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Seaside: Giulia

By 3 Luglio 2014Gennaio 17th, 2021No Comments

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Quell’estate Roberta era in vacanza con i suoi genitori, al mare. Avevano un motoscafo: bianco e nero, in plastica, moderno, probabilmente brutto secondo diversi canoni estetici, ma senz’altro in linea con le mode degli ultimi anni.
Il padre di Roberta, Paolo A., era un imprenditore figlio di imprenditori, che proseguiva le fortune di famiglia con le proprie aziende. Questa attività gli consentiva una buona ricchezza, e di essere proprietario di una barca di oltre 40 piedi.
La moglie di Paolo, Angelina A., era originaria del napoletano – a differenza del marito, bresciano. La strana accoppiata si poteva spiegare con il fatto che Angelina era emigrata al nord piuttosto giovane, e che era sempre stata una bella donna, di origini poi aristocratiche, per quel che potevano valere nel mondo moderno.
Roberta era nata e cresciuta sempre al nord, anche se qualche contatto con i parenti meridionali veniva ancora mantenuto, e lei stessa era stata alcune volte in visita in Campania.
La ragazza amava trascorrere le settimane estive a bordo dello yacht di famiglia, con i genitori, dei quali non disdegnava la compagnia, e con i vari ospiti che in genere si susseguivano. La barca, molto ampia e comoda, aveva tre cabine indipendenti, ciascuna con il proprio bagno, e poteva dunque ospitare comodamente fino a sei persone.
Anche quell’estate, come già era capitato in passato, avevano ospite a bordo un’amica di Roberta, Giulia.
Giulia aveva 21 anni, all’incirca la stessa età di Roberta, e come lei frequentava l’università, dove si erano conosciute e avevano fatto amicizia. Giulia era un tipo particolare: all’apparenza estroversa, non aveva difficoltà a relazionarsi con tutti; grazie a questa sua propensione lavorava anche come PR per un paio di locali milanesi. Non era una ragazza bellissima, era molto magra e aveva un viso dai tratti un po’ troppo netti per una bellezza classica, ma aveva splendidi occhi azzurri, bei capelli neri, e un modo di fare misterioso, che faceva in genere molta presa sui ragazzi.
Nel complesso, comunque, Roberta era senz’altro più carina: di poco più alta, altrettanto magra, ma con curve più accentuate e meglio distribuite e con un viso simpatico e carino, dai tratti meridionali, i capelli castani scuri e gli occhi profondi.
Quell’estate erano sulla barca da solo un paio di giorni. Giulia aveva viaggiato insieme alla famiglia, ospite trattata con gentilezza e discrezione, e a bordo condivideva la cabina con Roberta. Ci sarebbe stata, sì, una terza cabina libera, ma veniva solitamente usata come ripostiglio di bordo per le valige e ogni altra attrezzatura per la vacanza (ombrelloni, sdraio’), così le due ragazze aveva deciso di dividersi il lettone della seconda cabina, fatto che non creava loro apparentemente nessun problema. Erano amiche da tempo, erano sufficientemente intime, ed erano entrambe ragazze.

La madre di Roberta, Angelina, era piuttosto in carne. Un po’ sovrappeso. Lo pensò Giulia, quel pomeriggio, osservandola mentre si sistemava a prua sul prendisole, in costume da bagno scuro. Da giovane, meditò, doveva essere stata una bella donna, alta e formosa. Forse non magra come Roberta, ma del resto ogni tempo aveva i suoi canoni di bellezza, e alla sua epoca la magrezza non era certo considerata un pregio come oggi. Le forme della donna erano visibili anche oggi: il seno era prosperoso, nel costume. Ma non più sodo come un tempo.
Giulia si trovava nella veranda di poppa, uno dei luoghi più utilizzati del bel motoscafo: lì finora avevano fatto colazione, pranzato e si erano fermati la sera, sui divanetti attorno al tavolo, a giocare a carte, fumare e chiacchierare.
Anche Giulia era in costume, un due pezzi blu scuro piuttosto carino, adatto ad essere indossato in barca durante il giorno. Paolo A. era a poppa, a pochi metri da lei, e stava sistemando qualcosa della barca, Giulia non sapeva cosa. Aveva sempre parecchio da fare. Stare dietro alla barca era il suo hobby. In quel momento indossava dei calzoncini di costume rossi, lunghi al ginocchio, ovviamente firmati, ed era a torso nudo. Era già abbastanza abbronzato. Anche lui era leggermente sovrappeso, ma non di molto: aveva soltanto una discreta pancetta. Probabilmente da giovane era stato un tipo sportivo. Ora aveva i capelli grigi, che teneva corti.
Roberta riemerse da sottocoperta. Come suo solito, indossava il reggipetto del costume, in questo caso un bikini marrone con coppe classiche, e degli shorts, in questo caso rossi. Non era solita stare semplicemente in costume, quando era in barca. Giulia se ne era accorta, ma aveva deciso di mantenere le proprie abitudini e stare quasi sempre in bikini, anche perché aveva notato che sia Angelina che Paolo passavano la giornata in costume senza problemi, e si presentavano spesso così anche a tavola.
– Eccomi! – disse Roberta allegramente. – Andiamo in spiaggia allora?
– Yes. Nella borsa c’&egrave già tutto?
Verificarono di avere da leggere, e recuperarono borsa e ombrellone. Poi si spostarono a poppa, dove c’era la passerella e dove trafficava il padre di Roberta.
Roberta passò per prima, salutandolo.
– Ciao papà, noi andiamo in spiaggia!
– Va bene, ciao tesoro.
Giulia si fermò un momento sulla passerella.
– Cosa sta aggiustando?
Paolo alzò lo sguardo. Giulia, in piedi un po’ più in alto di lui, era in bikini, con la sacca dell’ombrellone in spalla. Era magra, abbronzata, le gambe sottili, non lunghissime, lisce, il ventre piatto. Il costume era piccolo, sia nel taglio, che proprio nelle dimensioni delle coppe. Lo guardava da dietro i grandi occhiali da sole scuri, squadrati come andava di moda.
L’uomo le sorrise.
– Sto pulendo le guarnizioni del circuito dell’acqua dolce. Quella che ci serve per lavarci e cucinare.
– Ah, allora &egrave importante – commentò Giulia, con tono affascinato. Paolo non capì fino a che punto scherzava – non lo capiva quasi mai.
– Beh’ tutto &egrave importante in barca. Tutto serve a tenerci a galla! – scherzò.
Giulia si limitò a sorridere, e proseguì, raggiungendo Roberta.

Le due ragazze tornarono dalla spiaggia verso le sei di sera. C’erano diverse spiagge attorno al porto e potevano essere raggiunte a piedi in pochi minuti di cammino.
Roberta e Giulia condividevano, oltre alla camera, uno dei due bagni di bordo. Quella sera fu Roberta la prima a farsi la doccia. Giulia sedette in veranda, su un divanetto, con le gambe raccolte, ad aspettare. Indossava ancora gli occhiali da sole, e ogni tanto trafficava con il cellulare.
Angelina e Paolo le avevano salutate al loro rientro. Angelina era ancora a prua, a prendere l’ultimo sole, e fumava una sigaretta. Paolo indossava una polo: probabilmente era stato in paese a comprare qualcosa per la barca.
Quando Giulia sedette, l’uomo era a prua con la moglie. Pochi minuti dopo tornò indietro ed apparve in veranda.
Mani sui fianchi, sorrise a Giulia e guardò il porto. Diverse barche stavano rientrando.
– Allora, era bello in spiaggia?
– Sì – sorrise Giulia. – Non c’&egrave tanta gente.
– No’ il grosso arriverà settimana prossima. Adesso &egrave ancora presto.
Giulia scriveva al cellulare, e l’uomo le diede un’occhiata discreta. Il reggiseno del costume era carino, giovane e al tempo stesso elegante. E le coppe piuttosto piccole. Una seconda scarsa, giudicò Paolo. Le osservò il decoltée magro, intravide la forma delle clavicole. Vide il leggero rigonfiamento morbido sul petto, che spariva nelle coppe del reggiseno, e notò una vena, appena percepibile in trasparenza, vagamente verdognola, che scendeva dal petto lungo l’attaccatura del seno destro. Anch’essa spariva dietro al costume.
Giulia posò infine il cellulare e si alzò in piedi, stirandosi e sbadigliando. Si accostò a Paolo, anche lei mani sui fianchi.
– Ma’ l’acqua funziona, vero? – chiese, sorridendo.
– Certo!
– Sì’ non &egrave che finisce a metà doccia’
– No, no, stai tranquilla – rise Paolo. – Ho solo pulito le guarnizioni.
Roberta nel frattempo aveva finito. Si affacciò per dire a Giulia che la doccia era libera e poi si infilò nella loro stanza.
– Allora mi fido’ – scherzò la ragazza, muovendosi verso l’interno.
– Certo, certo – la rassicurò Paolo. Poi, colto da un’idea, le chiese: – Roberta ti ha fatto vedere come svuotare la sentina?
– Non mi ha fatto vedere niente – ribatté Giulia.
– Ah’ beh aspetta, ora ti mostro. Altrimenti c’&egrave il rischio che si allaghi tutto, se la fate una dopo l’altra.
Entrarono entrambi, prima Giulia poi Paolo, e si diressero al bagno. Giulia aprì la porta. Dentro tutto era bagnato per la doccia appena fatta da Roberta, e il costume da bagno della ragazza era nel lavandino.
– Guarda’ entra pure – le disse Paolo.
Giulia entrò, e restò in piedi nel bagnetto, grande all’incirca come due cabine da doccia normali. Paolo rimase sulla porta, accanto a lei, e si sporse per indicarle un pulsante nero sotto il lavello.
– Tenendo premuto questo, fai funzionare la pompa di sentina, che svuota tutta l’acqua che si accumula lavandosi. Bisognerebbe farlo dopo ogni doccia.
– Ah. Va bene. Altrimenti’ affondiamo?
– No – rise Paolo, – ci vuole un po’ prima che affondiamo. Ma &egrave per non fare accumulare acqua a bordo.
Giulia si piegò in avanti col busto, mantenendo le gambe dritte, per guardare più da vicino il pulsante.
– Ma quindi l’acqua di ieri’ non l’abbiamo ancora svuotata?
A Paolo scivolò un momento lo sguardo sulla schiena e poi sui glutei della ragazza, piccoli, magri e sodi, coperti solo in parte dal costumino sgambato.
– Sì, l’ho svuotata io ieri sera.
– Ah’ ecco che cos’era quel rumore’ che ho chiesto a Roberta se stavamo affondando’
Di nuovo Paolo rise.
– Stai pure tranquilla, non affonderemo, &egrave impossibile.
– Mh. Mi fido’
Giulia era di nuovo dritta, girata ora verso di lui. Paolo notò che aveva una mano appoggiata al lavandino, mentre con l’altra si sfiorava il ventre piatto e dritto.
– Sì, tranquilla. Garantito – annuì l’uomo con un sorriso.
Per un istante restarono in silenzio, immobili. Giulia aveva uno sguardo diretto, con quegli occhi chiari e luminosi, e Paolo, come spesso capitava, dopo poco scostava lo sguardo. Questa volta gli cadde di nuovo sulla sottile vena che le si vedeva in trasparenza sul petto, a destra. Poi, più in basso, sulla mano di lei, che era scivolata sul basso ventre, ed il cui pollice toccava il bordino elastico degli slip.
Percependo che la situazione stava diventando vagamente imbarazzante, Paolo sorrise ancora e si mosse.
– Bene – disse, – se hai bisogno chiama. O chiama Roberta – aggiunse subito, correggendosi.
– Ok – disse Giulia, con un sorriso, e lo guardò allontanarsi.
Prima di fare la doccia Giulia andò in camera, dove Roberta si stava cambiando. Paolo, che si era fermato in veranda, senza nulla in particolare da fare, la sentì poi tornare verso il bagno, e gettò un occhio all’interno vedendola passare: di spalle, aveva le braccia conserte dalle quali pendeva un asciugamano. Indossava ancora gli slip del costume, ma non più il reggiseno: la lunga schiena era nuda, magra, ossuta, dritta, delicata.

Quella sera cenarono in paese. Dopo cena, in veranda, bevendo del liquore e giocando a carte, i genitori proposero di prendere il largo di lì a due giorni e di usare il giorno seguente per prepararsi e fare cambusa. Giulia e Roberta accettarono contente. Giulia e Angelina erano le uniche due che quella sera fumarono.
La mattina seguente Angelina e le due ragazze si recarono in paese a fare spesa. Pranzarono tutti quanti a bordo, e subito dopo pranzo Paolo andò in paese da solo, per prendere alcuni attrezzi che gli mancavano.
Faceva caldo, e il porto era tranquillo. Angelina si era stesa a prua. Dopo una mezz’ora, tornò verso poppa per parlare alle ragazze, che non sentiva da un po’ di tempo.
– Ragazze – chiamò piano, dalla veranda. – Roberta’
– Sì – risposero entrambe, in coro. Poi Roberta aggiunse: – siamo in camera, mamma.
Angelina entrò e scese i pochi gradini che portavano sottocoperta, quindi svoltò a sinistra. La porta della loro camera era aperta, Roberta e Giulia erano stese sul letto a riposare. Angelina si fermò sulla soglia e le due ragazze girarono la testa all’indietro e le sorrisero.
Roberta era stesa a sinistra. In bikini, aveva in mano un giornale di gossip. Giulia, alla sua destra, aveva una Settimana Enigmistica e una biro. Giulia aveva il bikini del giorno prima, ma soltanto gli slip: era senza reggiseno.
Sul momento, Angelina rimase un po’ sorpresa. Poi subito pensò che a bordo c’erano solo loro, tutte donne. Inoltre era lei che si era infilata in camera da loro. Sapeva che le ragazze erano amiche intime.
In ogni caso non poté trattenersi dall’osservare brevemente il petto di Giulia: il piccolo seno, di forma appuntita, piramidale, sodo ma appena accennato, era appena più chiaro del resto del busto magro, ed era sormontato da piccoli capezzoli scuri, circolari.
– State riposando? – chiese la donna dopo un attimo, un po’ ingenuamente, con un sorriso.
– Sì – confermò Roberta.
– Cio&egrave, io sto facendo un cruciverba difficilissimo’ – scherzò Giulia.
– Fa caldo – aggiunse Roberta.
– Sì, oggi non c’&egrave aria’ Volevo chiedervi se volevate un caff&egrave – propose la madre.
Le ragazze rifiutarono, ma Roberta chiese invece da bere. Angelina andò allora, con disponibilità materna, a riempire loro due bicchieri di succo fresco.
Tornò in camera e questa volta entrò. Si sporse su di loro e depositò un bicchiere in mano a ciascuna. Le sembrò un po’ strano porgerlo a Giulia, che teneva le mani proprio sopra il piccolo, giovane seno nudo. Ma subito Angelina si diede mentalmente della vecchia ammuffita. Per tanti anni lei stessa aveva fatto regolarmente topless in spiaggia. E aveva un seno ben più’ importante di quello di Giulia.
– Stavo pensando di andare ancora in paese per il pesce’ così non devo tornare stasera – disse, mentre le ragazze, sollevatesi a sedere, bevevano.
– Andiamo anche noi? – chiese Roberta a Giulia.
– Ho caldo – rispose secca Giulia.
– Dai io vado’ tu aspetti qui?
– Ok.
Decisero le ragazze, Angelina non seppe cosa aggiungere. Poco dopo, Roberta e sua madre scesero sul pontile e si incamminarono verso il paese.
Rimasta sola a bordo, Giulia si alzò. Così com’era, in slip e a seno nudo, camminò nella dinette e si affacciò a guardare la veranda.
Si girò, e camminò ancora nella dinette deserta. Alzò le braccia in aria, stirandosi, e mormorò:
– Aaah’ finalmente. Tutta mia’ – Si fermò, sorrise: – La mia barca – aggiunse, per scherzare.
Tornò in camera a prendere la settimana enigmistica, e con essa si stese su un divano in dinette. Vestita dei soli slip. Da sola.

Alcuni minuti più tardi, Giulia era ancora sola quando sentì parlare e un rumore di motore in avvicinamento. Si alzò, incuriosita, e guardò fuori da un finestrino: vide un altro grosso motoscafo in avvicinamento, intento ad infilare la poppa proprio nel posto adiacente al loro.
Come sapeva, perché lo aveva visto fare dai genitori di Roberta, chi era a bordo doveva occuparsi della salute della propria barca in circostanze simili. Giulia uscì allora in veranda, per cominciare, ad osservare.
Sulla banchina non c’era nessuno. Era presto perché una barca rientrasse in porto, e a quell’ora non c’erano assistenti. L’altra barca era già a pochissimi metri da loro, e un paio di persone a bordo si stavano dando da fare con cime e mezzi marinai. Vedendo l’ampia poppa puntare dritta verso la loro fiancata, Giulia scattò sul passavanti di sinistra e si sporse ad afferrare il pulpito poppiero del nuovo motoscafo, per accompagnarne l’ingresso.
Un uomo, a bordo, le fece un cenno e un sorriso, e disse ‘grazie’. Lei rispose salutando. Intanto contrasse nuovamente i muscoli del corpo magro e seminudo, per spingere il motoscafo in modo che non sbattesse.
A prua della barca c’era una donna, seduta sui prendisole, che non partecipava alla manovra. Giulia ebbe l’impressione che la stesse fissando. Sorrise e la salutò, ma quella non rispose.
A poppa, i due uomini di bordo stavano ora scendendo a terra con le cime d’ormeggio. La loro barca era salva. Giulia si raddrizzò e rimase a guardare, mani sui fianchi, senza più nascondere, ormai, il petto nudo.
In quel mentre sentì dei passi sul pontile. Si girò, e vide Paolo, che tornava con un sacchetto di plastica in mano.
L’uomo osservò i nuovi arrivati, giudicò che fossero ormai in grado di finire la manovra senza aiuto e, dopo aver sostato un momento sul molo, salì a bordo. Aveva naturalmente già visto Giulia da lontano, e non poteva non essersi accorto del fatto che indossava soltanto gli slip del costume.
Giulia si voltò e scese in veranda, andandogli incontro. Mantenne una mano su un fianco, mentre l’altra se l’appese ad una spalla, coprendosi così parzialmente, con vago pudore, almeno un seno. Fissò in ogni caso Paolo con sguardo diretto e con un sorriso che mostrava sicurezza.
– E’ comparso all’improvviso. Ero in camera a dormire, sono uscita di corsa. Ci stavano per sbattere addosso.
Parlò piano, e anche Paolo le rispose a voce bassa, guardando il motoscafo appena ormeggiato.
– E’ sempre così’ poi quando torni trovi le sorprese’ strisciate sullo scafo, o peggio.
– Quella a prua se ne stava seduta’ io ero appesa a spingere che per poco mi travolgeva, e lei stava lì seduta tranquilla, a guardare.
– Tsk! Tipico’ la dama di bordo’
Giulia si voltò, e tornò sul passavanti, dando le spalle a Paolo. L’uomo si rese conto in quel momento, osservandola da dietro, che le stava vedendo il corpo interamente nudo, eccezion fatta per i sottili slip. Per il resto, la stava guardando nuda.
– Non so se questi cosi sono a posto’ i parafianchi’
– Parabordi – la corresse l’uomo, raggiungendola.
– Eh’ parabordi.
– Sì, vanno bene’ così vanno bene.
Erano uno accanto all’altra, in piedi. Appena si raddrizzarono, il proprietario della nuova barca venne di fronte a loro.
– Buongiorno! – disse l’uomo, un toscano un po’ sovrappeso.
Paolo e Giulia salutarono entrambi.
– Sono a posto i parabordo? – chiese quello.
– Sì, siamo protetti – lo rassicurò Paolo.
– Bene. – Poi, rivolgendosi direttamente a Giulia, l’uomo disse: – Grazie per l’aiuto all’ingresso. Ti abbiamo fatto faticare un po”
– Eh, insomma’ E’ che non sono tanto forte, io spingevo, spingevo’
Mentre parlava, entrambi gli uomini la guardavano, sorridendo.
– Eh lo so, sono pesanti queste barche – ammise l’uomo. – Voi siete in transito o la tenete qui?
– No, la teniamo qui – rispose Paolo.
– Eh, sembra un bel posto. Vi trovate bene? – chiese ancora, questa volta rivolgendosi a Giulia.
La ragazza sorrise e rispose come se fosse lei la proprietaria della barca.
– Sì’ c’&egrave anche il paese a dieci minuti a piedi, con negozi di tutti i tipi’ e poi ci sono varie spiagge sempre che si raggiungono a piedi’
L’uomo ascoltò con interesse la descrizione, infine, prima di congedarsi, porse la mano e si presentò. Sia Paolo che Giulia la strinsero, presentandosi a loro volta soltanto per nome.
Paolo si scostò, e fece cenno a Giulia di passare, sfiorandole una spalla nuda. La ragazza scese in veranda, seguita dall’uomo.
Giulia si girò di nuovo a fronteggiarlo, sistemandosi con le mani gli slip sul sedere.
– Angelina e Roberta sono andate a prendere il pesce in paese’
– Sì, le ho incrociate’ Io sono tornato per sistemare gli attrezzi’
– Li ha trovati?
– Sì’ sì.
– Voi volete venire in spiaggia, oggi?
– Non lo so’ non so Angela cosa voglia fare’
– Noi penso che andremo.
– Certo’
Giulia esitò ancora qualche istante, guardandosi intorno, mani sui fianchi. Paolo, per l’ennesima volta in quei minuti, lanciò qualche occhiata al suo busto nudo, al petto magro, al seno: nudo, piccolo, piramidale, sodo, liscio, leggermente chiaro, sormontato da piccoli capezzoli violacei e rotondi, carnosi come bottoni.
– Stavi dormendo? – ruppe il silenzio l’uomo, con una domanda che sperava suonasse innocua.
– Sì’ ero in cuccetta’ poi ho sentito il rumore, le voci di loro che parlavano’ ho visto da dentro che ci venivano addosso, allora sono corsa fuori subito.
– Hai fatto bene’ mi spiace per il disturbo’
– Eh vabb&egrave. Per salvare la barca’ – sorrise, fissando Paolo negli occhi e inducendolo a sorridere a sua volta. – Va beh io vado a cambiarmi – aggiunse infine Giulia.
– Certo, va bene’
La ragazza rientrò sottocoperta.
Paolo, rimasto solo, si dedicò ad estrarre i nuovi attrezzi. E a confrontare mentalmente la visione di Giulia nuda con quella che si era immaginato.

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