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Le due taccheggiatrici – Capitolo 4 – “Cavalcare a tempo”

Ma a Francesca non importò in che modo le avesse parlato il ragazzo: sorridendo e passandosi la lingua tra le labbra, appoggiò le mani sulle cosce calde della sua amante, le lanciò uno sguardo di amore vedendo il suo volto guardarla a sua volta oltre i seni, e poi si avvicinò con la faccia al bocciolo di rosa.

Gli occhi di Marianna si spalancarono ed il suo fiato si fece improvvisamente più profondo quando senti la punta della lingua di Francesca appoggiarsi in fondo allo spacco dei suoi glutei, dove la sborra era arrivata a colare, e poi risalire lentamente lungo il perineo, lasciando una sensazione di umido dove un attimo prima c’era quella di caldo e colloso del desiderio violento degli uomini che l’avevano posseduta. Con un profondo sospiro lasciò che la gravità prendesse la sua testa e si abbassò oltre il tavolo, abbandonandosi al piacere che la sua amica sapeva donarle. Sebbene fino a quel momento avesse vissuto una scopata incredibile, che aveva immaginato solo nei suoi sogni erotici più segreti ed inconfessabili, quell’attimo di dolcezza sperò durasse per sempre, e che nessuno le interrompesse. Qualcuno, in effetti, percepì Marianna con gli occhi chiusi e completamente rilassata, con il cuore che in pochi secondi era passato da centinaia di battiti al minuto a poco più di una cinquantina, sembrava aver voluto approfittare di nuovo della sua bocca, ma parecchi dei presenti gli imposero di non muoversi: di sicuro erano affascinati dallo spettacolo di due simili bellezze che si davano piacere, due angeli che facevano l’amore. Sentì le mani di Francesca staccarsi dalle cosce e iniziare ad esplorare il suo sesso, ad accompagnare la sua lingua nell’accarezzarle l’anima.

I colpi della lingua si susseguivano capaci, ormai inutili per pulire lo sperma che era stato ormai completamente leccato da Francesca, ma indispensabili al raggiungimento dell’orgasmo di Marianna. Nel locale troppo piccolo per contenere tutte quelle persone, il rumore di prima era scomparso e gli unici suoni udibili erano i mugugnii di Francesca mentre suggeva il sapore di Marianna, i sospiri di piacere della ragazza bionda, il mormorio di qualcuno che sembrava commentare ammaliato il lavoro della mora, ed il ritmico sbattere della pelle di diversi cazzi che venivano masturbati in onore del meraviglioso spettacolo.

L’orgasmo assalì Marianna con una violenza che, al confronto, quella degli uomini che l’avevano posseduta come un semplice pezzo di carne con un paio di buchi sembravano carezze. Urlando isterica, strizzandosi i seni, scossa da ondate di piacere che solo una donna può sperare di provare anche un’unica volta in cento vite, un suo piede salì sulla scrivania, facendola letteralmente ribaltare, stordendola, tagliando per un momento ogni collegamento tra la sua mente e la realtà.

Quando si riprese, completamente esausta, era sdraiata per il lungo della scrivania, gettando a terra il bicchiere che conteneva le graffette, ora sparse per il pavimento, ed il telefono. Osservò il casino che aveva provocato, alzando lo sguardo verso Borio ed aspettandosi una tremenda manifestazione di odio.

E invece lui la fissava stupito, come la fissavano tutti, affascinati dal suo incredibile orgasmo, come se una dea fosse scesa tra loro.

Vitto si alzò dalla sedia su cui era rimasto seduto fino a quel momento e prese da dietro Francesca, appoggiandole una mano su una tetta ed una sull’inguine. Lei sussultò per lo spavento, ma subito si riebbe quando lo riconobbe.

– E tu puttana non vuoi venire? – le domandò, poi con un colpo dell’inguine entrò nel suo retto.

Marianna vide il viso di Francesca illuminarsi con un sorriso, lasciandosi sfuggire un gemito di piacere: finalmente poteva avere del sesso anale. Mentre l’uomo spingeva nelle chiappe della ragazza, la mano tra le gambe cominciò a fare un violento ditalino: due dita iniziarono a fottere la fica della mora, facendone schizzare fuori gocce di sborra che finivano sul pavimento mentre il palmo sfregava sul clitoride e la commensura quasi con rabbia.

Marianna si sedette sulla scrivania, le gambe aperte. Si passò una mano su una ciocca bionda per spostarla dietro un orecchio. – E allora, nessuno di voi ha più voglia di scoparmi? – domandò guardando gli stessi uomini che fino ad un attimo prima avevano abusato della sua fica e della sua bocca.

Sembrarono tutti intimiditi da lei, tranne un marcantonio alto quasi due metri, la pelle olivastra ed un accento strano, da Sud America. Doveva essere appena entrato perché Marianna non l’aveva notato prima. – Adesso lo vedi un vero cazzo. – promise, quasi minacciò. Diede una gomitata a quello accanto, con due braccia grosse come tronchi d’albero, che doveva essere arrivato con lui. – Uno davanti ed uno dietro, Zardini?

Ma Zardini era concentrato su Francesca. Senza nemmeno spostare lo sguardo dall’amplesso tra la ragazza e Vitto, si limitò a dire, indicandoli: – Io voglio fottere la mora, la troia bionda la lascio tutta a te, Camilo.

E Camilo lo lasciò alla sua decisione, si avvicinò a Marianna, la prese con poca educazione per una spalla e, strattonandola, la gettò letteralmente a pancia in giù sul tavolo, facendola sbottare di dolore quando colpì con le tette contro la formica. Mentre con una mano teneva la testa di Marianna, con l’altra si sbottonò i pantaloni, si abbassò la zip e lasciò cadere i pantaloni. Non portava le mutande, ed un cazzo di dimensioni mostruose spuntò dal suo inguine incurvandosi verso l’alto, puntando come un’arma contro il viso strabiliato ed un filo spaventato di Marianna. L’uomo lo afferrò, le sue dita incapaci di stringerlo completamente; spinse verso di sé la pelle ed una cappella grossa quanto un mandarino emerse. Con l’altra mano prese per i capelli Marianna, strattonandola perché aprisse la bocca.

Confusa dal desiderio di avere dentro di sé quel cazzo e dall’impressione che le sue dimensioni le provocava, fu quasi passiva quando se lo ritrovò tra le labbra e dovette aprire al massimo la mandibola per farlo entrare. Fu come inghiottire una zucchina intera, che cercava di scenderle nella gola senza però riuscirci, che sbatteva con forza dentro di lei. Se nessuno dei presenti aveva avuto molta, o per meglio dire, ben poca, considerazione del suo corpo e della sua sensibilità, questo Camilo la stava davvero massacrando. Fu quasi spaventata non tanto dall’idea che poi lui l’avrebbe scopata, quanto dalla curiosità di cosa avrebbe provato quando quel mostro sborrante le fosse penetrato nella fica… Un’esperienza che la terrorizzava ma che non vedeva l’ora di vivere.

In quel momento si accorse che per Francesca stava andando invece al contrario: gemeva di piacere, anzi pregava il suo partner di aumentare la forza. Inculata e ditalinata in piedi, sembrava stesse impazzendo sotto le mani di Vitto, che si stava dimostrando l’amante perfetto per la sua amica. La testa di Francesca era appoggiata di nuca su una spalla dell’uomo, la bocca aperta e gli occhi spalancati, le mani che non sembravano sapere dove posarsi. Ad un tratto Francesca venne fulminata da un orgasmo forse ancora più intenso di quello che Marianna aveva goduto poco prima: iniziò a tremare, a emettere versi inintelleggibili, le gambe le cedettero e solo il braccio che Vitto teneva sul petto per palparle la tetta e la mano sull’inguine le impedirono di crollare a terra.

Con la testa e le braccia ciondoloni e le gambe che non la sostenevano più, Vitto se la strinse, sbottando divertito: – Va’, l’ho scopata così bene che la puttana è svenuta dal piacere.

Si levò un brusio tra gli astanti, sogghignando, chiedendosi cosa fare adesso, ma l’ultimo rimasto avanzò, spostando maleducatamente un paio di uomini che aveva davanti semplicemente con la sua mole di muscoli. – Non me ne frega un cazzo, anche se avesse tirato le cuoia. – berciò, strappandola di mano a Vitto. – È un’ora che sono qui con il cazzo che mi sta facendo scoppiare le mutande aspettando il mio turno: adesso questa cagna me la scopo io.

E mettendosela su una spalla come se stesse trasportando un sacco, si abbassò i pantaloni mostrando un paio di gambe grosse quanto colonne, poi si tolse le mutande ed un cazzo che avrebbe quasi potuto competere con quello che stava scopando la bocca di Mariana si alzò in tutta la sua gloria. Poi Zardini si sedette sulla sedia, fece scivolare il corpo di Francesca giù dalla spalla, facendola finire sul suo inguine.

Marianna avrebbe voluto dire, ordinare, implorare di lasciare la sua amica, che quando erano andate a rubare degli stupidi rossetti ed eyeliner solo per farsi scopare da degli agenti della sicurezza e passare un interessante pomeriggio di sesso selvaggio, ma la bocca era ancora piena del cazzo di Camilo che, a sua volta lanciò un’occhiata in direzione del collega prossimo a soddisfare i propri istinti e sogghignò.

Zardini prese in mano il suo uccello, lo tenne bene in posizione e, dopo aver messo un braccio attorno al busto della ragazza, la fece calare sul suo membro, che scomparve tra le cosce di Francesca. La ragazza, nonostante fosse svenuta, lasciò sfuggire un gemito quando il suo sesso si dilatò per ospitare quello dell’uomo.

Ora la mano che aveva indirizzato il cazzo si spostò sotto una chiappa della ragazza e, sempre stringendola a sé, la muscolosa guardia cominciò a spingere il corpo privo di senso con colpi verso l’altro e lasciandolo poi calare per effetto della gravità. Le braccia e la testa di Francesca si muovevano ed ondeggiavano ad ogni spinta, mentre i capezzoli strisciavano contro la camicia dell’uomo. – Adoro quando trovo una puttana che sa cavalcarmi al ritmo che piace a me. – sbottò ridendo.

Marianna aveva gli occhi pieni di lacrime nel vedere quale trattamento stesse subendo Francesca, ma non le era possibile esprimere il minimo suono. Poi Vitto dimostrò davvero quanto tenesse alla ragazza che gli aveva appena dato piacere, avvicinandosi al suo collega e a lei. Afferrò per i capelli la testa della mora, che era appoggiata alla spalla di Zardini, sollevandola indietro quanto bastava per aprirle le labbra, si prese in mano il cazzo e dicendo: “tanto vale fotterla in tutti i suoi buchi, la mignotta”, glielo mise dentro, scopandosi la sua bocca.

Troppo concentrata sulla sorte dell’amica, Marianna non si accorse che cosa stava succedendo a Camilo. Il cazzo che aveva in bocca improvvisamente si fermò e, dopo un paio di fremiti, le pisciò dentro quello che sembrò un secchio di sborra bollente e acidula. Quando glielo estrasse, la ragazza si ritrovò a tossire convulsamente, quasi vomitando sperma e saliva sul pavimento. Chiuse gli occhi, sentendosi mancare per il debito di ossigeno, e non si accorse se non all’ultimo momento che Camilo era ora dietro di lei se non quando questo le aprì le gambe, afferrandole.

– Adesso vi faccio vedere come si scopa una troia. – promise ai presenti, con il suo accento esotico. – Ma di certo non in quella lurida fica dove avete sborrato tutti quanti.

Solo dopo un istante Marianna capì cosa intendesse l’uomo. Con un rantolo per prendere un po’ di aria, la ragazza cercò di voltarsi verso di lui, alzando una mano come per fermarlo, per dirgli di non farlo e che era vergine di culo, ma quando riuscì a vederlo, vide anche il suo massiccio cazzo scomparirle tra i glutei. Il dolore la colpì come una badilata nella nuca.

CONTINUA…

Per contattarmi, potete scrivere all’indirizzo email william.kasanova@email.it

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