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Il Regno Oscuro – Capitolo 10

By 24 Novembre 2019Dicembre 16th, 2019One Comment

Il giorno della battaglia era finalmente giunto. L’esercito dei ribelli era partito all’alba dal suo accampamento. Le montagne ancora dormivano quando gli stivali delle donne soldato iniziarono a marciare lungo le valli e i sentieri del nord, diretti verso Sud, verso la Capitale. L’avanguardia dell’esercito aveva intravisto l’esercito imperiale, era prevedibile. Le due armate si sarebbero probabilmente incrociate sulla Piana Verde, un’ampia prateria che si colorava in primavera di un verde acceso e splendente. Era un luogo perfetto per combattere, anche se ciò significarla colorarla di rosso. Le guerriere vestivano armature di cuoio integrali ma leggere ed erano armate di lunghe lance. Clotilde e Annette erano in coda alla colonna, insieme alle altre stregone che avrebbero officiato il rito magico per annullare i poteri dell’Imperatore. Indossavano entrambe tuniche lunghe fino alle caviglie e strette in vita da una corda. La stregona non indossava nulla sotto, ormai si era abituata. Cunya invece sembrava non avesse intenzione di cambiare vestiario. Aveva infilato dei pesanti stivali in cuoio nero fino al ginocchio con altissimi tacchi che slanciavano le sue cosce e il suo sedere carnoso, facendolo apparire ancora più imponente. Sulle spalle aveva indossato degli spallacci di metallo e un cinturone in vita da cui pendeva la spada. Poi basta così, restava completamente nuda con i lunghi capelli biondi tirati stretti sul capo all’indietro. Era stato inutile ripeterle che non poteva andare in battaglia così, che i tacchi non erano l’ideale per combattere. La Saggia non voleva rinunciare in nessun caso al suo modo di fare.
Avanzavano ormai da numerose ore. Quando il sole fu alto nel cielo, raggiunsero finalmente la Piana Verde. Sbucarono dalla immensa foresta che circondava la pianura e subito notarono che, al lato opposto della stessa, si accalcavano le forze imperiali. I soldati nelle loro armature nude sul bacino e con i loro membri imponenti brandivano scudi e spade, pronti a combattere. Tra di loro, seduta su di un trono portato a spalla da quattro uomini, spiccava il Generale Biscia. I ribelli iniziarono a schierarsi, riunendosi in truppe e disponendosi su diverse file, pronte ad assaltare il nemico. Iniziarono a battere ritmicamente la lancia al suolo, provocando un tonfo sordo che iniziò ad invadere tutta la valle. Un suono di guerra violento e antico che dava forza e coraggio alle guerriere, rendendole pronte a combattere fino alla morte. Nelle retrovie Clotilde, Annette e le stregone iniziarono a preparare il rituale magico per annullare temporaneamente il potere dell’Imperatore. Cunya le osservava con attenzione e con una certa impazienza. Quel giorno il sole era alto e batteva sul corpo nudo della Saggia riscaldandola dalla brezza fredda che ogni tanto attraversava la foresta alle loro spalle. Avevano portato con loro un calderone, in cui le stregone avevano iniziato a versare gli ingredienti, lentamente, uno alla volta. Insieme recitavano una cantilena lenta e noiosa. Sembravano tutte assorte, con gli occhi socchiusi, concentrate sull’incanto che stavano lanciando. Qualcuna gettò nel calderone una caraffa di vino. Un’altra un occhio di pipistrello. Due stregone versarono una fialetta con lacrime di uomo. Il loro rituale procedeva, lento e lungo. Dall’altra parte della pianura anche le truppe imperiali si erano disposte in file, pronte al combattimento. Battevano le loro spade sugli scudi, rispondendo così al tuonare delle lance al suolo. Un baccano di guerra invadeva già il campo di battaglia, nonostante gli eserciti ancora non si fossero incontrati.
Finalmente Clotilde afferrò la fialetta da un taschino della tunica e ne estrasse il capello di Alba. Gli occhi della Stregona si ribaltarono e le pupille sparirono, come sempre prima di una magia. Con una nota più acuta nella cantilena gettò il capello nel calderone e tutte le altre stregone si zittirono. Rimasero in silenzio a guardarsi per diversi secondi. Poi i secondi divennero minuti.
– Ma dovrebbe accadere qualcosa? – domandò Annette nel suo accento straniero.
– In effetti non lo sappiamo! Ma speravamo in un segnale che ci facesse capire che l’incantesimo aveva avuto successo
– Clotilde! – tutti furono distratti dal sopraggiungere di Zoe, che si occupava della retroguardia – Una donna vuole parlare con l’eletta!
Mentre ancora parlava, due ribelli fuoriuscirono dalla foresta trattenendo per le braccia Giada in lacrime. La giovane ragazza aveva le trecce sciolte e spettinate, i vestiti sporchi e stracciati. Sembrava avesse subito maltrattamenti. Clotilde quando la vide ebbe subito un terribile presentimento. Giada la riconobbe subito e a lei si appellò.
– Dov’è l’eletta? Devo darle una terribile notizia! Ho cercato il vostro campo per giorni, poi ho visto le tracce dell’esercito e vi ho seguite – disse la ragazza con un filo di voce.
– Lasciatela – intimò Clotilde – E dimmi cos’è successo
– Mia sorella – disse Giada mentre veniva liberata – Mia sorella è stata deflorata
Le stregone si guardarono sconcertate. Il terrore riempì i loro occhi.
– Un uomo – Giada si buttò al suolo, sulle ginocchia al cospetto della Stregona – Un uomo dell’Imperatore l’ha presa. L’ha portata con sé. È tutta colpa mia! Sono stata io a portarla in quel bordello.
Clotilde spinse via la ragazza che cercava di abbracciarle le gambe, come se cercasse perdono. Era stata una stupida, incosciente, e ora non aveva tempo di occuparsi di lei. L’esercito dei ribelli stava per scontrarsi con le armate imperiali e, a sud, Anya stava per affrontare l’Imperatore al pieno dei suoi poteri.
– Non capisco perché vi preoccupate tanto – sentenziò Cunya afferrando l’impugnatura della spada e sguainandola – Anya è l’eletta e sconfiggerà l’Imperatore a prescindere. Ricordate la profezia e abbiate fede. Ora combattiamo!
La decisione e la forza mostrata dalla Saggia riuscirono a rincuorare le altre donne. Cunya senza aspettare oltre si diresse verso le sue truppe, portandosi in prima linea per affrontare la battaglia. Si presentava a loro un giorno di sangue e Clotilde non era affatto sicura che le cose sarebbero andate come speravano.
Ad un ordine di Cunya le guerriere smisero di sbattere le lance al suolo. Un attimo dopo anche il tuono delle spade sugli scudi si fermò. I due schieramenti si guardarono, separati dall’intera pianura. Secondi di silenzio, di pace, di quiete inquietante. Poi il boato delle urla e degli stivali che schiacciavano il terreno in corsa. Le prime fila dei due schieramenti si lanciarono in carica l’uno contro l’altro e l’impatto fu tremendo.
I soldati imperiali combattevano con una foga incontrollabile, con una violenza inconcepibile. Le guerriere ribelli già meditavano di arretrare, di fuggire. L’unica cosa che teneva alto il loro morale era Cunya che continuava ad impartire ordini e ad abbattere nemici con la sua spada. La Saggia aveva inizialmente guidato le sue truppe riuscendo a ridurre le perdite e a tenere compatto il fronte. Tuttavia i soldati imperiali erano riusciti in breve a spezzare lo schieramento e la mischia era diventata una bolgia caotica in cui era impossibile orientarsi. Cunya continuava a richiamare a sé gruppetti di guerriere formando piccoli schieramenti difensivi che tenevano a bada la foga e la furia avversaria.
Le stregone osservavano la battaglia dal limitare della foresta. Qualcuno scoccava incantesimi nei limiti dei propri poteri, aiutando le loro compagne, ma non era un apporto decisivo. Sembrava che le sorti della battaglia fossero tutto sommato equilibrate e iniziarono a sperare di poter vincere.
Dall’altra parte del campo Biscia mangiava uva, seduta sul suo trono. Divorava un chicco alla volta con tranquillità, osservando lo spargimento di sangue che si consumava davanti a lei. Non sembrava intenzionata a scendere in campo.
Durò così per almeno un’ora. Nessuna delle due armate sembravano intenzionate a cedere terreno. Ma improvvisamente qualcosa mutò. I ribelli iniziarono a perdere terreno e le truppe dell’Impero stavano affermando il proprio trionfo. Pian piano quella che era una battaglia equilibrata stava divenendo un massacro perpetrato ai danni delle guerriere. Clotilde cercò con lo sguardo Cunya, per capire cosa stesse succedendo. La Saggia però sembrava scomparsa nella mischia. La Stregona era troppo distante per scorgerla e distinguerla tra i vari guerrieri evidentemente. La cercò per diverso tempo, sperando di vederla spuntare da un momento all’altro, su di una pila di nemici, con la sua spada in pugno, pronta a dare nuova forza alle guerriere. Ma ciò non accadde.
– Annette, resta qui con le altre – disse infine Clotilde – Vado a cercare Cunya sul campo di battaglia, speriamo non sia morta
Le parole glaciali non ebbero risposta. Le stregone e la donna di colore rimasero in silenzio osservando Clotilde avanzare nella bolgia di sangue e violenza.
I ranghi delle file posteriori erano ancora serrati, anche se ogni tanto una guerriera la si vedeva correre via, fuggendo da quella follia. Più avanzava sul campo e più lo spettacolo si faceva spaventoso. In ogni direzione vi erano combattimenti, sangue, urla di dolore e di foga. Il sangue e i caduti ricoprivano il suolo della piana ormai rossa.
Un soldato la puntò con la spada. La Stregona fu abbastanza pronta da fulminarlo con un raggio di energia. Avanzò ancora in quella bolgia, evitando di spingersi troppo oltre per non trovarsi circondata dai nemici. Un altro paio di volte dovette difendersi con la magia.
Vagava ormai da un tempo incalcolabile quando intravide una zona di soldati imperiali più folta, come se proteggessero qualcosa. Fulminò uno dei soldati con un raggio. Aveva speso troppe energie per attacchi letali, infatti l’uomo rimase solo stordito e cadde al suolo. Lo spiraglio che le si aprì le diede modo di intravedere Cunya. Era viva. Era stesa al suolo, sulla schiena. Un soldato le teneva le braccia all’indietro. Altri due le tenevano le gambe ben allargate, lasciando l’ampio sesso carnoso ben visibile e libero a chiunque ne volesse approfittare. Evidentemente molti avevano colto quell’occasione a giudicare da com’era ridotta la donna. Il volto era ricoperto di sperma. Numerosi schizzi vi si erano depositati e le colavano lungo il collo. Il suo petto, i suoi poderosi seni tondi e alti, erano coperti da una sottile patina di seme, che si accumulava nell’incavo scivolando lentamente sulle curve così accentuate. La sostanza bianca che li vi si accumulava poi scendeva lentamente giù, sul ventre della donna, fino poi al sesso, completamente imbrattato. Dalla sua vagina e dal suo ano usciva continuamente sperma che colava poi al suolo, creando una pozza di fango e sperma. Cunya non si dimenava, non cercava di liberarsi, non più almeno. Attorno a lei vi erano diversi uomini stesi a terra, stremati. Un soldato la stava penetrando in quel momento. La scopava con profondi colpi d’anche, dandole ogni tanto un piccolo schiaffo sul volto, semplicemente per umiliarla. La Saggia era ormai inerme, si lasciava possedere e fare qualsiasi cosa, impossibilitata a ribellarsi e liberarsi. Non contava più gli uomini che aveva sentito dentro di sé e che le erano venuti addosso o dentro. Questo era solo uno dei tanti. Con un affondo, anche questo riversò dentro di lei il suo piacere. Si sentiva sporca, imbrattata e ricoperta. Sentiva la sostanza scivolarle addosso e scorrerle per il corpo. La sentiva riversarsi fuori dai suoi orifizi, dalla sua vagina e dal suo ano che erano stati riempiti da numerosi fiotti di sperma. Non era mai stata usata così. Era diventata una specie di trofeo per la imminente vittoria che si stava consumando, una vittoria che significava la sua sconfitta. Era il trofeo che tutta la truppa si scambiava e si godeva senza pietà e senza ritegno. Alcuni avevano abusato di lei senza nemmeno guardarla, chiacchierando con i compagni di plotone, come fosse solo un buco, un oggetto in cui svuotare le palle. Quelle mani che le tenevano le cosce spalancate, erano la cosa che più la faceva sentire umiliata. Quelle mani la tenevano larga, pronta a ricevere, esposta a qualsiasi cosa avessero voluto infilarle dentro. I soldati poi si erano dati il cambio, per potersela scopare proprio tutti, a turno. Era stato insostenibile. Dopo l’ennesima serie di schizzi ricevuti dentro, il soldato si accasciò di lato, esausto, per riposarsi.
Clotilde lanciò un incantesimo sul gruppo di soldati. Tutti gli uomini improvvisamente si immobilizzarono, bloccati totalmente. Non muovevano un muscolo, né uno sguardo. Nemmeno respiravano. Erano completamente immobilizzati. La Stregona si fece largo tra il capannello di uomini incantati e liberò Cunya.
– Cosa è successo? – chiese la Saggia osservando gli uomini immobilizzati intorno a lei. Mentre si alzava in piedi sentiva lo sperma scorrerle sul corpo, ora avvolgendole anche le cosce, scendendo fino alle ginocchia e insinuandosi negli stivali. Giù, per gli stinchi fino ai piedi. La terribile e viscida sensazione l’avrebbe accompagnata ad ogni passo.
– Li ho immobilizzati con un incantesimo – disse Clotilde mentre cercava di tirare via Cunya, per scappare. Quest’ultima non era però intenzionata a fuggire subito via. Si abbassò a raccogliere la sua spada. Era stata gettata in un angolo e un paio di uomini avevano schizzato il proprio seme sulla sua lama, come a farle capire che il suo tentativo di combattere era ridicolo e non valesse nulla. La donna alzò la lama sporca di sperma sulla testa e la abbassò con un poderoso fendente sulla piena fronte dell’uomo che fino ad un attimo prima la reggeva per le braccia. L’uomo immobilizzato non poté sottrarsi dal colpo, ma la lama non lo graffiò nemmeno. Era come se avesse colpito una statua di ferro. Cunya sentì il colpo rimbombarle nel braccio. Si tirò indietro senza riuscire a capire cosa fosse successo.
– Sono fuori dal tempo. Loro non possono ferirci ma non possono essere feriti. Non ho bloccato i loro corpi, li ho esclusi dal tempo. Sono qui ma non possono essere spostati o feriti – spiegò la Stregona trascinando via la donna.
Le due tornarono indietro mentre l’incantesimo si scioglieva. Avanzarono a ritroso nella bolgia di sangue e violenza. I ribelli stavano amaramente perdendo. Le perdite erano ingenti e la foga dei soldati aumentava ogni secondo di più. Per le guerriere sembrò non esserci speranza. Zoe le intravide nella mischia e come una furia si avvicinò loro, abbattendo soldati ad ogni passo. La sua lancia era una saetta che si muoveva con precisione e violenza, mietendo vittime ad ogni movimento. Era una delle pochissime che ancora riuscivano a tenere testa al nemico.
– Annuncia la ritirata Zoe – diede ordine Cunya con la voce addolorata – Annuncia la ritirata

L’esercito del sud era lento e pesante nei suoi spostamenti. Avevano iniziato la loro marcia all’alba, mentre la sabbia del deserto era ancora fredda e non battuta dall’impassibile sole. Contavano di raggiungere il Crinale Roccioso e affrontare le truppe imperiali con un terreno favorevole, in discesa nei loro confronti. Tuttavia la colonna in marcia non era composta solo dai soldati, ma anche da altrettante donne. Anya non riusciva a comprenderne il motivo di tale futilità. Oltre a rallentarli, le donne non avrebbero combattuto e sarebbero state solo d’intralcio. Passarono numerose ore e l’esercito del sud ancora arrancava nel torrido deserto. Quando il sole era a picco sulle loro teste, l’armata imperiale apparve davanti a loro. I soldati dell’Imperatore indossavano le loro classiche armature che li faceva affondare nelle bollenti sabbie. In testa allo schieramento vi era l’Imperatore in persona nella sua armatura brunita e col suo spadone a due mani legato dietro la schiena. I due eserciti iniziarono a schierarsi lentamente, schiacciati dal calore asfissiante del deserto. Gli uomini di Lorenzo erano più pronti e abituati a quel clima. Indossavano armature più leggere, composte da piastre leggere e leggeri abiti di cotone. Erano armati con scimitarre e scudi rotondi con gli emblemi del loro Re.
Quando i soldati del sud si erano schierati in diverse file, pronti per l’attacco, le donne li raggiunsero. Anya non capiva cosa stesse succedendo, poi vide gli uomini slacciarsi i calzoni ed estrarre il membro eretto e turgido. Alcune donne si chinarono prendendo il pene tra le labbra, iniziando a succhiare con decisione. Altre si chinarono rivolgendo il sedere agli uomini, lasciandosi penetrare.
– Cosa cavolo fanno? – domandò Anya stizzita verso Lorenzo – Dobbiamo combattere, non scopare
– Sai perché gli uomini dell’Imperatore sono così forte? – domandò a sua volta Lorenzo all’eletta – È l’eccitazione sessuale. Sono sempre pronti e la loro eccitazione da loro più foga e più forza. L’Imperatore lo fa con la magia. Noi al Sud abbiamo i nostri metodi
– Quindi anche tu dovresti? – chiese Anya.
– In effetti si – ammise il Barone sorridendole a sua volta. A pochi passi da loro vi era Giulia in silenziosa attesa. La ragazza osservava il suolo impassibile. L’eletta la richiamò con un gesto, ordinandole di occuparsi del suo uomo.
– Grazie mia signora – disse Giulia inginocchiandosi davanti al suo Re. Gli estrasse i membri dal calzone e iniziò a succhiarglieli, agitando le mani sulle aste.
Gemiti e urla di piacere iniziarono a riempire il deserto, mentre l’immensa orgia si consumava. Donne penetrate con passione, nella vagina e nell’ano. Molte erano in ginocchio, succhiando i membri dei soldati che avevano scelto di soddisfare. Alcune venivano condivise da più guerrieri. Qualcuno era privo di compagna e sfruttava la moglie di qualcun altro, senza che questi si lamentasse minimamente. Mentre una donna, piegata in avanti, riceveva il membro del proprio uomo tra le gambe, un altro soldato le appoggiava il proprio tra le labbra, infilandoglielo in bocca senza ricevere resistenza alcuna. Diverse migliaia di uomini con altrettante donne avevano rapporti sessuali di ogni genere lì, in quel momento. Si scambiavano i compagni e provavano piacere in ogni modo, senza alcuna vergogna e senza alcun tabù.
Appena un uomo sentiva il proprio pene pulsare di piacere, pronto per esplodere, si fermava semplicemente, restando così sull’orlo del piacere. Rapidamente tutti gli uomini si fermarono e riposero il pene nelle braghe, mentre le donne si allontanavano, raggiungendo le retrovie. Rimanere così, sull’orlo del piacere, dava una carica aggiuntiva agli uomini, una foga implacabile. Alla fine anche Lorenzo raggiunse il suo limite e spinse via Giulia. La ragazza si allontanò senza dire altro, a capo chino, raggiungendo le altre donne.
L’esercito nemico aveva già iniziato a muoversi verso di loro quando finalmente la loro preparazione era finita. Per fortuna il deserto li rallentava, ma avevano comunque perso del tempo.
– Voi occupatevi dell’esercito, dovete proteggermi mentre raggiungo l’Imperatore – disse Anya rivolta a Lorenzo. La donna sguainò la sua spada e con la punta mirò il nemico dall’altra parte del campo, che svettava sui suoi uomini notevolmente – Io sono l’eletta, sono nata per ucciderlo. Senza i suoi poteri lo finirò facilmente.
Il Barone Giulii annuii semplicemente, quindi diede gli ultimi ordini per compattare le schiere. Alcuni secondi dopo urlò la carica al suo esercito.
I soldati imperiali affondavano pesantemente i loro stivali nella sabbia, mentre l’esercito del sud sembrava volare, poggiando sapientemente i piedi leggeri e rapidi. I due schieramenti si ruggirono contro prima di impattare con violenza. Clangore di spade e scudi esplosero nell’aria, assordando i pochi animali che si nascondevano nella sabbia, ignari della violenza che stava per consumarsi. In prima fila, Lorenzo combatteva come poteva. Non era un guerriero eccellente, ma se la cavava abbastanza bene. Quattro guardie del corpo lo proteggevano e si assicuravano che il loro Re non cadesse vittima della battaglia. Nei loro pressi, Anya abbatteva nemici con la facilità con cui si abbattono mosche. Leggiadra rapida e veloce. Non possedeva uno scudo, ma scivolava via da ogni attacco schivandolo con grazia, lasciando che ad ogni movimento il gonnellino di metallo si sollevasse mostrando le sue nudità. La sua spada cantava sul metallo degli scudi imperiali, piegandoli e costringendoli alla resa. Nessuna pietà splendeva nei suoi occhi scuri.
I soldati del sud combattevano con vigore e foga, prevaricando l’armata imperiale. I soldati della Capitale male si destreggiavano sulla sabbia del deserto e facilmente ponevano il piede in fallo. I loro avversari sembravano indemoniati e falciavano con le loro scimitarre qualsiasi cosa gli si ponesse davanti. In meno di un’ora la battaglia sembrava già nelle mani del Sud. La vittoria sembrava in pugno, pronta per essere afferrata e strappata via.
Anya continuava a mietere vittime. Qualcuno, spavaldo, la affrontava apertamente. Molti di più fuggivano al suo cospetto, ma senza troppo successo. Con rapidi guizzi ghermiva i codardi e li passava a fil di spada. Per tutta la battaglia, l’eletta non aveva fatto altro che cercare l’Imperatore con lo sguardo, ma egli era sempre troppo distante, a menare micidiali fendenti capaci di aprire a metà un uomo con un solo colpo. Solo quando il sole aveva iniziato a calare dall’apice del cielo, i due avversari si erano trovati finalmente ad una distanza ottimale.
Lorenzo con le sue guardie aveva richiamato alcuni uomini nella mischia, preoccupandosi di impedire a qualsiasi soldati imperiale di intervenire nel duello che si stava preparando.
– Finalmente – la voce dell’Imperatore tuonava da sotto l’elmo brunito. La sua enorme spada grondava sangue. Il suo membro era imponente e nudo, ben eretto, come sempre.
– Sei pronto a morire? – domandò Anya preparandosi al combattimento.
Per diversi secondi i due si scrutarono, incerti sul da farsi. Poi l’Imperatore aveva mosso un piede in avanti, pronto ad aggredire la sua rivale. Anya a sua volta era scattata verso il suo avversario, forte della profezia e dell’incanto che lo privava dei suoi poteri.
L’Imperatore sollevò il suo spadone in aria, verso il cielo, pronto ad assestare un violento fendente. Anya, rapida e pronta, non si lasciò sorprendere. Sollevò la sua spada parallela al suolo, per parare il colpo, certa della debolezza del suo avversario. Quando l’Imperatore colpì, il suo spadone tranciò di netto la spada dell’eletta, continuando la sua corsa con violenza diretta sul capo di Anya.
In un attimo la sua vita fu spezzata. Increduli i soldati osservarono la scena. Osservarono la vita di Anya strappata così semplicemente, con un semplice colpo di quella creatura inarrestabile, di quell’essere immortale. Lorenzo rimase impietrito per alcuni secondi, osservando l’Imperatore ridere sguaiato della sua facile vittoria.
– Lorenzo! Ci incontriamo di nuovo.

L’esercito dei ribelli stava marciando verso Nord, in direzione del loro accampamento. Quella in cui si trovavano Annette, Clotilde, Zoe e Cunya era solo una delle numerose colonne di sopravvissuti alla battaglia. Numerose altre erano fuggite in diverse direzioni in seguito alla sconfitta, pronte a ricongiungersi all’accampamento. Giada era con loro, ancora in lacrime, disperata, chiedendo perdono e supplicando di aiutare la sorella, schiava di quell’uomo dai capelli bianchi e gli occhi rossi. Le sue suppliche, le sue richieste, cadevano inascoltate.
Le donne marciavano in un silenzio tetro, colmo di tensione. Cunya era ancora sporca di sperma, incapace di ripulirsi del tutto dall’enorme quantità di sostanza che l’aveva ricoperta. Quella sensazione sulla pelle sottolineava quella sconfitta, rendendola ancora più amara. Tutti i pensieri erano rivolti ad Anya, a cosa era accaduto a Sud.
Le incertezze e i dubbi furono dissipati diverse ore dopo, quando ormai erano prossimi all’accampamento. Zoe fu chiamata da alcune sottoposte che le mostrarono un messaggio, arrivato poco prima, condotto da un piccione.
Il messaggio era da parte di alcuni contatti che i ribelli avevano al Sud, che controllavano la situazione e riportavano le notizie salienti. Zoe lesse il messaggio e i suoi grandi occhi neri si rabbuiarono. Porse il messaggio a Cunya senza una parola. La Saggia lo lesse, rimanendo impassibile, immobile. Clotilde dovette strapparglielo di mano per leggerlo.
– Anya è morta – disse la Stregona, placando la tesa curiosità che aveva attanagliato tutte le donne presenti – Il Barone Lorenzo Giulii è stato catturato dall’Imperatore e il suo esercito è stato messo in rotta
Annette si portò una mano alle labbra, mentre la mascella iniziava a tremarle. Alcune donne iniziarono a piangere senza ritegno. Altre singhiozzavano disperate. Cunya era impassibile.
– Qui ci separiamo Clotilde – disse la Saggia dopo alcuni secondi di silenzio – Io taglio verso i Monti Invalicabil! Zoe mi accompagnerà e tu prenderai temporaneamente il comando del campo, fino al mio ritorno
Le donne si guardarono sgomente, senza capire ciò che stava succedendo. La Saggia colse la confusione che aveva creato con quella dichiarazione e prontamente aggiunse – Andremo dall’Alchimista. Solo lui può aiutarci ora, e riportare in vita l’eletta
– Ma mia signora – la voce di Zoe era preoccupata e tesa – Non possiamo! L’Alchimista è…
– È la nostra ultima speranza – tagliò corto Cunya. Dopo queste parole nessuno disse più nulla.

Note:
Ho scritto un secondo interludio, un capitolo di raccordo, tra il 10° e l’11° Capitolo. Tuttavia ho deciso di non pubblicare questo interludio in quanto non è fondamentale per la trama. Tuttavia se vuoi riceverlo e leggerlo comunque ti basterà scrivermi alla mail menestrello00@gmail.com. Ti inoltrerò l’interludio ;)

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