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Il tuo potere su di me

By 10 Giugno 2014Aprile 2nd, 2021No Comments

Capitolo 1: Una del Trio
L’estate non era ancora inoltrata, eppure l’afa aveva già stretto in una fastidiosa morsa il tacco dello stivale. Quella mattina, Fulvio fece rientro a casa dopo aver sbrigato una serie interminabile di commissioni, girovagando in lungo e in largo per la città e passando da una coda all’altra. Aveva accumulato nelle tasche tutti i tagliandi comprovanti le sue attività: il biglietto della sosta a pagamento, il numeretto del banco salumi del supermercato, quello per la fila in banca, in posta, e così via. Tutta una serie di noiosissime faccende da sbrigare, con solo l’avvenenza di alcune commesse ed impiegate a rendere meno gravoso il peso delle ore passate sotto il solleone.
Appena prima di togliersi i vestiti di dosso, vuotò nella spazzatura tutto quell’inutile ingombro cartaceo. Dopodiché, completamente nudo, riempì la lavatrice di capi colorati e, mentre l’apparecchio iniziava a rumoreggiare, il ragazzo si fiondò sotto la doccia, godendosi i benefici dell’acqua sul suo corpo sudato e accaldato. Insaponandosi, indugiò con una mano sul suo pene che, durante un lavaggio sin troppo accurato, somigliante più ad una lenta ed estenuante masturbazione, non poté fare a meno di acquisire consistenza, raggiungendo, nel giro di poche decine di secondi, la sua massima erezione.
Nel tempo che Fulvio impiegò per risciacquarsi ed insaponarsi una seconda volta, il suo membro parve rifiutarsi di tornare a riposo, e anzi, vederlo tanto eretto da puntare quasi verso l’alto, invogliò il ragazzo a continuare a stimolarlo con movimenti calmi e decisi. L’atto di allungare e ritrarre la pelle intorno alla sua asta, portò il glande a restare sempre più scoperto, sempre più a lungo. Il docciaschiuma, a causa sia dell’acqua che del movimento ormai continuo, contribuì a rendere lucido e ricoprire di bolle il lungo e grosso pene di Fulvio, la cui mano, seppur di dimensioni ragguardevoli, pareva quasi quella di un elfo che brandiva un’ascia, tanta era l’eccitazione raggiunta dal ragazzo in quel momento d’inattesa e soddisfacente intimità. L’acidità del sapone che scivolava sulla carne viva al di sotto della pelle del suo membro, gli causò un lieve bruciore che, in quel momento, non fece che amplificare la sua voglia, donando alla sua appendice carnosa una appena accennata fitta di dolore.
Probabilmente, però, la prese come al suo solito troppo comoda, tanto da dover maledire il telefono che lo riscosse dai suoi pensieri pochi istanti prima di giungere al picco del piacere. Il trillo insistente lo deconcentrò totalmente, riportandolo alla realtà e rendendo la sua azione non più un eccitante volo di fantasia, ma un movimento meccanico e ripetitivo che decise di interrompere quando si rese conto che un orgasmo raggiunto in maniera così banale non lo avrebbe affatto soddisfatto. In fretta e furia, perciò, ultimò la doccia e, ancora stretto in un leggero accappatoio in microfibra, accese il pc per passare qualche minuto a guardare video e cazzeggiare sul web come soleva fare nei momenti di relax.
Ricordando che non avviava il programma da un po’, cliccò sull’icona di Skype, accedendo col suo account da autore di racconti erotici per accertarsi di non avere messaggi o richieste in sospeso. Era una cosa altamente improbabile, in realtà. Difatti, sebbene da circa un anno scrivesse, riscuotendo anche un discreto riscontro, dei brevi racconti su un sito di narrativa specializzato, l’inattività degli ultimi mesi l’aveva portato a non avere troppi nuovi contatti, ma a restare online quel tanto che bastava a salutare vecchi amici ed aggiornarsi in maniera rapida e, spesso, superficiale, sulle vicende della loro vita.
Restò, pertanto, parecchio sorpreso dal notare una richiesta di contatto inviatagli il giorno precedente. Sorrise quando lesse il nome fittizio della donna che aveva deciso di contattarlo: Phoebe H. ‘Proprio una strana coincidenza’, pensò. Accettò senza indugiare. In fondo, almeno un argomento di conversazione l’avrebbero avuto, considerando che la sconosciuta aveva assunto l’identità di una delle protagoniste del telefilm che, più d’ogni altro, aveva segnato la vita di Fulvio.
La donna era online, ma lui, curioso come sempre, andò immediatamente a sbirciare i dettagli visibili del suo profilo. La foto rappresentava, come ci si poteva immaginare, Alyssa Milano alle prese con gli effetti speciali che le conferivano il potere della levitazione, durante il suo interpretare la più dissennata del Trio delle sorelle streghe. Ciò che colpì nel vivo Fulvio, invece, fu la città di provenienza della sedicente Phoebe H. La sua stessa città. Il cuore gli si fermò per un momento nel petto quando lesse le sette lettere che ne componevano il nome. Era la prima volta che, tramite quel sito, entrava in contatto con qualcuno proveniente dalla sua stessa zona e sapeva bene quanto la cosa potesse essere delicata. Immediatamente, si ripromise di andarci coi piedi di piombo. E, magari, tentare di capire se quella sconosciuta fosse, poi, davvero tale.
Successivamente, i suoi occhi si posarono sulla data di nascita, facendogli notare come Phoebe andasse per i trentasei, appena quattro anni più di lui.
Non fece neanche in tempo a scandagliare la propria memoria alla ricerca di qualcuna nata il sedici di luglio, che la finestra di chat si aprì sotto i suoi occhi. A scrivergli fu proprio Phoebe.
‘Ciao’, fu l’unica parola che apparve.
‘Ciao a te’, rispose Fulvio, qualche secondo più tardi.
‘Vado dritta al punto: qualche giorno fa, da una ricerca di tutt’altra natura su Google, mi è capitato di imbattermi in uno dei tuoi racconti. Da allora li ho letti tutti, uno dopo l’altro. Sono terribilmente imbarazzata, ma mi sono piaciuti talmente tanto che non ho resistito dal contattarti per complimentarmi’.
I ringraziamenti furono d’obbligo, e i discorsi successivi, conseguenza di domande classiche come ‘Cosa fai nella vita?’, ‘Sei impegnata?’, e così via, fluirono in maniera naturale e piacevole. Né Fulvio né Phoebe entrarono, però, troppo nei dettagli. Lui restò sul generico, parlando delle sue origini meridionali, dei suoi studi umanistici e così via. Lei, sebbene tendesse ad approfondire maggiormente, non nascondendogli la città di provenienza, il suo essere sposata da alcuni anni con un già compagno di studi universitari e l’impiego che la occupava anche mentre si scrivevano quella mattina, non nominò in alcun modo né il suo nome reale, né dettagli di altro tipo che avrebbero potuto contribuire a identificarla.
Quando lei, con giri di parole tipici di chi è combattuta tra l’imbarazzo e l’eccitazione, gli fece intuire che i suoi racconti erano riusciti a stimolarla e a farle vivere momenti di estremo piacere, il membro di Fulvio non poté contenersi dal riprendere il vigore di circa un’ora prima. Lui non si scostò dalla falsariga seguita dalla donna. Giocarono sul di lei terreno per un po’, stuzzicandosi con frecciate talmente velate che, in un qualsiasi altro contesto, non sarebbero sembrate neppure avances a sfondo sessuale. Tuttavia, la sintonia tra loro risultò subito più che evidente. Lo stato d’eccitazione nel quale versava il ragazzo, e quello che la sua interlocutrice lasciava trasparire fra le righe, crebbero minuto dopo minuto. E fu estremo il rammarico di entrambi quando quel gioco innocente e seducente dovette interrompersi, causa la fine del turno di lavoro di Phoebe.
Una volta salutatisi, e datisi appuntamento alla mattina successiva, Fulvio non riuscì ad esimersi dallo slacciare il sottile accappatoio che ancora indossava, lasciando svettare un pene turgido e nuovamente pronto ad essere stimolato. Ancora inebriato dalle parole di quella sconosciuta, così apparentemente raffinata eppure con un lato ben diverso che sembrava spingere per venir fuori, Fulvio raggiunse il piacere nel giro di pochi minuti, osservando densi e copiosi fiotti di sperma eruttare dal suo membro gonfio e arrossato, prima di ricadere lungo il suo pene, la mano che lo impugnava, e il suo addome nudo. Tanto, pensò, quella chiacchierata l’aveva fatto sudare al punto che avrebbe ugualmente avuto bisogno di una seconda doccia.

Capitolo 2: La rivelazione
Nei giorni che seguirono, le chiacchierate tra Fulvio e Phoebe si fecero sempre più frequenti e, via via, più intime.
La ragazza iniziò a lasciarsi andare. Inizialmente, si limitava per lo più a chiedere curiosità o chiarimenti sui racconti scritti da Fulvio, non risparmiando, per quasi tutti i brani, la classica domanda circa se fossero eventi realmente accaduti o mero frutto della fantasia. In seguito, cominciò a parlargli di quale aspetto la eccitasse di più, di quali eventi tra quelli descritti la intrigasse, di quali fossero le sue fantasie ricorrenti, in quale delle protagoniste si rispecchiasse maggiormente.
Partendo da discorsi apparentemente oggettivi, però, Phoebe finiva spesso con l’iniziare a parlare in prima persona. Così, Fulvio si ritrovò ad ascoltare confidenze circa una vita sessuale, se non proprio inesistente, quantomeno piatta, senza troppe emozioni. Phoebe gli raccontò di aver sposato un uomo col quale, sebbene condividesse la vita ormai da diversi anni e vi fosse una profonda comunanza di vedute, non era mai davvero riuscita a tirar fuori a pieno la sua sessualità, a sfogare i suoi istinti, a sentirsi appagata nel senso più profondo del termine.
La discrepanza tra la condizione concreta vissuta dalla sua interlocutrice, fatta di rapporti coniugali né troppo frequenti né troppo soddisfacenti, e la sua indole estremamente fantasiosa e vitale, a causa di una continua quanto frustrante castrazione dei propri desideri, finalizzata a non ledere la sua aura da donna austera dedita solo al lavoro e alla famiglia, pareva accrescersi giorno dopo giorno. Phoebe ripeteva spesso di sentirsi come in gabbia in quelle condizioni. Di desiderare al suo fianco un uomo più deciso, brillante. Qualcuno che, oltre alla sicurezza economica ed alla stabilità emotiva, sapesse donarle anche quelle emozioni mentali e fisiche che le erano sempre mancate.
Andare avanti a leggere i racconti di Fulvio, sapere dell’esistenza di chi condivideva le sue fantasie, di chi aveva i suoi stessi pensieri, di chi si eccitava al suo stesso modo, se da un lato la intristiva, facendole desiderare fortemente qualcosa che forse mai avrebbe avuto, dall’altro la intrigava, la stimolava, costellava le sue giornate di vitalità e di una punta d’euforia.
A tal proposito, non mancò più volte di ringraziare il ragazzo per ciò che, inconsapevolmente, faceva per lei. Leggerlo l’aiutava ad evadere da una realtà che iniziava a starle stretta, da una routine che non l’appagava. Per rifugiarsi in un mondo di desideri e fantasie nel quale riusciva ad essere pienamente sé stessa, seppure in quel mondo vivesse da sola, ritagliandosi qualche minuto per leggere quelle poche righe, mentre sentiva macchie umide spandersi fra le sue cosce, approfittando per sfogare le sue voglie e darsi piacere chiusa nella doccia del suo appartamento, o masturbandosi furiosamente quando si ritrovava da sola in casa.
Inizialmente, Phoebe esprimeva con discrezione il suo apprezzamento per le opere di Fulvio. Man mano, però, complice un rapporto sempre più stretto, fatto di lunghe chiacchierate pressoché quotidiane, iniziò ad abbandonare completamente ogni formalità, smettendo di misurare ogni parola e cominciando ad essere molto più esplicita e diretta.
‘Sai’, gli disse una mattina, ‘Ieri ho riletto il tuo ultimo racconto. Mi piace ogni volta di più. Lui era in salone, io sul letto con il tablet. Leggendo mi sono eccitata tanto. Mi sentivo bagnata, accesa. Non ho potuto fare a meno di accarezzarmi. Di infilare un dito. Poi due’.
‘Interessante’, le rispose Fulvio, non riuscendo a trattenersi dal massaggiare il suo membro attraverso la stoffa dei pantaloncini che indossava. ‘Continua a raccontare’.
‘Insomma, ero fradicia, completamente. Non ne potevo più’ ho lasciato cadere il tablet sul materasso, e tenendo d’occhio la porta, ho cominciato a masturbarmi furiosamente. Velocemente e a fondo. Proprio come descrivevi tu’.
‘Ti sei immedesimata bene. Continua, voglio sapere com’è finita’.
‘E’ finita che tenevo d’occhio la porta per evitare di essere vista, mentre ho infilato anche il terzo dito e sono venuta allargandomi come mai prima d’ora. Non puoi capire, ero in un mare di sudore e avevo un lago tra le cosce’.
‘E scommetto che anche ora, a pensarci, non sei del tutto asciutta. Vero?’, incalzò Fulvio, continuando la sua stimolazione.
‘No, non lo sono’.
‘Vorresti farlo anche ora, ho ragione? Portare le tue dita tra le cosce e riempirti di nuovo la figa. Godere come ieri, forse anche di più’.
‘Si’.
‘Sai cosa sto facendo?’, chiese lui.
‘No’, rispose Phoebe, ormai a monosillabi.
‘Ho tirato fuori il mio cazzo, che è diventato completamente duro a leggerti. E ora lo sto segando piano, scappellandolo, scorrendo lungo l’asta turgida e calda’.
‘Ti prego. Sono bagnata. Ho voglia e non posso fare nulla. Perché mi dici questo?’.
‘Per farti sapere che mi hai fatto eccitare. E per far eccitare anche te’.
‘Lo sono già. Non sai quanto, accidenti a te’.
‘Abbastanza da andare in bagno e godere per me? Da chiuderti lì dentro e venire a cosce larghe riempiendoti la figa con tre dita?’.
Phoebe non rispose per almeno una decina di minuti, prima di tornare attiva e limitarsi ad una sola frase, eccezionalmente eloquente.
‘Ti odio. Cosa mi fai fare”.
Fulvio non chiese spiegazioni, si limitò a chiedere: ‘Quanto hai goduto?’.
La risposta fu immediata: ‘Da morire’.
Quel giorno, il ghiaccio venne rotto del tutto. Ogni tabù abbandonato. Ogni diga di perbenismo crollò, e i due iniziarono a parlare apertamente di ogni cosa, dalla più comune alla più scabrosa, senza il benché minimo imbarazzo. Seguirono altri episodi simili nei giorni successivi. Il loro rapporto continuò a farsi di volta in volta più intenso. Finché, una rivelazione di Phoebe, che intanto aveva svelato come Ilaria fosse il suo vero nome, fece letteralmente gelare il sangue nelle vene di Fulvio.
‘Oggi vado a pranzo con i colleghi, è il compleanno di uno di loro’, disse lei, mentre chiacchieravano del più e del meno.
‘Ah, bene. E dove?’, chiese Fulvio.
‘Vicino alla banca, così ci muoviamo a piedi.’
In seguito, la donna gli raccontò in quale locale avessero prenotato e, come diretta conseguenza, gli svelò anche dove lavorasse. A seguito di quelle rivelazioni, Fulvio restò di sasso per svariate decine di secondi. Era la banca nella quale aveva il conto. E lei, Ilaria. La dottoressa Ilaria Basile. Una delle destinatarie di tutte le sue più recenti fantasie erotiche. Tutto calzava a pennello, in effetti. Il nome, il luogo di lavoro, l’età, la descrizione fisica. Quella ragazza, alta e sinuosa, dalle forme armoniose ma non eccessive. Quello sguardo indagatore nascosto dietro un paio di occhiali estremamente intriganti. Quelle labbra piene e invitanti che sognava di mordere ogni volta che l’aveva davanti.
‘Fulvio? Ehi, ci sei?’, lesse sullo schermo.
Si riscosse, scacciando indietro quei pensieri e sforzandosi di riacquistare un minimo di lucidità. ‘Si, perdonami, mi cercavano al telefono. Ho capito a quale banca ti riferisci, certo’.
‘Ho una voglia stamattina”, continuò Ilaria, sentendosi ormai completamente libera di esprimere i suoi pensieri.
Sapere con chi parlasse, causò a Fulvio sentimenti contrastanti, sovrastati tutti da un’eccitazione che crebbe rapidamente, fino a deflagrare con forza in lui, lasciandolo al tempo stesso carico e svuotato di ogni energia.
‘Sai’, continuò lei, ‘Forse sono impazzita. O forse sei tu a mandarmi fuori di testa. Ma ieri”.
‘Cosa?’, rispose Fulvio, incapace di articolare un discorso.
‘Ieri sono stata sola per tutto il pomeriggio. Mi sono toccata tanto pensandoti. Ero fradicia, sentivo la figa in fiamme. Non ho resistito e l’ho fotografata mentre mi masturbavo. Aperta, bagnata e arrossata come piace a te. Dimmi che vuoi vederla. Voglio mostrarti come mi tocco e come mi hai ridotta. Mi fa impazzire questo pensiero’.
‘Ilaria’ io’ si, certo che mi va di vederla. Ma devo dirti una cosa prima’, rispose Fulvio, armandosi di coraggio.
‘Dimmi. Ma fa’ in fretta, è una follia e non vorrei cambiare idea. Desidero tanto farlo. E’ da ieri che ci penso’, rispose lei.
‘Che sono anch’io della tua città lo sai. Ciò che ancora non ti ho detto è che ti conosco personalmente, dottoressa Basile. Ho il conto alla tua banca. Fulvio Peluso è il mio nome per intero’.
A quelle parole non ebbe risposta per svariati minuti. Quanto bastò perché il tremore col quale scrisse quelle parole lasciasse il posto ad una triste rassegnazione circa il fatto che la sua confessione, per quanto dovuta ed eticamente irreprensibile, avesse probabilmente messo fine a quello strano e intrigante rapporto.
Un’euforia ancora maggiore, però, si impossessò di lui quando lesse le parole successive scritte da Ilaria, dopo quasi mezz’ora.
‘Si. Sono pazza. Ma quanto mi ecciti tu, prescinde da tutto il resto. Voglio mostrarti come mi tocco per te, quanto mi bagno, quanto mi rendi oscenamente porca. Vuoi vederla questa foto, o no?’.
‘No’, rispose Fulvio.
Fece trascorrere alcuni secondi, nei quali la sua interlocutrice non scrisse nulla. Poi concluse, facendo prevalere l’istinto sulla ragione.
‘Non voglio vedere quella foto. Puoi cancellarla. Voglio che me lo mostri di persona’.

Capitolo 3: Attenta a ciò che desideri
‘Hai vinto’, rispose Ilaria il mattino successivo.
‘Ce ne hai messo di tempo per deciderti’, replicò Fulvio, sarcastico come sempre.
‘Non so neanche perché ti stia dicendo di si. E’ una follia totale questa’.
‘Lo stai facendo perché il solo pensiero di mostrarti a me ti manda fuori di testa. E sai che farlo per davvero ti darebbe emozioni indescrivibili’.
‘Ciò non toglie che sia folle’.
‘No, infatti’.
La conversazione continuò per qualche minuto, stabilendo come luogo d’incontro lo stesso appartamento nel quale viveva Ilaria e come orario quello delle sedici del pomeriggio. Il che avrebbe lasciato ai due almeno un paio d’ore di libertà prima del rientro del marito della donna.
‘Come ti senti?’, chiese Fulvio, dopo un’oretta di silenzio.
‘Agitata. Eccitata. Tesa come una corda di violino. Ma non vedo l’ora che arrivi oggi pomeriggio’.
‘E perché?’.
‘Perché ti vedrò’.
‘Solo?’.
‘No. Perché mi mostrerò a te’.
‘Tutto qui?’.
‘Accidenti a te’ Va bene, sono già fradicia al solo pensiero di mostrarti quanto mi ecciti. Di farti vedere come riesci a mandarmi fuori di testa, a ridurre la mia figa a un lago di umori, a riempirmi la mente del pensiero di essere sbattuta da te. Così ti va bene?’.
‘Decisamente meglio, si’.
‘Solo che così mi fai bagnare’ Forse dovrei andare in bagno per calmarmi”.
‘No’.
‘Come sarebbe a dire’ Sono messa davvero male”.
‘Quanto male?’.
‘Abbastanza da avere una mano sotto la gonna già mentre sono seduta in ufficio’ Abbastanza da non riuscire a smettere di massaggiarmi’ E di bagnarmi sempre di più”.
‘Perfetto’.
‘In che senso?’.
‘Nel senso che così arriverai al pomeriggio pronta per esplodere di piacere’.
‘Dovrei resistere tutte queste ore? Ma io non ne posso già più’ Ti prego”.
‘Come vuoi. Puoi andare in bagno’ E godere per conto tuo, da sola, sapendo che non approvo. Oppure sforzarti di resistere qualche ora, accumulare tanta voglia da fare quasi male’ E poi sfogarla sotto i miei occhi, vivendo il più intenso orgasmo della tua vita. Scegli tu’.
‘Sei uno stronzo’.
‘Si, lo so’.
‘Un grandissimo stronzo”.
‘So anche questo. Ci vediamo alle sedici in punto, fammi trovare il portone aperto’.
Prima che Ilaria avesse il tempo di rispondere, Fulvio chiuse Skype, divertito ad immaginare l’espressione della donna durante quel breve scambio di battute.
Non si sentirono per le ore successive ma, qualche minuto prima delle quattro del pomeriggio, Fulvio era davanti al portone di casa di Ilaria. Era aperto, quindi entrò senza esitare. Due rampe di scale avrebbe potuto farle a piedi, ma per dare meno nell’occhio decise di prendere l’ascensore. Arrivato a destinazione, la rimandò al pianterreno, per cancellare ogni traccia del suo passaggio. Sentiva il cuore battergli come un tamburo. Per quanto con Ilaria tentasse di mostrarsi sicuro e granitico, era la prima volta che si trovava a vivere una situazione del genere. E la cosa lo eccitava e imbarazzava al tempo stesso.
Dopo qualche secondo passato a respirare profondamente per calmarsi, iniziò a leggere i nomi sui campanelli del pianerottolo. Trovata la porta giusta, bussò con piglio deciso ma non troppo forte. Solo qualche istante più tardi, la porta si spalancò. Ilaria, bella e sensuale come sempre, apparve davanti a lui vestita di un comodo abitino estivo che lasciava ben poco all’immaginazione. Le gambe toniche erano quasi completamente visibili, e anche la scollatura, molto accentuata, metteva in risalto l’incavo tra i seni, all’apparenza sodi e invitanti, sebbene di dimensioni non eccessive.
‘Ciao’, sibilò lei, fissandolo negli occhi.
‘Sshhh”, replicò Fulvio, premendole l’indice sulle labbra. Mentre lo faceva scorrere lungo il mento e il collo di Ilaria, continuò: ‘Di parole ce ne sono state anche troppe in questi giorni’.
La donna si limitò a sospirare e socchiudere gli occhi, godendosi il tocco di quel dito che, ormai, era giunto a lambirle la clavicola.
Arrivato ad accarezzare il contorno della mammella sinistra, Fulvio si interruppe, ritraendo la sua mano. Ilaria sgranò gli occhi, sfoggiando uno sguardo quasi implorante, ma il ragazzo si allontanò da lei, andando a sedersi sul divano, qualche metro più in là.
‘Allora’, disse ad un’ammutolita Ilaria, ‘Vediamo cosa fai quando ti faccio eccitare’ Sbalordiscimi”.
Lei arrossì di colpo. Dopo qualche secondo di esitazione, quasi timidamente, iniziò a far risalire una mano lungo le sue cosce, fino a farla scomparire al di sotto del vestitino. Emise un lungo sospiro quando arrivò a sfiorare il suo sesso.
Fulvio si alzò dal divano, prese una sedia e la portò alle spalle di Ilaria, mentre intuiva la sua mano muoversi lentamente sotto il tessuto dell’abito e, probabilmente, delle mutandine. Le mise la mani sulle spalle premendo appena verso il basso, inducendo la donna a sedersi. Le fece poi scorrere lungo le braccia di Ilaria, con abbastanza forza da trascinare giù anche le spalline del vestito. Quando lei reclinò il capo all’indietro, posandolo contro il suo addome, smise nuovamente di toccarla, tornando a sedere sul divano.
Ilaria era rossa in volto. Sedette a cosce larghe, facendo in modo che il vestitino le si arrotolasse in vita ed esponendo, così, la sua intimità.
Fulvio godeva della vista della ragazza che, a occhi socchiusi e gambe spalancate, portò nuovamente una mano all’altezza della sua vagina, ancora coperta da sottili mutandine bianche. Inizialmente la accarezzò col palmo, facendo pressione sulle labbra. Poi cominciò a far scorrere un dito lungo l’apertura, premendo in modo da forzarla appena. I suoi sospiri si facevano via via più profondi, mentre un sorriso appena accennato si dipingeva sul suo volto quasi paonazzo.
‘Sono già’ Così’ Bagnata”, sussurrò Ilaria, mentre il suo dito medio spingeva sempre più contro l’ingresso del suo sesso.
‘Lo eri da prima che arrivassi, vero?’, incalzò Fulvio, restando completamente immobile e con gli occhi fissi sulla donna.
‘Si’ Da stamattina’ Non ce la facevo più”, replicò lei, tra un gemito e un sospiro.
‘Ora sei libera di godere’ E di mostrarmi quanto sei porca’ E’ questo che volevi, no?’.
‘Si”, rispose Ilaria, scostando appena il tessuto delle mutandine ed esponendo una vagina gonfia e gradevolmente contornata da un pelo scuro e curato.
Per i movimenti delle mani, intanto, anche la parte superiore dell’abito scivolò lungo il seducente corpo di Ilaria, liberando un seno di una buona terza misura, con capezzoli scuri e già turgidi.
‘Immagina che sia il mio cazzo a sfiorarti come ora fanno le tue dita. La mia cappella ad accarezzarti al posto dei tuoi polpastrelli”, la spronava Fulvio.
‘Oh’ Si’ E’ stupendo”.
‘Hai una mano libera ancora’ Non tralasciare le tue tette’ Lo sai che io non lo farei”.
Ilaria sospirò nuovamente, portando l’altra mano a giocare con uno dei capezzoli. Con due dita, intanto, forzava sempre più l’ingresso della sua vagina, i suoi polpastrelli scomparivano di tanto in tanto all’interno di essa, ma senza penetrarla completamente.
‘Dimmi che sei eccitato anche tu”, riprese Ilaria, con un filo di voce.
Fulvio abbassò lo sguardo al cavallo dei suoi pantaloni, visibilmente rigonfio. Ilaria seguì i suoi occhi, sorridendo eccitata al pensiero di cosa celasse il tessuto. ‘Lo sono, molto. E sai cosa farei ora, vero?’, la incitò il ragazzo.
‘Si”, rispose a fatica la donna, ‘Ma dimmelo lo stesso”.
‘Sfogherei tutta la mia eccitazione su di te. Piantandoti il mio cazzo nella figa con forza, tutto, fino alle palle, fino a riempirti completamente. Proprio ciò che ora farai con le tue dita’.
Ilaria gemette, quasi gridò di piacere, mentre infilava di colpo indice e medio nel suo sesso aperto e bagnato.
‘E dopo aver fatto questo’, continuò lui, ‘Comincerei a stantuffarti forte, facendotelo sentire sempre più a fondo. La mia cappella gonfia e la mia asta dura ti riempirebbero e allargherebbero come neanche immagini’.
Ilaria prese a muovere convulsamente le dita dentro e fuori, mimando un amplesso furioso, brutale. Presto le due dita divennero tre, sotto l’incitamento continuo di Fulvio.
La donna continuava a masturbarsi senza sosta, mentre copiosi umori sgorgavano dal suo sesso, impregnandole la mano e le cosce, e Fulvio dettava il ritmo di quell’atto, spronando Ilaria con un linguaggio sempre più esplicito e dettagliato.
Non ci volle molto prima che i gemiti di Ilaria si facessero più acuti, e lei raggiungesse un orgasmo devastante, accasciandosi sulla sedia tremante e col fiato corto intanto che Fulvio la guardava con aria compiaciuta e un bozzo sempre più evidente nei pantaloni.
Mentre la donna recuperava fiato ed energie, il ragazzo si alzò in piedi, avvicinandosi a lei e abbassandosi sulle gambe, per far sì che i loro volti fossero alla stessa altezza.
‘Sei stata bravissima’, le sussurrò.
Ilaria sorrise, guardandolo negli occhi. ‘Ora andiamo di là’ Così potrai scoparmi, finalmente”.
‘Non erano questi i patti’, replicò lui, in tono improvvisamente distaccato.
Ilaria lo guardò esterrefatta. ‘Che’ Che cosa?’.
‘Non mi hai fatto venire qui per scoparti, ma per mostrarmi come godi. Sbaglio?’.
‘Si, ma”, protestò debolmente Ilaria.
‘Nessun ma’, riprese Fulvio, ‘Questo volevi oggi. E solo questo avrai’ Oggi”, concluse, accarezzando il volto ancora arrossato della donna col dorso del suo dito indice.
‘No’ Voglio te’ Voglio sentire il tuo cazzo dentro di me’ Voglio che mi riempi e mi fai godere”, insistette Ilaria, cominciando nuovamente a sfiorare la sua vagina ancora desiderosa di attenzioni.
‘Per oggi, gli accordi erano questi. Devi fare attenzione a ciò che desideri, perché potrebbe avverarsi esattamente come l’hai desiderato. Ci sono telecamere di sicurezza nel tuo ufficio?’.
‘No”, rispose lei, interdetta da una domanda apparentemente avulsa dal contesto.
‘Benissimo. Domattina alle nove sarò da te. Dovrai cercare di far meno rumore di oggi però, non vorrai far sapere a tutti che un cliente ti sta scopando sulla scrivania del tuo ufficio’.
Ilaria non seppe replicare. Tenne gli occhi su Fulvio e la bocca spalancata, mentre il ragazzo, senza neppure voltarsi, richiudeva alle sue spalle la porta dell’appartamento.

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