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Accade…

By 15 Luglio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Vorrei solo che tornasse. Questo desidero, nient’altro. In fondo non mi pare di chiedere chissà cosa. Vorrei che fosse di nuovo a portata di messaggio. Non pretendo di vederlo, abbracciarlo, toccarlo. Mi basterebbe questo’davvero.
Sarà capitato a tutti, credo. Almeno agli amanti della nuova era. Tutti coloro i quali affidano le proprie emozioni, le proprie calde sensazioni alla luce di un display. Noi che parliamo senza voce, noi che scriviamo in poche parole interi desideri. Noi che abbiamo solo pochi caratteri a disposizione per raccontare un intero pensiero, la sintesi di una giornata. Noi che condensiamo voglie, paure, speranze. Noi che aspettiamo che quella maledetta vibrazione ci illumini la giornata.
Sarà capitato senz’altro anche a voi di fissarlo a lungo. Di guardare il meraviglioso oggetto del desiderio. Quel bellissimo piccolo cellulare. Guardarlo ed aspettare, chiedendosi perché mai non squilli? Sapete bene, come lo so io, cosa significhi desiderare qualcosa che non arriva mai. Sapere che tanto non scriverà, ma sperare che invece succeda.
L’ho fatto per due giorni. Due giorni interi. Ho sperato che squillasse. Ho aumentato al massimo la suoneria. In ogni luogo l’ho posizionato vicino alla finestra, dove la ricezione fosse massima. Ho controllato mille volte che non fosse arrivato nulla, nonostante la suoneria sia talmente forte da risvegliare chiunque. Ho maneggiato quel cellulare fino a consumarlo. L’ho maledetto ed accarezzato. Come se fosse il responsabile della mia solitudine. Come se servisse ad arrivare a lui. Come se potesse servire a gridargli tutta la mia disperazione. Ho aspettato chiedendomi perché non sentisse la mia stessa voglia, il mio medesimo bisogno di essere amata. Perché nemmeno un cenno. Ho imprecato e maledetto il momento in cui l’ho conosciuto. Ho detestato me stessa per essere qui ora ad aspettare chi nemmeno mi pensa. Come ho potuto ricaderci di nuovo?
Riprendo il cellulare; gli cambio posizione. Forse la ricezione migliorerà. Forse le linee sono sovraccariche. Forse mi ha scritto, ma non &egrave arrivato. Forse attende una risposta che non potrò mai mandargli. Forse’dorme, lavora, viaggia. Forse mi scriverà domani.
E, intanto, sono passati due giorni.
Giorni in cui la mente si arrovella in mille pensieri, in cui notte e giorno diventano uguali, in cui non esiste altro pensiero di chi vorresti che invece non c’é. Ti trascini stancamente nelle solite incombenze quotidiane che, gradualmente, perdono di sapore, colore. Non c’&egrave più interesse, entusiasmo, grinta. L’unica domanda che riesci a formulare &egrave ‘perché?”ma non esiste risposta.
Maledizione alle vacanze. Veleno per chi si ama da lontano. L’assurdità sta proprio in questo: avvertire una settimana di vacanza come una mancanza di chi, però, non c’&egrave mai. E trovarsi a desiderare che ritorni presto, ma dove? Non da te. Non torna mai, lui non c’&egrave, non &egrave il tuo uomo, non torna’
Inevitabilmente ti chiedi cosa aspetti in realtà. Se un uomo o un’idea. Ti chiedi se la mancanza sia di chi, comunque, non c’&egrave o soltanto una manifestazione della propria solitudine, esplosa in un bisogno di tenerezza.
Ti chiedi come puoi amare chi non vivi. Come puoi pensare ad un uomo che vive un’altra vita, nella quale tu non entri quasi mai. Come puoi credere a poche parole scritte in un baleno. Ti domandi perché cercare di interpretare i suoi sentimenti quando nemmeno conosci i tuoi? Ti chiedi come puoi accendere i tuoi sensi solo leggendo due parole. Non comprendi come si possa scatenare la passione per un uomo del quale a malapena conosci la voce.
Eppure accade.
Succede che ti svegli la notte desiderando che le sue mani ti accarezzino. Ti accorgi di accoglierlo nella tua mente e di lasciare che ritagli dentro di te uno spazio sempre più grande. E lasci che sia. Perché &egrave bello convincersi di avere qualcuno che ti ama. In fondo cosa costa? Ti convinci che lui desideri solo te. Che non ci sei altro che tu. Credi alle poche che vedi, che percepisci di una vita che non &egrave la tua. Costruisci un personaggio che non corrisponde alla realtà, ma solo a ciò che tu desideri che sia. E va bene così. E lui, presto diventa l’uomo migliore che tu abbia mai incontrato. Anche se non lo hai mai visto. Anche se la sua voce &egrave solo un ricordo di pochi minuti ormai lontani.
Hai quasi paura a confessare, persino a te stessa, che il tuo corpo lo desidera. Che saresti pronta a concederti se solo ne avessi la possibilità. Hai vergogna ad ammettere che questa notte lo hai desiderato davvero. Che pensavi a lui mentre sola nel letto ti accarezzavi come, forse, avrebbe fatto lui. Non ti guardi nello specchio mentre il pensiero di lui prende forma ed il ricordo di quanto hai goduto stanotte ti avvolge la mente, scaldandoti di nuovo. Hai fatto l’amore con lui stanotte. Ma lui non c’era. Hai lasciato che la tua mano rincorresse il tuo desiderio. Che cercasse il tuo piacere. Hai chiuso gli occhi sognando una bocca che non conosci. Hai finto di udire parole mai pronunciate. Hai volato con lui, per lui.
Ma lui non c’é. Non c’era.
Ed il cellulare ancora non squilla.
Controlli l’ora. Calcoli il fuso orario, mentre percorri le strade più trafficate al solo scopo di allungare l’attesa, la sofferenza e ritardare il rientro a casa. Posizioni il cellulare sotto la radio così, oltre alla suoneria, anche le vibrazioni ti avvisano dell’arrivo di un messaggio. Ma il silenzio brucia come questo sole caldissimo sul braccio fuori dal finestrino.
Guardi gli altri in macchina, fermi al semaforo. C’&egrave chi canta, chi parla con l’auricolare ridendo e reclinando la testa all’indietro in fare civettuolo. Un impeto di invidia si impadronisce di te.
Cosa daresti perché squillasse.
Quanto vorresti scrivere, anche solo per maledirlo. Ma non puoi. Regole ferree da rispettare. ‘Non chiamarmi, lo farò io’. E ti costringere ad aspettare qualcosa che ormai sei convinta non succederà. Ma non sai il perché.
Non lo puoi chiedere a nessuno. Gli amici ti deridono. Pensare ad un uomo lontano, che in fondo non conosci. Con tutte le occasioni che avresti sotto casa. Trovatene un altro, come avrà già fatto lui. Sai, le vacanze, la lontananza. Perché mai dovrebbe buttarsi in un’avventura così?
Meglio non chiamare nessuno.
Forse ho detto qualcosa di sbagliato? Forse l’ho offeso prima che partisse? Forse sono così insopportabile che se ne &egrave già accorto. Forse non gli piaccio più.
Forse non dovevo dirgli ‘ti amo’. Non sa molto di me, non può pensare che se lo dico &egrave perché lo penso davvero. Ho sbagliato, ancora una volta. Gli ho detto ciò che sentivo. Gli ho scritto dei miei desideri. Gli ho parlato del mio desiderio. Ho creduto fosse anche il suo.
Sono a casa, ormai.
Stasera trovo persino parcheggio. Maledizione.
Scendo dalla macchina. Agenda sotto il braccio, borsa a tracolla, computer, vestiti della tintoria. Carica come un mulo mi dirigo al portone. Cammino a fatica, ma non per il peso dei pacchi. La sera sarà infinita come lo &egrave stata la domenica, trascorsa a dormire perché il tempo scorresse più in fretta.
Entro nel portone. Davanti all’ascensore fingo di conversare con la vicina. Vorrei piangere, ma non posso.
Arrivo al piano. La saluto proprio quando il suono più forte che abbia mai sentito esplode dal fondo della mia borsa.
Cadono i vestiti, l’agenda. Poso in terra ciò che mi &egrave restato in mano. Cerco disperatamente il cellulare che ancora illuminato mi avvisa di un nuovo messaggio.
Tremo. La vicina curiosa mi guarda.
‘Non resisto più senza di te’. Mi manca il respiro. Non so se ridere o piangere.
Mi sembra di volare.
Se lo sapessero i miei amici”..che sto volando”

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