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Erotici Racconti

Quella persona che attendevo

By 11 Marzo 2017Febbraio 1st, 2023No Comments

Erano le sedici e trenta e lui ancora non si vedeva. Emanuela in ogni caso non lo avrebbe riconosciuto per il suo incontro d’una sola volta, in quanto aveva preferito così, una faccenda al buio dopo quel tanto comunicare e far sapere tramite la rete web, dato che gli aveva mandato una foto, eppure con tutto ciò non aveva voluto la sua. Da circa un quarto d’ora lei aspettava seduta al bar del distributore di benzina, chissà se lui la stava dovutamente osservando pensava lei, giocando frattanto nervosamente con il telefonino tra le mani cercando di smorzare l’ansia. Guardava infatti con apprensione ogni uomo che le passava davanti, qualcuno ricambiava lo sguardo, un paio d’individui erano perfino ripassati per dare un’occhiata migliore, squadrando quell’avvenente e graziosa ragazza seduta da sola con una chiara e visibile forma di chi sta in attesa per l’arrivo di qualcuno. Ebbene sì, ogni volta un brivido, un tangibile sussulto, la ricerca d’un cenno, la conferma d’un sorriso, poi d’improvviso un ragazzino s’avvicina, la saluta in modo sbrigativo collocandole un foglietto nelle mani e s’allontana alla svelta senza pronunciare una parola:

‘Va’ dalla commessa nella profumeria di Dior accanto al fioraio, perché lei ha un pacchetto per te’ – riporta scritto al suo interno quell’enigmatico cartellino. Visibilmente attonita e piuttosto stupita Emanuela entra nel negozio dove nel modo convenuto le viene cortesemente consegnato un pacchetto con un cartoncino:

‘Va’ nel camerino e indossali, poi scendi giù nel parcheggio, perché io t’aspetterò là di sotto precisamente al posto B5′ – legge al suo interno.

La sottoveste trasparente metteva in risalto il suo corpo, visto che Emanuela rimase là fissando la morbida linea che disegnava i glutei e sorrise soddisfatta. Lo sguardo compiacente e malizioso della commessa quando uscì fu come se indovinasse che cosa l’attendesse, giacché le procurò un brivido rispondendo con un sorriso partecipe, tipica circostanza di quel favoreggiamento e quella partecipazione che spesso hanno le donne tra di loro, quando non ci sono contese né diverbi né sfide in ballo. Appresso scese giù al parcheggio, individuò l’auto e salì accanto all’uomo che finalmente vide in viso: fino al quel momento non si era fatta un’idea, dal momento che non rimase delusa né sorpresa, tuttavia prima che potesse dire qualcosa Emanuela accese la radio e si rilassò sul sedile, poi quando percorrevano in auto la tangenziale guardò l’uomo con un atteggiamento interrogativo.

‘Lo saprai presto’ – furono le sue prime parole, con una voce armoniosa, pacata e sicura.

Approfittando del cambio di marcia, l’uomo le sfiorava nel frattempo il ginocchio sinistro, a tal punto Emanuela si trovò presto a desiderare quel contatto leggero e quasi fortuito, cionondimeno entrambi sapevano che non era né accidentale né involontario, così appena usciti dalla tangenziale, percorsero la strada alberata che conduceva all’aeroporto e nel traffico i cambi di marcia diventarono sempre più frequenti. Senza farsi accorgere, Emanuela spostò un po’ la gamba verso il cambio e il contatto, l’unica cosa che la teneva unita all’uomo in quel silenzio, divenne sennonché più assidua e costante, giacché verso la fine della strada alberata cominciò la circonvallazione e proprio lì vide la prima grande pubblicità del motel che attirava i clienti, con le stanze dotate di vasche per gl’idromassaggi, in quel frangente guardò nuovamente l’uomo e d’istinto ritrasse repentinamente la gamba:

‘Non preoccuparti, nulla è definito, non temere, perché deciderai tu quando sarà il momento’.

Per un attimo Emanuela si tranquillizzò, la gamba tornò al suo posto e le sue dita ripresero a sfiorarla. Nel silenzio si era ormai creato un bizzarro e un inedito legame, un focoso e dissoluto nesso, anche se Emanuela non voleva sapere molto di lui, lui nemmeno d’altronde, giacché non faceva domande. Lungo la strada i cartelloni pubblicitari del motel comparivano più frequenti e ripetuti in quanto ne scandivano la distanza, assieme a quel diabolico conto alla rovescia che le creava un’attraente e bizzarro attrito, una piacevole tensione e nondimeno un’indefinibile e una stravagante irrequietezza:

‘Ci siamo, perché questo è il momento esatto per poter decidere: a sinistra del semaforo c’è un bar dove potremo bere qualcosa insieme, a destra viceversa c’è il motel, scegli tu quello che meglio t’aggrada e t’ispira’.

Per fortuna il traffico le lasciò ancora qualche minuto ti tempo durante il quale allontanò e riavvicinò la gamba diverse volte, fino a quando non poté più aspettare, perché al presente spettava loro due attraversare l’incrocio. All’ultimo secondo, allungò la mano e spinse la leva delle frecce in alto attivando quella per la svolta a destra, infine parcheggiarono e solamente allora spostò la gamba e interrompendo il contatto scese, però lui non si mosse.

‘Entra e spogliati, rimani soltanto con il mio regalo e se vuoi metti questa. Dopo, appoggiati comodamente con le mani allo specchio con il sedere bene indietro e aspetta, perché io ti raggiungerò fra cinque minuti’.

Emanuela entrò, diede uno sguardo veloce alla stanza, giacché non voleva perdere tempo, non voleva farsi prendere dalla paura e scappare, sfilò il vestitino sottile, gli stessi vestiti della foto che gli aveva mandato e rimise la scollatura in vernice di colore blu, si trovò così fra le mani il nastro di seta nera, lo appoggiò sul letto e si mise in posizione. Ogni minuto guardava l’orologio del telefonino, ne passarono cinque e ancora lui non si decideva, alla fine spense il telefonino e aspettò con la tensione, con il desiderio, con la voglia di sapere e di scoprire, per il fatto che questi appassionati e incontrollabili elementi s’impadronivano della sua mente scompigliandola. In maniera inattesa ecco che Emanuela capta rapidamente un rumore, finalmente lui entra, chiude la porta e abbassa le luci, tranne quella che scende radente verso lo specchio illuminando ammodo il suo profilo. Emanuela vede al presente la sua immagine riflessa, lo scruta mentre si spoglia rimanendo peraltro lì nudo con il cazzo rilassato, lo vede rapidamente avvicinarsi, nel tempo in cui si porta dietro di lei e allungando le mani adagio le espone:

‘Sono qui tutto per te, adesso ti benderò’.

Al buio Emanuela accoglie le sue mani, una pressione con il palmo sulla pancia, un’altra nel senso opposto in alto sulla schiena facendola allontanare verso l’esterno della parete, perché con le mani ben appoggiate stando lì in silenzio lei comprende che lui la sta squadrando. Lui le scruta il sedere, i fianchi leggermente abbondanti, ispeziona il suo seno che sporge verso lo specchio, esamina i suoi capezzoli che spingono il tessuto della sottoveste, in quanto lo sa e lo avverte perfettamente. Di questo andare sente le sue mani sulla nuca, le dita che scivolavano sulla sottoveste verso il basso, poiché fanno cadere le spalline spingendo giù sul piano inclinato della schiena il leggero tessuto, libera il seno con i capezzoli duri che ostacolano la sua messa a nudo poi la fa raddrizzare, la sottoveste cade ai suoi piedi, lui l’afferra per i fianchi, facendola girare finisce di spogliarla. Emanuela resta lì in piedi, bendata, disadorna e indifesa in soave attesa, lui le gira intorno, soffia nelle sue orecchie e con una mano comincia ad accarezzarle il seno, posa l’altra sul pube, il palmo sul monte di Venere, frattanto che le dita sono appena appoggiate sulle grandi labbra di quell’odorosa, deliziosa, magnifica e pelosissima rossiccia fica che ammira con perizia tanto da farlo sragionare.

In tutti quegl’inattesi e fantastici istanti, Emanuela avvertì spiccatamente la pressione che il palmo imprimeva sul clitoride attraverso le piccole labbra, giacché era un movimento circolare, le dita all’aumentare della sua eccitazione affondavano nella sua fica come se fossero risucchiate, poi cominciò ad agitarsi, a muovere il bacino per cercare di favorire al meglio la penetrazione di quelle dita che la stavano accuratamente esplorando, eppure lui smetteva, perché le ritraeva e gliele porgeva nuovamente sempre con lo stesso movimento circolare insistendo sul seno, sui capezzoli e sul foltissimo pube. L’indice e l’anulare scostarono quelle piccole labbra, con il dito medio lui cominciò a picchiettare sul clitoride, a girargli intorno, a premerlo e a stuzzicarlo. Emanuela a quel punto s’abbandonò, percepì la sua erezione aumentare di volume, si piegò in avanti per accogliere quel cazzo duro tra il solco dei suoi glutei, in quanto lo avvertì chiaramente che si sfregava contro la sua pelosissima fica, lui l’agguantò per i fianchi e cominciò a ondeggiare, però ancora non voleva nel concreto penetrarla, perché lui la teneva lì, intenzionalmente sul filo del rasoio, si masturbava usando le sue grandi labbra e la eccitava nello stesso modo, poi bruscamente si fermò. Nel silenzio Emanuela sentì il rumore d’un accendino e poco dopo un liquido caldo e denso, dal momento che iniziò a colarle dal collo verso la schiena, poiché un dito ne accompagnava il tragitto fino a scendere tra le sue chiappe, visto che nulla fu risparmiato, poi risalì fino a creare dei cerchi individuando come un bersaglio i suoi capezzoli. Al dito seguì la lingua con la punta dura, giacché il primo brivido la raggiunse quando si trovò a metà percorso sulle reni.

‘Adesso dovrai continuare da sola’ – le propose lui invasato più che mai, continuando la sua lenta, spasmodica e tormentosa opera erotica.

Le sue dita cominciarono a sfiorare l’interno della coscia e con cautela s’avvicinarono alla sua pelosissima e rossiccia fica: al presente era meravigliosamente bagnata, Emanuela fece scivolare le dita all’interno delle grandi labbra e dopo un massaggio circolare si auto esplorò gemendo in modo energico. A quel punto si tolse la benda e si guardò nel grande specchio, tenuto conto che lo stesso rifletteva al momento addirittura la figura dell’uomo, notò il desiderio negli occhi d’entrambi, cominciò sennonché a penetrarsi con le dita sfiorandosi lievemente il clitoride mentre continuava a esaminarsi. Lei era manifestamente eccitata come non mai, era quasi al picco del desiderio, così per rimandare l’orgasmo smise e s’avvicinò a lui, abbassò le mani in cerca del suo cazzo, però lui si ritrasse velocemente:

‘Io sono qui per te, per il tuo piacere’ – sussurrò lui arido, gretto e un po’ pungente.

In quella precisa occasione lui si posizionò dietro di lei, la girò davanti allo specchio e la penetrò con un dito in modo mansueto. In quell’istante Emanuela si vide, si esaminò attorcigliata da quel corpo mentre una mano le accarezzava il seno e l’altra mano scompariva fra le sue gambe. Ormai la ragazza si muoveva freneticamente, l’eccitazione le annebbiava irrimediabilmente la vista, lui immerse l’altra mano nei suoi fluidi, lubrificò così l’orifizio, lo allargò lentamente e gl’infilò il cazzo. Lei cominciò a tremare, l’orgasmo partì dalle sue viscere, incontrollabile e inarrestabile, lui continuava a masturbarla con un dito e a scoparla con l’altro, penetrando nel suo sedere reso morbido dai suoi stessi fluidi. La reazione fu istantanea, lei venne urlando il suo potente spasmo, godendo e strepitando finalmente dopo tanto delizioso patimento sdraiandosi sul letto in preda agli ultimi fremiti, lui riempì la vasca dell’idromassaggio, a dire il vero quella celebre immagine che aveva visto sui cartelloni della pubblicità.

‘Vieni, entra nella vasca, adesso siediti’.

Lui s’inginocchiò davanti e offrì il cazzo alla sua bocca, Emanuela cominciò ghiottamente a succhiarlo, dal momento che era la prima volta che sentiva un’erezione crescere nella sua bocca e la sensazione le piacque notevolmente. Lui spingeva e lei accoglieva, leccando e succhiando, girava con la lingua intorno al glande, ne infilava la punta nella fessura, lo faceva uscire e lo riprendeva, con le dita stimolava la zona fra l’ano e i testicoli. Leccò il suo sedere dopo averlo ammorbidito con l’acqua calda, lo stuzzicava mentre succhiava e volle ricambiare la sensazione piacevole e terribile che aveva vissuto un attimo prima. Emanuela non sapeva ancora se farlo godere nella sua bocca, ciononostante stabilì lui per lei uscendo al momento giusto, giacché lei gl’infilò il dito nel sedere e lui esplose tutto il suo nettare accumulato sborrandole il seno, le guance e persino i capelli. Emanuela rimase un attimo scossa ma palesemente euforica per quella scena, perché voleva assaggiare il suo sperma, desiderava apprezzarne il sapore, pertanto si protese in avanti riprendendo a succhiargli il cazzo con grande maestria. Di nuovo tornò duro nella sua bocca, eppure questa volta voleva sentirlo dentro, si girò gattoni nella vasca e s’appoggiò al bordo osservando nel grande specchio lui che si sistemava. Lui la penetrò di colpo e si fermò, lasciandole il piacere di muoversi, di roteare intorno al cazzo con le pareti dell’utero, d’uscire e di rientrare a suo totale piacimento.

Al presente era lei che scopava lui, lui tuttavia la lasciava fare, Emanuela però voleva essere presa, in quel momento il maschio si fermò, l’afferrò per i fianchi e cominciò a spingere, in quanto la penetrava con furore, con slancio e con chiara veemenza, mentre lei si guardava nello specchio fermandosi solamente dopo il suo rabbioso orgasmo. Rimase così, in silenzio, dal momento che la sua bizzarria, la sua curiosità e il suo interesse erano stati soddisfatti, perché in quell’uomo aveva individuato e in conclusione trovato ciò che stava cercando. Al presente sulla strada del ritorno nessuno dei due parlava, poiché sapevano entrambi che era successo per una sola volta.

La gamba di Emanuela in conclusione rimase per tutto il tempo accanto alla leva del cambio, mentre le sue dita sul suo ginocchio comunicavano, precisavano e rivelavano differenti e inediti propositi, in verità altre gradevoli, inattese e sorprendenti intenzioni.

{Idraulico anno 1999} 

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