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Racconti Erotici

Nostalgie insopprimibili

By 24 Maggio 2020Giugno 14th, 2020No Comments

C’è una frase di John Lennon che mi ha sempre colpito, essendomi stata di grande ispirazione e d’immenso orientamento nei momenti d’avvilimento, di sconforto, d’inappagamento che pativo dovuto alla mia durevole e patologica noia. La frase in questione era la seguente:

“La vita è quello che t’accade, mentre sei affaccendato nel fare altri progetti”.

Quando sono annoiato continuo a fantasticare su quanto sarebbe bella la mia vita, se avessi questo o se avessi quello. Non c’è nulla di male nel sognare con gli occhi aperti, a patto però che non mi dimentico che la mia vita è qui e adesso: la vita non è qualcosa che si possa rimandare o mettere in pausa, perché non sono in grado d’affrontarla. Ogni istante che respiro è un pezzettino della mia vita. La vita non può né dev’essere riassunta in pochi istanti di pura e di limpida esaltazione. A volte, la vita è una lunga sequenza di giornate, che sembrano trascorrere tutte uguali: è quello che si fa in queste giornate anonime, a determinare in definitiva la mia esistenza. Prenderne consapevolezza dà un grande potere, ma la cognizione di per sé non è sufficiente. Ho bisogno di riprendere il controllo della mia vita, ho bisogno di ripigliare in mano il timone, definendo la rotta e spiegando infine le mie vele.

Forse sarà capitato a tutti di fare esperienza della noia, magari in una piovosa domenica pomeriggio dove non c’è niente da fare, fuori fa freddo e non c’è nessuno con cui uscire. La noia di cui parlo, nasce da un vissuto più profondo. Non è la noia che nasce dall’assenza di stimoli: è la noia che nasce dal non riuscire a provare interesse per le cose che si fanno e per le persone che ti circondano. Io, invero, mi sono annoiato in questo modo vivendo una quotidianità dove niente mi emozionava, dove nulla mi coinvolgeva né m’entusiasmava, come è successo a me. L’annoiato sogna un cambiamento radicale, qualcosa che aggiunga colore alla propria esistenza, ma nel concreto io non sapevo indicare che cosa avrebbe potuto migliorarmi la vita. Talvolta, io per primo, per sfuggire a questo stato d’animo, rincorrevo sempre nuovi stimoli: dovevo conoscere continuamente nuovi amici, provare nuovi locali, inventarmi mille cose da fare e persino provare sport estremi o esperienze sessuali al limite.

Io m’annoiavo, mi lamentavo stancandomi facilmente delle persone, dei passatempi e di qualunque cosa: una volta che avevo esaurito l’entusiasmo iniziale, tutto diventava scontato e ricominciavo alla ricerca di nuovi amicizie, interessi e situazioni più stimolanti ed emozionanti. La monotonia, il grigiore e il tedio non era qualcosa che mi capitava, ma piuttosto era qualcosa che avevo scelto più o meno deliberatamente. Sono riuscito a spazzarle con poche azioni mirate, essendomi rivolto a uno specialiste della materia, che si sono palesate nel mio caso specificamente fruttuose ed efficaci.

Aggiungo inoltre che, se un interesse, un amore o un’amicizia non durano mai più di qualche mese, si è inevitabilmente bersaglio d’una meccanicità che non mi permetteva di godermi niente. In qualsiasi cosa ero impegnato, dopo un po’ mollavo la presa. Poteva essere una storia d’amore, un progetto, un’amicizia, un cambiamento, una nuova esperienza, ma anche piccole situazioni del quotidiano: appena un discorso diventava più lungo del previsto, appena un’attesa si protraeva anche di poco, appena una difficoltà mi metteva alla prova, qualcosa subentrava nel farmi desistere e lasciavo perdere. Io mi stufavo facilmente, era un grosso problema che avevo. Questo è quello che mi è esattamente successo. Mi sentivo inappagato, inquieto e scontento. Dopo, seguendo una precisa e mirata cura da un noto professionista, con la costanza e con l’impegno sono riuscito nell’intento riuscendo a uscirne fuori egregiamente.

Rammento ancora adesso quella canicolare e opprimente estate, davvero afosa e arroventata. Avevo da poco compiuto ventiquattro anni d’età, io con mia zia eravamo rimasti in città per dei suoi impellenti incarichi di responsabilità, occupandola solamente in verità per poche ore, ma in ogni modo lei doveva presenziare. Nel mentre, aveva stabilito per tempo, di radunare a casa nostra una sua amica che aveva conosciuto in una località di montagna dell’Appennino umbro, dove si recava tutti gli anni per ristorarsi e per riposarsi nel periodo estivo annunciandole:

“Ti faccio una proposta. Che ne diresti di stare qua da noi come invitata per un po’ di tempo? So che ci tenevi tanto, poter visitare un giorno la Puglia e in special modo la città di Bari” – le manifestò mia zia gioiosa per telefono. La donna accolse al volo gradendo l’invito e ringraziando.

Io, fino ad allora, l’avevo esaminata unicamente nelle fotografie e che quell’aspetto m’aveva talmente ammaliato per il suo sguardo d’inedita femmina seduttrice e per la sciolta capigliatura nera che le contornava la faccia. Si chiamava Lidia, aveva oltrepassato i quarant’anni d’età, aveva una profumeria e teneva parecchio al suo aspetto fisico. Marciammo insieme nel prenderla dalla stazione e il vederla di persona per me, fu ancora più onorante e infervorante della fotografia. Lei aveva una corporatura regolare, però atletica e robusta. Da quel vestito che indossava, io potevo notare che emergevano due gambe toniche, mentre dall’estesa apertura comparivano due seni non troppo esagerati ma ben sviluppati, accrescendo in tal modo la sua già notevole carica erotica.

Arrivati a casa, dopo averle fatto posare le sue cose e visitare la casa, mia zia le offrì un’abbondante colazione, dal momento che non aveva potuto farla prima. Lidia ci raccontò del viaggio appena trascorso, quando, a un certo punto, fu interrotta da mia zia che le chiese se la sistemazione sull’ottomana del salotto fosse stata di suo gradimento. Io, consapevole di ciò che già mi stava frullando per la testa, m’inserii immediatamente proponendole di sistemarsi in camera mia, mentre io avrei dormito in salotto. Là, infatti, avrebbe potuto appendere agevolmente i numerosi vestiti che si era portata dietro, nel mio capiente armadio: dopo poche insistenze accettò. Nel pomeriggio uscimmo sul lungomare per mostrarle la vista panoramica della città, mentre più si faceva più vasto nella mia mente il pensiero lussurioso. Ebbene sì, volevo tantissimo, bramavo categoricamente in cuor mio di poterla guardare nuda, non avrei potuto in alcun modo farne a meno, perché era un’autentica e genuina smania che mi stava tartassando sia il corpo che la mente.

Verso sera scegliemmo d’andare a vedere un piccolo concerto di musica dal vivo, dove un gruppo suonava nei pressi del lungomare. Sia che lo si ammiri dalla ruota panoramica o dall’altezza della propria testa l’effetto è sempre quello: il lungomare d’una bella città come Bari, tenuta bene, con una grande storia e un profumo di mare inconfondibile t’ammalia e ti conquista. Lidia si vestì in modo molto provocante con un abito con lo spacco laterale, che evidenziava i fianchi splendidi e le scarpe con il tacco alto, accentuando ancora di più le flessuosità del suo corpo. Al ritorno ci sedemmo tutti e tre in cucina per commentare l’esibizione, poi mia zia s’accomiatò da noi per andare a dormire e restammo solamente io e Lidia conversando di vari argomenti. Dopo una mezz’ora, guardando l’orologio, mi riferì che era piuttosto sfinita per il viaggio, alzandosi m’augurò la buonanotte e s’avviò verso la sua stanza. Io sentii le sue scarpe picchiettare nell’andito, dopo udii lo stridore della maniglia e infine avvertii il tonfo della porta che si chiudeva. Prima che quello scricchiolio finisse, mi sfilai le scarpe e m’incamminai rapidamente in punta di piedi verso la sua camera.

Sopraggiunto nei pressi della porta rallentai il passo e con la massima cautela, m’aggomitolai accostando l’occhio nel foro della serratura. Lei era là di fronte a me, ancora interamente vestita, che s’osservava nella grande specchiera dell’armadio, ritraendosi in tutta la sua figura. Rispetto alla mia visuale, si trovava di profilo. Io avevo insistito perché si sistemasse in camera mia perché, data la configurazione della stanza, da quella collocazione si riusciva ad avere una vista ideale di chi si voleva spiare. In passato, all’età di quattordici anni, avevo già avuto modo di braccare una mia cugina di primo grado, tre anni più grande di me, che, con i suoi seni carnosi e giovanili e le chiappe protuberanti, aveva lascivamente e viziosamente stimolato il mio interesse, poiché era stata un’esperienza senza dubbio indimenticabile e assai seducente. Ma adesso c’era Lidia a due metri da me, una donna ricolma di femminilità e dal carisma indecifrabile e nascosto, che hanno solamente le donne quarantacinquenni. Lidia proseguiva a esaminarsi nella specchiera sorridendo. Io mi sentivo il cuore in gola, il mio respiro, a lungo trattenuto, era diventato agitato e nel contempo rabbrividivo per lo spavento d’essere scoperto, oltre che per l’eccitabilità e lo stimolo cagionato dal pensiero di quello che stavo per vedere.

Lidia iniziò a struccarsi rimanendo costantemente in quella posizione, concentrando però la sua attenzione solamente sulla faccia. Quando terminò cominciò a slacciarsi l’abito che era legato dietro la schiena, allentò bene la stringa che lo chiudeva quindi, con le due braccia incrociate, ne afferrò i lembi inferiori e lo tirò verso l’alto per sfilarselo dalla testa: era arrivato il momento. Con il plasma che mi pulsava forte nelle tempie, vidi i suoi magnifici seni sollevarsi quindi ricadere facilmente, privi d’ornamenti inutili sul suo costato rimbalzando. Erano due seni della tipologia – a pera – molto voluminosi nella parte inferiore. Il loro candore, in contrasto con il colore della sua pelle scoperta, accentuava l’effetto della loro nudità. Appena si girò verso di me per posare l’abito, mi colpì l’originalità dei suoi capezzoli, che erano molto estroflessi e avevano la forma come di due stringhe piatte, lunghe circa un centimetro, al centro un’areola molto larga.

Lidia si squadrò a lungo i seni tirandoseli su e manipolandoseli in vario modo e alla fine sussurrando rivolta verso sé stessa, bisbigliò che non era niente male. Quindi, sempre osservandosi nella specchiera, portò le mani dietro la schiena e abbassò la cerniera della gonna facendola sfilare lentamente per terra, strisciando le mani lungo le cosce. Apparvero due candide mutandine finemente ricamate. Adesso il suo interesse si rivolse alle cosce, lunghe e affusolate, che si accarezzò e massaggiò lungamente. Infine si girò di schiena, infilò i pollici nelle mutandine e cominciò ad abbassarle solamente di dietro, molto lentamente, guardando ciò che appariva. In effetti, erano due natiche molto sode e arrotondate, si girò e finì d’abbassarsi le mutandine anche sul davanti, scoprendo a poco a poco una foltissima boscaglia pelosissima ed estesa, che non avrei mai ipotizzato di vedere. Aveva infatti, la fica molto villosa e folta somigliante al famoso dipinto a olio su tela di Gustave Courbet.

Dopo raccolse le mutandine da terra, come pure la gonna, e ripose il tutto ordinatamente. Quindi ritornò davanti allo specchio, splendidamente nuda, continuando a indossare solamente le scarpe con il tacco, contemplando in lungo e in largo il suo corpo superbo. Lidia si esaminava di fronte, poi si girava di profilo e infine di schiena. Io ero contento più d’ogni altra cosa quando si girava di lato perché in tal modo riuscivo a vederla a seconda dei casi, davanti o di dietro. Sarei rimasto lì ad ammirarla per lungo tempo, ma alla fine Lidia si girò e avvicinandosi al letto prelevò la camicia da notte infilandosela. Fu così che io m’allontanai mutamente dalla porta e sgusciai segretamente verso il salotto. Infruttuoso ribadire che trascorsi una notte agitatissima e rovente masturbandomi al solo pensiero, eppure la brama d’ispezionarla non si placò, anzi, le sere susseguenti replicai la sceneggiatura della prima sera, pressoché aggredito e stimolato, da una focosa smania che non mi dava pace né tregua.

A questo punto padroneggiavo il suo corpo a memoria e ogni sera scoperchiavo qualche ignoto dettaglio che prima mi era sfuggito: fu così, ad esempio, che riconobbi due piccole ma interessanti fossette sui glutei, straordinariamente erotiche e irresistibili. La sera prima del giorno della sua partenza, mentre la stavo spiando, quando era ancora semi vestita, la vidi scomparire per un attimo dalla mia visuale, quindi, improvvisamente, prima che mi potessi accorgere di niente, girò la chiave nel buco della serratura e aprì la porta fulmineamente. Io rimasi, per un attimo, impietrito dall’evento inatteso, come pure lei che, meravigliata e sbigottita di vedermi là, spalancò gli occhi e trasalì. Lidia rimase muta e immobile per svariati secondi, perché mentre io m’allontanavo affrettatamente lei repentinamente esclamò:

“Hai visto bene? Hai gradito lo spettacolo?” – ridimensionò lei in maniera pungolante. Io ebbi sbrigativamente la lestezza di riferirle che stavo andando nel bagno e la salutai.

Dopo raggiunsi il soggiorno e m’introdussi sotto le lenzuola traballante. La notte, ovviamente, non chiusi occhio, prevedendo e paventando che il giorno seguente sarebbe andata a raccontare tutto a mia zia. Quando mi svegliai, il giorno dopo scoprii un foglietto di mia zia che precisava che era dovuta andare fuori Bari per un impegno di lavoro, ma che sarebbe di certo rientrata nel tardo pomeriggio per condurre Lidia alla stazione. Spossato e angustiato mi diressi verso la cucina per fare colazione, visibilmente irrequieto e turbato d’incrociare Lidia. Constatai che lei non si era ancora alzata, ma, poco dopo essermi versato il latte udii la porta della sua stanza cigolare. Entrò in cucina, mi salutò e si sedette come se niente fosse avvenuto la sera precedente. Attese un istante in silenzio nell’osservarmi e quindi debuttò:

“Stai tranquillo, non angustiarti. Non opprimerti, che non riferirò nulla a tua zia”.

Quella mattina Lidia mi pareva insolita, appariva come se avesse smarrito le inibizioni, dissipato i riguardi e disperso le remore. Lidia acciuffò il barattolo della Nutella, né prese una porzione con le dita, spalmandosela sulle tette e guardandomi in maniera degenerata e lasciva. Subito dopo si sbottonò per bene la camicia e tirandosi fuori i seni inzaccherati con la Nutella disse:

“Su coraggio, perché non assaggi questo gustoso pasticcino al cioccolato? Provalo, poi mi dirai” – ironizzò Lidia squadrandomi nelle iridi.

Appresso iniziammo a ridere fragorosamente tutti e due avvicinandoci l’un l’altro. Quando le fui accanto, mi gettarsi sui suoi seni e iniziai a succhiarglieli ossessivamente, agguantandoli da sotto con le due mani e sbattendoli l’uno contro l’altro, stuzzicandole i capezzoli con la lingua sempre più appassionatamente, In seguito le enunciai d’alzarsi, le aprii la scollatura lungo le spalle sfilandole la camicia da notte dal basso. Intrapresi allora a ripulirla in tutto il resto del corpo, soffermandomi particolarmente sull’inguine che imbrattai più volte. Quando mi rialzai, sazia di tanta dolcezza Lidia si rivolse a me manifestando con desiderio:

“Ora, voglio assaggiare pure io qualcosa di te, prima però facciamo la doccia”.

Ci sollevammo e tenendoci abbracciati ci avviammo in direzione del bagno. Sotto la doccia c’insaponammo sciacquandoci a vicenda, per poi baciarci appassionatamente e leccarci ancora dappertutto. Durante il tempo in cui l’asciugavo, cominciai a raccontarle delle emozioni forti e dei desideri irrefrenabili, che aveva suscitato in me quando l’avevo vista la prima volta di persona, poi della meraviglia che m’aveva regalato guardandola mentre si denudava. Subito dopo, mentre le asciugavo i capelli mi confessò, che non era la prima volta che aveva fatto l’amore con un ragazzo giovane al pari di me. M’aveva narrato una volta che in un congresso, un suo collaboratore suppergiù della mia età, l’aveva condotta in un ripostiglio con un pretesto facendole un poderoso approccio, lei all’inizio lo aveva ricacciato disapprovando, ma dopo aveva gradito acconsentendo ben volentieri.

Con i ragazzi più giovani sosteneva di trovarsi meglio, perché con loro si sentiva veramente sé stessa, lasciandosi andare totalmente priva di ansie e di apprensioni. Lidia mi rivelò altresì che un ragazzo più giovane è più passionale, non teme il romanticismo e non ha paura di dimostrare i suoi sentimenti. E poi è ancora abbastanza ingenuo. In linea di massima è più vitale, ha voglia di trascorrere tempo insieme, vuole viaggiare e condividere nuove esperienze. Non ha problemi ad abbandonare il divano per un weekend dall’altra parte del mondo. Al contempo non teme una donna forte. Lidia sottolineava pure che, gli uomini d’una certa età non amano le donne troppo impegnative, magari in carriera, preferiscono caratteri più mansueti, sotto quest’aspetto i ragazzi più giovani non hanno paura del confronto. Trova che è il flirt perfetto, anche se non si cerca la storia della vita, ma si ha voglia d’un po’ d’avventura, il ragazzo più giovane è indubbiamente l’equivalente del tipo senz’impegno. In conclusione, come nota finale, fa crescere pure l’autostima, dal momento che un ragazzo giovane ha occhi per te, per il fatto che non ti trovi più attraente e magari stai uscendo da una relazione che t’ha fatto sentire inutile e poco apprezzata. E’ molto bello godersi questa sensazione.

Dopo trascorremmo la maggior parte del tempo sfogliando riviste che, come tutti i numeri estivi, contenevano donne nude in abbondanza e facemmo numerosi commenti piccanti. Dopo aver pranzato, vedendo che l’ora del ritorno di mia madre si stava avvicinando, la feci spogliare un’altra volta per rinfrescarmi la memoria su com’era fatta, dal momento che non l’avrei più rivista per chissà quanto tempo. Lidia in quel lussurioso e intemperante frangente mi regalò una pecorina spettacolare. Lei mi domandò quale fosse la mia postura privilegiata, io gli risposi quella da dietro, perché mi piace farlo in quel modo le risposi io accalorato e spronato oltremodo, in quanto posso metterci tutta la mia forza sentendomi in un certo qual modo onnipotente. Lo so, è sbagliato, ma non posso farci niente. Lidia sorrise, ubbidì, ottemperò e sottostette adattandosi al mio sfrenato e vizioso desiderio lasciandosi totalmente andare, riferendomi che ai maschi, in genere, piace la pecorina perché si vede anche l’ano, cosa che ai maschi piace fantasticare facendoli sragionare.

A Lidia piaceva in special modo, perché durante il tempo che la scopavo con il cazzo dentro la fica le stimolava enormemente il clitoride, la mia penetrazione era profonda, in quanto si sentiva dominata e riempita al massimo, le piaceva essere sottomessa. Bastarono infatti pochi affondi, che Lidia venne urlando il suo gigantesco e poderoso orgasmo, riferendomi frasi sconce e vocaboli scurrili. Lidia adorava la posizione della pecorina, perché rivelava il suo lato bestiale che c’era in lei, tenuto conto che l’essere umano in generale è, prima di tutto, un animale. Lidia mi rappresentava che scopando, siamo guidati da istinti che non possiamo rinnegare, perché oltre a permetterci la procreazione, i rapporti sessuali ci procurano anche un piacere unico. Quella della pecorina era per lei una delle posizioni che le permetteva di provare maggiore piacere, perché in tal modo io riuscivo a stimolarle intensamente il punto G. Dopo pochi istanti non resistetti più e proruppi, spargendole tutta la mia densa e spessa bianca essenza, sborrando sopra la sua pelosissima fica, inzaccherandole sia le chiappe che l’orifizio anale, strillando il mio nerboruto e sfrenato orgasmo, mentre osservavo quel liquido che le colava fra le cosce.

Ci sistemammo con calma e ci distendemmo esausti e soddisfatti raccontandoci i nostri vissuti sull’ottomana. Mia zia arrivò nel tardo pomeriggio, come previsto, in tempo per accompagnare Lidia alla stazione. Smontata dall’autovettura, accomiatandosi da me davanti a mia zia, Lidia mi rivelò sorridendo che le aveva fatto un grandissimo piacere conoscermi. Io contraccambiai ben volentieri baciandola e salutandola.

Per due anni consecutivi Lidia ci spedì diverse cartoline, innanzitutto dall’estero, precisamente dalla Danimarca, in seguito acquisimmo che aveva abbandonato la mansione d’esperta esercente di profumeria, per dedicarsi definitivamente alla mansione di specialista addetta alle vendite. Con il tempo, in aggiunta a ciò, diventò un’affermata e apprezzata traduttrice, per importare ed esportare prodotti da e per l’Italia. Da allora, non ricevemmo più sue notizie.

{Idraulico anno 1999}   

 

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