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Erotici Racconti

Fame di quel gioco

By 28 Luglio 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Io ho osservato in parecchie occasioni, che esaminare fissando con lo sguardo le onde del mare, abbattersi una dopo l’altra sull’arenile, mi comunica, m’infonde e mi trasmette in ultimo molta calma. Io ho bisogno di distensione, di pace interiore e del silenzio dei sensi, dal momento che tu li hai sconvolti, portando con essi una folata di follia, di forza, di grinta e in ultimo di tenerezza.

La mia era una vita metodica e ordinata, con la casa, con gli impegni, con la famiglia e con il lavoro, sì certo, qualche distrazione, qualche svago innocente e semplice tra l’uno e l’altro, qualche sogno coinvolgente e pure intrigante nella mente, però nulla di più. Poi quello sguardo intenso nella metropolitana, un giorno che avevo dimenticato il mio libro, uno sguardo che mi è penetrato nel sangue, insinuandosi nel cervello e nei sogni. Non è servito molto tempo, prima che ascoltassi la tua appassionata voce, raccontarmi quante volte m’avevi guardato mentre pensierosa leggevo i miei libri, mentre tu ricordavi i titoli di molti. Tu m’intrigasti i sensi, giocasti con le mie fragilità rendendole dolci, trattandole come dei gioielli preziosi, a ripensarci oggi quante colazioni fatte assieme da allora, quanti sorrisi e quanti messaggi che ci siamo scambiati con il cellulare. Una parte della mia mente parlava di non fare sciocchezze, di non ingarbugliare né di sconvolgere una vita positiva e soddisfacente per il capriccio d’un minuto, io malgrado ciò non l’ho ascoltata, perché riuscivo a sentire solamente la tua voce, le tue parole, i tuoi sguardi che m’accarezzavano la pelle.

Le onde attualmente continuano il loro moto perpetuo scivolando veloci sull’arenile, lasciandola bagnata e intrisa di mare, giacché mi ricordano le ore appena passate. Una missione di lavoro lontano per poter dormire fuori casa senza problemi. Un lavoro inesistente, momenti passati invece a fare l’amore con te, chiusi in quella stanza dove le finestre sono rivolte su questa spiaggia. Il tuo sorriso all’aeroporto, i baci non più nascosti, le mani che si cercavano, la pelle che aveva voglia d’altra pelle e la corsa in macchina verso la tua casa al mare e poi i giochi. Entrambi non avevamo mai fatto l’amore né avevamo parlato tra un bacio e l’altro rubato, tuttavia farlo con te è stata tutta un’autentica scoperta, dato che sono entrata donna nella tua casa e in quest’istante mi sento di nuovo ragazza.

Tu m’hai spogliato dolcemente, guardandomi negli occhi, rassicurando le mie paure di un corpo non certo da modella con i tuoi baci e i tuoi sorrisi, in seguito ti sei spogliato per me canticchiando le note di ‘Nove settimane e mezzo’, chiedendomi se somigliavi a Kim Basinger strappandomi un sorriso e anche un sì, che mi è valso peraltro un focoso bacio. Tu m’hai eccitato a suon di carezze, di baci leggeri disegnati in punta con le dita sulla mia schiena, poi la tua proposta di giocare in maniera diversa, di lasciarmi andare a te e di farmi bendare. Il sangue in quell’occasione scorreva già infuocato dentro di me, i tuoi occhi mi trasmettevano un mondo di sensazioni che da troppo avevo scordato. In quel frangente io mi sono lasciata bendare e guidare da te, malgrado ciò tu non ti sei limitato a bendarmi, poiché m’hai chiesto di fidarmi ancora di più e di lasciarmi legare le mani, mentre un senso d’apprensione e di paura si è rapidamente impadronito della mia persona essendo già bendata.

Io t’ho offerto i polsi, o per meglio dire li ho tesi davanti a me uniti, aspettando che tu li prendessi e li legassi assieme, in seguito li hai portati dietro la mia schiena immobilizzandomeli senza stringerli troppo in modo tale che io non potessi servirmene in alcun modo. Poi m’hai fatto poggiare accanto a un tavolo e hai iniziato a giocare con il mio corpo, infine con la mia schiena disegnando con la lingua il contorno delle mie braccia legate, lasciando una striscia di fuoco incendiandomi la mente. Appresso hai continuato con le mie gambe torturandomi di carezze troppo vicine al centro della mia femminilità, senza mai però avvicinarti abbastanza, poi con il mio collo, con le mie labbra, con dei morsi e con dei baci che hanno ampliato la mia voglia facendomi iniziare a chiederti di farmi tua. Per te sennonché era troppo presto, perché io t’ho immaginato sorridere da dietro la benda mentre mi dicevi:

‘No piccola mia, ancora un poco, perché voglio goderti come mai nessun’altro ha mai fatto prima d’ora’.

Successivamente m’hai fatto rialzare dal tavolo e hai iniziato a giocare con i miei seni, tu eri seduto sul bordo del letto, così m’hai collocato davanti a te e ci hai giocato a lungo torturandomeli con i denti e strappandomi gemiti di disapprovazione e di dissenso. A dire il vero non m’hai mai procurato un vero dolore, andandoci però così vicino da farmi tremare, non so se d’eccitazione oppure di paura. Il tempo si dilatava dentro di me facendomi pensare che fossero passate tante ore, mentre tu continuavi a giocare con i miei seni, le tue mani si sono intrufolate nella mia femminilità andando a sfiorare il clitoride, strappandomi gemiti di chiara e di pura eccitazione. Io t’ho pregato di nuovo di liberarmi dal desiderio e di nuovo m’hai detto che era troppo presto. Hai giocato così con me sui due fronti, insinuando le tue dita e sussurrandomi quanto sentirmi così calda e bagnata ti facesse sentire un uomo virile! Mi sentivo adesso esattamente come sull’arenile, con quelle ondate di piacere che mi lasciavano ogni volta più bagnata, più desiderosa della prossima onda. M’hai fatto stendere sul letto, sciogliendo le mie braccia e dandomi il tempo necessario per portarle sopra la mia testa e rilegandole subito dopo, credo alla spalliera del letto. Stavolta hai legato anche le mie caviglie, ma non tra di loro.

In seguito m’hai divaricato le gambe fissandole, costringendomi a esporre la mia fica che altro non voleva che incontrare il tuo cazzo. Dopo m’hai tolto la benda, affinché io potessi vedere che cosa mettevi in atto, perché io t’ho visto osservarmi a lungo la fica disadorna e depilata come tu m’avevi chiesto che fosse, in seguito hai allargato le mie labbra e giocandoci hai soffiato sulla mia fica per farmi sentire il tuo fiato su di me. Hai iniziato a giocare con la lingua su di essa, portandomi verso orizzonti remoti, facendo sì che io perdessi ogni cognizione di me, desiderosa solamente che il piacere arrivasse a liberarmi rinfrancandomi dalla tortura che le tue labbra infliggevano al mio essere, malgrado ciò ti fermavi nondimeno sempre un attimo prima e mi sussurravi:

‘Non ancora piccola, rilassa ogni muscolo, respira profondamente’.

Appresso accarezzavi parti del mio corpo diverse fino a farmi tornare a un respiro accettabile e ricominciavi, perché con le mani aiutavi la lingua, con la lingua sostituivi le mani, io ritornavo a essere immediatamente sull’orlo del piacere, e di nuovo ti fermavi. Quando finalmente ti sei saziato di questo gioco m’hai bendato nuovamente, io ho iniziato a protestare quasi per gioco, poi di nuovo la tua risata furbastra e sorniona assieme alle tue parole che annunciavano:

‘Se resisto io, puoi resistere lottando anche tu’.

Tu hai continuato a parlarmi con la voce roca riferendomi di quanto ti piacesse giocare svagandoti in tal modo, di quanto fosse magnifico e piacevole prolungare il piacere e mentre parlavi ti sentivo attraversare la stanza. Io cercavo di capire che cosa facevi, ma è durato un attimo, poi ti sei steso accanto a me e sfiorando il mio seno con le dita m’hai chiesto: 

‘Ti fidi di me?’. Tu mi hai ribadito dall’eccitazione che ti fidavi completamente.

‘Allora vado avanti. Ecco, sì così, lasciati andare, lascia che io ti porti oltre ogni immaginazione, oltre ogni miraggio. Non fermarmi proprio adesso piccola mia’.

Con le dita m’hai allargato le grandi e le piccole labbra della vagina, mentre io ho sentito un’entità fredda scivolare in me senza opporre alcuna resistenza né dissentire. Mi sono irrigidita per un attimo chiedendoti che cosa facevi esattamente, nel momento in cui le tue labbra a pochi millimetri dalle mie sussurravano:

‘Sogna piccola, lasciati andare’.

Un secondo tu dopo soffocavi ogni mia protesta con un bacio intenso e passionale, mentre l’oggetto che m’avevi inserito dentro iniziava a vibrare ad alta velocità. La mia mente per un attimo ha avuto un moto di di pura insofferenza, di netta ribellione, perché non m’aspettavo questo, giacché non contemplavo includendo certi giochi nella normalità, quasi come se fossero la formula e il simbolo d’una mania e d’una perversione tale che non potevo né accettare né approvare.

Io captavo spiccatamente la tua mano muovere quell’oggetto, che ancora oggigiorno non riesco a intitolare con il suo nome, intanto che la tua lingua faceva tacere la mia. Io ero completamente in tua balia, le tue dita che m’incendiavano mi fecero dimenticare di nuovo ogni cosa, totalmente tutto. Esisteva solamente la tua lingua intrecciata con la mia e quel calore nel centro del mio essere che mi rendeva argilla nelle tue mani, tenuto conto che tu hai continuato a penetrarmi così, sempre più velocemente e sempre più a fondo. Hai giocato così con me fino a portarmi veramente molto in alto, in seguito ancora non sazio ti sei messo sopra di me e hai avvicinato il tuo cazzo alle mie labbra, mettendoti al contempo in modo da poter usare le tue sulla mia fica. Io ho iniziato a baciarti e a morderti così, con il tuo cazzo eccitato che inondava la mia bocca beatamente di sperma e la tua lingua che abilmente mi vessava mordendo e succhiando il clitoride.

Io mi sono sentita esplodere, ho perso effettivamente il controllo mentre venivo trasportata in un mondo di colori e di sfumature indefinite. Il mio corpo era impressionato e turbato da innumerevoli scosse simili all’elettricità, nel tempo in cui godevo sotto i colpi di quell’oggetto di plastica e sotto le carezze della tua lingua. Io ho continuato a baciarti ancora fino a quando ti sei scostato da me, facendomi sentire poco dopo la tua intima e densa sborrata sul mio seno infine riempiendolo, poi senza liberarmi dalle bende m’hai coccolato non permettendomi di dire nulla, mettendo il tuo dito davanti alle mie labbra ogni volta che provavo a conversare. Successivamente siamo rimasti così per un po’, poi bonariamente m’hai slegato e m’hai reso la vista, i miei occhi hanno immediatamente cercato i tuoi trovandovi un soave sorriso confermato e confortato dai tuoi gesti:

‘E’ tardi piccola mia, è quasi ora di cena. Io vado a prendere qualcosa e la porto qui o vuoi andare da qualche parte? 

‘T’aspetterò qui, non mancare per molto’ – avevi ribadito tu in maniera animosa.

Indossando un tuo maglione, troppo grande per me, io t’ho osservato mentre t’allontanavi e poi ho iniziato a contemplare il mare. Sapevo che al tuo ritorno tutto sarebbe ricominciato, sapevo che questo era unicamente l’inizio. Questo lo so presentemente, mentre scruto esplorando questo mare leggermente affamata, però appagata, nutrita e sostentata da quel gioco fatto d’amorevolezza, d’indefinito e di vago dominio. Derubata e sazia delle tue mani e della sensazione d’essere stata compiutamente a fondo una principessa tra di esse.

In ultimo, vogliosa di sentire ancora il fuoco scorrere nelle mie vene. Affamata totalmente di te.

{Idraulico anno 1999} 

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