesta.

Gli occhi del dirigente, in pochi attimi cambiano da quelli di persona scocciata a quelli di libido, di desiderio e di potere.
Con essi, le sue mani diventano più sicure ed in pochi attimi le mutandine mi vengono abbassate fino alle caviglie, dove sono costretta ad agevolarlo, alzando i piedi per poterne essere privata.
Non credo abbia visto le mie zone intime, in quanto il vestito è ricaduto istantaneamente lungo le mie gambe mentre ha trascinato la delicata stoffa, ma comunque mi sento dannatamente nuda di fronte quest’uomo…
e non solo….
A differenza di quanto avrei creduto, l’uomo porta le mutandine al viso e fissandomi negli occhi con potere e bramosia, inizia ad annusarle.
Sorride e poi risvoltandole, nella parte interna si può notare una chiazza di liquidi.
Sorride ancora mentre nota il mio rossore del volto e poi, mentre sposta lo sguardo sulle mie tette, lecca via i miei succhi dal tessuto.
Il cuore mi salta in gola mentre lo vedo leccare una seconda volta le mutandine.
Alla terza leccata, tra le gambe qualcosa inizia a farsi sentire, umido, elettrizzante, la voglia inizia ad accelerare.
Poi, dopo un altro sorriso, fissandomi negli occhi porta le mutandine sul suo cazzo. Lo pulisce con cura, quasi lo massaggia, quasi ci fa una sega senza smettere di fissarmi ed una volta concluso, mi chiede se anche io devo usufruire del bagno.

In effetti era da tempo che sarei dovuta andarci e pur sentendone il bisogno quasi impellente, vista la situazione, quasi non ci facevo più caso.
Ma anche questa volta, ricordando l’occhiolino del direttore, sorridendo nervosamente acconsento all’invito.
Non attende oltre e tornando a massaggiarsi il cazzo con le mie mutandine, mi ordina di togliermi il vestito e riporlo su di un piccolo mobiletto affianco al lavandino.
In silenzio e con il cuore a mille, abbasso il capo e afferrando il tessuto dai fianchi, inizio a farlo risalire lungo il mio corpo.
Mano a mano che il vestito sale, l’uomo imprime sempre più vigore nel segarsi e quando finalmente sono di fronte a lui in lingerie e con la passera nuda di fronte i suoi occhi è costretto a fermarsi o sono sicura che sarebbe venuto nel giro di pochi secondi.
Si avvicina, mi scruta con bramosia mentre stringe forte il suo arnese duro avvolto nel mio perizoma e poi con la mano libera, mi spinge verso il wc.
Mi spinge a sedere, mi allarga le gambe e mentre mi accarezza il volto, mi ordina di urinare di fronte a lui con il suo cazzo duro stretto in mano a pochi centimetri dal volto.
Mi è difficile riuscirci, ci vuole diverso tempo durante il quale quella mano torna a muoversi su e giù e poi, dopo uno scroscio iniziale, chiudendo qualche secondo gli occhi riesco finalmente a rilassarmi e liberarmi.
Concluso lo spettacolo, l’uomo rimuove il perizoma da sopra il suo cazzo e con mano sicura, raggiunge la mia passera.
Bastano poche passate per asciugarla, per pulirla, per toccarla e per eccitarla.
Quando mi restituisce il perizoma, continuando a stare seduta a gambe larghe, lo ringrazio mentre quasi con volontà propria, la mia mano destra prende possesso del cazzo, iniziando un lento su e giù.
Sorride, ride, sorride ancora mentre mi accarezza il volto con una mano e con l’altra mi tira fuori le tette dal reggiseno.
Mentre inizia a strizzarle, con l’altra mano mi forza il capo verso il suo cazzo che sto segando con rapidità.

Mi avvicina il volto sempre più, fino a quando, sporgendo il bacino, me lo infila in bocca.
Succhio, lecco, risucchio la cappella mentre la mano non smette di segarlo e l’altra, lasciando cadere in terra il perizoma, si aggiunge massaggiandogli le palle.
Succhio, lecco e sego ancora più forte quando con le dita mi strizza forte i capezzoli.
Ma poi, sul culmine, aggrappandosi al capo, mi spinge la testa a se mentre il suo bacino mi viene incontro.
Spinge, spinge, fino a farmi mancare il fiato, con la sua cappella che spinge contro la mia gola.
Spinge, spinge, esce quasi completamente e con una spinta secca rientra facendomi diventare paonazza.
Urla e mentre io sto iniziando a vedere nero, si scarica direttamente nella mia gola.
Ingoio in cerca di aria, ingoio in cerca di salvezza e quando finalmente si stacca da me, torno a respirare con la bocca ora piena del suo sperma.
Mi lascia qualche secondo riprendere fiato e porgendomi il cazzo, mi obbliga a ripulirglielo con la lingua.

Attende che mi rivesta e indossi nuovamente il perizoma completamente fradicio. Non mi chiede nemmeno se voglia godere anche io ed una volta sistemati entrambi, mi consente di tornare alla riunione.

Giunti negli uffici, mentre io mi posiziono sulla porta in attesa di altri ordini, l’uomo si dirige rapidamente dal traduttore riferendogli qualcosa. Quest’ultimo parte a sua volta in direzione del direttore, il quale, fissandomi mentre ascolta cos’ha da riferirgli, si mette a sorridere per poi volgersi verso il dirigente e dargli un segno di conferma con il capo.
Questo giro di sguardi termina quando tutti e tre si fissano sulla mia figura procurando tra le mie gambe un misto di vibrazioni ed emozioni che non so spiegare.
Pochi attimi e sempre il dirigente, con passo svelto raggiunge un’altra persona tra gli ospiti e dopo aver accennato qualcosa all’orecchio, anche quest’ultimo mi fissa sorridendo.

Ancora pochi minuti di questo lungo imbarazzo ed infine vengo congedata.
Torno alla mia scrivania riprendendo le mie faccende.
Per tutto il resto della mattinata non vengo più chiamata mentre sento evidente una certa tensione nelle discussioni dall’altra parte della porta.
Discutono a lungo, ormai siamo in pausa pranzo, eppure nessuno esce ed io non osando prendere iniziative rimango a lavorare nel mio ufficio.
Solo verso le 14,30 circa, dalla porta sbuca la testa del direttore.
Vedendomi ancora al lavoro accosta la porta e si avvicina alla scrivania.
– Rimasta anche durante la pausa pranzo? – domanda
– Si signore, sono rimasta a disposizione – rispondo fermandomi da cosa stavo facendo.
– Molto brava ma credo che la riunione durerà ancora molto. – fa una pausa in cui si appoggia alla mia scrivania e prosegue – Inizi a cambiarsi ma per andare via attenda. Mi farò vivo a breve – conclude per tornare in riunione.

L’uomo mi lascia giusto il tempo di cambiarmi, di indossare il mio perizoma, il reggiseno ed il miniabito scollato ma con le maniche lunghe. Tutti capi di colore nero, come le infradito, ed eccolo che ricompare dalla porta e con lui, il terzo uomo, l’ultimo con cui il dirigente ha bisbigliato qualcosa all’orecchio.

Pensavo mi sarebbe stato ordinato di portarlo in bagno per eseguire un altro servizio di bocca ed invece, quest’ultimo mi viene incontro mentre il direttore rimane fermo ad osservare la scena dalla porta che ora ha chiuso alle sue spalle.
Appena mi raggiunge, con fare rude ed autoritario, mi rigira e mi sbatte letteralmente a novanta sulla mia scrivania.
Mi alza con forza il vestito, fino a metà schiena, scoprendo così il mio culo in cui si perde il sottile filo del perizoma.
Con un dito, scorre nel solco tra le chiappe, dividendole ed assaporando quanto siano soffici.
Subito dopo vengo rigirata con forza.
Il vestitino sale ancora, fino a scoprire le tette coperte solo più dal reggiseno.
L’uomo dopo avermi allargato le gambe, si posiziona tra esse e mentre una mano si infila nelle mutandine, con l’altra si infila nella coppa destra del reggiseno.
Sono bastate poche palpate alla tetta, poche passate tra le grandi labbra e quando il clitoride e il capezzolo sono stati stritolati contemporaneamente, chiudendo gli occhi e stringendo i denti, con voce strozzata dal dolore misto all’eccitazione, ho solo saputo dire un flebile :
– Ti prego . –

– Ti prego cosa ? – domanda il direttore che scruta la scena da non so quando, seduto alla sedia della mia scrivania.
– La prego signore. – supplico ancora
– Cosa ? – domanda innervosito mentre l’uomo tra le mie gambe non smette di torturarmi.
– Scopatemi vi prego – mi esce quasi spontaneo, quasi fossero le mie ultime volontà.

Dalla mia posizione vedo un certo gesticolare da parte del direttore verso l’altro uomo e poco dopo, sento i calzoni aprirsi, rumore della cintura e poi tutto che cade in terra.
Il perizoma mi viene scostato e pochi attimi dopo, qualcosa di caldo e umido si presenta contro le labbra della mia passera.
L’uomo tra le mie gambe sorride e senza preavviso, senza preparazione alcuna, inizia a spingere in me.
Il dolore è stato forte, tanto che ho dovuto stringere i denti e chiudere gli occhi per non urlare, eppure, con tutta la voglia repressa, con tutta l’eccitazione accumulata e tutti gli umori che mi inzuppavano costantemente, la dura e grossa asta è entrata per più di metà in me con un solo colpo.
Non contento esce completamente da me, si riappoggia tra le mie labbra e ridacchiando sotto il mio sguardo quasi terrorizzato, spinge raddoppiando la forza con cui mi penetra.
Questa volta un mezzo urletto scappa dalla mia bocca mentre le palle dell’uomo colpiscono le mie chiappe ed il suo bacino va a contatto con il mio.
Con le braccia raggiunge le mie gambe e le alza fino a portarle a contatto con il seno.
In questa posizione, la mia passera è completamente esposta ai suoi prepotenti affondi.
Il direttore ride mentre io, in preda al terrore misto all’eccitazione, vengo preparata come fossi un manichino da quell’uomo piantato dentro di me.
Tenendomi alte le gambe, dopo averle appoggiate sulle sue spalle, con le mani raggiunge le mie e dopo essersi aggrappato, inizia ad entrare ed uscire da me.
Sempre più veloce, sempre più forte, sempre più profondo, sempre più violento.
Il mio corpo, la scrivania, le mie tette, tutto inizia a vibrare con forza sotto i suoi prepotenti affondi che mi smorzano il respiro.
Quasi non me ne accorgo per tale violenza, ma in breve vengo, spruzzando un fiume di umori tra i nostri corpi.
L’uomo non si ferma, mi sbatte, mi fotte, mi sbatte ancora più forte ed io vengo ancora.
Mi sbatte, mi sbatte, mi sbatte e quando sto per venire l’ennesima volta, si stacca da me trascinandomi a terra in ginocchio.
Di fronte al volto ho il suo cazzo pulsante, quasi violaceo, duro e totalmente ricoperto di umori che mi sembra un invitante gelato.
Non serve che me lo ordini e come un lampo lo prendo in bocca iniziando a pomparlo.
Sono bastati una dozzina di secondi e come un fiume in piena, mi riversa tutta la sua voglia direttamente in bocca.
Ancora intenta a ripulire il cazzo da ogni residuo, estrae il cellulare ed inizia a scattare innumerevoli foto che mi ritraggono in ginocchio con le tette di fuori ed il suo cazzo nella mia bocca.
Concluso l’ennesimo supplizio, si allontana da me, si riveste e torna alla riunione come se niente fosse, senza nemmeno salutarmi o degnarmi di sguardo alcuno.

Imbambolata, scombussolata, stremata, sono ancora ferma, in ginocchio e con un piccolo rivolo di sperma che cola dal lato della bocca.
Il direttore notando l’assenza di reazioni, mi risveglia ordinandomi ad alta voce di rivestirmi e tornare a casa.
– Si signor direttore. Ora vado – affermo alzandomi da terra e riassestando il mio vestiario.
– Si ricordi che questa sera alle 18.30 verrà a casa sua il mio amico per accompagnarla in palestra – mi ricorda prima di tornare frettolosamente in riunione.

 

 

Mentre sono ancora sotto la doccia, sento il campanello suonare.
Sono solo le 16.15 quando l’amico del direttore si presenta alla porta di casa mia.
– Tempismo perfetto – afferma, quando aprendogli la porta, mi trova in accappatoio con i capelli gocciolanti.
Con un semplice strattone e la porta di casa ancora spalancata, l’accappatoio mi viene strappato di dosso mostrandomi nuda e bagnata di fronte l’uomo.
Con il suo solito borsone nero in una mano e il mio accappatoio nell’altra, senza la minima esitazione, mi spinge costringendomi ad indietreggiare mentre con un calcio chiude la porta d’ingresso.
– Il tuo padrone mi ha raccomandato di allenarti con cura. – afferma spingendomi verso la camera da letto.
Una volta giunti di fronte il mio letto, con uno spintone mi fa volare sul materasso e dopo aver posato il borsone in terra, lo apre, iniziando a frugare all’interno.
Poco dopo aver iniziato la ricerca, mi lancia la scatola dei preservativi comprati in farmacia qualche giorno fa. Ci vuole ancora qualche attimo e dopo aver estratto un fallo di buone dimensioni, mi lancia anche quest’ultimo.
– Muoviti a preparare quel bel cazzone e pensa che sia il mio – ordina con arroganza
Con l’agitazione che cresce in me, apro la scatola di preservativi, ne estraggo uno e nel giro di pochi secondi dopo averlo srotolato sul fallo finto, lo consegno all’uomo.
– A pecora! Muoviti! Voglio che ti allarghi le chiappe e sporgi bene il culo – ordina deciso, facendomi arrossire per l’ennesima volta.
Mi posiziono quindi come richiesto e allargando le chiappe con entrambe le mani, sporgo bene il culo verso l’uomo alle mie spalle.
Nel giro di pochi attimi, senza alcuna esitazione, ne preparazione, quel fallo si presenta contro il mio ano.

Spinge.
Spinge senza attendere ed in pochi attimi inizia ad allargare le mie carni.
Un urlo soffocato dal cucino in cui affondo la faccia, poche altre spinte decise e con un acuto bruciore, il fallo entra interamente nel mio culo. Una piccola parte, piatta e più larga, rimane fuori, come a voler dire che dentro di me c’è qualcosa di più.
– Ti lamenti troppo. – sbuffa mollandomi un sonoro e doloroso sculaccione.
– Alzati – ordina subito dopo.
Eseguo ed una volta di fronte l’uomo, con le mani prende possesso delle mie tette stringendole in una dolorosa morsa.

Sorride.
Sorride ancora di più, quando la mia faccia cambia espressione mentre ruota i polsi fino a torcere entrambi i seni sotto i miei lamenti.
– Bella, giovane e anche troia – conclude scoppiando a ridere per poi staccarsi subito da me.
Sgattando nel borsone, estrae un paio di shorts in cotone bianchi, una felpa a maniche lunghe rosa e un reggiseno a fascia grigio.
– Indossali che poi usciamo – ordina buttandomi i vestiti in faccia.
Una volta vestita, mi ordina di indossare un paio di fantasmini bianchi e le mie scarpe da ginnastica.
Recupero quindi la borsetta e mentre mi avvio alla porta d’ingresso dove mi aspetta l’uomo, prendo in mano i laccetti degli shorts per stringerli.
Nel momento in cui, dopo averli tirati, faccio per legarli, l’uomo ridendo mi ferma.

Scuote la testa avvicinandosi a me dopo aver posato il borsone in terra, raggiunge i miei shorts e con diversi strattoni sui fianchi, li allarga nuovamente e non contento, ridendo, li abbassa fino a quando tra la felpa ed il bordo dell’indumento rimangono 3 dita di pelle nuda.
Devo essere un provocante spettacolo per gli occhi degli sconosciuti che mi incontreranno. Sicuramente, ancor più provocante sarà lo spacco tra le natiche che fa capolino con prepotenza dal bordo del tessuto.
– Ora va meglio – decreta soddisfatto recuperando il borsone e aprendo la porta di casa.

Per tutto il tragitto fino all’ascensore, non smette un secondo di fissare il mio modo goffo di camminare a causa di quell’affare nel sedere.
Appena le porte automatiche si chiudono ed iniziamo a scendere, con prepotenza e modi bruschi, mi volta di spalle, sbatte a terra il borsone e con uno strattone agli shorts mi scopre il culo.
Una mano agguanta la mia testa e dopo avermi spinto con il volto contro il vetro della piccola cabina, una serie interminabile di dolorosi sculaccioni si abbatte su entrambe le chiappe e talvolta, colpendo la parte esterna del plug, mi fa letteralmente urlare.
Mentre le porte dell’ascensore si riaprono, l’uomo è già pronto ad uscire mentre io sono ancora rivolta verso lo specchio, con le chiappe nude ormai rosse e gli occhi carichi di lacrime.
– Muoviti troia, almeno non pensi più a cos’hai nel culo quando cammini – ordina uscendo dall’ascensore.
Priva ormai di ogni dignità, mi giro e con il cuore in gola lo seguo.
Mentre esco dall’ascensore sistemando gli shorts, dalle scale che portano in cantina noto una persona.
Chi vedo non è altro che il figlio della mia vicina, del mio stesso piano, con la bocca aperta e gli occhi pallati. Sono certa che abbia visto nitidamente il mio culo nudo e rossastro che veniva ricoperto con quei semplici shorts bianchi.
Nel panico misto all’imbarazzo, faccio finta di non vederlo e quasi di corsa raggiungo l’uomo che mi precede con il grosso borsone giungendo così in pochi attimi fuori dall’edificio.
Camminiamo diversi minuti prima di raggiungere la sua auto ed una volta all’interno, in un silenzio quasi surreale, il motore si accende e partiamo in direzione della palestra.

Giunti a destinazione, mi mostra rapidamente la palestra, piena di persone che anche se di ogni età e forma fisica, mentre sono intenti a fare gli esercizi si voltano a guardarmi mentre passo.
Contrariamente a quanto immaginato, mi porta in una stanza dedicata, priva di altri clienti e attrezzata con tutto quello di cui avrò bisogno.
– Togliti la felpa e possiamo iniziare – ordina posando il borsone in terra ed appoggiandosi ad una scrivania posta in un angolo della stanza si accende una sigaretta.
Eseguo l’ordine e dopo aver lasciato cadere in terra la felpa, inizio subito.

L’uomo, non smette un secondo di fissarmi con bramosia mentre le mie forme si muovono al ritmo degli esercizi provocandogli una notevole erezione malcelata dai pantaloni che indossa.
Dopo circa due ore estenuanti, con la pelle lucida dal sudore, il fallo che non smette di farsi sentire nel culo e tra le mie chiappe che ormai dolgono per i continui sfregamenti, finalmente mi concede riposo.
Mi lascio letteralmente cadere su una piccola poltroncina posta a pochi passi da lui che non smette un secondo di fissarmi e impugnata una bottiglietta d’acqua, mi disseto rilassandomi e chiudendo gli occhi qualche attimo.
Quando li riapro, lo trovo di fronte a me con il cazzo in mano e masturbandosi mi fissa senza ritegno le tette.
– In ginocchio sulla poltrona, culo in fuori e appoggia i gomiti sullo schienale. – l’ordine non ammette repliche ed io eseguo mentre lo sento avvicinarsi ulteriormente.
Il tempo di posizionarmi come richiesto e i miei shorts vengono subito abbassati scoprendo le mie intimità per l’ennesima volta.
Il plug nel culo viene subito impugnato e senza attendere oltre, inizia ad estrarlo sotto i miei lamenti. Quando finalmente vengo “stappata” sotto i miei urli, mi sembra di avere una caverna al posto del culo che quasi, sembra non voglia richiudersi.

Finita anche questa prova, dopo essermi seduta nuovamente sulla poltrona, mi viene portato il cazzo alla bocca e non ho altro da fare che imboccarlo e succhiare fino a quando si scarica facendomi bere fino all’ultima goccia.

– Rivestiti che ti porto a casa – ordina con il fiato corto, mentre si sta rivestendo anche lui.
Mentre siamo in auto, sul tragitto di ritorno, sento sempre più forte il bruciore al culo, ma ancora più forte è la voglia ed il calore che emana la mia passera insoddisfatta.
Raggiunta casa infine, si ferma di fronte il portone in seconda fila e sbloccando le portiere mi invita a scendere dall’auto.
– Ci vediamo in palestra puttanella – conclude prima di ripartire sgommando.

Sconvolta e stravolta, sotto lo sguardo dei passanti che guardano tutti il mio fondoschiena, ci impiego diversi minuti prima di trovare le chiavi nella borsetta.

Proprio mentre sto aprendo il portone, mi raggiunge il figlio della vicina. Quello che poco prima aveva visto il mio culo nudo e martoriato.
In pochi istanti divento nuovamente rossa come un peperone, lo saluto frettolosamente quando entra con me ed infine cerco di sorridere ancora salendo con lui in ascensore.
Mi posiziono in un angolo della cabina e mentre vorrei sparire per la vergogna, l’ascensore inizia a salire.
Nessuno accenna a parlare, l’imbarazzo è palpabile da entrambi i presenti e quando finalmente le porte si aprono, mi lascia gentilmente uscire per prima, sicuramente per vedere meglio il mio culo.
Un saluto frettoloso e mi fiondo nel mio appartamento.

Vorrei masturbarmi. Soprattutto mentre sono sotto la doccia e ancora mentre sto cucinando.
Quando finalmente mi butto a letto con il buco posteriore ancora arrossato, grazie alla stanchezza accumulata però, crollo nel sonno, risvegliandomi solo la mattina al suono della sveglia.

 

 

Oggi sono arrivata a lavoro con un leggero anticipo ed entrata nel mio ufficio, noto qualcosa di diverso.
Al posto del solito sacchetto, sulla scrivania trovo una scatola regalo, infiocchettata e con una busta bianca posta su di essa.
Curiosa apro subito la busta ed all’interno trovo un bigliettino :
<< Con gli omaggi dei nostri futuri clienti, in vista dell'accettazione del contratto triennale di collaborazione >>
Scarto il pacco ed all’interno, sopra un paio di sandali bianchi con un tacco notevole, trovo un bikini arancione, di cui il pezzo di sotto è composto da un sottile filo quasi interdentale ed uno striminzito triangolino sulla parte davanti.
In un misto di eccitazione e imbarazzo, mi cambio rapidamente e ponendomi di fronte lo specchio del bagno, indosso i miei occhiali. Guardandomi meglio mi stupisco addirittura di quanto mi stia eccitando a stare in quella tenuta assurda, con i seni stretti e coperti solo da due triangoli che coprono ben poco e quella mutandina di cui risalta maggiormente il filo che percorre i miei fianchi rispetto quello che “mal cela” di me.
Mi lego i capelli dietro la nuca e subito dopo raggiungo la mia scrivania iniziando a lavorare con un sorriso perverso stampato sulle labbra.

Passano poco meno di 10 minuti e il direttore mi chiama nel suo ufficio.
– Buongiorno Signor direttore, cosa desidera? – domando entrando nel suo ufficio con una disinvoltura che non è da me.
– Niente signorina. Desideravo vedere cosa ti hanno regalato i nostri futuri clienti. –
Sorrido.
Senza che me lo chieda, faccio una lenta piroetta mostrandomi per intero e tornata faccia a faccia lo trovo soddisfatto.
Mi concede di tornare al mio lavoro ma anche questa volta, dopo poco, suona il telefono e dall’altra parte annunciano che i clienti sono arrivati.

Rapidamente e con quei due striminziti pezzi di stoffa addosso, vado ad attendere i signori di fronte l’ascensore.
Con il cuore in gola, quando le porte automatiche si aprono, tutti i presenti sembrano ipnotizzati dalla mia presenza.
Mandando giù il groppo, cerco con disinvoltura di dare il benvenuto e subito dopo, iniziando a sculettare li invito a seguirmi in direzione.
Giunti nel mio ufficio, con una notevole tensione nell’aria, busso alla porta del direttore e aprendo la porta annuncio che i signori sono arrivati.
L’uomo si alza sorridente dalla sua poltrona e mi invita a farli entrare.
Rivolgendomi verso i presenti, annuncio che il direttore li aspetta e li faccio accomodare.
Uno alla volta entrano tutti salutandomi con cortesia, ma proprio l’ultimo, con un sorriso perfido stampato in viso, è quello che mi ha scopata il giorno precedente e mentre mi passa accanto, infila una mano nelle mutandine e senza la minima esitazione, mi penetra lasciandomi a bocca aperta.
Ritrae subito la mano e succhiandosi le dita che mi hanno appena profanata, sorride per poi entrare anche lui chiudendo così la fila.

Torno nuovamente al mio lavoro con una voglia sempre più viva tra le gambe, tanto che il piccolo triangolino è sempre più umido.
Lavoro ben poco, più volte stringo le cosce cercando di placare le voglie e senza quasi accorgermene dopo nemmeno un’ora vengo nuovamente chiamata dal direttore.
Quando giungo nell’ufficio, sono tutti rivolti con lo sguardo verso la porta, come se mi attendessero.
– Signorina, recuperi i contratti in stampa e venga qui da me – ordina con tono professionale.
Mi congedo quindi raggiungendo la stampante nel mio ufficio.
Recupero tutti i contratti leggendo che tutto sia corretto ma quando sto per dirigermi verso l’altro ufficio, dalla stampante esce un altro foglio.

Torno a recuperarlo, ma quando lo leggo, arrossisco vistosamente.
<< Dopo avermi portato i contratti voglio che ti mettiti a quattro zampe sulla mia scrivania sporgendo bene il culo >>
Posato il foglio sulla stampante, quasi tremando, mi dirigo verso l’altro ufficio.

Cercando di recuperare un pizzico di sicurezza mi dirigo verso l’uomo e consegnati i contratti, dopo aver dato un leggero colpo di tosse per attrarre l’attenzione dei presenti, eseguo l’ordine.

Salgo a quattro zampe sulla lussuosa scrivania e posando i gomiti sul piano freddo, sporgo bene il culo, mostrando tutti e due i buchi, divisi solo più da quel sottile filo interdentale.

Dopo una breve discussione in cui il traduttore esegue con difficoltà il proprio lavoro, mi viene ordinato di consegnare il contratto al dirigente della società e infilandomi una penna in bocca, il direttore mi costringe a gattonare fino dall’uomo posto all’altro capo della grande scrivania.
Sorridente attende il mio arrivo e presi i documenti dalle mie mani e la penna dalla mia bocca mi ringrazia con una carezza sul viso.
Cerco di sorridere mentre mi guarda le tette senza ritegno e quando finalmente firma il contratto, mi sento più sollevata.
Con la penna in bocca e gattonando nuovamente sulla grossa scrivania, riconsegno il contratto al direttore.
– Molto bene signorina. Scenda pure. – ordina sorridente
Eseguito l’ordine e rimanendo affianco al direttore, vedo che finalmente l’aria tesa che regnava, inizia a svanire iniziando anzi ad apparire un discreto sorriso sui visi dei presenti.
– Bene per festeggiare questo avvenimento, possiamo brindare. – afferma il direttore prima di rivolgersi a me
– Signorina, prenda lo champagne ed il ghiaccio dal mio frigorifero – ordina sorridendo
Eseguo l’ennesimo ordine, portando rapidamente il secchio pieno di ghiaccio contenente la costosa bottiglia di marca e subito dopo recupero i bicchieri per distribuirli a tutti i presenti.
Mi viene ordinato di versare il pregiato champagne nei calici e sorridendo eseguo anche quest’ordine piegandomi per ogni persona, tanto da mostrare ancora una volta i miei buchi ai presenti.
Concluso il giro, torno affianco al direttore con la bottiglia in mano non ancora vuota.

La cosa non passa inosservata al dirigente che alzandosi mi raggiunge.
Chiede permesso al direttore il quale ovviamente non fa storie e dopo aver brindato contro la bottiglia che tengo in mano, mi incita a berne il contenuto intero.
Sorrido e senza altra scelta inizio ad ingurgitare l’equivalente di quello che hanno bevuto la metà dei presenti.
Quando finalmente la bottiglia è vuota, un applauso collettivo riempie la stanza. Sorridente, ringrazio per poi andare a riporre la bottiglia nell’immondizia e tornare dal dirigente che non ha smesso un secondo di fissarmi.
I presenti tornano a parlare tra di loro, mentre l’uomo al mio fianco continua a fissarmi.
Passa qualche minuto in cui non so cosa fare e ad un tratto, sento le sue mani posarsi sulle mie chiappe nude.
Stringono, strizzano, perlustrano e poi salgono alle mie tette.
Con forza mi volta verso di se e dopo aver scostato il reggiseno, prende entrambi i capezzoli tra le dita.
Stinge mentre mi fissa negli occhi.
Stinge e torce mentre inizia a sorridere vedendo le mie smorfie di patimento.
Infine molla la presa e dopo aver rimesso a posto il reggiseno, mi fa cenno di andare.

Con un breve inchino mi congedo tornando nel mio ufficio.
Non riesco più a lavorare, nemmeno a pensare.
Sono avvolta nel turbine delle emozioni.

Non è passata nemmeno un’ora ed il direttore mi chiama nuovamente.
– Signorina, accompagni i nostri nuovi clienti all’uscita –
Sorridendo e annuendo con il capo, attendo che tutti siano usciti dall’ufficio per poi accompagnarli all’ascensore.
Sto per uscire anche io, quando il direttore mi raggiunge e trattenendomi per un braccio, si avvicina al mio orecchio.
– Tra 10 minuti ti voglio seduta sulla tua scrivania… – fa una pausa in cui mi fissa negli occhi e prosegue – ti voglio nuda … a cosce spalancate – conclude lasciandomi uscire.
Quando raggiungo gli uomini, sono tutti nel corridoio ad attendermi.
Con fare gentile li sorpasso per poi precederli fino all’ascensore dove uno dopo l’altro li saluto con una stretta di mano.
Ovviamente il dirigente, rimane ultimo della fila e mentre gli altri si sistemano all’interno della cabina, le sue mani raggiungono le mie tette e dopo una intensa palpata mi sorride e si aggiunge al gruppo.
Appena le porte automatiche si richiudono lasciandomi sola nel corridoio, quasi di corsa, torno verso il mio ufficio.
Slego il reggiseno e le mutandine lasciandole cadere in terra, mi siedo sulla scrivania, spalanco le cosce, slego i capelli che cadono gentili sulle spalle e sui miei seni, mi tolgo gli occhiali e alzando un piede, con una mano impugno il tacco del sandalo in attesa del mio direttore…
… o forse….

….del mio padrone.

Passano pochi minuti ed anche se infiniti per me, finalmente sento la porta aprirsi…
Sorrido carica di eccitazione e quando lo vedo nudo dalla vita in giù, un rivolo di umori scende inesorabile dalla mia passera andando a formare una piccola chiazza sulla scrivania.
Mentre si avvicina, tra le game svetta alto, duro, lungo e bello, il suo cazzo già quasi completamente scappellato per l’eccitazione.
Mi fissa con bramosia, a bocca socchiusa come per poter respirare maggiormente.
Sorrido e lasciando la presa dal tacco del sandalo, la gamba si distende lasciando libera visuale della mia passera umida e carica di umori.

Come una scintilla, quella mossa lo ha risvegliato ed in pochi attimi prende possesso delle mie cosce, allargandole il più possibile e portando il mio bacino quasi a contatto con il suo.
Subito dopo prende possesso delle mie tette, stringendole e strizzando tra le dita i capezzoli.
Con la bocca si avvicina al mio orecchio e sottovoce, mentre appoggia il cazzo sulla mia pancia, ordina deciso :
– Ficcatelo nella passera. Muoviti –

Come se non aspettassi altro, con le mani raggiungo il suo arnese e spingendolo verso il basso, lo porto tra le mie calde e umide labbra della passera.
Appena la cappella passando carezza il mio clitoride, sospiro rumorosamente.
Quasi a voler godere di più, me lo passo su e giù lungo tutta la passera e poi, puntandolo sull’entrata, con voce rotta dall’eccitazione esprimo il mio desiderio :
– La prego padrone. Mi scopi. – dico con una lacrima di eccitazione che solca il mio viso

Con una sola ed energica spinta, mi è dentro fino alle palle facendomi urlare dal dolore misto all’eccitazione.

– Ti sfondo – dice sottovoce mordendomi poi il collo.

 

 

Come annunciato, alle parole seguono una decina di affondi che con violenza e senza sosta mi sconquassano.

Subito dopo, mi sbatte di schiena sulla scrivania e stando sopra, inizia a fottermi con forza mentre con la bocca si concentra sulle mie tette, sui capezzoli, sul collo, sulle orecchie, con le labbra, con la lingua, con i denti, senza mai smettere di farmi sentire il suo cazzo che trapana la passera.

Dopo parecchio tempo, mi fa scendere dalla scrivania, mi volta di schiena, mi piega a novanta e spingendomi nuovamente contro la scrivania, mi penetra da dietro in un sol colpo, tornando a fottermi senza pietà.
Senza fermarsi un secondo, con le mani stringe le chiappe, me le sculaccia, mi prende per i capelli con una mano, mentre con l’altra mi strizza una tetta e poi, dopo aver mollato i capelli e aver intriso il pollice negli umori che mi colano dalla passera, lo spinge con forza nel culo facendomi urlare ancora.

In quel preciso istante, vengo.

Vengo come una fontana e quasi per volontà propria, la mia bocca si mette a parlare.
– La prego padrone. Le giuro che sarò per sempre la sua puttana. Farò tutto quello che vuole. Sarò la sua schiava. Ma la prego, mi scopi più forte. –
Mentre si accorcia il respiro dell’uomo e gli affondi sono sempre più forti e dolorosi, con il pollice inizia a muoversi dentro e fuori il mio culo.
In nemmeno due minuti, vengo nuovamente, urlando ancora una volta la mia devozione verso di lui e poi, dopo una specie di grugnito, l’uomo si stacca sbattendomi in terra posizionando il cazzo di fronte il mio volto.
Apro la bocca, tiro fuori la lingua e appena lo imbocco, gli spruzzi escono uno dopo l’altro riempiendo completamente la bocca.
Appena concludo di ingoiare il suo seme, ripulendolo da ogni residuo, l’uomo si appoggia alla mia scrivania e carezzandomi il capo, sorride.
– Bravissima Signorina. – afferma per poi dirigersi verso il suo ufficio.
– Ha la giornata libera, può tornare a casa quando vuole – afferma per poi chiudere la porta.

Non mi aspettavo che non rispondesse alle mie suppliche.

Non mi aspettavo che si comportasse in questo modo.
Rimango imbambolata diversi minuti prima di riuscire a riprendermi.
Mi alzo, non mi vesto nemmeno e raggiunta la porta dell’ufficio del direttore, busso.

– Signor direttore … – dico solo, mostrandomi dalla porta ancora nuda.
– Signorina. Qualcosa non va ? – domanda fissandomi
– Padrone. Posso avvicinarmi a lei? – domando arrossendo
Sorride senza smettere di fissarmi
– Vieni. – ordina serio.
A testa bassa raggiungo la sua scrivania, ci giro attorno ed a poco meno di un metro da lui, mi inginocchio mentre la passera torna a fremere carica di eccitazione.
– Padrone. Volevo sapere se desidera usarmi ancora… o vuole che me ne vada? – prendo un respiro profondo e con gli occhi carichi di eccitazione allargo le cosce
– Signorina. Le ho detto che può andare. – ordina quasi scocciato tornando a leggere i documenti sulla sua scrivania.

 

In un misto di delusione e tristezza, torno nel mio ufficio e sistemate le mie cose, mi rivesto e me ne torno a casa con l’eccitazione ormai scemata.

Per non rifletterci troppo e riuscire a distrarmi, passo il pomeriggio con qualche mia amica, girando per la città e solo nel tardo pomeriggio torno a casa, mangio cena e dopo una veloce doccia, mi butto subito a letto.

 

Buttando tutto nel dimenticatoio, la mattina seguente, torno a lavoro come se niente fosse successo, ma sulla mia scrivania, al posto del sacchetto contenente i miei indumenti, trovo solo una lettera.
<< Sarò assente fino a venerdì quindi nessun cambio di vestiario fino ad allora. Per qualunque problema personale o lavorativo, contattami sul mio numero privato. Ps. In quanto venerdì ci sarà da fare dello straordinario, ho parlato con il mio amico della palestra, che si è reso disponibile per esaurire le ore settimanali quest'oggi. Alle 13 in punto ti aspetterà fuori dagli uffici.>>

Il solo pensiero di non vedere il direttore fino a venerdì mi agita. Ancora di più però, mi agita il fatto che oggi starò a stretto contatto con il suo amico per una doppia lezione di palestra, quindi doppio tempo, doppio sforzo e vorrà pure il doppio compenso?

Nemmeno a farlo apposta le 12.45 arrivano in un baleno.
Il tempo di sistemare le mie cose, riordinare la scrivania e quando esco sono le 13 in punto.

Nel grande parcheggio dell’azienda riconosco subito l’auto dell’uomo e con passo svelto la raggiungo.
Apro lo sportello, lo saluto ed una volta seduta, nemmeno il tempo di richiudere la portiera e l’auto riparte.
– Per questo mese è l’ultimo giorno che ci vediamo. Ogni rinnovo della palestra comprende una settimana con me per conoscere i nuovi esercizi ed eseguirli correttamente. Le restanti tre settimane saranno di sola ripetizione individuale. – spiega, mentre noto che la strada appena imboccata ci sta portando in piena periferia.

– Gli esercizi per questo mese ormai li conosci – afferma quando ormai la città è alle nostre spalle.
– Domani devo calcolare la tariffa del mese prossimo da presentare al tuo direttore. Quindi stavo pensando che oggi potrei calcolare lo sconto da applicare se tu sei d’accordo. – afferma ridacchiando e portando una mano sulla mia coscia.
A differenza del mio padrone di cui ho piena fiducia, quest’uomo mi incute un certo timore, quasi mi fa paura e tra le gambe la sensazione che provo è un contrasto tra eccitazione e tensione che mi fanno andare e venire la voglia, come se avessi il singhiozzo.

Non potendo però sottrarmi a questa richiesta, affermo ripetutamente con il capo mantenendo il silenzio.
– Molto bene – afferma sorridente prima di spostare la mano dalla mia coscia alla scollatura del top.
Senza attendere oltre, si infila tra i miei seni ed avvolto uno nella mano, lo estrae dai vestiti. Poco dopo, anche l’altro subisce la stessa sorte mentre l’auto continua a viaggiare.
Ad un certo punto, svolta per una strada sterrata, viaggia ancora qualche minuto e giunti in una piccola zona boschiva, ci fermiamo di fronte un grosso cancello grigio.
– Vai ad aprire – ordina porgendomi una chiave.
Non oso ricoprirmi il seno e scendo per eseguire l’ordine.
Attendo che varchi la soglia e dopo aver richiuso il cancello, torno in auto.
Percorriamo un lunghissimo viale alberato ed al fondo, di fronte un cortile ghiaioso posso ammirare una grande casa a disposta su tre piani.
Mi ordina di scendere, ma chiusi gli sportelli, al posto di entrare in casa, prendendomi per un braccio,portando con se il suo immancabile borsone, mi trascina sul retro e proseguendo lungo uno stretto sentiero, saliamo fino alla cima di una collina rocciosa priva di alberi.
Di fronte a noi, un panorama invidiabile, composto solo da colline incontaminate dall’uomo, il solo rumore del vento e degli animali rompe questo splendido silenzio.
– Ti voglio fare qualche foto in mutandine…Muoviti a spogliarti se non vuoi che ti strappo di dosso quegli stracci. – ordina con arroganza.
E così, mentre ancora mi sto spogliando, ha tirato fuori dal borsone una macchina fotografica professionale iniziando a scattare una miriade di foto.
Mi ferma quando ormai sono in fantasmini e mutandine e rivolta a lui di spalle intenta a guardare il paesaggio, dopo avermi infilato meglio il soffice tessuto tra le chiappe con le sue grosse dita, scatta ancora innumerevoli foto.
Mi fa posizionare in mille modi, molti osceni, altri erotici, altri solo provocanti ed infine, mi ordina di mettermi completamente a nudo.
– Siediti…. – quasi sussurra dopo aver atteso che avessi posato gli ultimi stracci in terra
– Spalanca le cosce e con le mani apriti la figa – ordina in preda all’eccitazione ormai in evidenza tramite il tessuto dei suoi pantaloni.
Scatta innumerevoli foto in cui mi ordina di sorridere e dopo aver posato la fotocamera, mi raggiunge prendendo subito possesso delle tette.
– Sembri nata per provocare gli uomini…. e per farti scopare – afferma spostando una mano tra le gambe fino a raggiungere il sesso che tengo ancora spalancato.
Prende possesso del clitoride strizzandolo tra le dita e facendomi gemere rumorosamente. Passano pochi attimi e passa a penetrarmi entrando e uscendo ripetutamente, quasi con foga mentre la mia bocca si apre in cerca di ossigeno.
Sono bagnata fradicia e lo sciaquettio che si sente durante questo frenetico ditalino, mi convince che tra poco potrei già venire.
Come se mi leggesse nel pensiero però, l’uomo smette di darmi piacere e raggiungendo il suo borsone, estrae diversi sacchetti.
Ancora intenta a riprendere fiato, si avvicina nuovamente.
– Puoi smettere di tenerti aperta la figa e anzi, mettiti a pecora – ordina ridacchiando

Eseguo l’ordine rimanendo in attesa con entrambi i buchi in vista.
Mi viene lanciata una scatola di preservativi a pochi centimetri dalla mano destra e mentre lui si siede di fronte a me sulla stessa roccia, mi ordina di prenderne due.
Eseguo anche questo ordine e dopo aver scartato il primo, mi presenta di fornte gli occhi un vibratore sagomato come un vero cazzo ma lungo almeno 25 centimetri e molto piu largo di qualunque altro abbia mai preso in vita mia.
Quasi spaventata, srotolo sopra il preservativo, tastandone con le mani la consistenza di tale arnese.
Appena terminato il mio compito, mi viene sottratto dalle mani ed al suo posto, mi viene consegnato un plug, notevolmente più grosso dell’ultimo che ho preso nel culetto.
Srotolato anche su questo il preservativo, lo consegno e l’uomo si reca subito alle mie spalle.
Come al solito non attende e sento la presenza dei due falli su entrambi i buchi.
Inizia a spingerli contemporaneamente, non si ferma nemmeno quando mi lamento, nemmeno quando lo supplico di fare piano e dopo essersi ritratto di pochi centimetri, spinge con più forza, infilandomeli tutti e due fino alla base.
Non mi lascia nemmeno il tempo di riprendermi, di respirare regolarmente o di riprendere colorito sul viso e strattonandomi per i capelli, mi fa alzare.
Raccoglie i miei abiti, li butta tutti nel borsone a parte le scarpe che mi fa reindossare.

Dopo avermi legato una corda ai polsi posti dietro la schiena, prendendomi per i capelli, mi fa piegare in avanti e così mi trascina fino alla grande casa fermandosi di tanto in tanto per poter spingere nella passera il lungo fallo che tenta di uscire.

In pochi minuti ci troviamo in una grande sala e ponendomi di fronte una poltrona in pelle, mi ordina di inginocchiarmi a gambe larghe.

Mi rendo conto di quanto in quella posizione, stia mostrando i miei buchi oscenamente pieni e quando l’uomo ricompare davanti a me nudo dalla vita in giu, ho un sussulto.
Il cazzo è già duro, la cappella lucida dagli umori riflette la luce che proviene dalla finestra e quando si siede allargando le gambe, noto quanto le palle siano cariche, appoggiate sulla pelle della poltrona.
Con una mano raggiunge la mia passera e dopo aver spinto per l’ennesima volta il fallo in profondità, lo accende iniziando a vibrare intensamente in me.
Mentre ride, la stessa mano raggiunge i miei capelli ed in pochi attimi mi trovo trascinata con il volto sul suo cazzo.
Poco dopo aver preso in bocca la sua cappella, sento la tv accendersi ed il rumore inconfondibile che proviene dagli altoparlanti, mi convince che abbia iniziato a guardare un filmato porno.
Pompo a lungo, alternando succhiate a leccate cercando di infilarmi l’asta più in profondità possibile, fino quasi a farmi venire i conati di vomito.
Mantenendo una mano sul mio capo, con l’altra stuzzica incessantemente il capezzolo della tetta sinistra e solo dopo aver intuito che la donna del filmato sta ricevendo una tripla razione di cazzo in ogni suo buco, l’uomo inizia ad agitarsi, ad irrigidirsi e poco dopo si scarica con 6 densi spruzzi nella mia bocca.
– Bevi tutto – ordina mentre viene senza pietà.
Con il cazzo che si sta ancora ammosciando si alza obbligando anche me tirandomi per un seno stretto nella sua mano.
Non spegne nemmeno il vibratore e dopo avermi portato nella camera da letto, mi slega i polsi e mi ordina di coricarmi supina.
– Braccia e gambe larghe – ordina mentre prende una lunga corda da un cassetto.
Una volta eseguito, mi lega polsi e caviglie ai 4 angoli del letto e strizzandomi ancora una volta le tette mi annuncia :
– Quando sarò riposato ti vengo a scopare –

Sorridendo raggiunge il vibratore con una mano.
– Non stancarti troppo – dice ridendo per poi aumentare l’intensità della vibrazione.
Nel giro di pochi secondi, inizio a contorcermi, cerco inutilmente di chiudere le gambe bloccate dalle corde, cerco di respirare più a fondo e più mi rendo conto di essere totalmente impotente e più sembra che quegli affari tra le gambe diventino sempre più invadenti.
L’uomo ride ancora e visto il mio affanno ed i lamenti che iniziano ad uscire dalla mia bocca, per accentuare il suo dominio su di me, prende dal borsone un lungo pezzo di stoffa e dopo avermi alzato il capo e ordinato di aprire la bocca lo avvolge con diversi giri imbavagliandomi.
Il risultato sembra piacergli e dopo un forte pizzicotto sul capezzolo sinistro, senza proferir parola, si allontana lasciando la camera.
Mordo la stoffa che ho tra i denti mentre mi risulta sempre piu faticoso deglutire.
La bava inizia a colare lungo una guancia appena ruoto la testa in cerca di distrazione da tutte queste sensazioni che mi sconvolgono tra le gambe.

 

 

 

I minuti passano inesorabili e mentre l’eccitazione sale, dalla porta non giunge ancora nessuno.
Il primo orgasmo arriva dopo dieci minuti.
Il secondo, mentre mi sto contorcendo arriva dopo altri 5 minuti.
Quasi in uno stato delirante, nei 30 minuti successivi, gli orgasmi si susseguono senza sosta e quando ormai ho gli occhi sgorganti lacrime carichi di emozioni e con il fiato corto, la mia passera è in uno stato di sensibilità mai provato.

Finalmente compare dalla porta l’uomo la cui sola presenza sembra consolarmi, sicura che ora la tortura finirà.
Con passo svelto mi raggiunge, si posiziona in ginocchio tra le mie cosce ed impugnato il vibratore, lo estrae senza esitazione, facendomi urlare per lo svuotamento repentino.
Stessa sorte tocca al plug nel culo ma questa volta urlo per il dolore.
– Quanta tenerezza mi fai. Legata, indifesa, spaventata e guarda quanto sei eccitata. – afferma portando una mano alla mia passera
– Tutta bagnata. Chissà quante volte sei venuta – dice ridendo mentre inserisce tre dita in profondità senza alcun problema.

Prende quindi in mano il vibratore ancora acceso e scuotendomelo di fronte i miei occhi, sorride e domanda :
– Sai cosa ci facciamo con questo ? –
Con la testa faccio cenno di no mentre quell’affare scompare dalla mia vista.
– Ora te ne accorgerai – afferma iniziando a ridere
In breve quella cosa vibrante fa capolino tra le mie chiappe, allargandole fino ad arrivare a contatto con l’ano.
Mi spavento soprattutto per quanto è grosso rispetto il plug appena usato, ma quando inizia a spingere per entrare, chiudo gli occhi e trattenendo il respiro attendo l’affondo.
Non devo attendere più di qualche secondo prima che l’uomo diventi realmente il mio carnefice quando con una spinta energica quasi mi sfonda il culo spingendo quell’affare vibrante tutto dentro.
Il dolore lancinante mi fa mancare il fiato ed al posto di urlare, tutti i muscoli del mio corpo si contraggono fino a farmi male.
L’uomo ride ed estraendolo per più della metà, riaffonda facendomi ora urlare con forza.

Attende alcuni minuti in cui cerco di riprendere fiato e colorito della pelle, dato lo sforzo che mi ha resa rossa come un peperone e poi si alza per spogliarsi.
Quando torna tra le mie cosce, ora nudo e con il cazzo già eretto, la vibrazione che invade il mio culo inizia a procurarmi una sensazione mai provata prima.
Con la solita irruenza, posizionandosi su di me, appena la cappella viene a contatto con la mia passera, con un colpo secco affonda fino alle palle, facendomi lamentare ancora.
Non mi da tregua e fin da subito mi fotte con forza e costanza.
Mi sbava sul volto, mi lecca le labbra divise dal bavaglio, mi morde le orecchie e il collo e prendendo possesso delle tette con entrambe le mani, cambia ritmo della scopata iniziando ad assestarmi profondi e violenti affondi.
Ride, suda, inizia ad avere il respiro affannato dalla lunga scopata e poi fermandosi esce da me per potermi slegare le caviglie e portarle in alto sopra le sue spalle.
Affonda ancora in me e trattenendomi per le cosce, stando ora in ginocchio mi alza il bacino fino a contatto con il suo e squotendomi come un manichino, aumenta la violenza dei suoi affondi.
Vengo, con forza e lamentandomi attraverso il bavaglio stringo il cazzo in me aumentando esponenzialmente la sua eccitazione.
Pochi attimi dopo si stacca nuovamente da me e sbattendomi le gambe sul letto sale sul petto, si siede sulle mie tette e slegandomi il bavaglio infila il suo cazzo duro direttamente in gola facendomi mancare il respiro.
Urla e quasi scopandomi la gola mentre i conati di vomito iniziano ad essere insopportabili, viene in me obbligandomi così a deglutire per non soffocare.
Finalmente sazio, si stacca da me lasciandomi finalmente riprendere fiato.
Con la solita rudezza, mi toglie il vibratore dal culo e con un forte schiaffo sulla tetta sinistra esce dalla stanza.

Dopo una mezzora circa, finalmente ricompare mentre mi sto per addormentare.
Si è fatto la doccia ed in accappatoio mi libera dalle corde.
Mi getta addosso un paio di shorts in jeans a vita bassa e una corta canotta bianca.
– Muoviti a vestirti – ordina raccogliendo i miei vestiti e mettendoli in un sacchetto si allontana nuovamente.
Quando torna ha in mano un paio di infradito che mi consegna dopo aver ordinato di alzarmi.
– Te ne puoi tornare a casa – dice porgendomi il sacchetto con all’inteno le mie cose
– Per punirti di tutte le volte che la tua passera è venuta, farai autostop – mi ordina accompagnandomi verso l’uscita
Quando esco da quella casa ed inizio a camminare lungo la strada sterrata, è ormai tardi, fuori è buio ed il fresco inizia ad essere abbastanza pungente.
Puzzo di sudore, di sesso e la mia bocca sa ancora di sborra.

Non ho quasi il tempo di raggiungere la strada asfaltata ed un’auto, notando di sfuggita la mia presenza, rallenta bruscamente, si ferma e innestata la retromarcia torna di fronte a me.

Il finestrino del passeggiero si abbassa e un uomo grosso e barbuto fissandomi mi chiama:
– Ragazzina. Vieni qui. Facci vedere quelle belle tette. Quanto vuoi per fare tutto con noi due? –
Sono terrorizzata, sono tentata di scappare quando però, alle mie spalle sopraggiunge un’auto, fermandosi proprio affianco a me.
Il finestrino si apre mentre l’uomo continua a chiamarmi con appellativi sempre più vogari.
Dall’abitacolo della macchina appena giunta, la figura che noto mi è familiare.
– Vuoi farti scopare da quei due o preferisci salire e ti porto io a casa? – domanda quello che ora riconosco essere l’amico del mio padrone. Quello che fino a pochi attimi fa aveva il suo cazzo piantato nella mia passera.
Senza nemmeno rispondere salgo subito in auto e chiudendo la portiera, noto che l’auto di fronte a noi si rimette in marcia, scomparendo dalla nostra vista.
– Ti sei spaventata vero? – domanda ridendo di gusto.
– Ti porto a casa io, ma guardarti mentre eri nel panico è stato fantastico – conclude partendo con l’auto.

Il giovedì passa con monotonia, quasi con noia.
Nessuna chiamata, poche pratiche da sbrigare e alle 14.50 ho già finito tutto.
Decido di chiamare il direttore per sapere cosa fare.
– Pronto. Mi scusi ma io ho terminato tutte le mansioni che mi ha affidato. Posso fare altro per lei? –
Dall’altro capo del telefono, dopo qualche attimo di silenzio un semplice no completa la telefonata.
Passano pochi minuti in cui decido di riordinare e andare a casa quando ricevo un sms.
<< Non posso parlare liberamente in questo momento. Per oggi è tutto, sei libera di andare e domattina mi attenderai nel mio ufficio, in ginocchio di fronte la scrivania. Ti voglio scalza in jeans a vita bassa e top bianco.>>
Sorrido e mentre spengo le luci degli uffici, rispondo
<< Come desidera. A domani padrone >>

 

Prima di andare a dormire ho già preparato il vestiario per domani e dopo un’accurata doccia, con i capelli ancora bagnati mi butto nuda a letto.

La mattina arriva rapidamente e dopo essermi fiondata in auto, raggiungo il posto di lavoro.

Puntualissima, dopo aver lasciato i sandali sotto la mia scrivania, mi vado a posizionare nell’ufficio del mio padrone, in attesa del suo arrivo.
In ginocchio, mi siedo sui talloni e con il top corto una discreta porzione della mia schiena rimane nuda ed invitante agli occhi di chi entrerà dalla porta.

Passa diverso tempo prima di sentire finlamente la porta aprirsi.
Con il volto mi rivolgo verso la persona che a passo svelto mi sta raggiungendo e quando lo riconosco come il mio padrone, un sorriso smagliante mi compare sul volto.
– Sbottona i jeans – ordina attendendo che esegua.
Con mani tremanti raggiungo il bottone ed una volta aperto, abbasso completamente la zip rivelando così una piccola porzione della passera già umida per l’attesa.
– Metti le mani dietro la nuca e alzati in piedi – ordina con voce rotta dall’eccitazione
Quando eseguo anche quest’ordine e con fatica riesco ad alzarmi, i jeans scendono fino a scoprire interamente il culo e dopo pochi istanti, cadono alle caviglie.
Una sua mano si posa sulla chiappa destra e pochi istanti dopo, posando l’altra dietro il capo, mi spinge a novanta contro la scrivania fino a schiacciarmi il volto sulla fredda superficie.
La mano si sposta dal mio culo e raggiunge la passera, intinge le dita nei miei succhi e dopo pochi istanti, spinge tra le mie chiappe, raggiunge il buchino posteriore e senza esitazione sprofonda all’interno facendomi urlare.
– Direi che qui dietro sei come desidero – afferma allontanandosi per prendere posto sulla sua poltrona.
– Spogliati e indossa quello che trovi nella busta che ho posato sul divano – ordina iniziando a sfogliare alcuni documenti
Quando però raggiungo il divano, dopo essermi spogliata ed estratto il contenuto, rimango confusa.
– Bikini ? – domando sottovoce senza però realmente rivolgermi al mio padrone.
– Si – risponde secco – Hai qualche problema signorina? – domanda leggermente innervosito.
– No, mi scusi padrone. – rispondo agitata – Niente padrone – replico ancora senza avere il coraggio di girarmi a vedere il suo volto.
Estratti i due pezzi di stoffa, soffice, gialla e molto leggera, sotto un paio di infradito trovo un sacchetto contenente un leggerissimo abito di lino bianco abbinato a una sottilissima cintura in pelle nera.
– Wow – mi scappa nuovamente, incantata da quest’abito semplice ma splendido.
– Allora non sei poi così tanto contrariata – afferma senza togliere gli occhi dai documenti che sta visionando.

– Vestiti e inizia a lavorare signorina – ordina con un certo distacco che quasi mi rattrista.

 

 

Dopo alcune ore alla mia postazione di lavoro, quando mi sento chiamare, quasi arrossisco per l’inusuale richiesta.
– Signorina, vieni a mostrarmi il culo – ordina con tono serio
Con il cuore che batte nuovamente all’impazzata, quasi correndo mi fiondo nell’ufficio del padrone e cercando di riprendere un minimo di contegno lo raggiungo posizionandomi affianco alla sua poltrona. Mi giro quindi di spalle e piegandomi leggermente in avanti, sporgo il culo alzando il vestitino fino in vita. Ad abbassare le mutandine del bikini ci pensa lui ed allargando le chiappe, torna a martoriarmi il buchino posteriore con le sue dita.
Sputa diverse volte nel solco e raccogliendo la saliva con l’indice la spalma con cura per poi affondare con forza fino alle nocche.

Respiro con affanno mentre quel dito scava e si muove dentro di me.
In breve le dita diventano due, iniziando così ad allargarmi e procurarmi sempre più sensazioni.

Solo dopo svariati minuti esce e dopo avermi fatto girare, mi porge le dita umide.
– Succhiale – ordina per poi spingermele in bocca.
Questa è la prima volta che sento il sapore del mio culo e sinceramente non è stata una cosa molto piacevole. Però, tra le mie gambe, una perversa eccitazione sale inesorabile e sentendo sempre piu forte il mio sapore nella bocca, una voglia esagerata inizia a sgorgare.

– Bene puoi andare – annuncia spingendomi lontana.
Rimango interdetta, non me l’aspettavo e nuovamente rattristita e esageratamente eccitata, me ne torno alla mia postazione.

Verso le 11.45 vengo nuovamente chiamata
– Vai al bar qui vicino e prendi qualche tramezzino. Oggi mangiamo in ufficio – ordina senza staccare gli occhi dal suo computer.
– Come desidera. Padrone – affermo per poi congedarmi con un inchino.

Ci vuole circa mezzora prima che riesca a tornare in ufficio, il bar era pieno e solo la coda per ordinare è durata più di 15minuti.
– Eccomi signore – annuncio entrando nell’ufficio
Lui è sdraiato sul divano, intento a leggere qualcosa sul suo palmare e quando mi sente entrare, con un semplice gesto mi fa avvicinare.
– Non vorrei che ti si sporchi il vestito. Toglilo e poi siediti a terra – ordina senza distogliere lo sguardo dallo schermo.

Eseguito l’ordine, dopo essermi seduta sullo splendido tappeto persiano, apro il sacchetto contenente il nostro pranzo e con calma lo divido con l’uomo che non accenna a staccarsi dal palmare.
Pranziamo così, senza che nessuno parli o degni l’altro di sguardo alcuno.

Sono passati diversi minuti da quando abbiamo terminato il pranzo e solo ora mi degna di attenzione
– Il mio amico ha applicato uno sconto del 50 % per l’iscrizione in palestra del prossimo mese. –
Rimango in silenzio non sapendo cosa dire.
– Credo tu abbia raggiunto un buon margine, ma per il prossimo mese pretendo un aumento dello sconto –
Con il capo rispondo affermativamente rimanendo ancora una volta in silenzio.

 

– Vai a chiamare Federica e dille di raggiungerci – afferma con freddezza.

Silenziosamente mi alzo e quando faccio per recuperare il vestito, l’uomo mi ferma.

 

– Quello non ti serve, chiamala dalla mia scrivania e torna in ginocchio – ordina duramente.

Il mio volto diventa ancora una volta rosso fuoco e raggiungendo la scrivania dell’uomo, afferro la cornetta e composto il numero, attendo che qualcuno risponda dai piani inferiori.
– Ciao, mi passi Federica? – rispondo automaticamente.
– Ciao Fede, puoi salire un secondo dal direttore? Ti vuole. – affermo rapidamente.
Dall’altro capo del telefono, sento la ragazza agitarsi e dopo una frettolosa risposta affermativa, la chiamata viene interrotta.

Quando Federica giunge nell’ufficio, ha con se una macchina fotografica e rossa in volto, ci saluta attendendo sull’entrata dell’ufficio.

– Venga pure signorina. Sa già cosa fare – afferma il direttore senza distogliere gli occhi dal palmare.

Quello che segue, è un vero è proprio set fotografico, dove io sono al centro della scena.

Federica, trattandomi quasi come fossi un burattino, scatta innumerevoli foto, ordinandomi continuamente di cambiar posa.
Dal semplice stare in ginocchio, ho dovuto prima allargare le cosce, fare sguardi più provocanti, mettermi alla pecora, mettermi a novanta contro la scrivania del direttore e addirittura coricata supina su di essa.

– Può bastare. Ora potete passare al book di nudo – afferma volgendo pochi secondi lo sguardo verso Federica.
Arrossendo, la ragazza mi raggiunge per spogliarmi e posizionarmi quindi distesa supina con le cosce spalancate sul tappeto persiano.

 

– Signorina, la presenza di Federica la imbarazza? – domanda guardandomi.
Rapidamente affermo di si con il capo e di tutta risposta, l’uomo ride e ordina di proseguire con gli scatti.
– Signorina, questi scatti serviranno per i calendari da mandare ai nostri clienti esteri. Quindi mi sento in dovere di ricordarle di svolgere le sue mansioni con interesse e professionalità. – a questa affermazione, cado nel panico sapendo che tra pochi mesi sarò sulle scrivanie o nei ripostigli di chissà quante aziende.

– Bene Federica, ora mi consegni la macchina fotografica. – afferma alzandosi dal divano.

Rossa in volto e con mani tremanti, la ragazza consegna la macchina fotografica nelle mani del direttore.
– Noto con piacere che è vestita come richiesto, bene, si apra il bottone dei jeans e abbassi la zip, dopodichè si può mettere a pecorina sopra la sua collega. – ordina l’uomo con sguardo professionale, dal quale però trapela una leggera eccitazione per quello che sta ordinando.

La tenuta di Federica non sembra molto diversa dagli altri giorni. Essendo impiegata negli uffici del personale, non è richiesta una tenuta particolarmente decorosa, però, guardandola meglio ora noto qualcosa di diverso dal solito.

Oltre il suo vistoso rossore sulle guance, mentre si sta sbottonando i jeans, posso notare come dalla maglietta rosa scollata si possa notare le sue tette strizzate quasi esageratamente da un reggiseno pushup di colore bianco. Altrettanto notevoli sono i sandali neri dal tacco alto che si intravedono sotto i jeans a vita decisamente bassa che nel momento in cui vengono aperti del tutto, scivolando verso il basso mostrano un perizoma di pizzo di colore rosa.

L’uomo ci gira attorno scattando innumerevoli foto, mentre i nostri corpi sono a stretto contatto quanto i volti a pochi centimetri l’uno dall’altro. Entrambe notevolmente sconvolte riusciamo a sentire distintamente il rumore dei nostri respiri.

Dopo essersi fermato dietro a Federica, in pochi istanti la vedo sbiancare quando l’uomo le cala i jeans mostrando così per intero il suo fondoschiena.

Gli scatti proseguono e poi, con un altro ordine, la ragazza si posiziona seduta sul mio pube.
Dopo alcuni scatti, si avvicina nuovamente e questa volta, con le mani abbassa la scollatura della maglietta, fino a quando non porta il bordo sotto le coppe del reggiseno.
Scatta anche questa volta innumerevoli foto e poi, gli ordini iniziano ad essere un susseguirsi di emozioni sempre più forti, spezzate solamente dal rumore della macchina fotografica.
– Federica, stringa le tette della sua collega –
– Ora si tolga la maglietta –

Passando quindi a me, ordina :
– Signorina, stringa le tette di Federica da sopra quel reggiseno. Mi raccomando di usare una discreta forza, voglio che sembri che debbano esplodere da un momento all’altro –
– Ora sposti una sola mano nelle mutandine voglio che tocchi la sua collega –
Tornando quindi a Federica, ordina ancora :

– Metta anche lei una mano tra le cosce della sua collega –
– Bene ora si può togliere i jeans e si posizioni come se dovesse fare un bel 69 –

Quando la ragazza si posiziona su di me, l’odore che proviene dalle sue mutandine è inconfondibile quanto la leggera chiazza che si forma rapidamente su di esse.
Gli scatti si susseguono mentre entrambe siamo sempre più emozionate.
– Ora allarghi la vagina della sua collega –

All’ordine seguono le mani di Federica che in breve scendono tra le mie cosce e posizionate ai lati della passera allargano fino a mostrarla interamente all’obiettivo.

 

– Molto bene – afferma spostandosi dall’altro lato e preso possesso del perizoma della ragazza, lo abbassa mostrando così entrambi i buchi all’obiettivo che ancora una volta immortala questi attimi.

– Direi che abbiamo finito, potete rivestirvi e tornare alle vostre mansioni – afferma l’uomo lasciando la macchina fotografica sulla scrivania per poi uscire dagli uffici.

Entrambe rosse in volto, fatichiamo quasi a guardarci e silenziosamente, dopo esserci ricomposte, torniamo al lavoro riuscendo a lasciarci con un “ciao” quasi sussurrato.

 

L’uomo non si è più fatto vivo e giunta l’ora di chiusura, come al solito mi cambio e mi dirigo all’uscita un po delusa dalla sua inaspettata “fuga”.
Quando però esco dai cancelli, affianco la mia auto, trovo quella del direttore.
All’interno, oltre l’uomo vedo un’altra ragazza nei sedili posteriori e quando mi avvicino scopro essere Federica.
– Porti l’auto a casa. Noi la seguiremo. – ordina l’uomo avviando il motore.
Come ordinato, porto l’auto di fronte casa ed una volta parcheggiata, l’uomo mi fa cenno di salire a bordo della sua.
Seduta nel sedile anteriore, saluto ancora una volta Federica con imbarazzo.

 

 

L’uomo alla guida tentenna a partire continuando a guardare verso il mio palazzo.

– Signorina. Ma lei conosce quel ragazzo che la sta fissando da quando è scesa dalla sua auto?

Alla domanda del direttore, mi volto fino ad incrociare lo sguardo del figlio della mia vicina di casa.
In pochi istanti arrossisco vistosamente, immaginando l’ennesima scena provocante di me che entro in auto con quel top striminzito e i jeans che nel momento di sedermi avranno mostrato più del dovuto.

– Abita nel mio palazzo. Al mio stesso piano. È il figlio della mia vicina di casa. –
Rispondo imbarazzata mentre l’auto inizia a muoversi.

– Quanti anni ha ? – domanda il direttore.

– Sicuramente è maggiorenne, ha preso da poco l’auto. Ma non saprei quanti di preciso. – rispondo pensierosa.

– La prossima volta che lo incontra, dovrà chiedergli l’età . – ordina serio.

– Come desidera, signor direttore – rispondo già imbarazzata da cosa mi toccherà eseguire.

Dopo una decina di minuti di viaggio, l’auto rallenta, imbocca una piccola strada periferica e giunta in un grosso parcheggio, si ferma.

– Bene, siamo arrivati. – afferma invitandoci a scendere dall’auto.

Sono sicura che anche Federica immaginava che a questo punto avremmo dovuto fare nuovamente innumerevoli e imbarazzanti peripezie.

Invece, di fronte a noi, l’entrata di un ristorante ci ha colte alla sprovvista.

L’uomo pare cambiare improvvisamente.
Galante, gentile e sorridente sono solo alcune delle qualità dimostrate lungo la serata.

In un clima rilassato, felice e scherzoso, il direttore dedica a me e Federica una serata assolutamente fantastica.

Conclusa la cena, in un clima decisamente diverso da quello vissuto all’andata, vengo riportata a casa.

Tutto si conclude nel migliore dei modi. Nessun imbarazzo, nessun ordine impartito o altro.
Quasi come dei carissimi colleghi stretti da un legame di amicizia innegabile.

– Pazzesco – esclamo sorridente mentre entro in ascensore.

Le porte si stanno chiudendo quando una mano ne blocca la corsa.

– Ciao Enrico. – rispondo con il rossore che torna vivo sulle guance.

– Ciao – risponde il mio vicino di casa abbassando il capo.

Le porte si richiudono e l’ascensore inizia la salita mentre l’ordine del direttore mi ripiomba nitido in mente.

– Scusa Enrico, ma quanti anni hai? – domando senza quasi guardarlo.

– 19, perchè? – risponde guardandomi con curiosità.

– Niente, pensavo ne avessi di più – rispondo mentre al cellulare sto già scrivendo in un messaggio al direttore l’età di Enrico.

Enrico alza il sopracciglio, dubbioso riguardo questa insolita domanda e poi con gli occhi non riesce più a resistere e inizia a guardarmi morbosamente.

Il telefono vibra.
<< Il ragazzo è ancora con te ?>>

Rispondo con un semplice si.

<< Trova una scusa e portatelo in casa >>

Mentre impallidisco dopo aver letto questo messaggio, rispondo con un semplice ok.

– Senti, puoi venire un attimo a casa mia? Ti devo parlare un secondo. – domando nell’imbarazzo completo.

– A quest’ora? – fa una pausa guardandomi – Comunque nessun problema, certo che vengo – conclude con finta serietà.

Quando le porte dell’ascensore si aprono, il cuore mi batte a mille e mentre mi dirigo alla porta di casa, dietro di me Enrico, immagino non si perda nemmeno un secondo del mio fondo schiena mal celato.

 

Mentre apro la porta il cellulare vibra nuovamente.

Faccio entrare il ragazzo in casa e chiusa la porta alle nostre spalle leggo rapidamente il messaggio.

<< Convincilo a venire domani mattina a svegliarti alle 8.00. Mostragli la camera da letto e consegna a lui le chiavi di casa. >>

– Mi dovresti fare un favore gigantesco! – affermo facendomi seguire lungo il corridoio.
– Guarda, questa è la camera dove dormo. – continuo accendendo la luce della stanza, per mostrargli il letto.
– Ti lascio le chiavi di casa se domani mattina alle 8 in punto mi vieni a svegliare! – esclamo con un tono quasi di supplica porgendo al contempo le chiavi.

Silenzioso, Enrico prende dalle mie mani il mazzo e guardando dubbioso, risponde affermativamente con un semplice gesto del capo.

– Ti ringrazio! Scusa ma la sveglia non mi funziona più! – mento sorridendo

A questo punto riaccompagno Enrico all’entrata.
Ci salutiamo ed uscito di casa, mi chiude all’interno con due giri di chiave.

Riprendo immediatamente in mano il cellulare, pronta a scrivere al direttore, quando un suo messaggio già ricevuto, mi lascia a bocca aperta.

<< Sono sicuro tu sia riuscita a convincere il giovane vicino. Quando entrerà in camera dovrà trovarti in reggiseno e perizoma. Il lenzuolo gettalo in terra e dovrai fingere di dormire fino a quando non ti tocca. >>

La domanda mi sorge spontanea e rispondo così :

<< Ma se lui volesse di più dopo avermi vista? >>

Aspetto qualche minuto e la risposta mi fa letteralmente sbiancare

<< Fallo sborrare ma per ora non ti può ancora scopare >>

 

Cosa significa tutto ciò?
Dovevo essere una segretaria.
Dovevo fare un lavoro come mille altri.

Invece.

Dove sono finita?

Mi guardo mentre mi spoglio.
Guardo il pube, le gambe, le braccia ed il seno che si alza e abbassa al ritmo del mio respiro accelerato dalle emozioni.

Mi rendo conto che sto guardando qualcosa che ora non è mio. Qualcosa che ho concesso ad un altra persona e che ora ne ha il pieno possesso.

Per pochi istanti la mia mente sembra staccarsi dal mio corpo.
Due diverse entità.

La mia mente da una parte e il mio corpo di proprietà del direttore dall’altra.

Diavolo se mi eccita.

 

 

 

Mi giro e rigiro nel letto.

Non riesco proprio a dormire.

Il fatto che quel ragazzo, quasi mio coetaneo mi venga a svegliare tra poche ore mi mette l’ansia.

Forse se non fosse il mio vicino di casa, forse se non abitasse nel mio stesso palazzo, allora forse non sarei così agitata.
La madre di Enrico mi conosce bene e questo fa si che la mia agitazione si triplichi.

Mi giro e rigiro senza sosta, vestita con il solo intimo richiesto dal direttore. Quasi come fosse un modo per far decidere Enrico il prima possibile senza farmi star troppo sulle spine, ho optato per un reggiseno nero pushup molto semplice, mentre il perizoma di colore rosa è composto da un filo interdentale che scompare tra le chiappe e si ricongiunge sulla passera con un triangolino talmente piccolo che un minimo spostamento mostrerebbe subito quanto sono bagnata.

Quanto tempo starà a fissarmi prima di scuotermi per svegliarmi?
In che posizione sarà meglio farmi trovare? Supina? Su un lato?

Dio che nervoso!

Ormai giunte le 8 meno 10 minuti senza aver dormito nemmeno un minuto, con l’agitazione che mi sale nelle vene mi posiziono su un lato, dando la schiena alla porta della camera.

Chiudo gli occhi, lascio una braccio sotto il seno così da comprimerlo ancora di più nel caso voglia fare il giro del letto per vedermi meglio e poi aspetto.

La serratura scatta due volte e la porta si apre.

Si sentono i passi di qualcuno che entra e poi la porta viene richiusa molto lentamente, quasi da non sentire lo scatto della serratura.

Passi lenti accompagnati dal fruscio dei vestiti che indossa e dopo un tempo che sembra infinito, lo sento entrare in camera.

Un sospiro.
Due sospiri.

– Ehi – prova a dire senza molta convinzione.

– Ehi sei sveglia? – prova dire un po più forte.

– Ehii sono le otto! – prova a dire con lo stesso tono ma sempre senza esagerare.

Aspetta qualche istante e poi lo sento fare il giro del letto.

Immagino mi stia mangiando con gli occhi.

– Cazzo – esclama probabilmente guardandomi senza dover per una volta far attenzione a non essere beccato.

 

– Ehiii svegliaaa – prova ora con tono più forte.

Enrico ancora una volta passa dall’alta parte del letto, alle mie spalle.

Lo sento che continua a fissarmi senza sosta mangiandomi letteralmente con gli occhi e poi, finalmente mi tocca una spalla.
Dopo aver appoggiato la mano su di essa, lentamente inizia a scuotermi.

– Ehi!! Sveglia, sono le 8 !!! –

A questo punto faccio finta di svegliarmi.

Mi volto verso di lui aprendo gli occhi, mi stiracchio leggermente e sorridendo mi siedo sul letto.

– Grazie mille! Che dormita! – esclamo fingendo un tono di voce assonnato.

– Bene. Allora io vado! – esclama rosso in volto.

Senza dire altro mi butta le chiavi di casa sul letto per poi dirigersi frettolosamente alla porta d’entrata.

La serratura scatta e poco dopo, il colpo che segue quando viene richiusa segna la fine di questa nuova avventura.

Un respiro di sollievo e finalmente l’agitazione scompare.

Prendo in mano il telefono.

Un messaggio.

<< Ha sborrato? >>

Il direttore.

Rapidamente rispondo al messaggio :

<< No. Mi ha solo guardato a lungo prima di svegliarmi e poi se ne andato. >>

Passano pochi minuti e ancora una volta impallidisco leggendo gli ordini.

<< In questo caso ti dovrà venire a svegliare anche domani. Ore 9.30 e questa volta indosserai solamente una lunga maglietta. >>

Con dita tremanti rispondo senza aver altra scelta

<< Si signor direttore. >>

Mezzora più tardi, dopo essermi vestita per andare a correre, prima di scendere in strada busso alla porta dei vicini.

Pochi istanti e la porta scatta.

Enrico mi guarda arrossendo e dicendomi un tremante “Ciao”.

– Ciao, scusami se ti rompo ma potresti svegliarmi anche domani mattina? – domando mentre lo vedo spalancare gli occhi per la notizia.

– Prometto che lunedì mi compro una sveglia nuova. Potresti venire per le 9.30? – domando sorridendo a fatica sapendo come dovrò farmi trovare.

– S..ss.. si! Certo ! – risponde quasi riprendendosi dallo stato di stupore.

– Grazie! Sta sera passo a portarti le chiavi di casa allora! – esclamo prima di salutarlo per poi fiondarmi giù per le scale.

Corro, corro a perdifiato, fino a quando il sudore cola dalla fronte a tal punto da colarmi negli occhi offuscandomi la vista.

Continuo a ripetermi che non è possibile che mi stia veramente facendo fare la zoccola con il mio vicino di casa.

Fermo la corsa giunta in cima ad una piccola collina posta in mezzo i boschi.
Prendo fiato, guardo il panorama che mi circonda e dopo essermi seduta su un tronco abbattuto, estraggo dalla tasca il cellulare.

Tra le notifiche dei social network trovo una richiesta di amicizia.
Enrico, il mio vicino di casa.
Chiudendo gli occhi, premo sul tasto di conferma.

Rimetto il cellulare in tasca e come all’andata, corro a perdifiato fino davanti il portone di casa.

Di Enrico neanche l’ombra. Entro in casa, mi spoglio e prima di farmi una doccia ricontrollo il cellulare.

Quattro notifiche.
Enrico apprezza delle foto che ho pubblicato e andando a guardare quali sono, non mi stupisco più di tanto che abbia scelto solo quelle dove sono poco vestita.

Lascio il cellulare sul lavandino e scivolata sotto il getto dell’acqua, mi godo questi attimi di rilassante refrigerio.

Mentre sono intenta ad asciugarmi guardandomi allo specchio, penso al fatto che sta sera dovrei uscire con le mie amiche.
Ma come faccio sapendo cosa mi spetta l’indomani?

No. Non ci riesco.
Non me la sento proprio.

Scrivo un messaggio.
<< Ciao Mary. Sta sera non esco. Ci sentiamo in settimana. >>

Invio.

Poi penso….
Perchè non potrei scrivere così al mio direttore?

Tipo :

<< Ciao direttore. Non voglio che il mio vicino sborri davanti a me solo perchè sei tu che me lo ordini. >>

No…
Semplicemente per un solo motivo.

Se io non volessi, non avrei già indossato la maglietta più lunga che ho nell’armadio e sopratutto senza indossare nient’altro sotto giusto per vedere come sto guardandomi allo specchio.

Mangio pranzo svogliatamente.

Faccio zapping in tv senza sosta.

Giro per casa senza sapere cosa voglio fare.

Sono agitata e nonostante tutto una considerevole voglia si sprigiona con costanza tra le gambe.

Sono le 16.22 quando indosso un paio di shorts e vado a bussare alla mia vicina.

– Ciao, Enrico è in casa.

– In questo momento non è in casa , mi spiace. Ti posso aiutare io? – domanda sorridente la mia vicina.

– No grazie. Ma se per caso me lo puoi mandare da me quando torna, mi faresti una grossa cortesia. – rispondo celando il mio nervosismo.

– Certo. Nessun problema! – risponde con cortesia

Ci salutiamo.

Torno in casa.

 

Sbuffo continuando a camminare in corridoio fino a quando ricevo un messaggio.

Raggiungo il telefono quasi di corsa

<< Se anche domani non succede niente, prima che se ne vada gli offrirai un caffè senza cambiare vestiario. Da quello che succederà dipenderanno le tue sorti. Verrai punita o premiata per tutta la durata della prossima settimana. >>

– Cazzo !! – esclamo ad alta voce.

<< Come desidera, signor direttore >>

Invio il messaggio e lancio il telefono sul letto.

Pochi minuti dopo qualcuno bussa alla porta.

Guardo dallo spioncino e vedo Enrico.

Arrossisco, penso alle parole del direttore e guardandomi attorno mi convinco.

Con un solo gesto mi abbasso gli shorts alle caviglie, li lancio in sala e poi apro la porta.

– Ciao. Mi cercavi? – domanda mentre lo faccio entrare.

– Ciao !! Si, ti volevo dare le chiavi di casa perchè tanto questa sera non esco. – rispondo mentre i suoi occhi mi ispezionano da testa a piedi.

Scalza e con solo quella lunga maglietta addosso, immagino che anche sta volta devo fare un certo effetto.

 

– Ah si. Come vuoi. – dice come se si fosse risvegliato di colpo – Devo venire alle 9.30 giusto? – domanda ancora prendendo il mazzo di chiavi dalle mie mani.

– Si certo. Così poi vado a correre. – improvviso cercando di dare un senso alla mia richiesta.

– Si beh. Certo. – afferma mentre le guance iniziano a diventar rosse.

– Allora a domani. – esclama frettoloso uscendo di casa.

– A domani – rispondo sorridendo con un malcelato imbarazzo.

La porta viene chiusa e la serratura scatta due volte.

Mi siedo in terra appoggiandomi alla porta.

Chiudo gli occhi e respiro lentamente.

Ripenso al direttore.
Cosa significa che da questo dipenderanno premi o punizioni per la prossima settimana?

 

 

Prima di cena decido di farmi ancora una doccia per cercare in qualche modo di calmare i bollori.

Una volta uscita dal bagno accendo la tv.

Ceno con il cibo che quasi non mi va giù mentre del film non ho ascoltato ancora mezza parola.

Allontano la sedia dal tavolo e guardandomi con addosso solo quella maglietta lunga, mi danno di come sia risalita solo stando seduta. Il pube è in bella mostra e i capezzoli sembra debbano forare il tessuto da un momento all’altro per quanto sono duri.

Senza alzarmi da tavola, senza sparecchiare e scansando solo di poco i piatti sporchi, impugno il telecomando e faccio zapping fino a tarda notte.

Assonnata e agitata, quando guardo l’orologio sono le 2.10 del mattino.

– Forse ora riuscirò a dormire – mi ripeto più volte mentre vado in bagno e poi in camera da letto.

Mi lascio cadere sul letto a pancia in giù, affondando il volto tra due cuscini mentre sento distintamente la maglietta risalire oltre il livello vita.

Sbuffo, batto i pugni sul letto più volte e poi quasi di colpo, senza rendermene conto, mi addormento.

 

Sogni, forse incubi, nessun ricordo nitido. Sento caldo, mi rigiro continuamente nel letto e poi improvvisamente, sento una voce.

– Ehi! – esclama per poi sbuffare.

– Ehi! Sono le 9.30 – cerca di svegliarmi mentre ora fingo di dormire.

Sento la presenza di Enrico al fondo del letto, fermo e con respiro corto che prova a chiamarmi.

Sono coricata a pancia in giù per fortuna, ma appena mi rendo conto di sentire distintamente la maglietta arrotolata sotto il seno, mentre le gambe sono ampiamente divaricate, mi si gela il sangue nelle vene.

Questa volta lo sento prima appoggiarsi con una mano al materasso e poi con l’altra, dopo aver raggiunto il mio polpaccio, prova a scuotermi.

– Ehi sveglia!! – esclama con più voce.

Mi sveglio. Cioè, faccio finta di svegliarmi.

Obbligandomi a rimaner disinvolta, mi giro supina continuando a tenere gli occhi chiusi sicura che mi stia esaminando ogni millimetro quadrato del pube e poi, dopo aver aperto gli occhi, rivolgo lo sguardo verso di lui.

Rosso in volto, visibilmente sudato e con gli occhi sgranati, guarda come ipnotizzato la mia passera.

– Qui ci sono le chiavi. Ci vediamo. – esclama quasi scattando verso il corridoio dopo aver buttato il mazzo di chiavi tra le mie gambe.

Non so da dove prenda tutto questo self-control e non so nemmeno da dove abbia preso il fiato per dire quella corta frase.

Ma devo fermarlo!

– Ehi! Aspetta!! – quasi urlo mentre mi siedo sul letto riabbassando la maglietta.

Enrico si ferma di colpo e lentamente si gira verso di me.

– Aspetta. Non andartene subito. Lascia che ti preparo un caffè per sdebitarmi del favore. –

Mi rendo subito conto però, di aver pronunciato la frase con un tono quasi supplichevole. Direi assolutamente inappropriato per il ruolo che devo tenere.

Enrico fa semplicemente cenno di si con il capo.

Sorridendo mi alzo dal letto e dopo esserci passata affianco, mi dirigo in cucina con fare più assonnato possibile.

Giunti in cucina, lo invito a sedersi al tavolo. Accendo la tv, abbasso il volume in modo che non dia fastidio e poi presa la caffettiera, inizio a lavarla molto lentamente.

Sento che mi guarda.

Prendo il caffè dal ripiano più in alto, mi metto in punta di piedi e mi stiracchio il più possibile fino a quando sento la maglietta risalire fino a metà culo.
Di solito per prenderlo salgo su una sedia, ma oggi se non voglio esser punita devo fare di tutto per farmi desiderare.

Mi volto di sfuggita e vedo Enrico che non smette un secondo di fissarmi.

Anche per le tazzine, mi allungo il più possibile per prendere quelle del servizio più bello, posto nel ripiano più in alto.

– Tutto bene? Ti vedo strano questa mattina – sorrido posando le tazzine sul tavolo.

Non risponde.
Prendo lo zucchero dalla credenza e tornata al tavolo, insisto.

– Ehi? Tutto bene? Qualcosa non va? – domando avvicinandomi di più a lui.

Deglutisce a fatica mentre mi guarda con una certa agitazione.

Sorrido.

Diavolo come faccio a fargli prendere l’iniziativa?

Vorrei scaricare il nervoso con un urlo mentre mi giro sentendo il caffè salire nella caffettiera.

– S.. Si.. tutto bene. Scusa ero sovrappensiero – riesce finalmente a dire quando non sente più il mio sguardo che lo ispeziona.

– Pensavo non stessi bene – rispondo tornando con la caffettiera in mano.

Lentamente verso il caffè fumante in entrambe le tazzine sorridendo più volte in direzione di Enrico. Posata quindi la caffettiera torno al tavolo, mi siedo comoda e alzando una gamba, la faccio passare sotto il mio culo per poi sedermici sopra.

Se solo Enrico guardasse sotto il tavolo, vedrebbe quanto mi eccita questa situazione assurda in cui sono stata proiettata.

Ma lui niente, rosso in volto beve il caffè guardandomi di tanto in tanto i capezzoli che non hanno ancora accennato a smettere di cercare di forare la maglietta.

Non posso far stronzate con il mio vicino di casa, non posso improvvisare più di tanto e con il terrore che ne esca un caso nazionale, mi ritrovo a non saper più come invogliarlo a provarci con me.

Davvero non so più come fare, gli chiedo se mi aspetta mentre mi cambio, così da uscire di casa assieme.

Stranamente accetta.

Giunta in camera mi tolgo rapidamente la maglietta e rimanendo nuda, senza rivestirmi penso a cosa fare.

Dalla cucina non giungono rumori e non potendo star troppo a lungo in camera, inizio a indossare un perizoma comodo da poter usare per correre.
Prendo quindi dall’armadio un top sportivo che funge anche da reggiseno e un paio di shorts comodi quanto provocanti.

Sto per indossare la parte sotto, quando dalla cucina, sento il mio telefono squillare.
Improvvisamente mi fermo.
Devo sfruttare questa occasione.

– Scusa, potresti portarmi il telefono? – domando a voce alta.

– Arrivo. – è l’unica parola che esce dalla bocca di Enrico mentre sento una sedia muoversi in cucina.

Con studiata lentezza mi posiziono di spalle, impugno la maglietta e inizio ad indossarla di modo che quando entrerà dalla porta, mi troverà ancora con il solo perizoma addosso.

Per fortuna le cose vanno come spero.
Di sfuggita deve aver sicuramente visto uno dei miei capezzoli prima che lo coprissi con la maglietta.
Senza remore mi volto verso di lui.

Paonazzo in volto mi porge il cellulare.
Sorridendo lo ringrazio e preso in mano, rispondo rimanendo in bella mostra di fronte a lui.

– Si ? – rispondo.

– Buon giorno signorina. – rispondono dall’altro capo.

– Oh Signor direttore. Buongiorno, mi dica tutto – rispondo sorridendo e facendo l’occhiolino a Enrico che non smette di guardarmi le mutandine.

– Allora abbiamo eseguito gli ordini? – domanda leggermente spazientito.

– Ci sto ancora lavorando purtroppo – replico leggermente preoccupata.

– Veda di soddisfare le mie richieste o dovrò punirla – risponde prima di troncare la chiamata.

Sorrido a Enrico.

– Qualcosa non va ? – mi domanda con un notevole affaticamento nel tono di voce.

– Nulla di chè. Il mio capo è molto esigente – rispondo sorridendo prima di voltarmi per indossare gli shorts.

Con studiata lentezza, faccio risalire il tessuto elasticizzato fino a quando non copre ogni mia grazia.

Quando però mi volto, Enrico è sudato, rosso in volto e con gli occhi quasi chiusi stringe con forza il cavallo dei pantaloni.

Subito non capisco, ma quando una chiazza umida si inizia a formare rapidamente in corrispondenza del suo cazzo. Capisco di essere riuscita a farlo venire.

– Allora non sei un freddo robot. Finalmente mi fai capire che ti piaccio – esclamo soddisfatta guardandolo in volto.

Enrico spalanca gli occhi agitato, si guarda intorno e poi scappa con furia nel corridoio. Non chiude nemmeno la porta di casa mia e senza dire mezza parola si chiude rapidamente nella sua.

<< Signor direttore, sono riuscita a concludere il compito assegnato >>

Invio fiera di me il messaggio.

Pochi istanti ed il telefono squilla.
– Facciamo progressi finalmente! Le ha sborrato in faccia o sul corpo? – domanda rapidamente.

– No signor direttore, in realtà è venuto nei pantaloni – rispondo senza esitazione.

– Quindi è stato un caso. É venuto solo perchè l’ha provocato talmente tanto che non ha più resistito e non perchè le ha mostrato il cazzo con la sicurezza che lei avrebbe apprezzato tale gesto ! – esclama con nervosismo.

– Penso di si, Signor Direttore – rispondo ora con meno sicurezza.

– Per la prossima settimana si prepari ad una punizione esemplare – conclude chiudendo la chiamata.

– Ma perchè?????? – urlo ora con voce sbattendo i pugni sul muro.

Esco, sbatto la porta e corro.

Corro senza sosta.

Corro a perdifiato.

Corro senza meta con una voglia tra le gambe che mi darebbe la forza di saltare addosso a chiunque pur di soddisfarmi.

 

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