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Erotici Racconti

Un avvenimento inconsueto

By 22 Febbraio 2017Febbraio 1st, 2023No Comments

Io mi trovo precisamente presso la stazione ferroviaria di Messina nella settimana di Ferragosto, insomma ho qualche giorno di ferie per andare a conoscere un simpatico indiano che abita nei pressi di Macerata, per il fatto che si dichiara innamoratissimo di me. Devo ammettere che dopo un periodo di sesso molto debole e velato ho veramente bisogno d’una notevole e ragguardevole avventura che mi sconvolga rimescolandomi in maniera conforme. Il fatto è che non sono molto entusiasta, tenuto conto che nell’ultimo periodo sto sbiadendo come una vecchia fotografia, è vero, non ho certo l’insolenza né la sfacciataggine della mia amica siciliana, però anch’io con il mio fascino indiano colpisco e sbalordisco costantemente.

Sono attualmente concentrata e profondamente immersa nei miei pensieri, poiché sto leggendo il giornale in testa al binario. Ho indosso i sandali, la camicia ricamata e i jeans stretti, con i capelli neri sciolti assieme a un abbondante trucco intorno agli occhi di colore blu, giacché forse è una tenuta troppo sgargiante per una femmina come me convertita rapidamente al ruolo di badante. Certamente ci vorrebbe un’avventura più magica e più provocante, perché di questa prospettiva che ho effettivamente bisogno, non d’altro. Alzo sennonché lo sguardo con la sensazione d’essere costantemente osservata per il mio aspetto insolito, eppure stavolta la sensazione è concretamente e realmente forte, perché chi è che mi guarda e mi gira attorno? Il tempo di chiedermelo, giacché mi trovo davanti un uomo giovane dall’aspetto molto bizzarro anche per me, lui ha i capelli neri, la camicia di color arancione e una riga di polvere colorata in mezzo alla fronte, tutto ciò sopra un viso da film che mi ricorda uno dei miei attori preferiti del cinema nel sud dell’India, poiché avvicinandosi con un largo sorriso mi chiede gentilmente in buon inglese:

‘Scusa, sai dove si trova il tempio indiano di Roma?’.

Io esco fuori di colpo dai miei pensieri così come scossa da un inedito lampo: potevo chiedere di più da una breve attesa alla stazione? Totalmente ignara e sprovveduta dove possa trovarsi tale tempio dichiaro con un sorriso un po’ stupido esponendogli:

‘So che c’è, però non saprei dove di preciso’.

‘Tu sei indiana però, non è vero?’.

‘Sì, certo, da parte di mio padre’.

Io mi rendo conto che di fronte ho una faccia alquanto attraente, poiché non riesco a organizzare adeguatamente i pensieri, per fortuna lui prosegue con il discorso:

‘Io t’ho notata subito e così ho pensato che se prendessi il mio stesso treno potremmo fare il viaggio insieme, in tal modo m’aiuterebbe per non sentirmi spaesato’.

Io approvo sperando che vada avanti, tuttavia anche lui ha l’atteggiamento un po’ confuso e semplicemente ingenuo, perché ripensando al tempio non credevo ce ne fossero più in giro, almeno non di quelli autentici rimugino dentro me stessa. Viaggiamo insieme fino a Roma nella sala ristorante, perché i nostri posti non erano vicini e bevendo del tè freddo lui mi racconta della sua famiglia indubitabilmente materialista, in quanto gestisce un hotel di lusso, giacche entrambi i genitori vorrebbero vederlo sposato e diventare ben presto un uomo d’affari, mentre lui è in cerca di differenti dimensioni dello spirito. Intanto che lo osservo, io m’anticipo quali altre grigie rilevanze potrei raggiungere con lui e come posso far girare la situazione a mio favore. Devesh è il suo nome, mi confessa che il mistico tempio è però troppo severo per lui, poiché si sta al presente recando per conoscere un maestro di chiara celebrità a Roma, che lo metta sulla giusta e opportuna strada. Il suo problema è la castità, in quanto non riesce proprio a figurarsi una vita morigerata o quantomeno sessualmente contenuta, giacché nel momento in cui mi squadra io noto che la sua contemplazione sprofonda nella mia scollatura splendente, cosparsa per l’occasione con del balsamo profumato.

‘Niral, dimmi una cosa. Vorresti essere la mia guida a Roma? Se hai tempo naturalmente, prima che prenda delle decisioni importanti’.

‘Va bene, domani però dovrò proseguire il mio viaggio, dato che posso trattenermi soltanto per un giorno’.

‘Mi basterà sai, in fin dei conti certe cose si capiscono velocemente, dopo anni di meditazione ho raggiunto un buon livello intuitivo’.

‘Beato te, nel mio caso per decidere certe cose ci vogliono degli anni’ – ribatto io ripensando alle mie burrascose vicende.

Lui ride ed è bellissimo, il suo sorriso è magico e pulito, lussurioso e sensuale, ma al tempo stesso disteso, perché quella brillantezza dello sguardo m’affascina irrimediabilmente. La nostra passeggiata per le strade di Roma è strana e piuttosto surreale, un po’ perché lui è vestito da ascetico, un po’ perché il suo entusiasmo mi riscalda rasserenandomi il cuore. La sera giunge molto tardi, di questo andare ci dirigiamo per mangiare in una taverna con il menù vegetariano, all’uscita però complice il buio e il caldo delle strade vuote di Roma il suo atteggiamento diventa prontamente e manifestamente poco spirituale, perché camminando m’agguanta per le mani e m’abbraccia con gli occhi lucidi senza aver bevuto nessun tipo di bevanda alcolica.

‘Passiamo la notte insieme? Sei davvero bellissima e ti voglio con me. Io non pensavo in nessun caso di fare un simile incontro, ma è evidente che tu incrociavi il mio destino’.

‘Lo credo anch’io. Non può essere solamente una coincidenza, voglio stare con te stanotte come vuole il nostro atto sacro’. 

Ambedue ci abbracciamo, anch’io pur senza aver bevuto niente mi sento già confusa ed euforica, in quanto affondo il viso nella sua camicia di cotone grezzo che profuma d’incenso prefigurandomi quale splendido sapore possa avere la sua pelle abbronzata. Entriamo in un hotel molto grazioso con tanti fiori alle finestre e dall’aspetto caratteristico, la padrona è una tipica signora romana che ci guarda con l’aria di chi pensa al carnevale, poi si rivolge placidamente dicendo che ha libera la bella mansarda con la terrazza, avvertendoci però che non c’è l’aria condizionata. La camera è molto bella, ha le travi con vista e dalla terrazza entra un leggero vento che dà sollievo al caldo del sotto tetto, infine c’è un piccolo frigo bar da cui Devesh estrae subito il gin e l’acqua tonica al limone, io lo guardo un po’ sorpresa, mentre miscela velocemente le bibite nei bicchieri aggiungendoci il ghiaccio:

‘Tu bevi però? Io credevo di no’ – lui mi guarda sorridendo e brillantemente esordisce:

‘T’ho detto che mio padre ha un bellissimo hotel? Io ho lavorato lì fino a pochi anni fa, bevevo, mangiavo e tutto il resto. Qualcosa me lo ricordo ancora e questo mi sembra il momento adatto’. 

‘Io Devesh, non voglio essere motivo per te di fare qualcosa che non ritieni giusto’.

‘Senti Niral, il mio cammino interiore può riservarmi molte sorprese. Tu sei bellissima, credo che tu sia molto intelligente, quindi capisci benissimo quello che provo adesso. Forse volevo unicamente mettere in atto qualcosa di diverso dalla mia famiglia, forse posso raggiungere l’equilibrio in altri modi che non m’aspettavo d’ottenere’.

Mentre mi parla così lui si sbottona indolente la camicia, io m’avvicino verso di lui porgendogli il bicchiere con la bibita, lui la beve d’un fiato e il liquido gli gocciola sul petto, io m’avvicino per leccare quelle gocce che scivolano fra i peli, assaporo la sua pelle e bevo dal suo bicchiere lunghi sorsi, finché non comincia a prendermi l’ebrezza dell’alcool e del desiderio. Anche nei confronti di Devesh ha fatto subito effetto, probabilmente non è così abituato a bere come dice, siccome ha gli occhi eccitati, lucidissimi e belli più che mai, cosicché si getta sul letto. Io frattanto gli sfilo i pantaloni, mentre le sue gambe sode e tirate s’allargano per offrirmi quel cazzo pulsante e già ben duro. Io mi svesto celermente e gli sono sopra, lo bacio sul collo e sul petto bagnandogli le labbra con il ghiaccio rimasto nei bicchieri, dopo giocherello con i suoi capezzoli che al contatto con il ghiaccio si fanno duri e sensibili.

‘Quando lavoravi con tuo padre all’hotel, che cos’hai imparato oltre ai cocktail?’ – gli sussurro io, mentre continuo a scivolare sul suo corpo.

‘Tante cose’ – sospira lui con un singhiozzo di piacere.

‘Ne ho però ancora tante da imparare. Me le vorresti mostrare?’.

‘Con estremo piacere, dimmi che cosa vuoi, perché sono certa che ti piacerà più di mille meditazioni mistiche e di tante assurde ponderazioni contemplative’ – bisbiglio io nelle sue orecchie, leccandogli le guance e succhiandogli le labbra.

La sua lieve azione verso il basso mi fa ben capire i suoi desideri e non mi faccio pregare, così mentre scendo sul suo ventre i suoi addominali si tendono, io acciuffo a piene mani il bellissimo cazzo vellutato e lo succhio ripetutamente. Devesh ha uno splendido sapore e già comincio a sentire le vibrazioni che precedono l’orgasmo, m’allontano veloce per evitare la sua sborrata, perché voglio prolungare il mio e il suo piacere fino al massimo, in tal modo mentre mi rotolo accanto a lui noto che sopra di noi la trave del soffitto non è altissima e in quel frangente mi viene subito un’idea. Io m’allontano un attimo per togliere dalla borsa un lungo scialle di raso e torno svelta sul letto, giacché Devesh ha intuito che qualcosa di nuovo sta per succedere. Nel momento in cui io lancio lo scialle a cavallo della trave si tocca con ambedue le mani per mantenersi in caldo, poi quando mi riavvicino a lui m’offre il suo cazzo parzialmente eretto, io m’accovaccio sedendomi su di lui e mi lascio penetrare, nel frattempo le cosce spalancate si tendono nell’accoglierlo fino in fondo. Io m’allargo e mi richiudo stringendo le pareti della fica per accoglierlo, per combaciarci perfettamente, poi mi sollevo e ricado giù spingendo il più possibile, al momento le sue grida di piacere m’eccitano ancor di più, in tal modo m’attacco alla stoffa dello scialle con tutte e due le mani e in questo modo inizio a girare su me stessa flemmaticamente, avvitandomi su di lui senza mai lasciare la stretta. Con cautela aiutandomi con le gambe gli giro sopra, adesso le braccia allungate appese alla stoffa s’attorcigliano sotto la trave sempre di più formando una spirale, il mio corpo vibra per il piacere e per lo sforzo, i seni sono tesi per il movimento, le braccia alzate reclamano d’essere toccate e ogni volta che giro davanti a Devesh lui si tende verso di essi per accarezzarli e per stimolarli.

Ancora quattro giri, poiché la stoffa sta per finire la sua spirale, mentre io mi muovo affondo su di lui gemendo, dato che eloquenti fiotti del mio latte bagnano il suo ventre, ma anche il mio clitoride teso e duro fra le labbra della fica spalancata, giacché reclama d’essere toccato, gemendo prego Devesh di toccarlo come può, lui allarga le cosce muovendosi forte e veloce per spingersi dentro di me tentando di raggiungermi con le mani, mentre le sue dita arrivano a fatica. Quando gli sono di fronte, vogliose e brucianti sui miei seni per stringere i capezzoli per poi accanirsi sul clitoride, per solleticarlo e stimolarlo il più possibile. Al momento il mio orgasmo incalza, mentre m’avvito dandogli le spalle, poi nell’ultimo giro piego la testa all’indietro rovesciando sul suo petto sudato la mia massa di capelli neri sciolti: 

‘Sto per venire, non ce la faccio più, sì, eccolo’ – geme lui con il viso sfigurato dal piacere.

‘Adesso sta’ fermo e lasciati andare’ – grido io, mentre l’orgasmo mi sta per travolgere, allora sollevo le gambe e lascio in un botto che il mio corpo si sviti sul suo, tirato dalla forza della stretta dello scialle che si srotola sotto la trave. La sensazione è impensabile e nuova, la mia fica non va soltanto su e giù come sempre, ma stringe e strofina il suo cazzo in una spirale dalle sensazioni altrimenti impossibile e incredibile, multiformi giammai provate prima. Lui attualmente prosegue, si spinge dentro fino a farmi male, nel tempo in cui io mi srotolo girando veloce sopra di lui come una molla. Io non m’accorgo di gridare, perché anche lui lo fa senza pudicizia né ritegno, sono pochi secondi, eppure valgono un’eternità d’autentico e d’incontaminato piacere. Quando la stoffa si srotola e cade giù dalla trave anch’io precipito esausta sulla sua faccia, il suo cazzo ancora dentro che batte, i nostri fluidi mischiati ci appiccicano le gambe con lo scialle di raso spiegazzato sulla mia testa. Il cuore pulsa folleggiando, giacché non avevo mai goduto così e a giudicare dal battito del suo cuore sul quale s’appoggia la mia guancia neanche lui. Amorosamente sento le sue braccia chiudersi sopra di me e le sue mani scorrere fra i miei capelli: 

‘Sai, penso che forse domani al tempio non andrò, o forse sì, però tanto ho già deciso’.

‘In che senso? Spiegati meglio’ – sollevandomi il viso e guardandomi intensamente:

‘A volte il sesso vale più di cento meditazioni. Penso che dovrei rivolgere la mia attenzione al tantrismo piuttosto che alla contemplazione, in tale maniera potrei ugualmente occuparmi degli affari dei miei genitori’.

‘Lo credo anch’io, non dubito sai’.

‘Tu piaceresti molto perfino ai miei genitori, ne sono certo’.

‘In che senso dici questo? Che cosa te lo fa credere?’.

Stavolta non mi prende il solito gelo e la solita sensazione di fuga, perché aspetto Devesh che vada avanti nelle sue parole.

‘T’andrebbe di fare un viaggio in India?’ – perché sollevandomi di scatto acutamente ripeto:

‘India? Che cosa? Perché abiti lì? E’ una vita che desidero fare un viaggio in India’.

‘Allora dimmi di sì. Nel guardarti mi vengono in mente mille progetti e non ho più voglia di fare il santo che elemosina e che implora, anzi, perché non ci prepariamo un altro Gin Tonic?’.

Io mi siedo sul bordo del letto, la mano di Devesh adesso mi carezza dolcemente un fianco mentre gli porgo il cocktail, pronta per ricominciare la nostra meditazione mondana e profana.

A ragion veduta io piacerei moltissimo alla famiglia di Devesh? Sono certa che anche loro piaceranno molto pure a me – ripetendo di continuo il concetto verso me stessa.

Io credo e ritengo senza dubbio alcuno, che la mia avventura a Messina possa essere adeguatamente sacrificata per una da realizzarsi successivamente in India, e che probabilmente stavolta non ritorni indietro davvero mai più.

{Idraulico anno 1999} 

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