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MADDALENA

By 9 Febbraio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Maddalena &egrave un’impiegata della ditta dove lavoro. 35 anni, single (per scelta dicono), un metro e settanta di fisico tonico perennemente abbigliato in maniera classica, anche d’estate, in tailleur con gonna al ginocchio che però non nasconde le curve del sedere, ben visibili sotto la gonna stretta, né il seno prorompente, almeno una quarta misura, che sporge gonfiando il la camicetta quasi sempre di seta.
Capelli castani tenuti lunghi e mossi, a volte raccolti a crocchia; occhi marroni con un taglio asiatico appena accennato, labbra carnose sempre sorridenti.

Mi piace, mi piace molto e, essendo anche io single dopo una storia un po’ burrascosa, non ho lesinato energie per farle la corte. In maniera discreta, intendiamoci, già in ufficio girano tante chiacchiere che non mi piace incrementarle, però ho sempre cercato farmi notare. Dal fiore sulla scrivania al mattino al caff&egrave preso insieme nella saletta riservata, da una parola di ammirazione a tenerle aperta la porta per farla entrare o uscire. Tutte piccole cose per farle capire che mi piaceva, aspettando un cenno, un gesto anche minimo, che mi facesse comprendere che le mie attenzioni erano gradite.
Niente. Affabile, cortese, mi ringraziava ogni volta ma senza dare adito a qualcosa di più, rifiutando con gentilezza i miei inviti a uscire fuori per pranzo o cena, decantando una vita riservata e stanchezze varie.

Mi stavo arrendendo, la mia corte era diventata più un gioco tra noi due che qualcosa di serio, non aspettandomi io più nulla.
Poi la sorpresa, l’illuminazione, l’evidenza. Per caso la sorpresi mentre abbracciava e baciava Silvia, un’altra impiegata da circa un anno con noi, nel corridoio della direzione.

Silvia &egrave una ragazza di 25 anni, neolaureata, bionda, magra, seno piccolo, sedere in proporzione ma deliziosamente arrotondato. Veste meno classico di Maddalena, le piace variare dai jeans attillati a gonne a metà coscia, da camicette larghe e semitrasparenti, che lasciano intravvedere il reggiseno, a camicette meno leggere ma più attillate che evidenziano la sua seconda misura. Una bella ragazza tutto sommato, Non tanto socievole ma comunque cordiale quando ci si parlava.

Dicevo che le sorpresi a baciarsi. Ero tornato nel mio ufficio dopo l’orario di uscita perché avevo dimenticato un documento e così, dallo spiraglio della porta che avevo lasciata semiaperta, entrando senza accendere l’illuminazione poiché dalla vetrata che dava sul corridoio passava abbastanza luce, le vidi all’angolo prima carezzarsi il volto, poi abbracciarsi e poi cingersi in un bacio profondo. Mi spostai alla vetrata e, attraverso la veneziana, potei cogliere i particolari: la mano di Maddalena sui fianchi di Silvia, la mano di Silvia dietro la nuca di Maddalena, le lingue che si toccavano prima che le labbra si unissero a nasconderle. Ero a cinque o sei metri e le vidi bene senza che si accorgessero di me. Aspettai che si rimettessero in movimento e sgattaiolai fuori andandomene. Tornando a casa in auto riflettevo su ciò che avevo visto. Ecco perché Maddalena non ‘rispondeva’, scemo io a non aver capito che aveva altri gusti. La cosa un po’ mi deprimeva e nello stesso tempo mi eccitava. Pur sapendo che non avevo oramai la benché minima speranza, continuai le mie attenzioni verso di lei, questa volta però condendole con un pizzico di distacco, come fossero galanterie fini a se stesse, non interessate (che ipocrita ero), ”semplice buona educazione. La stessa cosa presi a fare, quando ne avevo l’occasione, con Silvia. Ottenni che entrambe mi guardassero con fare interrogativo, come se qualcosa sfuggisse loro. Piccola soddisfazione in verità, ma mi divertiva farlo e contemporaneamente ‘spiarle’ per sorprenderle ancora. Il che avvenne poco dopo, impegnate in qualcosa di più di un bacio.
In direzione c’&egrave uno stanzino dove teniamo il materiale d’ufficio e la fotocopiatrice. Proprio lì le vidi entrare, guardinghe,
Senza far rumore mi avvicinai alla porta e udii dei gemiti fievoli che lasciavano pochi dubbi su cosa stessero facendo all’interno. Provai a sbirciare dal buco della serratura ma la chiave impediva la visuale.
Tornai in ufficio con l’uccello duro immaginandole insieme e cercando di inventare qualcosa per poterle vedere. Sempre spiandole capii che quello stanzino era il loro luogo segreto: quando tutti o quasi eravamo andati via loro si fermavano e si barricavano lì dentro.
Riuscii a fare in modo che la porta non chiudesse bene e attesi il momento. Ero più che altro deciso metterle in imbarazzo, a far loro sapere che ‘io sapevo’, lasciando al fato l’evolversi degli eventi, così l’ennesima volta che le vidi sparire mi avvicinai di soppiatto alla porta dello stanzino, udii i mugolii inequivocabili e, fattomi coraggio, aprii la porta con in mano un foglio come se dovessi fare una fotocopia.
La maniglia resistette un attimo, poi applicando più forza si aprì e io entrai.

L’immagine di ciò che vidi mi &egrave impressa a fuoco nel cervello ancora oggi: Silvia seduta su un tavolo, gambe aperte, gonna sollevata, la camicetta slacciata e aperta. A terra, in ginocchio, Maddalena con la testa vicinissima all’inguine dell’amica, a torso nudo, il seno pieno perfettamente visibile di lato. Entrambi i visi, avendo sentito il rumore, volti verso la porta e quindi verso di me.
Maddalena scattò in piedi coprendosi il seno con le braccia, Silvia cercò di coprirsi con gli abiti ancora addosso arrossendo vistosamente. Io mi guardai indietro, nel corridoio, poi chiusi la porta e feci un passo verso di loro.

– Non credo che questo sia il posto giusto per certe cose. Sono entrato io ma poteva entrare chiunque ‘ (faccia da tolla da premio oscar, apparivo ‘sinceramente’ preoccupato che qualcuno oltre me le potesse scoprire).

– Oddio Alessandro, &egrave imbarazzante”’..io’ noi”.. ti prego, non dirlo a nessuno ‘

Silvia, in piedi, le braccia a circondarsi il corpo, tremava di paura.
Maddalena invece non cadde nemmeno un istante nel mio ‘tranello’. Mi guardava con aria di sfida, incontrando il mio sguardo arrapato che correva sui loro corpi e su tutti i centimetri di pelle che riuscivo a vedere.

– Non credo che dirà qualcosa, vero Alessandro? ‘

Con un sorriso invitante lasciò cadere la camicetta che aveva preso per rivestirsi.

– In fondo’.. ci possiamo divertire insieme ‘

– Ma che dici Maddalena’ io”. ‘

Silvia guardò con occhi stralunati l’amica.

– Dico che Alessandro, qui, non &egrave poi così male ‘

Nel parlare mi si era avvicinata poggiandomi una mano sul petto. L’altra invece era scesa al mio inguine, sulla mia evidente erezione, massaggiandola attraverso la stoffa.

– Penso che una piccola variazione sul tema ci possa stare. Vieni Silvia, aiutami ‘

Nel dirlo si era inginocchiata davanti a me e, guardandomi fisso negli occhi, stava slacciandomi la cintura.
Beh, in fondo era quello che volevo no? Attesi che mi calasse i pantaloni e mi esponesse l’uccello senza staccare i miei occhi da lei che sorrideva invitante. Appena fui nudo lo prese in mano saggiandone la consistenza.

– Niente male”..ma vediamo se possiamo fare meglio ‘

Con la lingua percorse l’asta dalla base alla punta, insistendo alla base del glande, lì dove ero più sensibile, poi aprì le labbra e fece entrare la punta iniziando a succhiare.
In breve mi ritrovai alla massima erezione, l’asta lucida di saliva su cui scorrevano le sue labbra.
Si fermò per riprendere fiato e ancora invitò l’amica:

– Vieni Silvia, vieni qui’. ‘

– Io” io non so come fare” non mi piace”’ –

Pur titubante Silvia si inginocchiò di fianco all’amica che le porse l’uccello teso.

– Mi hai detto che l’hai fatto da ragazza, non &egrave diverso, prova ‘

– Ma &egrave stato tanto tempo fa’.. non mi piace’.. non mi piace ‘

Maddalena non parlò, invece baciò Silvia intrecciandone la lingua con la propria e, facendolo, mi tirò fino a che la cappella gonfia di sangue non fu a contatto con le labbra di entrambe. Dall’alto vidi la faccia sorpresa di Silvia al contatto, l’opposto di quella di Maddalena che, invece, pareva partecipare entusiasticamente giostrando la lingua tra la cappella e le labbra dell’amica.
Giocò così per un minuto, continuando a tirarmi verso di loro, e alla fine l’ebbe vinta.

Silvia sporse la lingua timidamente verso il mio uccello, la passò lesta come un fulmine sulla pelle setosa e la rituffò tra le labbra di Maddalena, poi la sporse ancora, questa volta per più tempo, imitando Maddalena che dall’altro lato la passava tutta intorno stringendone la punta tra le loro labbra. Io ero emozionatissimo, sapevo di non dover parlare per non interrompere quel momento magico, che affidandomi a Maddalena avrei fatto bene. Così fu: con una mano le prese la nuca mentre con l’altra reggeva l’uccello, spinse fino a che le labbra di Silvia urtarono, chiuse, la cappella. Insisté forzandone l’apertura e mi trovai con metà della cappella tra le labbra di Silvia. Lei non si ritrasse questa volta, vidi le sue guance incavarsi nella suzione, poi, come facendosi coraggio, prese in sé un altro centimetro.

Gli occhi chiusi, assorta, Silvia mi stava facendo un pompino sgraziato. Nulla a che vedere con l’abilità di Maddalena ma per me il solo sapere di essere il primo a violare quelle labbra dopo non so quanto tempo era fonte di una fortissima eccitazione.
Lo succhiò per un minuto forse, poi Maddaleno glielo sottrasse prendendolo in bocca lei per quasi la metà, le guance gonfie della mia carne, le labbra strette che salivano e scendevano lentamente. Quando lo ripassò all’amica questa esitò appena e cominciò a imitare quanto aveva visto. I secondi passavano e, forse prendendone dimestichezza, mi sembrava più brava, più impegnata. Temetti di venirle in bocca, e mi tirai indietro lasciandola stupita, letteralmente, a bocca aperta. Mi guardò incerta ma Maddalena aveva già capito che volevo andare oltre.

– Vieni Silvia, chinati sul tavolo ‘

– No, non voglio. Per favore Maddie, non lo voglio dentro ‘

La bionda, intuendo le intenzioni dell’amica, ebbe un moto veemente di protesta. Inutile. Maddalena la spinse verso il tavolino, le spinse sulla schiena facendola chinare e esporre il culetto ai miei occhi. Affascinato guardai le grandi labbra sporgere dall’incavo delle cosce, il buchino grinzoso poco sopra esposto dalla mano di Maddalena che le stringeva una natica.
In breve vinse la resistenza di Silvia, blandendola con parole dolci, con baci appassionati, con dita curiose che indugiarono nella micina facendola bagnare.
China sopra di lei, le labbra che deponevano baci sul collo e sulla guancia, mi fece cenno con la mano di avvicinarmi. Emozionato mi accostai, separai le natiche esponendo ancora i suoi buchini e pennellai la punta dell’uccello nel solco.

– NO!’LI’ NO! ””’Nooohhhhhh ‘

Sentendomi passare sul buchino proibito Silvia fraintese scattando per alzarsi. Veloce come un fulmine Maddalena la costrinse a stendersi ancora sul tavolo, una mano, da sotto, tra le gambe, sul clitoride, l’altra a afferrarmi stringendomi con forza, dirigendomi tra le labbra intime, impedendomi di scorrere più in alto.

– Tranquilla”.. ci penso io ”-

Silvia cedette, arresa all’amica, tranquillizzata sentendomi a contatto con il buco ‘giusto’.
Ricadde mollemente sul tavolo, la testa voltata di lato, fremente nell’attesa di ciò che aveva oramai accettato.
Maddalena mi guardò fulminandomi con uno sguardo a cui risposi scuotendo la testa, a significarle che non era stata mia intenzione. Rassicurata mi lasciò libero e io mi limitai a far scorrere la punta del mio uccello tra le labbra che sentivo bagnate, separandole senza addentrarmi
Baciò Silvia per lunghi istanti, cambiando la mano con cui la masturbava, e quando la sentì reattiva, la lingua che sporgeva fuori cercando il contatto con la sua, alzò brevemente la testa per darmi il via libera.
Con cautela spinsi in avanti sentendo la carne intima di Silvia cedere, aprirsi per accogliermi mentre un mugolio le si spegneva nella bocca dell’amica. Attesi un attimo prima di spingere ancora e penetrarla un po’ più a fondo prima di accennare a retrocedere, scorrendo per pochi centimetri avvolto nel calore della sua micina.

Istintivamente Silvia spinse all’indietro facendomi entrare un po’ più a fondo, gemendo forte mentre si sentiva aprire. Spinsi anche io e le fui dentro completamente, immobile, sentendomi stringere dai suoi muscoli interni. Le mani sui fianchi iniziai a muovermi sentendola fremere sotto di me, scuotersi, dimenarsi.
Maddalena continuava a toccarla, sentivo le sue dita a tratti sfiorarmi il pene, aveva portato la sua mano sinistra nell’incavo delle cosce, toccandosi a sua volta, scambiando gemiti con l’amica nelle bocche appiccicate.
Sentivo di non poter resistere molto a lungo, ero troppo eccitato da Silvia, mi sembrava quasi di violare una vergine ritrosa che diventa via via più accogliente, più aperta, più bagnata, più compartecipe.

Spinsi con forza assestando colpi profondi, stringendo i denti per non riempirla prematuramente col mio seme. Tormento ed estasi per me, tormento di dover resistere, estasi per le sensazioni che la micina, morbida e aderente come il fodero di una spada, la mia spada, mi donava. L’azione combinata con le dita di Maddalena portarono Silvia all’orgasmo appena in tempo. La sentii scuotersi sotto di me, spingere indietro con foga, agitare le anche per sentirmi meglio, tutto, e infine irrigidirsi, la testa alzata, la bocca aperta in un urlo muto prima di cadere sul tavolo come una marionetta disarticolata.

Scattai all’indietro immediatamente, mordendomi un labbro per non godere, pensando alle cose più orribili a cui potevo pensare.
No, non era per altruismo, per non riempire Silvia col mio seme. Il fatto &egrave che durante tutto il tempo una parte della mia mente meditava che non potevamo stare tranquilli, qualcuno avrebbe potuto scoprirci e, soprattutto, che nel poco tempo a disposizione dovevo e volevo scopare anche Maddalena.

Recuperato il controllo la guardai con occhi lubrici, a cui rispose con un sorriso eccitato mentre faceva spostare l’amica e si stendeva sul tavolo al suo posto.
Mi accomodai tra le cosce aperte e spinsi l’uccello nella sua micina esposta entrando come un coltello nel burro, strappandole un mugolio soddisfatto.
Alternai colpi lenti e profondi con colpi veloci e superficiali, cercando di stimolarle i punti sensibili, ottenendo sensazioni sublimi dalla carezza delle sue mucose, dall’abbraccio dei suoi muscoli interni. Stavo di nuovo per venire, sentivo l’orgasmo stringermi come una mano le reni, spingere per esplodere.
Egoisticamente imboccai la dirittura d’arrivo pensando solo a me, troppo impellente era il mio bisogno per preoccuparmi di Maddalena. Ci pensò Silvia che, ripresasi, incuneò la testa tra i nostri corpi raggiungendo il clitoride per leccarlocon passione, come doveva aver fatto decine di volte. Bastò questo a Maddalena per godere, scuotendosi sotto di me, stringendo Silvia per i capelli.

Ero arrivato, con l’ultimo sforzo cosciente uscii dall’accogliente micina sparando i miei schizzi sul suo ventre, bagnandolo completamente, colpendo anche involontariamente il volto e i capelli di Silvia troppo sorpresa per scansarsi. Mi segai completando il mio piacere e vidi Silvia mentre con la mano scorreva sul ventre dell’amica, spandendo il mio seme come fosse una crema, indecisa su cosa fare, attratta e respinta insieme prima di essere tirata verso l’alto con un gesto prepotente da Maddie che incollò ancora una volta le labbra alle sue.

Mi rivestii in silenzio che ancora limonavano e uscii badando che non ci fosse nessuno in vista. Volevo solo andare in bagno per rinfrescarmi e poi tornare nel mio ufficio. Sentimenti contrastanti mi pervadevano: soddisfazione per l’ottima scopata, appagamento per il traguardo raggiunto con perdita dell’interesse e, insieme, desiderio che non restasse un singolo episodio.

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