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Erotici Racconti

Sforzo apparente

By 4 Marzo 2019Febbraio 12th, 2023No Comments

Osservandola dalla distanza, quella lunga battigia in effetti poteva sembrare spopolata, mentre le onde del mare scandivano la loro consueta e inconfondibile cadenzata sinfonia nel bel mezzo di quelle afose serate d’agosto, scaraventandosi in ultimo fragorose sull’impervia scogliera. In realtà, l’atipica lucentezza che si poteva vedere era cagionata dalla spuma marina indistintamente luminescente, che i flutti trainavano di continuo depositandola con il loro immancabile rombo sulla riva, anche se guardandolo attentamente adesso il litorale non era completamente disabitato. Là in lontananza, un giovanotto, in verità occupava un posto alla base d’una minuta collinetta rivestita d’arbusti pungenti e di cespugli di lentischio a poca distanza dall’arenile in una zona abilmente collocata e ingegnosamente protetta dal forte vento di maestrale. La chioma folta e la barba appena accennata tratteggiavano in modo distinto i contorni la sua faccia, intanto che il giovanotto fumava guardando lontano verso la linea del tramonto, dove si potevano distinguere i deboli bagliori d’alcune barche, probabilmente di pescatori che transitavano a rilento lungo quel tratto di mare.

Lui in verità non stava esaminando quei bagliori, ma era interamente concentrato e impegnato dentro tutta una sequenza di rievocazioni imprecise e di concatenazioni sfuocate, pitturate con delle sfumature fioche del tempo trascorso, poiché tentava di rammentarle onorandole nella maniera migliore, tramite l’arte del suono per mezzo del suo inseparabile flauto di Pan al seguito. Tutte quelle note musicali che fuoriuscivano da quello strumento, facevano riemergere una condizione a questo punto già ampiamente andata, tenuto conto che lui l’accettava ospitandola con un’astrusa e per di più mesta e deprimente festosità. Nell’insieme, invero, gli erano sempre andate a genio quelle situazioni nebulosamente malinconiche e oscuramente nostalgiche, per il fatto che lui ponderava che agendo in quella maniera la sua ragione potesse liberamente vagabondare, potesse sviarsi e in conclusione spaziare, potendosi auto analizzare, capacitandosi e comprendendosi maggiormente nel suo “Io” interiore. Lui cedeva lasciando che i suoi sensi cogliessero appieno tutto ciò che era consentito e lecito d’assimilare, dal momento che aveva frequentemente calcolato l’accoramento e la mestizia come una disposizione d’animo assai proficua, molto produttiva e perciò aveva afferrato l’obiettivo nella finalità di godersela al meglio, perché questo era il suo finale intento. Il giovanotto spense il mozzicone della sigaretta affondandolo nella sabbia, seguitò a suonare il suo pezzo preferito abbozzando il brano “What A Wonderful World” di Louis Armstrong riempiendo l’aria di quella serata estiva nel migliore dei modi, finché non fu bloccato dal saluto d’una voce femminile: 

“Sei molto bravo, davvero, buonasera” – esclamò lei alquanto meravigliata, avvicinandosi.

Lui si fermò di colpo sollevando lo sguardo nella direzione dalla quale era giunta l’intonazione senz’essere in grado di distinguere nient’altro che un profilo oscuro contornato da una folta chioma spostata dal vento. Il timbro della voce era innegabilmente di donna e, a stimare da quel poco che si poteva intravedere, doveva apparire una ragazza non molto alta. In quell’istante lui si ridestò osservandola meglio e salutandola.

“Ti ringrazio, ma non sono un vero suonatore, mi diverto soltanto” – dileggiandosi, come di consueto e sentendosi insicuro e sfiduciato quando qualcuno gli faceva un apprezzamento.

Lui nel mentre le tese la mano presentandosi e riferendole di chiamarsi Celestino, lei gliela strinse rispondendogli d’appellarsi Gloria.

“Hai persino un bella e gradevole intonazione. Sai, poc’anzi t’abbiamo ascoltato, mentre eravamo sedute di là in fondo con le mie amiche. Pensa, che una di loro ha aggiunto che tu possiedi un accento assai carnale e libidinoso” – seguitò sogghignando Gloria.

Celestino captava nel suo alito un approssimato ma caratteristico retrogusto di liquoroso, lì in quel frangente comprese che la ragazza doveva essere piuttosto alticcia. Lui in effetti non adorava bere, perché le bevande alcoliche gli mettevano addosso un assopimento tremendo, giacché non riusciva a divertirsi, dialogava a strafalcioni e in modo sgrammaticato, trascinandosi appresso irrimediabilmente tutti i disturbi che ne derivavano per svariati giorni.

“Riferisci pure alla tua amica che la ringrazio molto, io credo che non attiri né susciti le stesse idee se mi vedrà di persona. In ogni caso cercherò d’adoperare al meglio la voce per tentare d’adescare e d’intrappolare le femmine. Domani inizierò a comporre a casaccio dei numeri di telefono e ci proverò con tutte quelle che risponderanno” – ribatté Celestino per l’occasione insolitamente carico e alquanto divertito. Gloria sorrise, ma lui si soddisfò nell’udire il timbro di quella risata. Lei era alticcia, ma non totalmente ebbra, perché gli parve di capire:

“Levami una curiosità? Qual è la tua età?” – le chiese.

“Io venticinque. Tu invece?”.

“Io ventinove freschi appena compiuti”.

Lei sghignazzò nuovamente, certo leggermente sbronza lo era eccome, sennonché gl’indicò il flauto di Pan aggiungendo:

“Dimmi una cosa Celestino, suoni da parecchio tempo?”.

Lui rifletté per qualche istante, subito dopo enunciò:

“Suppergiù una dozzina d’anni”.

Gloria s’accostò di più trascinando il didietro per terra fino a quando le sue ginocchia non arrivarono a contatto con quelle di Celestino, dopo si chinò nell’osservare più da vicino quel decorato flauto di Pan, sfiorandone le canne con i polpastrelli all’altezza dei fori.

“Io non me ne intendo, dimmi, è complicato apprendere suonare?” – domandò Gloria, tenendo la testa bassa per poi risollevarla a rilento con le labbra lievemente allargate a pochi centimetri da quella di Celestino.

Quella che gli aveva fatto era una domanda che Celestino aveva udito un’infinità d’occasioni, alla quale aveva dato in un’enormità di circostanze la medesima e placida opinione, che esprimeva che non era comodissimo, ma neppure un’azione impossibile da raggiungere:

“Sai Gloria, gli avvii e i debutti sono di frequente per qualsiasi cosa per tutti deprimenti e scoraggianti, le cose non ti riescono bene, ma ogni cosa sta in quanto t’impratichisci e provi, ci vuole pazienza e naturalmente l’interesse per la riuscita, vale a dire la passione” – predicò pacatamente Celestino.

Il suo sguardo adesso si era assuefatto alla semioscurità, le nuvole si erano in parte divise permettendo alla luce della grande luna lucente lassù nel cielo di sopraggiungere fino a loro due illuminandoli, per il fatto che lui si era accorto d’avere a pochi centimetri di distanza una graziosa ragazza. Gloria portava i capelli neri, due labbra molto polpute e ben tracciate, il naso dal taglio regolare esattamente in proporzione con il resto della faccia e gli occhi che lo avevano scompigliato radicalmente. Non era certo riguardo del colore, tenuto conto dell’insufficienza d’una luce adeguata, eppure ne avvertii all’istante il brio sentendosi radicalmente attratto. Gli occhi di Gloria erano due cavità di puro sfavillio, colmi di vivacità e di risolutezza, zeppi al tempo stesso di scaltrezza e di brama. Esaminandoli e cercando d’uscire da quegl’istanti di mutismo inesplorato, Celestino si rese ben presto conto d’avere un preludio di un’anomala quanto estrosa erezione, giacché la faccenda iniziò sul momento a metterlo in difficoltà, perché come sovente avviene, quell’inedita erezione era del tutto fine a se stessa. Celestino dispensò la sua risposta anteponendo le adeguate parole, cercando per quanto possibile di mantenere la frase rituale ben sperimentata, che aveva già avuto modo di testare tempo addietro, seguitando per tutto il tempo a scrutarla negli occhi, costantemente affascinato dalla loro forma e dalla luce che sembravano immagazzinare dentro di loro. Per tutto il tempo durante il quale lui aveva dato voce alla sua frase fatta, Gloria aveva ripreso ad avvicinarsi pigramente, ma in maniera del tutto eloquente. Quando terminò di dialogare, spiegando di quanto in definitiva non fosse poi così arduo né proibitivo addottrinarsi nel suonare un flauto di Pan, i loro occhi erano al momento a una decina di centimetri di distanza, perché adesso Celestino captava addosso l’energia del suo respiro.

Gloria, in seguito, dopo pochi istanti d’incomunicabilità totale s’avvicinò e finalmente le loro labbra s’unirono, lasciando posto alle lingue, che cominciarono dapprima a lambirsi indolentemente. Successivamente iniziarono ad avviticchiarsi l’un l’altra ininterrottamente con avidità, analizzando e perlustrando l’una la bocca dell’altro. Celestino la brandì spostandola con leggiadria accorgendosi nel mentre che aveva avuto una poderosa erezione. Quel fatto lo aveva scompaginato all’inverosimile essendo avvenuto tutto talmente così in modo rapido, senza nessun preannuncio e per di più con una ragazza forestiera, malgrado ciò quella faccenda lo subissava di un’eccitabilità entusiasta quanto inedita e a tratti titubante, perché si rivolse ancora verso Gloria individuando ancora le sue labbra e la sua lingua, ancora più ingordamente di prima. Gloria reagiva con straripante dedizione iniziando a respirare sentitamente pigiando contro di lui e in opposizione alla sua virile erezione, peraltro innegabile e visibilissima da sotto un paio di pantaloncini di cotone. Celestino si scoperse ben presto adagiato a pancia in su sulla sabbia gradevolmente disteso su quel modesto dosso, intanto che Gloria si sfregava contro di lui, esplorandogli abilmente la sua bocca e facendo saettare di continuo la lingua tra vari mugolii. Celestino collocò le mani sulla sua schiena, gliele infilò sotto la maglia cercando la pelle e premendo quel corpicino fremente contro il suo, andando a cercare la fibbia del reggipetto. Si rese conto che lei non lo portava, perché un’ulteriore eccitazione si propagò all’istante nell’addome facendogli incurvare la schiena, portando la sua erezione a premere ancora maggiormente contro Gloria.

Celestino si sollevò innalzandola senz’alcun affaticamento evidente continuando a baciarla, adesso in modo pressappoco impetuoso. Le mani si spostarono andando ad accarezzare quelle tette morbide, lui gliele fasciò dapprima leggermente provocandole un sussulto, in seguito più aggressivamente facendola frignare, mentre proseguiva ad attorcigliare la sua lingua con quella di lui. Celestino le abbrancò i capezzoli tirandoli delicatamente verso il basso, Gloria nel mentre gli morse deliziosamente il labbro facendolo farneticare. Celestino aizzato e fomentato come non mai aveva il limpido e preciso timore di sborrarsi addosso nei pantaloni, considerato che era da un tempo lunghissimo che non aveva avuto contatti intimi con una donna. Il suo cazzo attualmente era esagitato e insofferente al massimo, la pelle dello scroto era intirizzita nel pigiare i testicoli, per il fatto che lui iniziava ad avere la necessità considerevole d’entrarle dentro, di dirigersi dentro di lei e in ultimo di scaricarsi dentro la fica di Gloria. Lui smise in quel momento di tastarle le tette e si diresse verso l’ombelico, tastando a rilento quel foltissimo monte di Venere a ridosso di quella deliziosa e odorosa fica, dopo le scostò le grandi labbra individuando il clitoride. Gloria in quella circostanza sussultò, si dimenò, intanto che le sue mani si dirigevano nel rintracciare il cazzo di Celestino. Lui rimase sbalordito di ritrovarla talmente infradiciata, sicché poté entrare dentro di lei senza difficoltà alcuna.

Subito dopo Gloria liberò quel magnifico cazzo dai suoi jeans iniziando a maneggiarlo con dovizia e con avvedutezza come se intuisse che, a quel punto, una smisurata veemenza avrebbe potuto interrompere quel lascivo gioco facendo terminare tutto in breve tempo. Lei lo squadrò negli occhi proseguendo a muovere le mani sul suo cazzo, procedendo nel comprimere il dito in mezzo alle gambe con una stretta energica e nerboruta, finché Gloria in maniera inattesa le rivendicò:

“Celestino, ascolta, adesso leccami il didietro, per favore, io ti farò quello che vorrai” – sostenne Gloria con la voce afona, riprendendo a esaminarlo e a muoversi liberandosi del suo cazzo ma sempre fissandolo.

Quell’ambiente ben presto s’impregnò dell’olezzo della sua fica appena lei gliela avvicinò al suo viso, odorosa, umida e stuzzicante, Celestino non riuscì a evitare d’accostare il suo viso e d’elargirle una lunga succulenta leccata, peraltro appassionata e piena. Gloria si contrasse appena Celestino le lambì per un istante il clitoride, perché nuovamente Gloria in modo circostanziato e deciso gli ribadì:

“Aspetta, dai, leccami prima il pertugio del sedere. Mettimi dentro la lingua Celestino, la voglio sentire che mi penetra, ti prego”.

Celestino a seguito di quella depravata e viziosa richiesta aveva disperso totalmente ogni proibizione, aveva allontanato qualsiasi insicurezza fino ad allora manifestata, perché invero lui non aveva mai lambito né sfiorato l’ano d’una giovinetta, e se solamente ci avesse pensato tempo addietro, avrebbe indubbiamente diagnosticato il concetto più che detestabile, immondo e turpe. In quel preciso momento non rimuginò a nulla, se non a scagliarsi verso l’orifizio invitante di Gloria allargandole ulteriormente le chiappe con le mani, blandendole il pertugio, dislocando la testa in movimenti circolari, pressando con le labbra intorno all’ano e inserendo a tappe la lingua dentro. Gloria iniziò ad boccheggiare, Celestino comprese che aveva intrapreso a manipolarsi la fica, mentre lui da dietro eseguiva la sua parte. Lui la leccò con tutto l’impulso e l’attaccamento che possedeva, visibilmente intontito e stupefatto da quell’inedita trasformazione, constatando che lambire quell’apertura stretta ed elastica non gli dispiaceva per nulla, poiché lei infervorata all’inverosimile gl’intimò:

“Sì, ecco Celestino, adesso ficcaci dentro un dito, sto per venire, continua, bravo, così” – manifestò lei tra un gemito e l’altro.

Celestino s’affrettò ad eseguire continuando la sua libidinosa e traviata opera muovendo le dita in modo convulso infilando e sfilando, allargando e stringendo, finché Gloria non proruppe in un grido rauco liberatorio, contraendo l’ano nel pieno dell’apice di quel poderoso amplesso. Lei si girò verso di lui, lo squadrò in viso accarezzandolo e ansimando ancora, passandogli sul viso le dita impregnate e fragranti di quell’intimo profumo dei suoi fluidi che lo facevano sragionare. Lei compì tutto per lui, Celestino perseverò nel fare tutto per lei, per buona parte di quel che rimase di quella notte. S’assopirono là su quell’arenile, Gloria era sveglia, forse non aveva chiuso gli occhi, il cazzo di Celestino era di nuovo in erezione, era nuovamente dentro di lei, e lei stava nuovamente muovendosi sopra di lui. Furono costretti a ricoprirsi allorquando i primi frequentatori iniziavano ad accorrere in spiaggia. Celestino al presente la poteva adocchiare per bene in piena luce, Gloria era in effetti una favolosa ragazza, perché lui al suo fianco si sentiva indistintamente buffo e goffo.

Celestino non aveva giammai afferrato né compreso che cosa alle donne piacesse di lui, perché era arciconvinto d’avviarsi in ogni caso in una perenne sfavorevole condizione, giacché ipotizzava di non piacere, dal momento che ogni volta che la pacifica per quanto originale consuetudine alla quale si era assuefatto a vivere veniva stravolta da una presenza femminile. Lui in concreto non riusciva a domandarsene il motivo.

“Gloria, dimmi per quale ragione ti sei avvicinata a me? Potevo essere un tipo più malfatto e sgradevole di quello che sono e che vedi. Avevi udito solamente il mio flauto di Pan e la mia voce. Solo dopo che ti sei avvicinata non sapevi nemmeno che forma avesse la mia faccia. Perché sei venuta da me?”. Sentenziò Celestino.

Lei scoppiò a ridere, cercando di contenersi, anche se con scarsi risultati, vergognandosi e divertendosi al contempo.

“Adesso ti svelo ogni cosa. Io ero con tre amiche sulla spiaggia, avevamo trangugiato di tutto, dopo naturalmente abbiamo indirizzato i discorsi parlottando di sesso e dei gusti di maschi e femmine. Dopo t’abbiamo sentito suonare e infine cantare. La mia amica più affamata di cazzi e per di più corpulenta, che colleziona sempre dinieghi a raffica si scola un bel bicchiere di Cognac e annuncia che un individuo del genere con quella voce attizzante se lo scoperebbe al volo, così sulla fiducia, giustappunto per la voce che possiede senza neppure vederlo in viso. Io le dico se quello appena ti vede scappa a gambe levate, invece se mi presento io scommetto sull’unghia cinquanta euro che mi bacia persino il culo”.

A questo punto Celestino incredulo e meravigliato ridendo con le lacrime agli occhi molto allietato e alquanto divertito m’annuncia:

“A questo punto hai fatto centro, denota e dimostra che hai vinto in una botta sola persino la somma di cinquanta euro?”.

“Di più, da come puoi ben notare, equivale e simboleggia anche che t’offrirò molto volentieri da bere” – aggiunse Gloria chinandosi di fronte a lui, mentre ridendo gli passava le mani tra i capelli e s’avvicinava alla sua bocca spassandosela allegramente. 

{Idraulico anno 1999} 

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