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Erotici Racconti

Simile a un vortice

By 30 Luglio 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Presumibilmente la faccenda si è conclusa, potenzialmente suppongo di sì, malgrado ciò al momento squadro accuratamente quest’alloggio risplendente che sto irrevocabilmente per mollare, magicamente però m’appaiono nitidi e ben delineati i ricordi d’ogni istante vissuto, d’ogni respiro, d’ogni tentennamento e di qualsivoglia sensazione sperimentata là dentro. Io non so precisamente come appellarti, dal momento che questa è indubbiamente e innegabilmente una percezione che m’invade il corpo trasportandomi là dove sono stata con lui. Ebbene sì, lo so che non è illecito né proibito, so che non è stato soltanto il gusto della genuina scoperta, perché ho ben chiaro tutto, per il fatto che è radicato in me come la sua voce fin dal primo momento che l’ho conosciuto.

E’ puro fascino, è reale magnetismo, è autentica passione, poiché non voglio darti un nome, giacché ne hai già uno, il tuo. E non posso chiamarlo, no, perché io, sacerdotessa dei legami legittimi e dei nessi sentimentali, adesso so con certezza che ha una ragazza da tanti anni. In questo momento mi scuoto per staccarmi dal muro contro il quale lui m’ha premuto per rendermi consapevole del suo desiderio, per non pensare alla sua mano che accende il mio. Io apro e chiudo le dita, le guardo, le stringo di nuovo, dato che lo sento lì possenti, tese e vibrante. Non c’è scampo dunque? Io m’imploro allo specchio, però ci vedo i suoi occhi, visto che sembrano due falò che mi chiamano assieme alla sua voce che m’incanta e che m’incatena nel contempo, poi come se non bastasse ripenso ai sorrisi e alle risate, a quei numerosi ‘ti amo’ detti e ripetuti che forse erano soltanto per ribadire la bruciante adorazione delle nostre membra allacciate, a quei ‘ti voglio’, che forse accettavano ammettendo l’esistenza di qualcosa di più di questo calore.

Io sono giunta bruscamente in quest’alloggio, nel bel mezzo di quest’inedita e insperata dimensione, in conclusione la terminale estensione che abbiamo raggiunto trionfando, così come un chiaro segnale luminoso che scaccia fulmineo tutte quelle sfumature corrucciate e persino minacciose che ci hanno arrotolato in un tempo passato, che al momento non vorrei però francamente più menzionare, eppure è ancora qui, s’avverte, s’avvicina, mi sfiora il viso e si china per baciare le punte dolenti del mio seno, perché egli sa bene che non so resistere oltremodo, poiché lui lo ha scoperto in auto, dopo in un androne, in seguito nel moto involontario delle mie gambe che gli si sono aperte stimolando con dovizia i sensi dentro i suoi jeans. Le sue dita hanno trovato una delle mie chiavi, tuttavia non posso dargliela vinta così, allora lo afferro attraverso i pantaloni baciandogli il collo e ribellandomi a una conquista che è già sua. La sua gola trema, io gli apro la camicia, disegno delle ghirlande con la lingua, ma è un guerriero anche lui poiché m’imprigiona le mani, s’impadronisce di me slacciando l’abito al centro, toccandomi delicatamente senza sosta l’epidermide intorno a quel bel triangolo formato da quei pelosissimi riccioli umidi e rossicci.

Io mugolo, gemo con una tangibile protesta contro il suo corpo, reclamo a buon diritto, lui però mi tiene statica, la sua sghignazzata intensa accompagna l’insistenza del suo cazzo che sembra voler lacerare palesemente la stoffa. Lui si trastulla sulla mia carnagione, io inalo la sua profonda eccitazione e tremo verso la sua cruciale e inevitabile ondata di sperma che mi travolge genuina e pura lì in piedi, nel tempo in cui io sono totalmente aperta e abbandonata. Io però lo voglio così, tanto da non aver fiato, tenuto conto che lui si ciba in modo ghiotto del mio desiderio e m’infiamma concedendomi solamente per un istante la visione della colonna di carne tra le sue gambe. Lui si siede sul letto e m’attira sulle sue ginocchia, mi culla con una giocosa grazia, io premo all’indietro contro il suo petto avvertendo il cuore che pulsa captando il rombare del nostro sangue con le mie cosce aperte sulle sue.

In quel preciso frangente ho bisogno di lui, restiamo compatti, predisposti per possederci baciandoci con una fasulla noncuranza con le rispettive lingue che annunciano una concordanza radicale, un’unione globale. Io sono seduta sul letto con il corpo turbato e scosso dal piacere, con il viso rigato dalle lacrime che non ho saputo trattenere, siamo però in realtà solidali e uniti nelle intenzioni, perché so che lui mi sta pensando, dal momento che ci è capitato di svegliarci e d’ammettere d’esserci amati nei sogni. Io mi rannicchio sul materasso perché al presente sono disadorna, indifesa, spoglia, scruto i bagagli ordinatamente disposti attigui all’ingresso osservando le tende che svolazzano a causa della frescura che precede il temporale, infine m’addormento come una bambina che ha pianto notevolmente.

I sogni più commoventi e più pietosi della veglia sennonché m’avvolgono facendomi compagnia così come una leggera trapunta, qualcuno canta Lucio Battisti, pronuncia il mio nome, sembra così vicino, che cosa voglio di più? Io non voglio svegliarmi, perché adesso la pioggia battente confonde sovvertendo i rumori, perché adesso mi pare in modo distinto di sentirlo accanto, quel definito calore e quell’inconfondibile profumo che conosco, quella barba del pomeriggio che mi punge il viso, quelle labbra che trovano le mie, quelle mani che aprono i due bottoni della camicetta e che m’accarezzano tutta. Io so che non c’è, eppure è così reale il fruscio di quei vestiti che cadono per terra, la lingua che gioca con l’ombelico, le braccia che mi stringono, il corpo che s’incunea dietro la schiena.

Io sospiro, mi rammarico, lo riconosco appieno, eppure qualunque cosa sia non voglio che smetta, anche se poi resteranno unicamente vividi sia i ricordi e tanto i numerosi rimpianti. Un altro nubifragio è in corso, sì lo sento intorno a me, voglio che non finisca mai, là di fuori c’è un’aria irrequieta, inclinazioni e temperamenti che iniziano a disciogliersi in me sconvolgendomi, la sensazione di quelle dita che mi schiudono e una pressione che mi riempie di colpo decisa e netta. Sono in verità spinte lente che i miei fianchi riconoscono e che seguono attentamente attraverso una danza che ustiona, giacché mi rammenta in modo preciso quella carnagione che si strofina addosso alla mia, avverto marcatamente il mio addome che si contrae solerte raggrinzendosi, mentre lui erompe sborrandomi contro la mia pelosissima fica rossiccia tutta la sua densa linfa vitale, mescolando il mio piacere al suo.

Io apro gli occhi e non esiste che lui soltanto, disteso, nudo e rilassato con il viso che racconta il suo silenzio e che comprende la mia sorpresa. Io mi chino per baciarlo, focoso, solido e umido, m’abbandono con la lingua giocando con il suo cazzo finché esso ritrovi il suo naturale vigore, io glielo succhio con cupidigia fino ad avvertire che si tende ulteriormente ingrossandosi, cavalcando soltanto la sua punta e lì insistendo, senza cedere al tocco delle sue mani sui miei seni, in tal modo lo lascio affondare, perché voglio sentirlo e gustarmelo fino in fondo.

In seguito abbandono la realtà che ho appena ritrovato, colma del suo sesso, satura, trafitta e trasfigurata senza timori né pensieri, senz’angosce né paure, godendomi ogni momento di questa dimensione procrastinata, a dire il vero per lungo tempo sospesa, di questo limbo che appartiene solamente agli amanti, di questo chiaro e incontrastato vortice che ha il suo nome e nondimeno il mio.

{Idraulico anno 1999} 

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