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Racconti Erotici

Innocente preludio

By 3 Giugno 2020Giugno 15th, 2020No Comments

Sto attualmente osservando dal terzo piano di casa mia in lontananza il paesaggio, quest’oggi è però insolitamente assai piovoso e debolmente ventoso, in quanto mi riporta esattamente e deliziosamente indietro nel tempo d’un anno fa. In quell’epoca era una spettacolare giornata soleggiata, perché in quello stupendo dopopranzo lo conobbi, direi in modo insolito. Da ultimo, le pulsazioni del mio cuore non martellavano più nelle ore notturne, ma risuonavano nel chiarore di quei giorni lunghissimi. Fu precisamente in quel tempo che feci la conoscenza del barone. Lui, per l’appunto, si faceva volutamente interpellare in quel modo, ciononostante globalmente i presenti e chi ancora lo frequentasse, erano informati che la sua intitolazione gentilizia e araldica era andata in disuso da molto tempo. 

 

Malgrado ciò, quel bizzarro personaggio, aveva affabilmente difeso e gentilmente preservato il suo incontrastato portamento patrizio. La sua figura era assottigliata e finanche ricercata, le dita allungate e sottili, la capigliatura nera radunata e fasciata a modo di coda di cavallo, mentre le sue luminose iridi risaltavano magnetiche e indagatrici, che sembravano rievocare una notorietà e una considerazione di tempi sorpassati. Potrà apparire altresì eccentrico e strambo, eppure io mammaliai subito di lui specialmente per la sua procedura dapprontare e davvolgere le sigarette. Lui, in effetti, aveva unindecifrabile libidine e uninspiegabile concupiscenza quando passava la lingua sul filtro per inumidirle e in ultimo per arrotolarle, perché dava limpressione che stesse scandagliando dissolutamente ed esplorando viziosamente il corpo duna spasimante, la cui essenza finale sarebbe stata insolentemente risucchiata dalle sue ingorde e lascive labbra. 

 

In quel meraviglioso dopo pranzo, io non avevo fatto altro che ascoltare musica, leggere e dedicarmi alle mie personali e intime mansioni. Accomodata sopra un grosso cuscino sfoderabile che avevo acquistato nelle mie recenti vacanze in Turchia, mapplicavo sul viso dei correttivi per il trucco intanto che osservavo il mio dorso riflesso dalla grande specchiera, riflettendo quanto avrei auspicato e voluto, che un uomo ci posasse sopra le mani e scaldasse in conclusione la mia cervice di baci voluttuosi. Sbucai di casa e, smarrendomi tra i grossi alberi deucalipto che fiancheggiavano la strada, speronai inavvedutamente il barone, io prontamente mi discolpai per quellincauto urto, ma lui brandendomi per il polso prontamente e benevolmente mi ribatté: 

 

“Buongiorno signorina, nessun problema, non occorre che si giustifichi. Pure io mi sono perduto nella sua epidermide, casta, senza colpe e immacolata, così come i deliziosi rami di questi adorabili alberi” – in seguito mi baciò, comprimendomi in un abbraccio che avevo lungamente bramato e aspettato per anni, giacché in un istante percepii che la mia ragione era stata incontestabilmente incendiata dal suo accattivante trasporto e dal suo indefinibile fervore. 

 

Io di riflesso, senza pensarci ulteriormente, estasiata e ammaliata lo esortai di venire a trovarmi presso la mia abitazione, perché auspicavo che mi prendesse là e che prolungasse quella sensazionale ed esplosiva emozione, dove quel bacio era stato un innocuo quanto semplice esordio. Appiccai il fuoco sennonché alle candele, tirai le tende e lì dentro tutto accadde. Lui madagiò sul talamo, flemmaticamente mi tolse la sottoveste e mi spalancò le gambe, introducendosi amabilmente fra quella carne già condiscendente e remissiva. Inabissò la testa nella mia riccioluta e foltissima peluria, iniziando a brandire educatamente il clitoride con i denti. La mia fica si svelò permettendo a quella discreta lingua daccedere. 

 

Le sue dita mi scandagliavano tutta, esaminavano e accarezzavano i capezzoli, gareggiavano con la mia lingua allorquando approdavano alla bocca tratteggiando il profilo delle mie labbra. Io totalmente eccitata ed esaltata dal piacere, mi sollevai con un guizzo e gli sbottonai la cinghia che sorreggeva i suoi pantaloni, perché intanto che il barone si sfilava la camicia, io gli denudai il cazzo già visibilmente ingrossato e alquanto vellutato. Quellinedita carnagione paonazza gli conferiva però una siffatta avvenenza e formosità, per il fatto che lo pigliai fra le mani e saggiandolo me lo portai alla bocca, leccandolo dapprincipio solamente sul glande, successivamente arrivando fino alla base. 

 

Il barone non aveva la scurrilità né la rozzezza di quegli uomini che trattano le donne negoziandole e manipolandole come delle prostitute, magari acciuffandole per la chioma o rivolgendo loro le più ignobili, scurrili e oscene schifosaggini, ma esprimeva esternando un piacere e un capriccio composto, daltri tempi, emettendo episodicamente dei fragili lamenti. Allontanò leggermente la mia faccia dal suo cazzo e mi girò penetrandomi da dietro alla pecorina. Il dolore come debutto fu intollerabile, ma lasciò gradualmente estensione e posto al totale e al pregevole godimento. 

 

Il barone muoveva il cazzo in cerchio allo sfintere, cercando di rendere più cedevoli alla pressione ed elastiche le pareti dellorifizio anale, cadenzando ammodo gli affondi e fermandosi correttamente all’occorrenza, dandomi educatamente il tempo e civilmente il modo di riprendermi. Gradualmente mabituai a quel cazzo e repentinamente comparvero nel mio intelletto ammassi dogni sorta, con delle pupattole che si squadravano in maniera enigmatica e sfuggente. Attualmente i miei sensi erano totalmente offuscati, molto intorpiditi, perché potevo solamente distinguere e provare il cadenzato e armonico aumentare della poderosa e sublime penetrazione. 

 

Quando lui gustosamente e libidinosamente sborrò, io accolsi dentro di me tutto il suo denso, appassionato e nobile nettare vitale, dopo il barone mi baciò la schiena e successivamente si rivestì uscendo e allontanandosi per sempre. 

 

Io da quel giorno non lo rividi mai più. Ciononostante, nelle luminose, ridenti e rigogliose giornate di maggio, io ripenso, pondero e stravedo attualmente per lui, in quanto avverto distintamente e percepisco raffinatamente la sua gentilizia e aristocratica presenza sui miei occhi e sul mio corpo, dissolversi e liquefarsi in lacrime damara e spiacevole passione. 

 

{Idraulico anno 1999}   

 

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