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Erotici Racconti

Un gioco insensato

By 15 Febbraio 2017Febbraio 1st, 2023No Comments

Io mi sveglio sopra un letto estraneo, sono assoggettato e gravato inevitabilmente dal caldo e dal peso, perché un altro corpo m’opprime addosso emanando calore e sudore, tenuto conto che dalla consistenza, dall’odore della pelle e dalla stazza so molto bene senz’aprire gli occhi, che non è quello d’una donna con cui ho scopato la sera prima. E’ tutt’altro cazzo: perché la sagoma è quella del buttafuori del locale, un quintale circa di muscoli buttati sul letto a peso morto, dato che il problema è che io me lo sono scopato lo stesso, considerato che non è la prima volta che accade, giacché con ieri sera fanno quattro, più un pompino nei bagni del locale all’interno del ‘Rodeo’, tengo inoltre a precisare. Mi chiedo pertanto quante volte bisogna fare sesso con un altro uomo, prima di ritenersi ufficialmente frocio a tutti gli effetti. 

Non so che cosa darei, per essere nel mio letto adesso senza il suo corpo addosso e il suo braccio robusto di traverso sul mio torace nudo, come se volesse impedirmi d’alzarmi e di scappare, giacché in fondo sono stato io stesso a iniziare senza sapere precisamente quello che stavo accidentalmente innescando, poiché lo stupro di gruppo è stata un’idea mia per punire questo figlio di puttana di tutto quello che ci ha fatto e ci fa ancora ulteriormente subire. Non doveva piacere a lui né a me, se non il minimo impellente e indispensabile per farmelo rizzare e infilarglielo dentro, perché io non lo ritenevo in nessuna maniera un individuo da godersela a tal punto un mondo, con il sedere e la bocca piena del mio cazzo. O meglio, un sospetto che gli piacesse più il cazzo della fica io lo avevo avuto da qualche tempo addietro, eppure non credevo neanch’io che per farsi inculare ci provasse tanta soddisfazione, in quanto la scarica di testosterone che mi ha dato per accorgermi che il cazzo gli piaceva m’ha testualmente lasciato sbalordito, eccome se gli piaceva, visto che questo presentimento non lo avevo inserito per nulla nel calcolo delle mie prerogative né avevo messo in conto che compierlo solamente una volta potesse lasciarmi la voglia di farlo di nuovo, però alla fine il nostro buttafuori pregava e scongiurava soltanto che io continuassi, che non perdessi tempo prezioso, sennonché in ultimo mi è rimasta realmente la cupidigia e la tentazione di proseguire. 

In questo modo, adesso infatti, quando mi dà degli ordini con quell’aria sprezzante e superiore, non so che cosa darei per dirgli in faccia che non prendo disposizioni né norme da una checca con il sedere sfondato dai cazzi dei suoi uomini, e per farlo mettere giù a quattro zampe come una cagna, slacciarmi i calzoni e fargli capire realmente chi è che comanda, visto che poi in realtà non so neppure quello, perché non lo devo certo obbligare, anzi, perché ieri sera al locale quando lui si è avvicinato barcollando mi ha beatamente detto:

‘Gino, portami a casa’ – con la sua miglior cadenza da ubriaco, per il fatto che era ovvio che quello che cercava era una buona dose di cazzo. Innegabile, perché aveva bevuto troppo come sempre, però ormai io l’ho visto sbronzo troppe volte per non pensare che stavolta fingesse d’esserlo più di quello che fosse realmente, così mi ha lanciato le chiavi del suo fuoristrada, neanche fossi il suo cazzo d’autista personale, in quanto io ero con una bionda con le tette enormi, e per quel che mi riguardava il mio amico poteva anche schiattare sul posto, dato che io a casa ci avrei accompagnato più volentieri lei.

‘Ho altro da fare, non lo vedi?’ – ribattei io nettamente contrariato, peccato però, che la ragazza dalla quarta misura stesse evidentemente cercando il modo di scaricarmi e abbia preso le sue parole come un pretesto e un ripiego per defilarsi. 

‘Sei contento adesso?’ – gli ho chiesto, mentre lo sorreggevo fino al fuoristrada. Lui non m’ha risposto, io l’ho portato a casa e l’ho trascinato a fatica fino al letto, giacché lui teneva gli occhi chiusi e mugugnava con la lingua incollata al palato, dato che gli girava la testa. Non doveva stare poi così male, visto com’è andata a finire.

Io apro sennonché gli occhi e scosto con delicatezza il suo braccio pesante dal mio corpo cercando di non svegliarlo, con un po’ di superflua preoccupazione lui continua a dormire come un ghiro steso bocconi con la faccia girata dalla mia parte. Io lo guardo nella penombra che avvolge la stanza e mi sembra un’altra persona rispetto ad allora, sì, perché sembra più giovane, ha soltanto gli slip addosso e il suo viso è più delicato ed è ancora più bello. Ha quelle labbra morbide che mi ricordano subito il modo in cui s’aprono e si richiudono su d’un cazzo e come s’attaccano golose a esso, anche se da uno come lui non te l’aspetteresti mai. Io allungo cauto una mano sulla sua pelle, sfioro i muscoli, le spalle larghe e il bacino stretto, in quanto ha un corpo davvero splendido. Appoggio adagio la mano sul sedere, sento morbida e calda sotto il palmo la stoffa degli slip che ha indosso e incredibilmente già sodo è il muscolo al suo interno, poi stringo un poco desideroso di risentire la sua consistenza e intanto rivedo il suo corpo carponi sul letto con le natiche protese all’infuori in attesa, quasi in offerta come una qualsiasi puttanella vogliosa, in quanto ieri notte il buttafuori si è calato i calzoni, ha scodinzolato impaziente con il didietro e ha esplicitamente detto: 

‘Fammi il sedere’. 

Con quella voce che non gli ho mai sentito usare, se non quando ha voglia di cazzo, io ho sentito in mezzo alle gambe che poteva anche avere i muscoli, il cazzo e la testa rasata, però quello che m’andava in fare in quel momento era scoparlo di brutto come avrei fatto con la bionda del bar e trattarlo nello stesso modo. Adesso che convenientemente ci ripenso non mi sembra che sia stato lui a chiedermi d’aiutarlo a spogliarsi, dal momento che sono stato io a levargli la maglietta, perché avevo notato che non aveva più i peli sugli avambracci ed ero curioso di vedere se aveva depilato anche il torace, poi quando ho visto perfettamente lisce le sporgenze tonde dei pettorali, con tutta quella polpa da toccare, le mani mi sono scivolate sopra per sentirne la consistenza e hanno palpeggiato tutto quel ben di Dio di muscoli, come avrebbero fatto allo stesso modo con la quarta misura della bionda di prima. Il buttafuori ha sbraitato emanando un mugugno soddisfatto senz’aprire gli occhi e un sorriso gli ha stirato le labbra, io gli ho messo i pollici sui capezzoli e li ho strofinati, finché non ho sentito la piccola punta farsi più dura. La patta l’ha agevolmente aperta lui, l’inguine era rasato e il cazzo era a mezz’asta. Bastardo ho pensato, dato che gli ho stretto più forte i capezzoli, lui intanto ha inarcato la schiena con un gemito e ha sollevato le braccia ai lati della testa come per arrendersi e rinunciare.

‘Hai bisogno d’un po’ di cazzo, eh bello, non trovi?’.

‘Oh, sì dai’.

Lui ha allargato le cosce, io ho infilato una mano nei jeans, sotto le palle lisce cercandogli il buco, anche se è molto più scomodo che in una donna. Gli ho dovuto levare gli stivali e i calzoni, fargli aprire bene le gambe e sputarmi sulle dita per entrare facilmente dentro di lui. Il suo cazzo duro in compenso sgocciolava già un po’ di liquido lubrificante e quando ha sentito il dito infilato nel sedere ha sussultato bramoso e ingordo. Io non l’ho toccato, non gliel’ho mai preso in bocca e nemmeno l’ho mai masturbato. Lui però sa che sarebbe pretendere troppo, non me lo ha in effetti mai chiesto, o forse non ha bisogno, siccome gli piace scopare da femmina e godere da femmina, dal momento che non esige altro che un cazzo che gli allarghi adeguatamente il pertugio. Io ho ancora le orecchie piene dei suoi gemiti da troia e delle parole immorali, lussuriose e sporche che gl’infilavo nel cervello a ogni spinta. Adesso che posso, il palmo della mia mano aderisce il più delicatamente possibile alla forma convessa delle sue natiche e preme adagio, io mi tiro un po’ su e appoggio l’altra mano sull’altra natica, stringo un poco e faccio come se dovessi aprirle. 

Il buttafuori mugugna nel sonno, oh sì, cazzo, vorrei poterlo prendere adesso, così mentre dorme, poiché sento quell’ardore, quel desiderio scendermi caldo nell’inguine e guidare le mie mani sui suoi fianchi dentro l’elastico degli slip, sulla pelle morbida dei suoi glutei sporgenti. Io abbasso gli slip con cautela scoprendo il solco, ci passo in mezzo due dita delicatamente, visto che lo trovo caldo e umido, quando mi fermo sul buco e premo un poco con i polpastrelli il buttafuori mugugna di nuovo, allora io ritiro le dita dall’ano, ma le lascio vagare su e giù lungo il solco e nel tratto fra il buco e i testicoli. Con delicatezza infinita massaggio con i polpastrelli quella parte dei testicoli che riesco a raggiungere, però senza svegliarlo, sono in realtà leggermente più piccoli dei miei e meno pelosi, in quanto toccarli m’infonde un curioso e singolare senso di fragilità. Le indiscusse palle del buttafuori, emblema e sintesi di tutto ciò che fa di lui un perfetto addetto alla sicurezza del locale, al momento non sono nient’altro che due ovetti disarmati e indifesi sotto la mia mano che potrei schiacciare nel pugno, però non ho voglia di fargli male, anzi, tutt’altro. 

Ho scoperto sennonché, che farlo godere mi piace di più che farlo soffrire, anche se una parte di me ancora s’imbarazza vergognandosi d’accettarlo e d’ammetterlo manifestamente, in tal modo con le dita continuo a massaggiare lento fra le palle e il buco, poi tutt’intorno al buco, alla fine sul buco. Lui geme e si divincola quando io premo sull’ano, non apre gli occhi né si scuote, ma emette soltanto un piccolo gemito, io in quell’istante mi chiedo se stia fingendo di dormire per lasciarmi continuare, oppure se quel gemito non sia il modo di dirmi di non fermarmi. Il buttafuori evidentemente ha voglia di cazzo anche di primo mattino, giacché l’idea mi rende più duro il cazzo che al momento spinge sulla patta dei jeans, perché lo sento gonfiarsi di calore e di piacere e mandare coraggio alle mie mani sfacciate. Mi porto in bocca il dito indice e il dito medio per bagnarli di saliva, e quando l’odore del sedere mi colpisce le narici mi sorprendo io stesso di non trovarlo sgradevole di come mi sarei aspettato. Dopo abbasso ancora un poco gli slip sulle sue natiche incredibilmente sode, le apro quel tanto che basta per arrivare all’ano e spingo delicatamente la prima falange del dito medio oltre lo sfintere. Lamberto sussulta debolmente con un mugolio soffocato, eppure non apre ancora gli occhi né cambia posizione. Io giurerei che potrei mettere il cazzo al posto del dito e lui fingerebbe ancora di dormire pur di farsi scopare da vera troia, giacché al cazzo non dice mai di no. Il pene mi palpita nei pantaloni al solo pensiero: sdraiarmi sul suo corpo e prenderlo così bocconi nel suo letto, sussurrandogli ingiurie e insulti nelle orecchie e mordendogli la nuca come a una gatta. Io inizio a far scorrere il dito dentro e fuori, lentamente con metodo, palpando ben bene la liscia cavità anale del buttafuori, che dopo meno d’un minuto sembra dilatarsi come per fare spazio a qualcosa di ben più grosso e spesso. Il calore delle sue viscere si propaga dalla punta del dito fin giù fra le gambe, mentre il cazzo si contrae di nuovo dal desiderio d’affondare in quel calore.

Il buttafuori attualmente è immobile, nel frattempo si gode quell’inaspettata penetrazione fingendo ancora di dormire, o almeno così credo. Io non posso pensare che non si sia svegliato per sentirmi dentro di lui, però io sto al gioco e continuo a masturbargli il sedere, curioso di vedere fino a quando porterà avanti questa sceneggiata. In realtà il suo respiro ha perso la lentezza autentica del sonno, poiché è diventato più rapido e irregolare, eppure questo rimane l’unico indizio che non stia davvero ancora smaltendo nel sonno la sbornia della sera prima, il dubbio però aumenta potenziando la mia eccitazione e il mio stimolo. A dire il vero mi stuzzica tanto l’idea d’approfittare del suo corpo realmente addormentato, quanto quella che stia recitando per incoraggiarmi e per spronarmi di fare di lui ciò che voglio. Ho mille parole lascive e sconce per lui sulla lingua, eppure non oso parlare per non frantumare quell’incantesimo, quindi evito e decido di tenermi mentalmente le frasi che avrei voluto riferirgli: voglio aprirti e fotterti, ti faccio sentire il cazzo al posto del dito e t’inculo per bene come ieri sera, così ti faccio bruciare dalla voglia, bravo, morditi le labbra per non gemere, non ansimare, pregami di metterti il cazzo dentro. 

Il buttafuori reprime i brividi di piacere che gli scorrono lungo la spina dorsale, si sforza di restare immobile e rilassato quando ogni nervo del suo corpo si sta tendendo visibilmente per l’eccitazione. I fianchi fremono per spingersi incontro al dito che lo penetra, il cazzo palpita per sfregarsi ritmicamente sul materasso, non deve farlo, dato che deve controllare le sue reazioni e lasciare che lo sconosciuto Gino rimanga con il dubbio che ancora dorma, e si lasci manipolare in quel modo soltanto perché non è consapevole. Vuole sapere fin dove arriverà, scoprire se s’azzarderà infine per svegliarlo per offrirgli il cazzo oppure se s’accontenterà di quel ditalino nel sedere soltanto che ha paura di non farcela. Il dito dello sconosciuto lo pungola lì dove gli dà più gusto, diramando dal centro del suo essere ondate di piacere che lo sommergono da capo ai piedi, perché fingere di non provare nulla è tanto più difficile quanto più si prolunga quella deliziosa tortura e il bisogno d’essere fottuto come si deve cresce a dismisura. Con tutto quel frugare e quel premere e spingere nel retto, il respiro ormai non lo controlla più, dal momento che non riesce più a simulare il ritmo lento e regolare del sonno, perché adesso il cuore gli batte forte pompandogli in corpo la voglia d’un cazzo.

Io non credo che tu dorma, scommetto che se soltanto sbatto il cazzo sotto il naso in un attimo tu sei vispo come un grillo, giacché adesso ce l’ho così duro, avrei proprio bisogno d’un bel bocchino caro mio bel buttafuori. Nel frattempo mi slaccio i jeans e lo estraggo, me lo accarezzo lentamente, pochi colpi di mano che fanno affondare la testa nel suo involucro di pelle sensibile, per poi riaffacciarsi vogliosa con una goccia di bava all’occhiello. Io tolgo il dito dal sedere del buttafuori e mi sistemo in ginocchio sul suo letto, in modo tale da pungolargli il mento e le guance con la cappella. Lui intanto è ancora sdraiato bocconi con la testa girata dalla mia parte con le labbra appena scostate in una fessura irresistibile:

‘Succhia un po’ questo’. 

E’ soltanto un sussurro, ma il mio tono è deciso, spiccato, lui non reagisce, dato che continua a fingere di dormire, adesso lo trovo io il modo di svegliarti Lamberto con un bel cazzo infilato in gola. In quell’occasione gli sfrego la cappella sulle labbra, dato che sono piacevolmente morbide rispetto alle guance già appena ruvide della barba d’un giorno e il suo respiro caldo mi manda un tremito di piacere nei lombi. Lui reagisce con un debole grugnito senz’aprire gli occhi, però mi lascia entrare e mentre il calore della sua bocca m’avvolge piacevolmente la punta, avverto distintamente la sua lingua guizzare golosa per raccogliere la goccia di fluido che tracima dalla fessura. Lo sapevo che eri sveglio, adesso smettila con questa commedia e fammi una pompa come si deve, lui però si gira supino lasciandosi sfuggire di bocca la punta del mio cazzo, visto che non si preoccupa di richiuderla e resta con la faccia rivolta dalla mia parte e le labbra socchiuse come se stesse in attesa. Se non capissi l’invito mi basterebbe guardargli il pacco per avere la certezza di quello che vuole: il cazzo duro gli tende la stoffa degli slip, incollata alla punta da una chiazza bagnata, io però decido di stare al gioco e proseguo come se ancora dormisse.

Dopo la rudezza con cui l’ho posseduto ieri sera, adesso mi eccita la delicatezza furtiva di questo piacere che sembra come rubato, in quell’istante accompagno di nuovo con la mano il cazzo sotto il suo naso lasciandogli tracce di fluido filante sulle labbra socchiuse, ma lui non reagisce. Allora insinuo dentro la cappella gustando il palpito al contatto caldo e soffice della sua bocca, come prima lui s’allarga un po’ per farmi entrare meglio, io mi muovo piano sfregando il cazzo fra la sua lingua e il palato, poi mi spingo più dentro e accenno un lento movimento di stantuffo, masturbandomi nel frattempo con la mano. Sotto gli slip il suo cazzo sembra ingrossarsi e tendersi ancora, io sento prudermi nelle mani la voglia d’impugnare l’asta e masturbarlo mentre mi succhia, eppure una parte di me non è ancora pronta per questo, allora preferisco godere senza ricambiare. Intanto il buttafuori ha cominciato ad applicare alla mia cappella gonfia di voglia una suzione lenta ma costante, che sembra volermi pompare fuori lo sperma progressivamente:

‘Oh sì, così Lamberto, sì dai succhia da bravo pompinaro, fammi vedere quanto ti piace il cazzo’.

Io sussurro di nuovo e vedo il suo cazzo sussultare d’eccitazione in risposta, mentre parlo mi massaggio con la mano sinistra la base del cazzo e le palle, mentre con la destra sfioro i pettorali e i capezzoli che sobbalzano leggermente al mio tocco. La sua reazione m’incoraggia a essere più deciso per proseguire: la mia mano adesso si poggia sul suo pettorale e stimola quasi impalpabilmente la piccola punta del capezzolo, mentre lui si muove e grugnisce come se volesse sottrarsi a qualcosa che nel sonno lo infastidisce. Anche se io vedo il suo cazzo palpitare di piacere, ogni volta che prendo il capezzolo fra le dita e lo tiro delicatamente, non oso fare di più né scopargli la bocca con l’impeto che mi freme dentro, però evidentemente quel trattamento lo eccita e anche se lui si ostina a non aprire gli occhi, perché adesso succhia con più convinzione, dato che mi liscia la cappella con la lingua avida di cazzo. 

La mia mano destra si sposta sulla sua nuca, perché mi piace sentirla delicatamente ispida con i capelli quasi del tutto rasati, per non dimenticare la sua rozza e sgraziata mascolinità, mentre pompo con goduria avanti e indietro nella sua bocca da troia, soprattutto mi piace sapere che quella stessa bocca fra un’ora mi darà ordini perentori a cui sono tenuto a obbedire, adesso però si prodiga per soddisfarmi ben stretta attorno all’asta con quelle labbra arrossate dallo sfregamento e la perizia che ci mette nell’eseguire l’opera. Mi piace vedere l’effetto che il mio cazzo imprime al buttafuori, vedere come ammansisce contenendo la sua abituale arroganza e convenzionale prevaricazione, come lo rende servizievole e sottomesso come nessun’altra cosa al mondo. Mi eccita spiare il montare della sua sete, il modo in cui adesso il suo corpo tentenna trepidando d’aspettative per qualche fiotto di sperma, intanto che il suo cazzo meccanicamente si contrae sotto la stoffa sempre più bagnata, mentre io ormai spingo il mio su e giù fino a metà dell’asta nella sua bocca ingorda avvicinandomi sempre più all’acme del piacere. 

‘Che bravo che sei Lamberto, come lo succhi bene il cazzo. Dai ancora un poco e mi farai sborrare, dato che come succhi si direbbe che non vedi l’ora di bere tutto, però ultimamente sei anche più bastardo e più malvagio del solito. Sai Lamberto, non so proprio se ti meriti la sborrata in bocca’ – gli mormoro io in modo allusivo, insidioso e insinuante con la voce flebile dal piacere.

Lui geme intorno alla mia cappella trasmettendomi una deliziosa vibrazione di godimento che sembra far fatica nel controllare la sua smania: spinge il bacino verso l’alto, strizza gli occhi e soprattutto la forza del suo risucchio aumenta così intensamente, che in un attimo mi sento prigioniero della sua bocca e irrimediabilmente condannato a sborrare:

‘Oh cazzo, eccomi Lamberto’ – mi sfugge mentre lo estraggo, sbatto la sua faccia sull’inguine e godo schizzandogliela di sperma dal mento alla fronte.

Lamberto però non si scompone neanche adesso, perché quando lascio la presa sulla sua nuca lui s’abbandona sul cuscino con un sospiro senz’aprire gli occhi o pulirsi con la mano, per il fatto che resta immobile come se ancora dormisse, se non fosse per i fremiti che percorrono la sua erezione tesa e insoddisfatta e per il sollevarsi troppo rapido del suo largo torace. Io m’alzo per usare in fretta il suo bagno, sono a disagio, mi chiedo in che modo il buttafuori troverà la forza di guardarmi in faccia fra un’ora, quando saremo uno di fronte all’altro per sgomberare il locale. Mi basta riaffacciarmi di nuovo alla sua camera per sentire quel vago rimpianto dissolversi in un lampo: il mio buttafuori adesso ha gli occhi ben aperti, la mano destra che scivola su e giù sul cazzo e la sinistra affondata fra le gambe a frugarsi il sedere. Quando mi vede, leva la sinistra dalle mutande e raccoglie tutto lo sperma che ancora gli cola in faccia, per poi infilarsi in bocca le dita bagnate e lanciarmi l’occhiata più dissoluta e lussuriosa che io abbia mai ricevuto. Nel frattempo lui sborra con un mugolio soffocato, nel momento stesso in cui il gusto del mio sperma gli riempie la bocca, ed io non posso che indugiare ancora un secondo nel fissare il suo corpo mentre s’inarca e lancia in aria lo sperma residuo.

Alla fine, mentre esco quasi di corsa, mi chiedo unicamente due cose: come finirà quest’assurdo, incongruente e irragionevole gioco perverso in cui mi sono invischiato, se io e lui siamo soltanto gli unici giocatori?

{Idraulico anno 1999} 

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