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Erotici Racconti

Per la vittoria

By 19 Ottobre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Gli echi e i rimbombi delle grida d’esultanza e di gioia si erano da poco dispersi, dal momento che era stata una combattuta, fantastica e splendida partita, sennonché la più esaltante e per di più glorificante che avessi mai vissuto da quando allenavo. Le ragazze erano state agevolmente e semplicemente perfette, perché avevano strappato applausi anche alla ristretta pattuglia dei tifosi avversari, giacché era intervenuta nella debole speranza di vedere ribaltato e sovvertito il pronostico della vigilia. Il nostro muro aveva accortamente ricacciato indietro almeno per tre quarti le continue e insidiose schiacciate delle livornesi, mentre le bordate e le raffiche di Sara, arrivata peraltro solamente la stagione precedente da Trieste, aveva fatto i buchi per terra, Caterina aveva ingegnosamente disposto e distribuito palle calibrate al millimetro e così eravamo riusciti ad aggiudicarci il primo titolo della nostra storia.

Adesso io mi stavo godendo i primi minuti di riposo, dopo aver stretto una moltitudine di mani e dopo il giro di trionfo davanti a quel pubblico in piena e totale acclamazione, giacché seduto sulla panca aspettavo che le ultime ragazze uscissero dallo spogliatoio, per chiudere tutto e recarmi infine al meritato e sacrosanto riposo. Soltanto il custode aveva atteso più di un’ora, poi se n’era andato dicendomi:

‘Mister, qui si sta facendo tardi. Per piacere chiuda lei, poi domani mi riporterà le chiavi’ – mentre si udiva ancora attutito lo zampillare d’una doccia e qualche risata a distanza.

Se non mi era sfuggito qualcosa, dovevano essere rimaste dentro solamente Gianna, Caterina e Valeria, quelle che io definivo beffardamente e ironicamente ‘le tre moschettiere’. Valeria era il capitano, in quanto aveva già superato i trent’anni d’età, giacché per lei la pallavolo cominciava a essere, come per me del resto, una delle principali ragioni d’una vita vuota e affievolita da altre soddisfazioni. Caterina aveva venticinque anni ed era la mente, il genio della squadra, per il fatto che aveva mani di piuma che carezzavano la palla prima di mandarla in direzioni sempre imprevedibili e inaspettate, dalle parti delle avversarie perlomeno. Gianna invece era la più giovane, tenuto conto che non aveva ancora compiuto vent’anni e le mancava unicamente l’esperienza, perché per il resto era completa. Sapeva abilmente difendere, attaccare e all’occorrenza fare l’ultima alzata per la mano d’una compagna, giacché fu lei infatti ad apparire nel corridoio con ancora l’accappatoio indosso:

‘Non avete ancora finito? Sbrigatevi, che altrimenti s’arriverà verso casa per notte fonda’ – dissi io spronandole ulteriormente.

Lei mi sembrò un po’ dubbiosa e incerta, tacque per qualche secondo, poi mi disse con un tono indecifrabile, quasi misterioso:

‘Mister, qui c’è un problema serio. Avvicinati, presto, vieni a vedere’.

Io bussai prima d’entrare per non rischiare di sorprendere qualcuna ancora nuda sotto la doccia, mentre sentii la voce di Valeria che diceva:

‘Avanti’.

Anche le altre due erano con l’accappatoio indosso, sulle panche giacevano abbandonate le divise verdi con le quali era stata vinta la battaglia. Valeria m’indicò una delle docce dalla quale proveniva uno scroscio insistente, io m’affacciai per controllare e mentre osservavo il getto continuo e regolare mi sentii spingere in avanti sotto il fiotto dell’acqua. La mia tuta s’intrise istantaneamente, mi voltai meravigliato e anche certamente stizzito: io non le conoscevo così sotto quest’aspetto per mettere in atto scherzi di dubbio gusto, tuttavia con una calma olimpica appena velata da un tono sbarazzino nella voce, Gianna alla svelta in modo ironico mi sussurrò:

‘Oh, guarda, ti sei tutto inzuppato. Poverino, adesso dovrai per forza spogliarti’.

Io rimasi immobile, perché non riuscivo ancora ad afferrare la situazione, giacché fu Caterina a distogliermi dal mio sbigottimento:

‘Dai, su forza, togliti la tuta che festeggiamo’.

Come a un segnale convenuto, tutte e tre lasciarono cadere gli accappatoi ai loro piedi davanti ai miei occhi si presentò un quadro che non esito a definire ancora tutt’oggi esaltante, inebriante e unico: Gianna s’innalzava florida, donando al vapore dell’angusto locale i suoi seni pronunciati con i piccoli capezzoli a forma di ciliegia, i capelli castani le arrivavano alle spalle robuste, le gambe ben modellate viceversa racchiudevano il tesoro d’un pube ancora da ragazzina. Caterina era più piccola, poiché aveva gli occhi chiari e splendenti, il suo corpo sprizzava vigore e dolcezza al tempo stesso, lei aveva i seni delicati con capezzoli d’un colore rosa tenue, i capelli biondi e ricci come quel bozzetto di peli che le fioriva sotto un ombelico che sembrava disegnato da Giotto. Infine Valeria, la mia fedele capitana, che veniva un po’ presa in giro per la sua limitata e scarsa avvenenza. Io la descrivo con il rispetto dovuto al suo coraggio di compiere un atto, come quello di spogliarsi davanti a me che dev’esserle costato e pesato un’immensa fatica.

Lei era più alta di me e persino magrissima, sulle sue gambe molto lunghe le ginocchia spiccavano sferiche come gli snodi dei manichini nei laboratori di copia dal vero, i seni erano quasi inesistenti, rivelati soltanto dai due capezzoli scuri appuntiti che puntavano dritti in avanti. Aveva capelli neri e corti, le anche non formavano alcun tipo di curva e sul ventre portava un graziosissimo ciuffetto di peli folti, corti e nerissimi. Nuda faceva persino tenerezza, poiché sembrava la più impacciata e la più timida delle tre ragazze. Io contemplavo quell’inedito spettacolo con gli occhi sbalorditi e incantati, sennonché avvicinandosi Gianna fece di nuovo rimbombare la sua voce:

‘Non ricordi, che cosa ti dissi il giorno in cui vincemmo a Firenze?’. Certo che ora lo ricordavo, perché nell’esaltazione e nel trionfo della vittoria m’aveva riferito:

‘Mister, se quest’anno vinceremo il campionato, verremo tutte quante a fare l’amore con te’.

Naturalmente quella spiritosaggine io l’avevo considerata e presa come un’esagerazione dettata e scandita dall’euforia del momento, perché non m’aveva neppure sfiorato lontanamente la ragione l’idea che parlasse sul serio. In fin dei conti, all’epoca lei aveva solamente diciannove anni e a quell’età si può pure promettere il sole, le stelle e scordarsi tutto nell’attimo stesso.

‘Beh, le altre non ci sono state, adesso dovrai accontentarti di noi tre’ – continuò Gianna.

Sotto la mia tuta inzuppata io sentivo acutamente risvegliarsi i miei desideri, però non ero ancora certo né convinto appieno che tutto fosse vero, soltanto quando avvertii sei mani, che delicatamente mi toglievano con spregiudicatezza gl’indumenti bagnati ebbi la radicale sicurezza di non essere al centro d’uno spietato e insistente scherzo. In realtà fu Caterina, la deliziosa e dolce Caterina, che con un modo di fare per nulla imbarazzato né turbato, fece sapientemente scivolare giù l’ultimo bastione della mia eccitata virilità. Subito mi ritrovai stretto nel loro abbraccio, in quanto sentivo i loro corpi caldi e morbidi contro il mio, giacché cominciavano a diffondersi nello spogliatoio sospiri e spasimi contenuti. In quel momento iniziai a porgere le mani, in quel frangente avrei voluto averne dieci per rispondere a tutte quelle vibrazioni di quei tre corpi tremanti e trepidanti di passione. Assaporai una per volta le loro bocche, in cui giravano lingue dolcissime, mentre una forza astratta e invisibile ci sospinse verso la panca. Adesso le gloriose divise si ritrovarono sul pavimento e in quel carosello io mi stesi supino sull’asse di legno, mentre Gianna mi salì cavalcioni facendo sparire il gonfiore del mio cazzo nel folto umido della sua accogliente e splendida fica. Travolto dal piacere io reclinai la testa all’indietro e vidi che da quel lato della panca c’era Caterina, che ormai lanciava brevi strilli dimenandosi concitata il proprio fulgido e radioso corpo.

Io afferrai le sue anche, avvicinai a me i suoi peli biondi e affondai la mia bocca nel suo solco ardente, sentii il suo sapore violento di salvia e di trifoglio, mentre una colata di miele mi scorreva fino in gola. Furono attimi di febbre, poiché mi calavo in un vortice di luce del quale non vedevo la fine, la voce di Gianna era ormai un sibilo roco, in quanto si spense quasi contemporaneamente alla mia e a quella di Caterina. A dire il vero occorsero svariati minuti per ritornare sulla terra, in quello spogliatoio, dove adesso me ne accorgevo, perché uno dei tubi al neon quasi in via d’esaurimento diffondeva una luce tremolante, quasi stroboscopica. Sotto il tubo, appoggiata alla parete, Valeria ci guardava con un’espressione incomprensibile e indefinibile, lei si era rimessa i pantaloni della tuta e teneva in mano la felpa, dal momento che sembrava accusarci rimproverandoci in silenzio, soprattutto io, giacché mi sentivo colpevole di averla quasi ignorata trascurandola in favore delle altre due più seducenti. In realtà, io avevo agito spontaneamente senza pensarci: a un certo punto non avevo più percepito la sua presenza, poiché avevo esplicitamente consegnato i miei strumenti di piacere alle altre due ragazze, che nel frattempo si erano avvicinate:

‘Su, dai, vieni qua, la festa non è ancora finita’ – le annunciai io.

In quell’istante la vidi irrigidirsi, come se rifiutasse in maniera tangibile quel tardivo invito. Allora io m’avvicinai e le carezzai le spalle ancora nude, lei sembrò sciogliersi, quindi incoraggiato e chiaramente rinfrancato l’abbracciai facendo scorrere le mie labbra sul suo collo, giunsi lì, dov’era inevitabile e certo arrivare: aprii la bocca ancora piena del sapore di Caterina e assaggiai uno dei suoi capezzoli. Era durissimo, di pietra, come se tutto il suo godimento si fosse concentrato in quell’unico punto, così le sfilai la parte inferiore della tuta e vidi per la seconda volta il suo grazioso ciuffetto. In quell’occasione ci accostammo alla panca, accompagnati dalle esortazioni e dagli incitamenti delle sue due compagne, per il fatto che la partita più importante e maggiormente influente si stava giocando là sopra, perché adesso non ci sarebbero stati sconfitti, soltanto vincitori. Io le offrii il mio cazzo che era ritornato in piena estensione e appena iniziai a penetrarla mi fermai sbalordito e perfino sgomento. L’interrogai con gli occhi, lei non mi rispose, eppure nello stesso silenzioso modo desiderosa e vogliosa, inaspettatamente esclamò:

‘Te lo confesso, sì, tu sarai il primo. Io ti voglio, qui adesso’.

Ciò che seguì, infatti, fu un esplicito terremoto dei sensi, un tripudio senza eguali delle nostre intime percezioni, un bizzarro parapiglia, un focoso scompiglio del piacere tra due persone. Gianna e Caterina osservandoci compresero alla svelta ciò che si stava sviluppando tra noi due, raccolsero rapidamente i loro indumenti lanciandoci un accenno d’un sottinteso e velato saluto, allontanandosi e spostandosi credo con passo sciolto e saltellante lungo quel silenzioso corridoio.

In conclusione, tutto ciò naturalmente avvenne, per celebrare e per festeggiare nel migliore dei modi, la giusta, meritata e reale vittoria.

{Idraulico anno 1999} 

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