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Erotici Racconti

In tutto quel nulla

By 31 Agosto 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Fuori dal finestrino io guardavo tutto il mondo, però squadravo il niente e quando la pochezza e la vacuità non c’era lì appariva il mondo, ero io presente, addirittura persino lui. Io sono con il viso rivolto verso il finestrino per guardare l’inezia e il vuoto, lui con i suoi occhi puntati verso la restante capienza dell’autobus. Io con la mia sconcezza, la mia vergogna e con la mia voglia totale di lui, lui viceversa con la sua cinica, indolente e neutrale espressione sulla faccia, assieme al suo abituale e svogliato piglio che mi dà costantemente e durevolmente sui nervi.

Il mio membro ormai già diventato durissimo non riusciva più a dominarsi né a moderarsi nei jeans, perché avrebbe voluto recidere la chiusura lampo con i bottoni e uscire ben presto allo scoperto, per farsi accarezzare senza quella stoffa blu ad abbassare e ad attutire i sensi, per essere anche baciato e maneggiato, eppure non si poteva fare, perché un’intera classe di diciottenni era lì accanto a noi pronta a circondarci e un infinito e profondo terrore d’essere scoperti nel possederci, di questo andare nel frattempo riuscivamo ad alleggerire la foga, l’impeto e l’impulso stando l’uno con la mano tra le cosce dell’altro.

La sua mano è liscia e ben coordinata che sa quello che vuole, poiché se lo prende senza domandare né esigere, tuttavia in quel preciso istante alla nostra condizione di distensione, di quiete e di paura s’affiancava la musica altissima insieme al coro dei cantanti dilettanti innamorati del ritmo, ma non del contenuto né del testo. La fronte piena di rughe della professoressa, in quel perenne sfoggio e in quell’autocratico e illiberale vanto di corbellerie e d’imbecillità, vicina a un’altra nevrotica accanto alle spalle curve dell’autista, che io vedevo tra l’altro bellissimo e desideroso di silenzio.

‘Mettiti dritto’ – mi dice con la voce bassa, giacché mi fa comprendere più azioni e più gesti del preannunciato.

Io al momento non afferro né colgo ciò che lui brama d’esprimermi, visto che eretto lo sono veramente, però questo non conta, in quanto lui ha iniziato ad affrettarsi e a muoversi con le dita verso la patta e sta portando giù la chiusura lampo unitamente con tutti i caritatevoli e i generosi intenti per non lasciarsi andare del tutto. Io noto che attualmente sta cercando di mantenere la schiena dritta e simultaneamente si sta impegnando nel coprire il mio membro che compare dai pantaloni, tenuto conto che subito dopo esclama sbottando un nitido e sgombro gemito d’alleggerimento sfidando persino l’aria che lo circonda:

‘E magnifico, quanto mi piace, non credevo per davvero’ – mi sussurra incredulo e in modo insperato meravigliandosi.

Lui me lo dice soltanto perché sa che mi fa piacere sentirglielo dire, io, che tra l’altro so perfettamente quello che pensa, faccio finta che le sue parole siano genuine e sincere allungando di questo andare il tocco di sotto della sua maglietta. Io ammiro i suoi pettorali gonfi quanto basta e apprezzo la forma del suo cavallo quando il membro è  a riposo. Come d’abitudine, noi usiamo la tecnica del ‘è cascato, che sbaglio, un secondo che mi chino’.

Lui s’avvicina per lambirmi l’estremità della verga, considerato che adesso non riesce neanche a stare all’aperto, poiché non sa più quello che vuole, dopo lo apre, continua a baciarlo e mentre porta fuori tutta la lingua io tento disperatamente di non gemere, di non emettere lamenti di piacere, giacché quasi trenta persone ci stanno attorno e siamo un comodo e per di più un facile e favorevole bersaglio. Lui s’alza e si ricompone, adesso dovrebbe essere il mio turno, però ancora assaporo quegli attimi di goduria, dato che non ho nessuna intenzione né volontà di perdere un istante. Lui mi lancia uno sguardo d’invito, però io non batto ciglio. Fuori c’è il nulla, visto che ha smesso d’avventarsi e di scagliarsi nel senso opposto al mio, perché dentro io ho zero nell’anima, dato che di snodarsi non ne vuole veramente sapere.

‘Che culo, una galleria, molto bene’ – m’informa non proprio con il tono debole, dopo abbassa la modulazione:

‘Tiratelo fuori, dai, sì così, bravo’.

Io m’adeguo, eseguo gli ordini, giacché se lo toglie all’esterno pure lui, in conclusione appena il buio pervade il mezzo di trasporto lui mi fa un pompino apprezzabile e degno di lode, mentre io gli maneggio l’arnese che forse è più eretto del mio. D’improvviso ritorna la luce, ma acutamente anche il contegno e la misura, prontamente s’infila la blusa nei calzoni e tira su la chiusura lampo, poiché in giro credo che nessuno si sia accorto di nulla, dal momento che si continua a cantare, a fumare e a baciarsi.

A un tratto, la voce aspra, indagatrice, ruvida e persino tagliente della professoressa per poco non ci manda vicino all’infarto. Ecco, ci siamo, s’avvicina a noi, perché avrà visto i nostri genitori e vorrà conversare e sbraitare con loro per la nostra inclinazione ad ambire e ad agognare di suggere le verghe erette e non i capezzoli in cima a esuberanti e prosperose prominenze femminee, poiché probabilmente esigerà e imporrà di voler esaminare il plasma fluire dalle nostre tempie, dopo una serie di frustate meritate per questa cupidigia e per questa smania incontrollata e spontanea di sesso.

Le sembrerà persino di guardare il suo sangue mestruale e le piacerà osservarci mentre ci baciamo, intanto che le nostre lingue dello stesso sesso si scambieranno attenzioni, premure e scrupolosità. Che poi in definitiva, chi l’ha deciso di quale genere di sessualità siano le lingue? E soprattutto, perché la professoressa s’avvicina verso noi due? Io colgo una domanda sul suo sguardo indagatore diventato al momento beffardo e dileggiatore, dato che vorrà chiedermi da quanto tempo vengo penetrato, auspico veramente di no.

‘Ragazzi, dai forza, non avete sentito? Siamo arrivati. Su sbrigatevi, scendete e raggiungete i vostri compagni’.

Lui mi squadra per bene, io considero che mi osserva con buonumore, con esultanza e con rammarico, malgrado ciò anche con inimicizia e con rancore. Io a quel punto lo esamino con la stravaganza, la rarità e l’indelicatezza cercando di capire se il suo membro è più eretto con me, altrimenti con il suo cavolo di fanciulla del periodo che episodicamente gli ronza di frequente attorno. Successivamente c’incamminiamo verso i gradini sulla porta dell’autobus, visto che conducono fuori in un mondo popolato e sottomesso dal nulla, in seguito quando passiamo vicino all’autista io gli lancio un’occhiata ammiccante, nella quale infilo anche il sesso appena svanito e la voglia di continuare con lui, con l’aspirazione e il desiderio di guardargli un giorno le natiche.

Lui con le sue sopracciglia folte e le sue labbra umide mi socchiude gli occhi e m’invita al peccato, al vizio da cogliere. Io però non posso, dal momento che una scolaresca ormai cresciuta, ma in ogni caso non alterata e sincera m’aspetta tra tutta quell’assenza e tutto quel nulla. Quando scendo le scale con la professoressa, che nel frattempo s’agita, s’innervosisce e grida a perdifiato, io mi perdo e mi scialacquo in mezzo alle parole facendo assegnamento, calcolando e sperando di morirci annegato.

Una mano inaspettatamente però si posa sulla mia spalla destra e non appena mi giro, a bruciapelo trovo le sue sopracciglia folte e le sue labbra umide già pronte.

{Idraulico anno 1999} 

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