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Erotici Racconti

Fragile barriera

By 9 Febbraio 2019Febbraio 12th, 2023No Comments

Quella ragazza era senz’ombra di dubbio assai avvenente e voluttuosa da cagionarti all’istante inediti spasmi alla pancia, io mi chiedevo di continuo se potesse apparire una fortuita coincidenza o se fosse uno scapestrato quanto eccentrico capriccio della sorte. Non saprei comunicarlo né illustrarlo esattamente, tuttavia ho ben chiaro in mente, che il colore penetrante dei suoi magnifici occhi blu, per niente candidi, indagarono indecentemente i miei analizzandoli a fondo, per il fatto che quando le strinsi la mano per presentarmi, captai lestamente che i miei vasi sanguigni ribollivano e il mio cuore strepitava a seguito di quel contatto. Quella lasciva, deliziosa e inebriante ragazza, aveva solamente poco più di vent’anni d’età, eppure dalla sua corporatura trionfava in maniera netta e decisa una diabolica e pervertita libidine, attraversata da un’intrinseca forma di naturale carnalità. 

A dire il vero, quel tardo pomeriggio, io l’avevo conosciuta in fretta per pura combinazione, durante il tempo in cui lei utilizzava presso il distributore di benzina l’aspirapolvere a gettoni per pulire la sua Toyota Yaris blu scura usata, mentre io attendevo invero di riempire il serbatoio di benzina della mia autovettura, tormentatamente da solo e per di più scoraggiato, dal momento che le banconote che possedevo non venivano accettate dal distributore automatico, non potendo in tal modo fare il pieno di carburante. Come se non fosse stato sufficiente, nella mattinata ero uscito persino sconfitto da una querela inflittami dalla compagna alla quale avevo commissionato buona parte dei miei risparmi, ma che sfortunatamente l’ufficiale giudicante le aveva dato ragione al termine del giudizio finale del processo. Fortunatamente però, per merito del suo apprezzato e insperato soccorso riuscii in ultimo a fare benzina, poiché lei mi prestò trenta euro pur non conoscendomi, che io le avrei sollecitamente restituito alla prima propizia occasione lasciandole i miei dati personali. Se non fossi stato lucido e misurato, di certo quel pomeriggio di confusione globale lo avrei trascorso all’interno d’un locale occupato a trangugiare calici di liquori. In giro, per usanza si maligna e sovente si sparla, che i patrocinatori hanno in genere delle fascinose assistenti sulle quali rovesciare l’opportuna emarginazione. La mia collaboratrice in verità aveva l’aspetto molto attraente, sì, tuttavia da farabutta si era smodatamente invaghita del coniuge. 

Come fidato amico, peraltro pure celibe, mi era rimasto nella cerchia degli affidabili amici soltanto Ruggero, un intermediario d’una affermata organizzazione che smerciava prodotti farmaceutici, intascava una marea di quattrini ed era sempre circondato da donne differenti. Io, invece, disgraziatamente, era da tre anni che conducevo un’esistenza primariamente coniugale con Agata, quell’abietta e schifosa sgualdrina che m’aveva mollato per un balordo e sconclusionato sportivo, che si vantava ai quattro venti delle sue peripezie erotiche, risultando peraltro pomposo, saccente e pieno di sé. Era in effetti un essere odioso e sgradevole, grossolano e illetterato, eppure coperto di muscoli e agiato di denari. Agata si era infatuata di lui sentendosi unicamente attratta e sedotta soltanto dai quei muscoli, anzi, dal tessuto muscolare ben celato dentro i pantaloni che peraltro si vantava in modo spocchioso di possedere. La realtà delle cose era però ben diversa, rivelata dalle certe e dalle inattaccabili categoriche dichiarazioni emesse da altre donne, in quanto avallavano e confermavano sbugiardandolo, che non aveva altro che un misero e snaturato pezzo di carne tra le gambe. 

Io e il mio amico Ruggero, all’opposto, avevamo come passione l’attaccamento per la creatività, come la scultura, il disegno, i dipinti degl’impressionisti, le mostre e via discorrendo. Lui mi magnificava anche le sue peripezie, ma che erano sempre improntate alla ricerca dell’aggraziato e dell’armonioso risultato estetico, sempre in riferimento a una forma d’abilità pertinente la vena artistica. Lui essendo un intenditore e un appassionato del bello, non era capace dal contenersi e pertanto s’affascinava sull’aspetto più accattivante e incantante del cosmo, invero le donne. Ruggero s’alimentava della loro indiscutibile appariscenza e lussuria, così come farebbe un poppante che succhia l’alimento materno dal seno. Lui insisteva già da tempo cercando di trascinarmi d’uscire, tentando di persuadermi per introdurmi nel suo nutrito giro d’amicizie femminili, malgrado ciò è come se là ci fosse stato un muro, una sorta di blocco, in quanto le femmine in generale m’intimorivano, nota dolente era addirittura che confezionavo le figuracce pure a lui, perché cedere e demordere per Ruggero era una piccola sconfitta, perché stare a stomaco vuoto per lui diventava insostenibile, finché un giorno sbottò annunciandomi: 

“Ascoltami Davide, in questo modo non combiniamo nulla, se io non chiavo sbotto. Al presente non posso farti di continuo da bambinaia, hai l’aspetto d’uno scheletro. Piantala, adesso quella là è andata, non pensarci, lei se la spassa, tu invece resti qui come uno stupido, dopo ti crucci e t’affliggi inutilmente per che cosa? Senti, più tardi ti farò conoscere una mia amica, io sto tallonando da tempo la sorella, per il momento da lei c’è una cugina. E’ una bella ragazza d’origine umbre, credo della zona di Perugia, è un vero splendore, una fica strepitosa. Pensa che le piacciano molto i quadri del periodo degl’impressionisti francesi e del movimento realista, di composizioni figurative con donne comprese”.  

In quell’occasione ci riunimmo presso l’abitazione della sua cordiale amica, una farmacista coniugata con un gioielliere e con una figlia di vent’anni. La mia occhiata si piantò all’istante su di lei, la deliziosa Eleonora, in quanto aveva i capelli lunghi, la faccia graziosa, con gli occhi curiosi e intriganti. Sotto la maglietta s’intravedevano delle tette floride e piene, in quanto il mio sguardo si diresse piuttosto affascinato su quella zona. In lei si poteva percepire qualcosa di svenevole, a tratti d’esibito, ma al tempo stesso d’invogliante e di scurrile, sì, effettivamente lascivo ed eccezionalmente turpe, così come un bene goloso mostrato oscenamente e ben allestito, pronto per essere acchiappato e ingurgitato con voracità. Eleonora possedeva la fisionomia della mamma, ma ricordava tanto suo padre, dal momento che risultava nel complesso una figura precoce, ma appetitosa al tempo stesso, che diffondeva in modo spontaneo depravazione e risentimento erotico, assieme a una spettacolare astuzia inconfessata. 

Ruggero per gradi ci presentò, infine ci accomodammo nella grande sala gremita di tappeti con tanti scaffali zeppi di romanzi e di manuali, rischiarata con cura dalle luci accoglienti delle numerose lampade. Per la circostanza si conversò in maniera frivola, finché il nostro dialogo terminò basandosi sull’attività generica dell’arte. Era palese come l’attenzione del mio amico fosse per Debora, la sorella della proprietaria di casa, com’era ugualmente lampante quello per me rivolto verso Luisa, la cugina della farmacista, Samanta. Dal portamento si poteva notare che era una gran bella donna, di certo non era alla ricerca di temporanee scappatelle, ma di vivere una fidata e responsabile unione matrimoniale. Lei aveva raggiunto trentanove anni d’età e desiderava spartire una sensata continuità affettiva alla sua vita. Era slanciata, elastica, aveva un gradevole viso, un ottimismo seducente di ragazzina, che scaturiva da quegli occhi scuri come la sua capigliatura. Il seno florido si poteva notare attraverso la scollatura larga da dove sporgevano quelle deliziose rotondità. Ebbene sì, era veramente un’avvenente donna, ammodo, educata, istruita, perspicace e per niente lagnosa. In quel mentre argomentavamo di Monet, finché in modo repentino Eleonora s’inserì nei nostri discorsi, giacché era rimasta rannicchiata sul canapè con le gambe ripiegate, ascoltando i nostri dialoghi, ma osservandomi sottecchi e n modo inatteso enuncia: 

“Io ho un grosso debole invece per un quadro di Gustave Courbet” – esordisce lei in modo innocente, ma altrettanto attento e sagace. 

Io ritengo fermamente in modo opportuno che il suo acuto e giudizioso ragionamento sia destinato a me, non ho dubbi, perché lei in modo spiccato prosegue incalzando: 

“Garantito Davide, sicuro, perché osservando il suo dipinto erompe innegabilmente la carnalità, sgorga la lussuria del ritrattista, ma quello che è importante è la donna come osserva se stessa, in ultimo come sciorina la privata delicatezza di femmina. Diciamo che è il suo capolavoro scandalo, dove in primo piano c’è una vagina piena di folti riccioli lunghi e neri, il corpo della donna è adagiato lascivamente su d’un letto e parzialmente ricoperta da un lenzuolo bianco, è visibile solamente dalle cosce, che divaricandosi delicatamente consentono la visione delle labbra vaginali al seno. Un dipinto indubbiamente dal sapore spiccatamente lascivo e libertino. Non è il pittore che la vede così, è lei che vuole essere vista così. La donna ha avuto, ha, e avrà gli stessi desideri erotici. Pure una donna disarmonica e malfatta, diciamo antiestetica, brutta e sgraziata, vuole che il suo corpo esprima pulsione erotica, che comunichi passione sessuale per piacere a un uomo”. 

Per la prima volta nella mia vita, non riuscivo a ritenere vero quello che udivo da quell’accorta, incantevole e scaltra giovane ragazza, ero innegabilmente abbagliato e affascinato, non soltanto per la notevole competenza individuale manifestata, ma finanche dalle movenze del suo corpo, nello specifico dal suo seno, mentre comunicava con entusiasmo la sua opinione. Eleonora discorreva delle donne delle pitture, ma in maniera astratta e ideale predicava accuratamente di se stessa. Io la osservavo confuso con la vista, ero come influenzato e suggestionato dalle sue terminologie, perché non era la sua voce sensuale nel descrivere i quadri, ma il suo corpo, in special modo le sue tette, tenuto conto che volevo allontanare lo sguardo dal suo seno, eppure ero incapace di riuscirci. Con tutta franchezza, se mi fossi trovato in un luogo isolato, mi sarei scagliato su di lei e avrei maltrattato con le mani e con i denti quelle sostanziose tette. In quello stesso frangente, infatti, nella mia mente visualizzavo il celebre ritratto “l’Origine del mondo” di Courbet, tuttavia la fica di Eleonora doveva essere meno irsuta e incolta di quella esposta nel dipinto, quantomeno così supponevo. Lei interveniva in maniera animata, ma il suo corpo bramava esponendomi idiomi differenti, proferiva sì, eppure la mano destra istintivamente sgusciava sull’inguine, giacché io vedevo nitidamente le sue dita conficcarsi per brevi istanti sulla stoffa agitandole debolmente. Non rammento più le mie annotazioni artistiche, so solamente che ultimai la spiegazione fra il contegno apparente e la condotta implicita: 

“In verità sono testualmente stregato Eleonora, dopo in giro affermano che i collegi non funzionano. Tu sei un’istruttrice strabiliante, davvero con i fiocchi, perché rimarrei ad ascoltarti per ore se fossimo qua da soli” – temporeggiando con un velato espediente sulle ultime definizioni. Che cosa diavolo stavo borbottando. Compresi sennonché in ritardo che avevo espresso una corbelleria, in quanto era il mio subconscio che aveva mormorato, non la buona creanza. 

“Delizierebbe pure me Davide, davvero, sono sincera. Ti rivelo questo, perché sono infrequenti le persone che s’appassionano e s’incuriosiscono del leggiadro e del ben fatto” – replicò genuinamente Eleonora, lasciando in sospeso l’espressione aizzandomi le membra. 

A ben vedere, Eleonora, poco più che ventenne anelava scopare con me, in verità non era dovuto per la carenza di ragazzi, che avrebbero fatto carte false pur di poterla avere tra le grinfie. 

“Davide, mi diletterebbe mostrarti alcuni miei acquerelli. Sì, lo confesso, sono presuntuosa e superficiale, ma unicamente con talune persone, credimi da numerare sulle dita d’una sola mano. Domandalo a mia mamma”. 

Lestamente mi scrollai dimenandomi da quel sequestro ammaliante e come per sortilegio le voci degli spettatori mi trafissero rapidamente le orecchie cagionandomi impiccio e spasimo. Dalla gioia ero atterrato in fretta sulla fosca e sinistra superficie terrestre, poiché tutto mi pareva desolato e insipido, anonimo e depresso, in quanto indicavo con la testa come per avvisare che stavo ascoltando i loro dialoghi, eppure ero fuori mano da ogni loro vocabolo. Non ero in grado d’esprimermi, perché pareva come se il mio intero dizionario di locuzioni e di concezioni se lo avesse irrimediabilmente aspirato Eleonora, quel libidinoso cofanetto di radicale depravazione senza mezze misure. Io osservavo ogni tanto Eleonora, mentre i suoi occhi indagatori e concupiscenti non si schiodavano dal mio sguardo né dal mio cazzo. Nelle sue iridi spadroneggiava un’invocazione di fuoco: scopami, che cos’aspetti, non vedi che sono qua. Era il mio mondo interiore sovvertito, poteva essere l’atavico riflusso del sistema limbico, che aveva totalmente appannato ogni cenno del mio tegumento encefalico. Ero in definitiva allo stadio primordiale, non più un’entità ragionevole, ma ero palesemente annebbiato, perché c’era l’attrazione d’una donna dove istintivamente controbatteva il benestare dell’uomo, oppure ero io che auspicavo che gli avvenimenti procedessero concretamente in tal modo? 

“Io non ho pregiudizi, sono qua quando vuoi” – mi meravigliai io nel risponderle. 

“Guarda caso domani sono libera. Tu sei disponibile in mattinata? Verso le undici può andarti bene?” – accennò Eleonora in maniera interessata. 

“Aggiudicato, alle undici per me è perfetto, sarò qua vicino a te per vedere in anteprima le tue pitture, se sono acquerelli eseguiti con la medesima abilità e con la stessa dedizione con cui racconti i componimenti altrui, saranno senz’altro delle meraviglie, quantomeno ipotizzabili. Un’altra cosa ancora Eleonora, è corretto che lo sappiano pure mamma e papa, non ti pare?” – incorporando gli ultimi termini per non sembrare sfrenatamente esagerato nell’intrecciare lodi e sembrare per uno che la prendeva per i fondelli. Certo che sì, porca puttana, se l’avrei agguantata per il culo, ma non in modo figurato, nel vero senso globale e testuale del termine. 

Lei, come se fosse la cosa più immediata e spontanea di questo mondo, comunicò ai suoi evoluti genitori che il giorno successivo io avrei guardato assieme a Eleonora i dipinti, mentre ambedue i genitori si crucciarono soltanto di chiedermi, se la visita alla loro giovane ragazza non avesse rosicchiato né pregiudicato in ultimo i miei impegni quotidiani. Io ribattei che non esisteva seccatura alcuna, che m’avrebbe veramente fatto enorme gioia adocchiare le pitture di Eleonora. La serata terminò, Luisa mi fece comprendere con una presa più tardata della mano, che le sarebbe di certo deliziato vedermi nuovamente per visitare qualche pinacoteca, oppure per una serata di recitazione o per ascoltare un’esibizione musicale. Io ben lieto per l’invito annuii, intanto che la sua mano seguitava a trattenersi nella mia. In tutta onestà non vedevo l’ora d’andarmene da là, di lasciare il mio fidato amico e di rientrare verso casa, di stendermi sul letto e abbandonarmi al vizioso e peccaminoso pensiero e alle lascive sensazioni di Eleonora, dell’immagine concupiscente e penetrante di quella ragazza, dei suoi discorsi, delle mosse del suo corpo, della scena di quei capezzoli che s’ingrossavano svergognatamente fino a intrappolare il mio sguardo. Dopo uscimmo, la mia testa macchinava un’accozzaglia di concetti e di forme senza riuscire ad agganciarne qualcheduna in modo specifico. Ruggero giudicava la serata, ma io non ero capace di stargli dietro per quanto mi sforzassi, mi comunicava della sorella, m’argomentava di Luisa e io brontolavo, eppure lui era troppo rodato e scaltro per non assimilare che cosa mi rumoreggiava nella mente. 

“Davide, ascoltami bene, lascia perdere, quella donna è un ordigno atomico, ti dico questo principalmente per il lavoro che svolgi. Pensa un istante al contegno di Luisa, hai notato quanto fosse interessata a te? Che cosa doveva fare, scagliarsi subito addosso? Lei è una donna ardente, una donna vivace, per di più assai avveduta e ingegnosa. Per te, giacché non adori le brevi relazioni, quella è la donna che fa al caso tuo, garantito. Assieme a lei ti troverai nell’empireo dei sensi, però tramite il tragitto più adeguato. Eleonora farnetica dalla smania di chiavare, ma tu non devi farti fottere, perché quella t’inganna, come se ti frega. Ipotizziamo adesso che s’ammaliasse concretamente di te, dimmi, come l’allontaneresti? Tu non hai idea com’è esperta e ingegnosa una ragazzina, sì, una giovane ragazza, peraltro splendida fica qual è, che non s’appagherebbe solamente di chiavare, ma ambirebbe sempre di più, vale a dire s’appiopperebbe a te come una colla. Dopo magari prenderla in moglie, ci pensi, il placido, rispettoso e umile consulente, retto legale di grande notorietà senza disonore, quarantacinquenne, che va a chiedere al gioielliere la mano di sua figlia Eleonora? Qua non siamo nel mondo arabo, siamo in Italia, precisamente in Umbria, di certo non finirà sicuramente con il fucile da caccia, ma nel palazzo di giustizia di certo. Io, ascoltando con attenzione, come se fosse lo splendore più logico e umano di questo universo gli risposi: 

“Nessun dramma Ruggero, se la ragazza invece fosse d’intesa e gradisse, perché i genitori dovrebbero bocciarmi e disapprovare?”. 

“Davide, ascolta, per il lineare fatto che potresti essere suo padre, perché un capofamiglia abitualmente non concede la propria ragazza a un altro padre, innanzitutto a quell’età seppure lei è soltanto da poco maggiorenne. Ha il sapore come se inconsapevolmente si dicesse: io che sono suo padre non me la posso scopare, perché quello ha almeno venticinque anni più di me. Si farebbe massacrare, ma il consenso non te lo darà, poi se la figlia scappa con te, ti becchi pure una sonora denuncia. Suppongo che tu queste cose le padroneggi abbastanza, sei agevolmente ferrato, in quanto sei del mestiere”. 

Entrambi restammo in silenzio per un tempo che parve sconfinato, non avrei argomentato più della questione, se il mio atteggiamento almeno per il mio amico non fosse stato così scoperto, tuttavia lui che aveva compreso, potevo tastare di fargli considerare che se quella ragazza si fosse effettivamente invaghita di me, perché non l’avrei potuta prendere come moglie. In aggiunta a ciò, se avesse voluto esclusivamente chiavare per qualche tempo con me, senza che nessuno venisse a saperlo, per quale ragione mi doveva essere impedito se lei era del tutto bendisposta e finanche d’accordo? 

“Per quale motivo, e se lei ambisse chiavare con me? Sono certo che lo vorrà compiere con tutta se stessa, perché dovrei sottrarmi? Se avessi pure la buona sorte che s’ammaliasse di me, perché dovrei sacrificare la più sfolgorante delle soddisfazioni sul parere d’un preconcetto? Ruggero, io l’adorerei e la rispetterei come una divinità, chi potrebbe amarla più di me? Eleonora è giovane, non può abbrancare la sostanza della giovinezza d’un adolescente, perché tanti ragazzi si frequentano e si lasciano come fazzolettini di carta da gettare a quell’età, non tutti beninteso. Non hai visto com’è spigliata, la cultura che possiede, il giudizio e la maturità che esprime? Tu riesci a immaginartela, quando dialoga con un ignorante e incompetente qual è un giovane d’oggi di vent’anni?” – esplosi io di botto in quel completo silenzio. 

“Che cosa dovrei aggiungere Davide, io so unicamente che se tu domani oltrepasserai la porta di quella casa finirete senza dubbio a letto, e dopo? Che Dio t’aiuti caro amico mio. L’amore è qualcosa di più della passionalità e della libidine, del gusto d’una soddisfacente chiavata. Quella ragazza là t’ha elettrizzato i sensi ravvivandoti il senso lascivo del precluso, del vietato. Io non confido che consista come un amore a prima vista. Sarò con te indubbiamente freddo e sprezzante, ma tu non sei innamorato. Tu la vuoi perché ti fa supporre appagamenti inarrivabili e irraggiungibili con donne adulte, è il tuo cazzo che la brama, non il tuo intelletto. Non vorrei, per il bene che ti voglio e per l’ammirazione che ho di te, che uno stordimento per la fica d’una ragazzina finisca in ultimo in disgrazia. La decisione finale comunque sia spetta a te, sappi in ogni caso che io sarò sempre dalla tua parte” – aggiunse risoluto e bendisposto ad aiutarmi per qualsiasi evenienza Ruggero. 

Io non avevo più l’ambizione d’obiettare né di polemizzare, Eleonora m’aveva traviato il corpo e contaminato radicalmente la psiche, perché neppure il satanasso in persona m’avrebbe potuto trattenere d’andare a trovarla. Frattanto eravamo sopraggiunti di fronte alla mia abitazione e là ci salutammo, mentre Ruggero si congedò allontanandosi senza girarsi. Quella notte assomigliava come se qualcosa dentro di me precipitasse definitivamente con lui in quell’istante, franando senza un’eventualità di ritorno. Per un baleno infinitesimale sentii che mi stavo spegnendo, travolto da un bizzarro e inedito abbattimento, da un’inconsueta demoralizzazione e da una sfiducia senza limiti. Dopo che entrai in casa abbandonai il mio pensiero e m’addormentai. 

Verso le undici del giorno seguente, come stabilito, io ero davanti alla porta, suonai e la porta si spalancò all’istante, come se lei fosse stata là di dietro. Indossava un vestitino che copriva a stento le mutandine. Le gambe che fuoriuscivano erano aggraziate, del tutto slanciate facendola apparire più alta rispetto alla sua naturale statura. Da come la osservavo, Eleonora esprimeva ebbrezza e libidine, tenuto conto che la parte dell’indumento non riusciva a proteggere la veemenza delle sue tette, indubbiamente senza puntello di nessun tipo. La mia pancia si torse in un intreccio tortuoso di spasmi, mentre la sua voce assieme alla sua occhiata indagatrice m’infagottarono in maniera radicale: 

“Ti stavo aspettando Davide, sei stato molto puntuale. Ti confesso che non m’aggrada attendere, anche se faticosamente rimarco l’accuratezza”. 

Appena Eleonora parlò il mio cazzo repentinamente si gonfiò, perché gli manifestai: 

“Sei un vero incanto Eleonora, senz’ombra di dubbio sei tu la vera opera d’arte”. 

“Senti Davide, non essere insulso né svenevole. Cerca d’essere te stesso. Contrariamente, come farò a conoscere se la valutazione sui miei dipinti sarà franca e vera? Sono al corrente di risultare avvenente e sono alquanto vanitosa da sbandierarla, eppure accuso e biasimo un uomo che si lascia annebbiare con i suoi pareri sul mio aspetto fisico. In un maschio è l’intelletto che m’incanta, vale a dire un ragionamento e un pensiero che sa appassionarmi con la prontezza, con l’astuzia, con la meraviglia delle sue parole, che può conquistarmi al punto da farmi persino raggiungere l’orgasmo”. 

Io ero effettivamente senza parole, mi sentivo come magnetizzato, anche perché lei non divulgava nessun tipo di fisime né di preconcetti nel suo modo di conversare, Eleonora era piuttosto diretta, franca e spigliata, perché era placidamente aperta, pura ed emancipata, in quanto non sprecava le parole a caso, per il fatto che prontamente aggiunse: 

“Critico e disapprovo i maschi che fumano e che trangugiano bevande alcoliche. Il puzzo della nicotina è repellente e sgradevole. Taluni maschi escogitano d’essere più mascolini con quel supplemento simbolico ficcato nella bocca. Per me sono soltanto degl’inconsistenti e confusi marmocchi che imitano gli adulti e che odorano di sporco. Io non bacerei giammai un uomo che ha il tanfo della nicotina, per fortuna che tu non fumi”. 

Davvero poderosa, sagace e tenace la ragazza, perché in maniera garbata e raffinata m’aveva signorilmente illustrato che non dovevo bere alcolici né fumare se volevo stare con lei, altrimenti niente da fare. In realtà, per quanto riguardava sia i liquori che le sigarette io la pensavo esattamente come lei. 

“Accomodati qua Davide, ti preparo nel mentre un buon concentrato d’agrumi, fidati è tutta roba del nostro orto”. 

Eleonora quasi ondeggiava sul pavimento, era delicata come una farfalla. Io la seguivo come un inadeguato, come una serpe che incantata segue il suonatore di flauto sulla traccia della musica, sennonché alquanto ammaliato e palesemente infervorato capitai nella sua stanza. Là dentro notai uno scompiglio alquanto strutturato, che diffondeva totalmente la sua variegata inventiva, perché persino negli oggetti per la casa si coglieva la sua fragranza di femmina. Ammonticchiate su d’una parete si trovavano le sue tele, con il passo pigro s’approssimò a uno dei gruppi e iniziò a tirare su le varie tele, incitandomi nel guardarle. Lì, c’erano esclusivamente figure di donne, in primo piano e ben adagiate su tutti i concepibili panorami, le tinte erano dai toni forti, l’arte innegabilmente c’era, per il fatto che aveva eccellenti eventualità di diventare una competente ritrattista. La sensazione era troppo dispotica e istantanea per essere raffinatamente esternata, tuttavia lo smalto e pure lo stimolo era presente, eccome. Io iniziai a sudare, quelle forme mi scompaginarono le viscere, un’impudicizia e una carnalità incandescente sprizzava da quei quadri, facendomi drizzare il cazzo. 

“Che cosa te ne pare Davide?” – fu il suo indagatore interrogativo. 

“A ben vedere sono dei dipinti forti Eleonora. Hai raffigurato te stessa nelle tue fantasie più recondite. I nudi sono puliti, ben tinteggiati, sono i colori che li rosseggiano. L’apparato genitale spalancato come una bocca che invoca, non scandaloso che pare sprigionare un calore potente. Non è il maschio che osserva una donna nuda, sei tu che esamini da femmina le tue intrinseche voglie di donna, la tua massa. La lussuria dirompe da ogni ritocco, perché quelle figure di donna agognano con tutta l’anima di scaldarsi” – le spiegai io, come vedevo quella raffigurazione. 

“Vedi Davide secondo me, quelle carni vogliono essere agognate, devono essere chiavate non in modo avventuriero, devono essere amabilmente percorse, cortesemente strette e adorabilmente accarezzate da mani che amano e bramano quel corpo, che lo sentano proprio. Allora, dimmi, da quello che hai esaminato, sono in conclusione riuscita a comporre e a generare la fisicità libidinosa della femmina, che vuole accanitamente il maschio?” – mi enunciò Eleonora, attendendo il mio giudizio. 

“Bella mia, hai fatto indubbiamente centro, cazzo che sì, ci sei riuscita in pieno. Adocchiare e ispezionare questi quadri è un autentico tentativo criminoso al contegno e alla decenza placida d’un maschio”. Subito dopo Eleonora proseguì: 

“In linea di massima gli artisti ritraggono figure. Io coloro all’opposto la voglia, la pura passione corporea che esala dai corpi. La smania bruciante e tormentosa d’una donna edotta della sua gradevolezza, che distingue il suo corpo senza veli che ribolle di desiderio e non lo può soddisfare con le carezze e il cazzo d’un maschio, si castiga l’anima e si tormenta la mente, perché in conclusione il masturbarsi diventa alla fine un sostituito di poca importanza” – fu la sua conclusiva e meticolosa spiegazione. 

“Dai Davide, adesso accarezzami, agguantami le tette fra le mani e tormentamele. Denudati dalla vita in giù, fammi tastare sul didietro il tuo cazzo che sale lungo il suo solco, i tuoi testicoli che si sfregano contro di esso. Fai in modo che io perda il controllo alla femmina che divampa dentro di me e che tormenta sovente ogni mio filamento” – replicò Eleonora in maniera da esperta buongustaia e da ferrata intenditrice senza girarsi. 

Affermare e ribadire che io restai incredulo e sbalordito da quella terminologia e da quelle espressioni è veramente complicato e inessenziale. Dopo qualche istante di disorientamento m’avvicinai dietro le sue spalle e l’abbracciai. Avvertii il suo corpo incurvarsi, quel corpo di femmina stentatamente germogliato che avrebbe sgretolato pure il satanasso in persona. Le mie mani frattanto raggiunsero le tette, come immaginavo era nudo sotto il maglione, le mie dita ne accertarono la compattezza ed Eleonora si scosse, compresse più forte le sue chiappe contro il mio basso ventre e il mio cazzo ingrossato s’introdusse sotto il perineo. Le sue cosce lo serrarono, mentre io seguitavo a maltrattare con le dita le tette. Quel fondoschiena danzava sul mio cazzo, mi contraeva di spasmi lo stomaco, io volevo girarla verso di me, ma lei non volle, giacché visibilmente arrochita dal piacere m’ingiunse: 

“Davide, la fica, sentila com’è, è un fuoco e gocciola di piacere, su, falla godere, accontentatala, adesso solamente con la mano”. 

Io espletai il compito in maniera fedele e laboriosa, mentre lei si contorceva sfregandosi su di me, nel contempo io le palpeggiavo la fica scandagliandone la forma. Io pigiavo a rilento, dopo comprimevo un poco, in seguito più rapidamente, finché il suo clitoride reagì. Il mio cazzo in modo istintivo comprimeva sopra il suo orifizio, che sembrava socchiudersi da solo dietro quell’andirivieni. La baciavo sulle guance, sul collo, mentre l’altra mano non si stancava di svigorirle le tette. In breve tempo Eleonora serrò le cosce ingabbiandomi la mano, le dita roteavano impassibili nella sua carne e l’altra mano sempre più avida le depredava le tette. Il piacere la invadeva, notavo che si torceva con uno struggente quanto lussurioso lamento. Eleonora ansava per il piacere che provava, avvertivo la mia mano che sgocciolava dei suoi abbondanti fluidi, finché in maniera inattesa mi enunciò: 

“Chiavami, sei un porco, un perfido e sleale di primo livello. Davide scopami per bene, è ora” – giacché la sua fu una lasciva e viziosa esortazione. 

Io però non gliela concessi, non gliela diedi vinta, perché bramavo ancora di sfinirla con le dita, ma lei si voltò bruscamente, era un vulcano irrefrenabile. In maniera rabbiosa mi scagliò verso il suo letto e lestamente si rannicchiò di sopra girando le spalle sul mio cazzo. Abbrancò con robustezza quel cazzo eretto e piegandosi leggermente in avanti se l’introdusse nella sua rovente intimità nella posizione della smorza candela, peraltro la sua prediletta. Di colpo inabissò il mio cazzo, come un’esagitata iniziò a ruotare il bacino e poi a scorrere avanti e indietro sopra il mio pube, costantemente più rapida e accalorata. Eleonora mugolava, sospirava in un lamento e in un crescendo sempre più eccitato. Io stavo per scoppiare, rallentai e resistetti, la sua mano s’abbassò sopra il clitoride e dopo alcuni istanti venne gioendo e strepitando il suo possente orgasmo. Dentro la sua fica pure io sborrai la mia linfa vitale accumulata, sentendomi liberare d’un peso. Non del tutto appagata, agguantò nuovamente il mio cazzo ravvivandolo. Captare la libidinosa sensazione e sentire le sue labbra polpose scivolare vogliose su di esso, mi procurava meraviglie mai provate. Io seppur ancora giovane, dovevo attendere che passasse un periodo refrattario a seguito della sborrata, Eleonora doveva aspettare ancora prima che eiaculassi, tuttavia non voleva attendere. S’acciambellò in mezzo alle mie gambe e raccolse i miei testicoli serrandoli dolcemente, in seguito intraprese delicatamente a strofinarli facendo scorrere speditamente i palmi sopra di essi. Per me era un piacere sconosciuto, giammai una donna aveva sperimentato su di me una cosa simile, era un benessere capillare e penetrante, che maggiorava di continuo, in quel frangente il mio cazzo iniziò a ingrossarsi in modo netto. Sennonché in modo insperato Eleonora mi manifestò: 

“Infilamelo nell’ano, sì, mettimelo dentro, non vedo l’ora di provarlo” – piegandosi sopra il letto, mostrandomi quel favoloso panorama. 

Non persi tempo, mi chinai e con la lingua abbozzai a solleticarle lo sfintere, s’apriva e si schiudeva come una corolla al sole, dopo le allargai le chiappe. 

“Eleonora, la carnalità è finanche arte, perché io farò del tuo bel culo un’opera eccellente degna del miglior artista” – le manifestai io alquanto aizzato. 

“Davide, tu già farnetichi nel contemplare le mie pienezze. E’ vero, il mio didietro t’ammalia, t’inebria e ti fomenta come non mai. Acciuffalo, è lì che t’aspetta. Voglio conoscere l’estasi” – mi proclamò lei aizzata punzecchiandomi oltremodo. 

“Garantito, te lo sentirai arrivare dove merita questo cazzo, dopo dalle labbra ti colerà il mio denso sperma, stanne certa Eleonora” – ribadii ormai rapito dal quella lussuria di fronte ai miei occhi. 

In tal modo, fintanto che con una mano le esploravo la fica, con l’altra distanziavo il suo didietro scassinando con la lingua l’orifizio. All’inizio intromisi un dito stantuffando adagio come se fosse il cazzo, lei già godeva, dopo nella sua fica tiepida inserii il mio cazzo smanioso e la chiavai energicamente. In seguito uscii da quella fenditura ormai violata e in modo determinato rivolsi il mio cazzo sopra il suo ano. Appena lo appoggiai lei sobbalzò, essendo un sussulto di piacere. Successivamente le strinsi il bacino con le mani e spinsi il mio glande nella sua deliziosa fica, madido delle sue stesse secrezioni. Fu in verità un affondo secco e in tutta la sua pienezza il cazzo finì nell’intestino. In primo luogo avanzai adagio avanti e indietro, dopo Eleonora si portò la mano sulla fica e cominciò a sollecitarsi ritmicamente il clitoride. 

Io riscontravo nitidamente slittare sulla parete della sua fica il mio cazzo, perché questa sensazione mi tempestò di smisurato piacere invadendomi tutto il corpo. Andavo e venivo nella sua fica con il cazzo che s’ingrossava progressivamente. Anche lei dimenava accanita le sue rotondità seguendo il ritmo della mia penetrazione. La stavo chiavando di gusto, fintanto che ebbi la premura di riferirle: 

“Eleonora, mia cara delizia, io sto per sborrare, che meraviglia, sì, esplodo eccolo” – mentre avverto di netto che lei contrae le mucose dell’ano. 

L’orgasmo fu così travolgente che la sollevai per i fianchi serrandoli e sussultando, il godimento fu incontenibile, giacche strepitai come un indemoniato. Adesso la ragione non governava più il piacere, soltanto l’impulsività, l’indole primitiva che rimarcava il suo dominio nel possedere una femmina. Aveva usufruito follemente pure lei, in quanto ansimava come se fosse sul punto di schiattare. Dopo venni fuori da lei e mi distesi letto svigorito ma felice, senza dire una parola, intanto che le accarezzavo la faccia e i capelli. Eleonora, viceversa, non era appagata, perché il corpo non si era rabbonito, io la toccavo e lei tremolava, mentre potevo ammirarla in tutto il suo splendore. Le sue carni strepitavano in silenzio, ogni suo centimetro fremeva di perversione, era incantevole, una meraviglia del creato, la metamorfosi invero del bello, ma non dell’aspetto appariscente che ti rassicura e ti consola la mente, ma il desiderabile per se stesso e con se stesso, giacché era armonioso, ameno e proporzionato che voleva essere posseduto. Con quella ragazza dai lineamenti unici, che parevano sagomati di proposito, ma che sprigionavano veemenze di libidine mi sarei consumato il cazzo. Fottere in modo duraturo in un letto con Eleonora, scoparle la fica, estasi e felicità di piacere giammai vagamente riportati, trombarle la psiche di femmina scatenata come una cavalla in continuo calore. 

Io osservavo quel corpo fantastico e nel contempo squadravo il mio. Non avevo nulla di tanto virile, ma probabilmente il cazzo le andava più che bene, eppure lei non si era entusiasmata né invaghita del mio cazzo la sera prima. Che cosa ci faceva quel corpo delicato e riguardoso, odoroso di freschezza e affamato di nuove scoperte, forgiato dalle mani d’un incisore, adagiato sopra quello d’un uomo poco più che quarantacinquenne, che aveva oltrepassato gli anni della floridezza, in quanto iniziava il suo naturale e congenito declino? Deprecabile e scomoda è la senilità che silenziosa arriva e che gradualmente ti deforma e ti sfigura, quando ancora tutte le tue percezioni e i tuoi impulsi sono nello struggimento ancora tanto sbarazzini. Eleonora aveva devoluto la sua illibatezza a un uomo più veterano di suo padre, seppur di poco. Oppure le donne considerano e badano più in là dell’esteriorità d’una massa fisica, che appassisce e adorano e in ultimo difendono le idee d’un uomo? Per l’appunto, la cultura e la società delle idee, l’attendibilità totale che t’acquieta e che t’appaga l’intelletto, sì, certo, a ogni buon conto con le idee non si può indiscutibilmente scopare. Sì, lo ammetto, il mio intimo muscolo è attualmente laborioso, indubbio che non emetta più gli schizzi di sperma d’un giovanotto, tuttavia il mio guerriero regge egregiamente e sopporta adeguatamente i tempi, tutto ciò è fisiologico, è la carta d’identità del corpo umano che detta i tempi con il passare degli anni per tutti. In definitiva, Eleonora, può essere attratta e incantata dalle mie riflessioni, rapita dal mio senno, ma desiderare incantevolmente pure il mio cazzo e la mia globale maturità. 

Durante il tempo in cui rimuginavo consapevolmente questi concetti le accarezzavo il seno, lei sobbalzò e con uno scatto si collocò sopra il mio inguine. La sua bocca semiaperta pareva la sua fica, in verità io non ho avuto tante donne per potere verificare se lo spessore delle labbra della bocca sia uguale a quelle della fica. Chissà, se nel tempo qualcuno ha pensato di verificarlo. Certo è, che quando ci baciamo, si simula in modo innato un rapporto sessuale, anche se baciarsi con la lingua non è forse una simbolica e scostumata penetrazione. Scopare quella bocca con la lingua, perché giammai mi ero abbeverato in quella bocca né avevo assaporato la fragranza dell’altra più nascosta, perché in modo inatteso Eleonora mi riferisce: 

“Com’è curioso il cazzo adesso a riposo. Io non avevo mai maneggiato un cazzo. Visto sì Davide, ma palpato mai. Ti dirò che mi delizia molto, m’incuriosisce e mi conquista. Al momento sembra così inerme e incustodito là rincantucciato, fa davvero tenerezza come un pulcino appena nato” – mentre con la guancia dolcemente si strofina contro. 

Le sue tette mi sfiorano, io rabbrividisco, sicché dopo lo scandaglia con le labbra raccogliendolo interamente. Lo tempesta di baci, lui dapprima silente si risolleva, rizza la testa e svetta pronto al suo compito. Eleonora lo aizza con le labbra schiuse, insiste sul prepuzio e poi si ritrae. Lo piglia fra le labbra, con la punta lo pigia deliziosamente. I miei testicoli fremono, io sussulto per la poderosa eccitazione, mentre lei lo risucchia con avidità su e giù gustandoselo come se fosse un gelato, con la lingua sbatte il mio cazzo a rilento da una guancia all’altra e con gli occhi in maniera maliziosa e rallegrata mi sorride. La sua è bocca d’una ferrata e valente adulatrice, non d’una ragazza poco più che ventenne immatura. Io sono in estasi che mi gusto quell’attimo, finché lei un’altra volta mi riferisce: 

“Davide, leccami la fica, consumala, frastorna e sbalordisci il mio clitoride, fammi sborrare come se fossi un maschio” – questa nozione mi mormorò Eleonora, ruotandosi su se stessa fino a quando la sua fica s’inclinò sulla mia bocca. 

La mia lingua depredò all’istante quella folta macchia della sua celata caverna facendola zampillare di goduria, mentre mi dissetavo del suo saporoso, giovane e fresco liquore. I suoi orgasmi erano straripanti, lei si contorceva dal piacere, nel contempo lei mi masturbava il cazzo di continuo. Contrazioni muscolari inedite e indefinibili si diffusero nella zona pelvica, il mio cazzo stremato in conclusione espulse poche gocce di denso sperma, che lei degustò libidinosamente inghiottendole. 

Il mio cuore parve franare, io supposi veramente di schiattare anche se di piacere. La faccia innegabilmente estasiata esibì forse la tribolazione di quel piacere estremo, Eleonora lo ravvisò precipitandosi subito nel baciarmi per confortarmi. Per un tempo incalcolabile distinsi scorrere nella mente distesa tutta la mia esistenza, sì, adesso potrei pure spegnermi e spirare ripetei verso me stesso in quella soave indolenza della mente, giacché in quell’istante riuscii soltanto a dirle: 

“Sei favolosa Eleonora, adesso non ho afflizioni né crucci né rimorsi, sono davvero appagato, mia deliziosa e speciale unica bambola”. 

Lei si distese vicino, abbracciata teneramente a me, mentre ascoltavamo i nostri intrinsechi pensieri nel silenzio del mondo.  

{Idraulico anno 1999} 

 

 

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