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Erotici Racconti

Sfavillante ritrovo

By 9 Giugno 2017Febbraio 3rd, 2023No Comments

Che insolito e strampalato modo d’iniziare una giornata, dal momento che fra le numerose pratiche da sbrigare dal notaio che girano nel mio cervello, c’è davanti agli occhi questo splendido sole, poiché essendo docile e malleabile riduce la leggera ed alquanto eccezionale nebbiolina odierna. Questo mio splendido mondo, confuso, incastonato e perso nell’incantevole, magica e suggestiva Sardegna, perché è bastata veramente questa scarsa nebbiolina per farci perdere di vista. Scusate, se nel frattempo tralasciavo gl’interpreti: io e Franca, in realtà io in persona insieme a Franca: 

‘E’ libero questo posto’. Perbacco, si vede eccome, in quanto c’è un’intera fila vuota.

‘Sì, prego, faccia pure’. 

E’ cominciato tutto così. Era una mattina di tarda primavera, che qui da noi non vuol dire un inizio d’estate, perché t’invoglia ad alleggerirti di qualche capo di vestiario. Ero seduto riflettendo in quell’ufficio dal notaio sulle pratiche da terminare. A me, delle volte capita, non so se ci avete mai fatto caso, tuttavia la stragrande maggioranza del nostro ascolto è dedicata e rivolta a ciò che ci s’aspetta d’udire così come di vedere, il resto lo escludiamo, perché abbassiamo inevitabilmente sia la ricettività quanto la sensibilità dei nostri sensi. Nella sala d’attesa di quello studio notarile numerose persone aspettavano il loro turno, vicino al mio posto c’era una signora che attendeva per entrare, in definitiva quest’ultima accanto a me trova il modo di parlarmi:

‘Mi scusi, mi passa gentilmente quel pieghevole, sì, quello lì sul tavolino accanto. Grazie, lei è gentilissimo. Adesso dovrebbe toccare a lei’. 

‘Lei?’.

‘Sì, lei’ – in quell’istante mi guardo intorno.

‘Veramente pensavo d’essere venuto da solo’ – e frattanto sorride.

‘Non lei’ – intendevo, lei, cioè tu’ – indicando me con il dito.

‘Bene, mi dia del tu, è così bello’.

‘Anche tu però’. 

‘Piacere di conoscerti’ – con la mano tesa e aperta.

‘Io sono Franca’ – però adesso non mi dire mano.

‘Che carina, questo gesto lo fai spesso?’.

‘Che cosa?’.

‘Il chiamarti da sola’.

‘No, mai’.

‘Me l’hai appena detto. E ti lasciano fuori tranquilla?’.

‘Scusami, però non ho capito’. Riattacco con calma:

‘Vorrà dire, che vai in giro chiamandoti da sola. Non è che se ne vedono poi tante in giro come te’. Adesso ride:

‘Adesso ho capito’. In tal modo esordisco anch’io: 

‘Sì, ma certo, era soltanto un modo accennato e semplice per rompere il ghiaccio. Sai che cosa ti dico?’.

‘Che cosa?’. 

Appena avrai terminato, t’offrirò giustappunto un buon gelato qui vicino, producono dei gelati che sono la fine del mondo. Io t’aspetterò qui’.

‘Sei matto?’. 

‘Dai, facciamo un’altra volta’ – infine persuasa lei mi segue e accetta l’invito.

‘Non ti conosco nemmeno’.

‘Non ci si distingue né ci si conosce giammai quanto basta, se non davanti a un magico cono’.

Sul più bello del dialogo la segretaria chiama Franca invitandola a entrare, dal momento che è arrivato il suo istante. Dopo aver sbrigato le sue pratiche d’ufficio ci ritroviamo uno di fronte all’altra, seduti fuori dal bar per adocchiare tutta la gente che passa nel viale: 

‘Scendiamo verso il mare, ci sarà poca gente, così facciamo due passi per conoscerci meglio. Guarda, per non impaurirti lascio qui la mia macchina, vengo con te sulla tua’ – abbozzo io.

‘Va bene, facciamo così, nessun problema’.

Ci dirigiamo verso il parcheggio, salgo sulla sua autovettura dove trovo un disordine immenso:

‘Scusami per il disordine, io praticamente in quest’auto ci vivo’.

‘Ci vivi male però’ – mormoro io, tirandola su con un sorriso.

‘A me piace così, perché sembra vissuta’ – mi espone, spiegandomi che percorre più di cento chilometri al giorno.

‘Io lavoro, o meglio partecipo con una compagnia di telefonia mobile, mi pagano a percentuale sui contratti aziendali che faccio. Ecco, guarda, siamo arrivati’.

‘La lascio qui, tanto siamo praticamente gli unici’.

Una lunga fila di lampioni illumina la spiaggia, perché metà del litorale è un alternarsi di sabbia e di scogli, il mare è placido e piatto, io sto fermo come un cretino squadrando in fondo l’orizzonte, tra i riflessi della luna nell’acqua e le piccole imbarcazioni ferme in quest’inchiostro scuro: 

‘Come mai ti sei bloccato?’ – mi riferisce lei incuriosita.

‘No, niente di speciale, guardavo unicamente il mare. Lui ha sempre quest’esclusiva autorità e quest’inedito potere su di me’.

Lei s’avvicina, è qui accanto a me, capto lucidamente il suo intimo profumo salirle dalle gambe, dato che inizia chiaramente il suo periodo fertile, perché credo che l’abbiano sentito pure i miei ormoni, per il fatto che inizia a svilupparsi una strana attività nel mio sangue. Là io le afferro il polso, l’avvicino a me, la guardo negli occhi, in quanto lei è a metà tra il panico e il contatto della mia faccia, dopo la contemplo negli occhi per un istante abbastanza lungo, poi la lascio e vado saltellando tra gli scogli, lei rimane un attimo incerta e tentennante, diciamo che ci sperava, poi mi segue. Ci fermiamo vicino nei pressi d’una piccola insenatura scavata nella roccia, l’acqua si perde e ricompare da diverse aperture lavorate in lunghi anni d’attività, molto più agitata è invece l’attività interna di lei, poiché è in scompiglio, è realmente combattuta e travagliata.

Il suo sangue ormai è sveglio, scorre fluido inondandola, mischiandosi opportunamente assieme a questa frescura marina carica di profumi, io sento le sue vibrazioni tutte intorno a me. Io, invero, molto più semplicemente sono quasi in visibilio dinanzi a questi giochi d’acqua, un po’ come fossi un ragazzino al mare per la prima volta, lei si è chiaramente infastidita di stare qui a scrutare il mare, visto che mi spinge un po’ quasi per farmi perdere l’equilibrio. Sì, ho capito, bisogna finire il lavoro iniziato, ovviamente devo afferrarmi al suo braccio trascinandomela in questo nuovo equilibrio a due, questa volta non sto fermo, sfioro le sue guance con le mie, lascio che il suo profumo riempia lentamente i miei sensi. Io le accarezzo il naso con il mio, in verità un bel po’ più grande del suo, mentre le mie labbra sono agli angoli delle sue e la punta della mia lingua inciampa sulla sua. Al momento s’adagia, la cerca, l’avvolge in un bacio che riempie il tutto, in quanto ha il sapore di me e di lei, di mille cose non dette, di tutte quelle da pronunciare e che forse non ci dichiareremo mai.

La sua pelle ha una fragranza dolce, a metà tra il muschio e i fiori, io percorro il collo con dei piccoli baci, il desiderio e la passione crescono lentamente, hanno bisogno del loro tempo, tuttavia li coltivo con i miei baci e le mie carezze. Una chiara bellezza mediterranea si pone di fronte, pelle che tende al bruno scoprendola man mano che la camicia si sbottona. Un bottone per volta e scopro i suoi seni ben proporzionati, in realtà non grandi né piccoli, però con una splendida areola bruna, ebbene sì, un capezzolo che chiede soltanto d’essere stuzzicato per ergersi in tutta la sua florida bellezza, giacché sembra fatto apposta per le mie labbra, poi d’improvviso la prendo in braccio: 

‘Che cosa fai?’ – esordisce lei, mentre io la zittisco con un bacio.

Per l’occasione ci spostiamo un poco, dal momento che accanto tra le rocce c’è un infossamento che sembra fatto apposta per l’amore con uno strato sottile d’erba morbida. In quell’istante la distendo delicatamente là sopra baciandole le guance, gli occhi e il collo, le mie mani percorrono lo spazio che delinea il suo ventre quasi del tutto piatto, una pelle che è un velluto, morbida da toccare e profumata al punto giusto. Io allento frattanto i suoi jeans e lascio che la mia mano vada sempre più giù, dal momento che m’invade un odore dolciastro, dato che la sua fertilità dev’essere al massimo, il suo corpo è infatti uno splendido frutto maturo che chiede soltanto d’essere colto e mangiato, chiaramente io non intendo fare altro. Neanche lei però, giacché morde il mio collo, mi succhia i lobi delle orecchie, intanto che cerca in ogni modo di tirarmi via la camicia, per il fatto che sento le sue mani e le sue unghie conficcarsi nella mia schiena. Lei bacia il mio petto, mi morde i capezzoli o meglio, io non so che cosa faccia sul mio petto, poiché è una sensazione bellissima e indescrivibile, le tiro i capelli, la stacco da me altrimenti finisco male, ci baciamo a lungo con passione, più che altro per distrarla da quell’obiettivo e darle un nuovo bersaglio. Sempre con la sua testa nelle mie mani, tiro un altro po’ i suoi capelli, il tanto che basta per lasciarle schiudere un altro po’ la bocca e lascio che sia il mio sesso a possederla, fino in fondo alla gola! M’accarezza le natiche, anzi no, me le graffia letteralmente, m’accarezza i testicoli, percorre l’asta in tutta la sua lunghezza con la bocca e con la lingua, poi la sento intrufolarsi in ogni piega della base, lungo i testicoli, li succhia, li bacia e li lecca: 

‘Dammi la tua fica, voglio assaggiare tutto il tuo miele’.

Lei si posiziona su di me con il suo splendido nido sul mio viso gocciolante di dolcezza, m’invade il naso, facendomi colare sulla bocca le sue intime secrezioni. Quelle grandi labbra morbide soddisfano la mia lingua che le esplora, le bacia e le succhia fino in fondo, come mai avrei creduto di fare. Lei si ferma per un istante e viene, il suo liquido denso cola sulla mia faccia, io rivolto la situazione a mio favore poiché adesso &egrave lei sotto di me. Le sue gambe mi chiudono, mentre il mio cazzo duro come non mai penetra fino in fondo al suo piacere: uno, due, i colpi s’alternano irregolari, inizialmente forte, in seguito diventano più lenti:

‘Sì, ti sento, dammi tutto il tuo piacere, bellissima femmina. Vieni, sì, fammi sentire quanto sei mia’.

Lei non smette di dimenarsi scossa interamente dai brividi, perché i muscoli della sua fica mi sembrano una bocca che morsica e che frantuma, premendo sul mio cazzo prima di rilassarsi abbandonata al nuovo piacere. A dire il vero, onestamente, non ricordo quante volte i suoi morsi golosi addentarono il mio cazzo, non mi ricordo né m’interessa farlo, perché stavo bene, stavamo bene entrambi distesi lì, radicalmente sazi e storditi del nostro piacere, interamente esaltati e ubriachi di gioia. Le nostre anime finalmente più leggere volavano via libere rincorrendosi in questa tiepida notte, con una splendida luna che ci osservava:

Io mi volto per sorvegliare la mia lei, che già m’osservava da parecchio tempo, perché vorrei dirle tante cose della mia gioia, della sua bellezza, però tutto varrebbe meno di zero una volta pronunciato, così preferisco rimanere in silenzio guardandola negli occhi e sentire il suo respiro, adesso diventato molto più regolare. In quella circostanza le sfioro il viso con il mio carezzandola delicatamente, lei sorride, chiude gli occhi, io la bacio tenendomela stretta.

Un abbraccio durato non so quanto tempo in verità, quasi fossimo attualmente un solo corpo, infine ci risollevammo.

{Idraulico anno 1999} 

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