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In macchina iniziai subito a parlare:

-G: “Arrotola la gonna fino alla vita, metti i piedi sul cruscotto e inizia a masturbarti, ma non osare godere!”

Nemmeno la sua obiezione non si fece attendere:

-E: “Ma Signore così mi vedranno!”

-G: “È proprio quello lo scopo cagna, esporti a tutti, in modo che tutti sappiano cosa sei! Ora esegui!”

Ci dirigemmo al laboratorio di un mio caro amico tatuatore. Il negozio situato in un angusto e isolato vicoletto della nostra città, era comunque spazioso e ben illuminato.

Lo avevo avvisato del nostro arrivo mentre eravamo a fare shopping, ci stava quindi aspettando.

Una volta parcheggiata la macchina le diedi il permesso di risistemarsi la gonna e una volta scesa le diedi le indicazioni per il negozio e aggiunsi:

-G: “Entra ed esegui alla lettera quello che ti viene detto, torno più tardi a prenderti. E sappi che dopo dovrai farmi un resoconto dettagliato, quindi vedi di ricordarti ciò che fai.”

Mentre aspettavo che arrivasse il momento di recuperare il mio oggetto del piacere sbrigai un paio di faccende. Prima di tutto andai a casa della cagna a montare un sistema di video sorveglianza in ogni stanza, in modo da avere una copertura completa di tutta la casa. Andai poi

a prendere del semplice intimo di cotone, di 2 taglie inferiore a quello che di solito indossa E.

Dopo un paio d’ore tornai a riprenderla.

Come avevamo programmato, io e il mio amico, la cagna uscì dal negozio con il vestito tutto sgualcito e una volta salita in macchina l’abitacolo fu pervaso da un forte odore di piscio misto a sperma.

-G: “Allora racconta! Cosa ti è successo?”, mi misi a guardarla finché non abbassò lo sguardo e con la voce tremante per la vergogna iniziò a parlare:

-E: “Sono entrata nel negozio, mi sono presentata al banco. Mi hanno detto che mi stavano aspettando, di accomodarmi nella sala d’attesa e che mi avrebbero chiamato appena fossero stati pronti per me.

L’attesa durò probabilmente pochi minuti, ma a me sembrò un tempo interminabile, appena mi sedetti la mia mente iniziò a ripercorrere nei minimi particolari gli eventi dei giorni precedenti. Da come tutto è iniziato, a come ho ceduto così facilmente, a come…a come mi sta piacendo questa situazione.

Ero talmente presa dai miei pensieri che la receptionist mi dovette chiamare diverse volte.

Mi hanno portato in un camerino e mi hanno fatto spogliare.

Una volta nuda mi hanno portato in una stanza arredata con una sedia ginecologica e diversi tavoli lungo i muri, tavoli ricoperti di ogni tipo di strumento e piercing.

Vedendo tutto ciò ebbi un momento di esitazione, il terrore mi si dipinse in volto, fui quindi strattonata e costretta sulla sedia, dove mi immobilizzarono mani e piedi. Dopo di che, quello che penso sia il proprietario, un uomo sulla cinquantina iniziò a saggiare la “consistenza” delle mie labbra, una volta soddisfatto anestetizzò e disinfettò la zona su cui avrebbe operato da li a poco.  Infine quando fu pronto, iniziò a bucare la mia pelle, più e più volte, anche se non riuscì a capire il numero e la posizione precisa a causa dell’anestetico.

Quando ebbe finito con la mia vagina, passò ai capezzoli dove ripetuto il procedimento eseguito poco prima tra le mie gambe, infilò un anellino in ogni capezzolo.

-Tatuatore: “Abbiamo finito, ora puoi andare a rivestirti.”

Ricevuto il permesso mi rivestii e tornai verso la sala d’attesa, fu in quel momento che mi resi conto di non aver con me denaro e che di conseguenza non avrei potuto pagare. La paura prese il sopravvento. Cosa succederà, ora?, raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo e mi diressi a piccoli passi verso il bancone. Piena di vergogna, rossa in volto, informai la receptionist della situazione. Cogliendomi totalmente alla sprovvista iniziò ad insultarmi di fronte a tutte le persone in attesa.

Non volevo ammetterlo, ma gli insulti e la situazione stavano iniziando ad eccitarmi e a farmi bagnare. Questo aumentò il mio imbarazzo e lo sconforto. Non mi riconoscevo più.

-Segretaria: “Sei una lurida troia, la solita ragazzina viziata, che pensa di ottenere ciò che vuole sventolando la figa in giro.”

Diventai rossa per la vergogna. La supplicai di smettere, ma non si lasciò impietosire e prosegui per 5 minuti buoni, quando finì si diresse verso la sala accanto facendo cenno di seguirla. Lì mi attendeva il tatuatore 50enne, che scoprii in seguito essere il proprietario del negozio, la segretaria raccontò l’accaduto. Lui, giustamente, s’infuriò come una bestia e rincarò la dose:

-T: “Dovrei strapparteli tutti quei piercing che ti ho fatto, zoccola che non sei altro.”

-E: “No, la prego il mio Padrone si arrabbierebbe molto, farò tutto ciò che vuole.”

-T: “Ah ma allora abbiamo qui una vera cagna. Questo rende tutto più interessante. Inginocchiati e inizia a spompinarmi, spero per te che tu sappia farlo come si deve.”

M’inginocchiai davanti a lui e tirai fuori un cazzo di discreta lunghezza (circa 17cm), ma sottile, era peloso, quando mi avvicinai e sentii un odore pungente di piscio, dovetti fare ricorso a tutta la mia forza di volontà per riuscire a prenderlo in bocca, trattenendo anche i conati di vomito.

Iniziai a leccargli la cappella e poi cercai di prenderlo in bocca, ma non fui abbastanza veloce per i suoi standard così, spazientito, me lo spinse dentro a forza e subito iniziò a scoparmi la bocca. Dopo qualche minuto riuscii a prendere il suo ritmo e a mantenerlo da sola così lui poté allentare la presa.

Mi ci vollero quasi 20 lunghi minuti di sofferenza per portarlo all’apice del piacere e alla fine non volle scaricarmi la sua calda sborra in bocca, ma preferì inondarmi faccia e capelli.

Dopo essersi scaricato riprese a parlare:

-T: “Cagna fammelo tornare duro e fallo in tempi brevi.”

Lo ripresi allora in bocca e ricominciai a lavorarci finché fu di nuovo sufficientemente duro, a quel punto mi spinse lontano ordinandomi poi di mettermi a pecorina. Quando fui in posizione puntò la cappella sul mio fiorellino vergine.

-E: “No, la prego il culo no, sono vergine.”

-T: “Ma come fa una troia come te, a essere ancora vergine, spiegamelo?”

Senza aggiungere altro mi sfondò il culo senza nessun tipo di lubrificazione. Nonostante il cazzo non fosse largo sentì molto dolore nella penetrazione, un dolore lancinante che mi fece urlare senza ritegno, ma più urlavo più lui aumentava il ritmo. Dopo un tempo che a me è sembrato eterno, mi venne dentro nel culo e quando lo tolse, inizio a sbattermi il cazzo sulla faccia, lasciandovi delle tracce di sperma misto a escrementi, finché non aprii la bocca e iniziai a ripulirlo. Quando mi staccai dal suo cazzo era completamente pulito e lucente. Fu così soddisfatto che volle ringraziarmi. Per farlo mi annunciò che si sarebbe svuotato nella mia bocca. Per poterlo fare mi ordinò di aprire e attendere. Lui non fu gentile come il mio Padrone che quando lo fece mi diede il tempo di ingoiare, di conseguenza non riuscii a trattenerla tutta e dai lati della bocca uscii un rivolo di piscio che inzuppo i vestiti e in parte gocciolò sul pavimento. Una volta finito, mi diede l’ordine di pulire il pavimento con la lingua, con questo ordine sentii un altro pezzo della mia dignità e volontà abbandonarmi in favore della sottomissione e del degrado. Non contento aggiunse:

-T: “Quando avrai finito potrai “renderti presentabile” e andartene. Potrai pulirti la faccia, ma qualunque altro liquido sul tuo corpo o al suo interno dovrà rimanerci.”

-E: “Grazie Signore, le sono molto riconoscente.”

Quando uscii, dovetti ripassare dalla sala d’attesa, dove c’erano ancora delle persone che avevano assistito alla scenata della segretaria e ovviamente avevano sentito anche le mie urla. Appena fui in vista mi additarono come troia, cagna e quant’altro. Di certo l’odore che emanavo e lo stato dei miei abiti non aiutava. Non provai nemmeno a ribattere, mi diressi verso l’uscita a passo svelto, tenendo la testa bassa. In quel momento la verità mi colpì: Sono solo una vacca da monta, una nullità e certamente non sono degna di avere un Padrone.

A questo punto del racconto decisi di intervenire:

-G: “Vedo che finalmente te ne sei resa conto. Vedrai che d’ora in poi per te sarà tutto più “semplice”.”

Adesso andiamo a casa che è ora della punizione.

Durante il tragitto per casa la vidi bere molto, evidentemente non voleva peggiorare la sua posizione.

Eravamo ancora fiori dalla casa quando le ordinai di spogliarsi, volevo che entrasse in casa già nuda, e aggiunsi una descrizione dettagliata della posizione che doveva assumere per ricevere le punizioni, da lì in avanti.

-G: “Quando dovrai essere punita ti posizionerai in centro alla stanza con le gambe leggermente aperte e le mani intrecciate dietro la testa in modo che ogni parte sensibile del tuo corpo sia facilmente raggiungibile, hai compreso?”

-E: “Si Padrone.”

Nonostante avesse appena ricevuto le istruzioni una volta in casa la vidi titubante e la dovetti sollecitare

-G: “Allora cosa aspetti a metterti in posizione?”

-E: “S…scusi Padrone, mi ci metto subito.”

Appena fu in posizione vidi lo sperma colarle dalle natiche, sulle cosce e questo mi eccitò non poco, ma non le avrebbe fatto scampare la punizione. Presi la cinta e accompagnai il gesto con queste parole:

-G: “Riceverai 20 colpi sul culo, ogni volta che ti colpirò dovrai ringraziare chiederne un altro, inoltre non dovrai muoverti fino alla fine. Se fallirai ricomincerò capo.”

Non aspettai neanche la sua risposta e la colpii. la sorpresa fu molto, ma riuscì a mantenere il controllo e dopo un urlo straziante riuscì a parlare lucidamente:

-E: “G…gra…grazie Padrone, potrei averne un altra?”

Ovviamente l’urlo non era accettabile, doveva essere più rapida e la corressi subito:

-G: “Devi essere più rapida e non urlare che mi dai fastidio.”

Detto ciò ripresi a colpirla e la punizione andò avanti senza intoppi fino al ventesimo colpo, quando la “poveretta” stremata cadde al suolo. Sotto di lei con il passare dei minuti si era anche formata una chiazza di sperma, che appena si fu ripresa a sufficienza le feci leccare. Poi aggiunsi:

-G: “Sei stata brava oggi, ma questa è stata solo la prima parte della punizione…non è finita.”

Quando riuscì a rimettersi in piedi ripresi a parlarle:

-G: “Voglio aggiunge una nuova regola alla lista che ti ho dato, la nona: Quando sei in casa, dovrai sempre indossare questi indumenti, anche quando sei a letto, sono mutande e reggiseno di due taglie in meno rispetto alla tua. Quando invece dovrai uscire, varrà la regola precedente e cioè niente intimo. La seconda parte della tua punizione consiste nel non poter togliere le mutandine quando dovrai urinare. Potrai andare in bagno per non sporcare il pavimento, ma te la dovrai fare addosso e logicamente non potrai toglierle nemmeno dopo. Te le potrai cambiare una volta al giorno, la mattina appena sveglia, ma prima di urinare. Questa punizione durerà una settimana e in questo lasso di tempo dovrai sempre portare l’intimo “da casa” anche all’esterno.”

Fece un cenno d’assenso mentre le mettevo il collare e ripresi a parlare:

-G: “Questo dovrai indossarlo sempre, come simbolo della tua sottomissione a me.”

Poi la feci mettere a pecora e le misi il dilatatore anale più piccolo che avevo acquistato, lasciandole dentro lo sperma che non era ancora fuoriuscito.

-G: “Questo dovrai tenerlo per qualche giorno poi verrò a metterti quello più largo. Ora vado, ti lascerò in pace per alcuni giorni finché il gonfiore sulle parti intime non diminuirà e non potremo continuare il tuo addestramento, ma ricorda che ti tengo d’occhio, ho già istallato le telecamere in casa.”

 

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