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Amsterdam

By 27 Marzo 2014Ottobre 13th, 2021No Comments

Ero seduto al bar dell’Hotel Radisson di Amsterdam, quello vicino all’aeroporto, e avevo appena ordinato una birra.

Durante i primi due sorsi avevo avuto modo di compiangermi per le mie disgrazie e per la mia solitudine. Stavo pensando a quello che avrei voluto dire al mio capo il prossimo lunedì, rispetto a dove avrebbe dovuto infilarsi questo schifo di lavoro, che mi aveva rovinato l’esistenza. E a quel figlio di puttana di Domenico Panzini, l’uomo che di lì a qualche settimana avrebbe sposato la donna della mia vita, quella che questa merda di lavoro mi aveva fatto perdere.

Ma fui presto distratto. Un tizio sulla quarantina si sedette accanto a me e disse al barista, in un ottimo inglese:
– Dammi una birra, Skip, tanto per cambiare.
– Subito, Nico. – rispose il barman, cominciando a spillargli una Amstel alla spina.

Quando ebbe il bicchiere in mano mi rivolse un’occhiata e un mezzo sorriso.
– Cheers. – Mi disse.
– Salute! – gli risposi in italiano.

L’avevo capito dal vestito.

Nessuno si veste come gli uomini italiani, quando vogliono mettersi eleganti. Nessuno al mondo. E non è che gli altri non possano comprare i nostri stessi vestiti: però anche quando li indossano sembrano sempre dei campagnoli vestiti per la festa.

Sfortunatamente non si può dire lo stesso per le donne italiane, sempre un po’ troppo sopra le righe.

– Ah, italiano!
– Sì, di Varese. Tu?
– Io milanese. Siamo quasi concittadini…
– Vedo che sei di casa, qui.
– Abbastanza. Lavoro per una società di software e sono sempre in giro per le installazioni e la manutenzione dei nostri programmi, che vengono usati in quasi tutti gli aeroporti d’Europa. Ho appena terminato l’installazione e il training qui all’aeroporto di Schiphol. Un lavoro di quasi sei mesi. Tu invece? È la prima volta che ti vedo, eppure negli ultimi tempi in questo albergo ci ho passato una vita…
– Hai ragione, di solito scendo al Radisson del centro, ma questa volta non ho trovato posto per via di un convegno. La mia compagnia ha un accordo con la catena Radisson e quindi ora sono qui. Noi produciamo cartelli per la segnaletica stradale e li vendiamo in tutta Europa a comuni e autostrade. Ogni mese visito i miei clienti qui, in Belgio e in Germania. Mi fermo una settimana in Germania e due o tre giorni in Belgio e in Olanda. Ma, scusa, non mi sono presentato: io sono Filippo.
– Piacere. Nico.
– Certo che la vita da viaggiatore fa schifo. Dopo l’eccitazione di primi mesi uno non ce la fa a rassegnarsi a guardare il porno in tv tutte le sere… La partita del Milan, poi, è prevista per domani…
– Beh, ma qualche volta si incontra gente interessante. Tu per esempio. Oppure quella biondina seduta laggiù che ti sta guardando. – La ragazza era carina, ben fatta anche se non altissima, neanche trent’anni. Un elegante vestito bianco corto, senza maniche e tacchi alti. Interessante.
– No, caro. Sta guardando te.

Skip, il barista, ci allungò un piccolo contenitore di noccioline per accompagnare la birra, e disse, in inglese:
– Filippo, perché non gli racconti la tua storia? Nico, ascoltalo, vale la pena. Davvero.
– Anche tu conosci Skip, vedo… – Nico stava rivolgendosi a me in italiano.
– Da molti anni. Prima lavorava all’altro Radisson e mi ha sentito raccontare la mia storia altre volte. Sono amico di un sacco di baristi, in giro per gli alberghi di tutta Europa col mestiere che faccio. Un mestiere che odio! E che spero di fare ancora per poco.
– Non ti piace viaggiare?
– La verità è che non ne posso più! Al principio non era tanto male, ma ora, dopo quello che è successo alla mia vita e al mio matrimonio non vedo l’ora di tornare a casa e mettere radici.
– A me invece non dispiace. – disse occhieggiando la biondina seduta sola in una poltroncina con un margarita davanti, che si era chiaramente accorta degli sguardi del mio nuovo amico e che cercava invano di reprimere un sorriso.

Sapevo quello che Nico stava pianificando. C’era stato un tempo in cui anch’io avevo avuto gli stessi pensieri.
– Ma questo progetto ormai è terminato. Ieri abbiamo festeggiato la sua buona riuscita e oggi sarei dovuto tornare. Ma penso che mi fermerò un’altra notte. Magari, con un po’ di fortuna, non la passerò da solo… – un altro sguardo sorridente alla ragazza.

Skip, pur non capendo i nostri discorsi in italiano, si era accorto delle occhiate tra Nico e la bionda e insistette in inglese:
– Filippo, devi proprio raccontare la tua storia! – Skip sembrava preoccupato per l’evolversi degli eventi tra Nico e la ragazza e pareva fare di tutto perché tra loro non succedesse nulla.
– Vabbe’, sentiamola. È ancora presto per scatenare l’offensiva.

Mi chiesi se la mia storia avrebbe avuto il potere di distrarlo abbastanza per evitare che ci provasse con la biondina.

Chiesi a Skip un’altra birra, visto che avevo terminato la prima pinta e mi apprestavo a parlare per diversi minuti.
– La mia storia comincia tre anni fa, quando un venerdì di settembre sono ritornato da Bruxelles. Il volo alla Malpensa era arrivato leggermente in anticipo, avevo solo bagaglio a mano, la mia macchina era la prima della fila subito appena entrati al parcheggio e stranamente la strada fino a casa era libera. Avevo trentacinque anni, due più di mia moglie Cassie, con la quale ero sposato da otto anni. Adoravo quella donna. La più bella, intelligente, amorevole, sexy femmina di tutto il mondo. Il nostro rapporto era meraviglioso: lei sembrava considerarmi un regalo del cielo e io pensavo, ogni volta che la guardavo, che non avrei potuto essere più fortunato. Veniva da una famiglia dai rigidi principi morali che condivideva appieno. Considerava il suo ruolo nella famiglia come una missione: cuoca formidabile, straordinaria organizzatrice di eventi di vita sociale, arguta e intelligente, teneva la casa ordinata e immacolata. A letto era scatenata, fantasiosa e sempre disponibile, ma la nostra relazione era eccezionale anche fuori dalle lenzuola: una amica, una compagna, una confidente. Un fiuto infallibile per gli investimenti: grazie a lei le nostre finanze prosperavano anche più di quanto i nostri stipendi uniti ci potessero permettere. Io ero estasiato, riconoscente e sempre arrapato.
– Caspita, non capita tutti i giorni di trovare una donna così. Sembra il ritratto della mia Sandra.
– Già. Comunque avevamo preso in affitto questa villetta a schiera a Comerio, con l’idea di provare a vivere una vita meno stressante di quella che avevamo nel nostro appartamento di Varese e magari cominciare a pensare di metter su famiglia. Almeno un paio di marmocchi.
– E cos’è successo?
– Ti stavo dicendo quanto mi piaceva questo lavoro in quegli anni, ma negli ultimi tempi prima di quel fatidico venerdì cominciavo a pensare che avrei dovuto almeno ridurre i viaggi. Vedevo infatti che Cassie non era troppo contenta. Preoccupata, con qualche dubbio circa il mio affetto verso di lei. Io cercavo di rassicurarla: lei era la unica donna per me, io l’amavo alla follia, il mio lavoro era pagato benissimo e noi avevamo bisogno di mettere da parte dei soldi per comprarci la villetta. E poi a me quella vita piaceva e non volevo smettere. Pensavo che dopo qualche mese si sarebbe abituata e avrebbe smesso di essere nervosa. Ma chiaramente avevo sottovalutato il problema.
– Beh, noi uomini non riusciamo mai a capire cosa pensano le donne, no?
– Per farla breve e tornando a bomba, quel venerdì sono tornato prima delle nove di sera, mentre mia moglie non mi aspettava prima delle nove e mezza. Nel vialetto davanti a box c’era parcheggiata una Toyota Yaris che non avevo mai visto. Ho lasciato la macchina in strada e con i capelli ritti in testa sono entrato in casa.
– Mamma mia, che cosa tremenda! Un clichè, ma non per questo meno traumatico. Hai trovato tua moglie a letto con un altro?
– Grazie al cielo questo spettacolo mi è stato risparmiato. I due erano in sala e si stavano dando il bacio di commiato. Lui non l’avevo mai visto ed era completamente vestito, già con il giubbotto di pelle sulle spalle. Ma mia moglie era nuda. Nuda! Nelle sue braccia! E si baciavano lingua in bocca! Il bastardo appena mi ha visto si è staccato da lei con un salto e ha detto qualcosa come “Cazzo, te l’avevo detto che non c’era tempo per la terza! Scusa, bella, devo scappare!” e ha infilato la porta come un razzo.
– E tu?
– Io sono rimasto imbambolato come un babbeo, senza riuscire a reagire, incredulo davanti a ciò che avevo appena visto. Non riuscivo a togliere gli occhi da mia moglie nuda che mi guardava con occhi tristi, i capelli spettinati, sbaffi di rossetto tutt’intorno alla bocca: la faccia di una donna appena trombata per bene. Si era depilata la passera! Non l’aveva mai fatto! Una lacrima le scendeva sulla guancia. Sembrò quasi restringersi davanti a me, che rimanevo sbalordito e incredulo, con la bocca aperta e gli occhi fuori dalla testa. Si riprese per dirmi: “Mi spiace, Filippo.”

Nico fece un cenno a Skip per un’altra pinta e prima di tornare a concentrarsi sul mio racconto gettò un’occhiata alla bionda che aveva quasi finito il margarita e si guardava in giro alla ricerca di qualche altro candidato a passare la serata con lei, visto che Nico pareva esitare.

Il mio nuovo amico guardò eloquentemente l’orologio per invitarmi a fare in fretta col racconto. Io continuai:
– Finalmente Cassie girò sui tacchi (si fa per dire, visto che era a piedi nudi) e salì le scale verso la nostra camera. Io non so quanto tempo rimasi impalato in mezzo alla sala senza riuscire a muovermi. Poi finalmente trovai la forza di dirigermi verso il frigorifero e mi versai un bicchiere di Gavi dalla mezza bottiglia che avevo lasciato qualche giorno prima. Sentii mia moglie scendere dalle scale. Si era sistemata e vestita con un paio di jeans e una maglietta. Si vedeva che aveva pianto. Attaccò:
– Non sai come mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a tutto questo, Filippo. Si sedette al tavolo in cucina di fronte a me. Io trovai finalmente la voce per dire:
– Perché, Cassie, Perché? Io ti amo con tutto me stesso! Credevo che anche tu mi amassi! Pensavo che fossimo felici! Cosa ti è saltato in mente?
Lei rispose:
– Non sai quante volte mi sono fatta la stessa domanda, Filippo! Cos’ho che non va? Cosa c’è di sbagliato in me? Ma non so rispondermi, Filippo. Devi credermi!
Io sentii la rabbia montare. Fino a quel momento l’incredulità mi aveva paralizzato, ma ora la furia si stava impadronendo di me: “maledetta puttana!” Cominciai ad alzare la voce. “Eri la mia vita e ora hai buttato tutto nel cesso! Come hai potuto, brutta vacca traditrice!” Poi crollai e mi misi a piangere singhiozzando come un bambino. Alla fine mi ripresi e continuai. “Non avevamo stabilito che l’anno prossimo avremmo comprato la casa e fatto il primo figlio? Non avevamo piani, sogni, progetti insieme? Come posso pensare ora di avere un figlio con una puttana come madre? Non abbiamo più un futuro, Cassie! Niente villetta, niente figli, niente di niente! Anzi, grazie al cielo non abbiamo ancora fatto nessun bambino!”
Cassie mi guardava, con quel suo sguardo sconsolato. “Mi dispiace, Filippo. Non hai idea di cos’ho passato quando mi sono resa conto che avrei avuto bisogno di un uomo come Fabio. Ripeto: non sai come mi dispiace.” “Ti dispiace, Cassie? E perché ti dispiace? Perché t’ho beccata con le mani nel sacco? Oppure perché hai buttato via tutto quello che avevamo insieme? O forse per aver gridato al mondo che il mio amore per te non era sufficiente e che volevi qualche altro uccello? Eh, Cassie? Perché cazzo ti dispiace?”

I suoi meravigliosi occhi verdi, quelli che un giorno mi avevano fatto capire che avevo trovato l’amore della mia vita, guardarono dritto nei miei e si riempirono di lacrime. Improvvisamente mi venne un pensiero: “Da quanto tempo va avanti questa storia, Cassie? Son settimane che sei strana e distante! Due mesi o forse più! E io che pensavo che fosse una crisi passeggera, che il nostro rapporto fosse troppo forte e intenso per essere minacciato da un bellimbusto qualsiasi! Come hai detto che si chiama? Che stupido che sono stato, che idiota! Cieco e sordo, completamente rincoglionito dal mio amore per te!”
“Si chiama Fabio e lo conosco solo da mercoledì. È complicato, Filippo. Dobbiamo parlare. Devo cercare di farti capire. Dobbiamo essere assolutamente sinceri. Ascoltami, apriamo una bottiglia di vino e lasciami spiegare tutto dal principio”
“Lo conosceva solo da mercoledì e se lo trombava tre volte solo due giorni dopo? Ma che razza di donna avevo sposato? Negli otto anni del nostro matrimonio io ero riuscito nell’impresa di farne tre in una sola sessione solo sei volte! E se era così rapida, quanti altri se ne era fatti negli ultimi due mesi, mentre io stavo spezzandomi la schiena in giro per l’Europa? “Parlare? Di cosa vuoi parlare, Cassie? Di quanto lui sia più bravo di me a letto? Di quanto ce l’abbia più lungo? Di come distruggere l’autostima di tuo marito? Di come buttare via il nostro matrimonio? Del fatto che amore e sesso siano due cose differenti? Di ninfomania, Cassie? Del prurito del settimo anno? Della mia inadeguatezza? Dell’ego femminile? Lasciamo stare i luoghi comuni, Cassie. Non c’è niente di cui parlare. Niente che tu mi possa dire che possa alleviare la pena che sento in questo momento.”
Ci fu un silenzio tra noi di alcuni secondi. Troppi. Alla fine ripresi: “Suppongo che abbiate avuto il vostro festino nella nostra camera. Sul nostro letto. Quindi non c’è nessuna possibilità che io ci dorma sopra ancora. Mai più. Sposto le mie cose nell’altra camera, quella che avrebbe dovuto essere dei bambini. Dei nostri bambini, Cassie. E che ora invece è la camera del cornuto.”
“Per favore, Filippo, no! C’è ancora speranza per il nostro matrimonio. Cerchiamo di accettare ciò che siamo e di costruire qualcosa di nuovo e migliore per il futuro. Non deve finire così, Filippo!” Invece io presi la bottiglia e salii verso la camera del cornuto.

Nico mi guardava esterrefatto.
– Cavolo, che storia! Non riesco a pensare cosa farei se trovassi la mia Sandra nella stessa situazione. Com’è possibile che una brava donna seria e onesta si trasformi in qualche settimana in una sgualdrina affamata di cazzi? E cos’hai fatto dopo? Te ne sei andato? Io non ce l’avrei fatta a rimanere nella stessa casa!
– No, sono rimasto nella camera dei bambini. Ho finito il vino e ho cercato di dormire e alla fine ci sono riuscito. Ma è stata la notte peggiore della mia vita. Non ho fatto altro che sognare uomini che si scopavano mia moglie. Alti, bassi, grassi, magri, con gli occhiali, la barba, i baffi, bianchi, neri, asiatici… Tutti col loro uccello nella fica di Cassie, che sembrava godere indifferente al fatto che aveva promesso di essere mia e che invece la stava dando via a tutti. La donna che avevo sempre pensato fosse solo per me. Fino a quel momento, il pensiero di mia moglie con un altro non mi aveva mai neanche sfiorato. Guarda, Nico, ti assicuro: anche a distanza di anni il dolore di quella notte non è ancora passato e io non auguro a nessuno di trovarsi nella stessa situazione. Ho pensato di farla finita, che non sarei riuscito a sopportare a lungo una tale pena. Ti prego, cerca di non essere mai tu a provocare un dolore così in un’altra persona. È insopportabile.
– E poi? Com’è finita? – intanto però l’occhio gli scappò verso la bionda, che cominciava a guardare l’orologio.
– Beh, il mattino seguente mi svegliai verso le undici e scesi in cucina. Mia moglie, la stessa donna che la sera prima aveva preso la mia vita e l’aveva buttata nella spazzatura, mi aspettava con una tazza di caffè. Mi disse che era necessario che parlassimo, ma che mi vedeva ancora ferito e esagitato, non in grado di sostenere una discussione ragionata. Mi spiegò che niente era come sembrava e che lei aveva imparato molte cose su sé stessa negli ultimi tempi. Mi informò quindi che sarebbe andata dai suoi per tutto il giorno e sarebbe tornata la sera. Nel frattempo mi suggeriva di fare una doccia, cambiarmi d’abito e di mangiare qualcosa. Presumibilmente mi sarei calmato e sarei stato pronto ad affrontare il nostro faccia a faccia più pacatamente. A quel punto pensavo che lei fosse la più fredda, insensibile, calcolatrice, manipolatrice stronza sulla terra. Com’era possibile che rimanesse così controllata mentre io ero ridotto a un grumo di dolore, frustrazione, gelosia, disperazione e rancore? Incapace di controllarmi e pensare?
– Invece? Invece non era così, o sbaglio?
– Devo ammettere che col passare delle ore mi sentii leggermente meglio. La doccia, una pizza, della biancheria pulita… Mi misi a camminare per le strade di campagna intorno alla casa. Camminai per ore, pensando all’enormità di quanto mi stava capitando. Della probabile fine del matrimonio più felice che si potesse immaginare. E pensai a me, alla mia vita. Al fatto che prima di sposarmi non ero stato certo un santo e che mi ero tolto anch’io le mie belle soddisfazioni. Ora vedo te, che guardi la bionda, pensando a quant’è bello che ci sia qualcuno che dimostri di aver voglia di passare la serata con te. Sentirsi desiderati, avvertire la disponibilità dell’altra persona… È bello. Il sesso è bello. Ma io credevo che Cassie fosse mia, mia e basta e non potevo sopportare che facesse sesso con altri.

Nico sorrise, quasi vergognandosi.
– Vedo che mi critichi. E forse hai ragione. A casa c’è Sandra, questa ragazza meravigliosa che mi aspetta e alla quale ho chiesto di sposarmi due settimane fa. Ma poi quando penso alla serietà dell’impegno che sto per prendere mi tremano le ginocchia. Tu avevi la tua Cassie e io ho la mia Sandra. Le voglio un bene dell’anima, non faccio che pensare a lei, ma questo viaggio mi ha messo paura. Ho pensato che se mi concedessi un’ultima distrazione, tanto per essere sicuro di aver fatto la scelta giusta… Ma tornado a te e alla sua storia. Cos’è successo quando lei è tornata a casa? – Ero rimasto seduto ad aspettarla per un’ora. Ero determinato a rimanere calmo, controllato e a permetterle di spiegarmi perché avesse rovinato un bellissimo matrimonio. Se non altro volevo godermi gli ultimi istanti di quella che era stata una grande storia d’amore. Sentii la chiave nella toppa e in breve mi trovai Cassie seduta sulla poltrona in salotto di fronte a me. Attaccò: “Filippo, ti prometto la più completa e totale sincerità su ciò che è successo e su ciò che ho scoperto di me e del nostro matrimonio. Ti prego di essere altrettanto onesto con me. Non voglio che tu ti preoccupi di ferire i miei sentimenti con piccole bugie o reticenze, ok? So bene di averti fatto del male, Filippo. So anche che forse la nostra storia è alla fine, ma voglio fare un ultimo sforzo per salvarla, voglio crederci ancora. Anche se so che tu pensi che sia tutta colpa mia”.

Annuii. Lei continuò:

“Allora questo è il momento per te di farmi tutte le domande che vuoi. Io ti risponderò con assoluta sincerità. Che cosa vuoi sapere, Filippo?

“Le mie domande sono molto semplici, Cassie. Chi è quest’uomo? Da quanto tempo va avanti questa storia? E soprattutto perché, Cassie?”

Mi veniva quasi da piangere, ma quello che veramente volevo era vedere LEI piangere.

“Filippo, dici che ti sei accorto di qualche cambiamento in me nelle ultime settimane. è vero, non lo posso negare. La cosa è cominciata ben prima: da anni, Filippo. Ci sono state troppe bugie tra di noi, per troppo tempo. Fabio è solo l’episodio conclusivo di un processo cominciato settimane fa, da quando ho deciso di fare finalmente qualcosa e prendere in mano le redini della mia vita. E per quanto riguarda Fabio, ti ho già detto di averlo contattato mercoledì per la prima volta”.

“Come hai fatto a conoscerlo, maledizione? Al lavoro, in un bar, per la strada? Dove, Cassie?”

“In Internet. Ha una pagina sua. Ho pensato che fosse il tipo adatto.”

“Adatto? Cosa vuol dire adatto? Per via della grandezza del suo uccello? O del suo portafoglio? Fammi capire, Cassie!”

“Fabio sta tentando la carriera di attore e intanto lavora come escort part time.”

“Escort? Vuoi dire che si fa pagare per scopare le donne? Stai scherzando, vero? Non dirmi che l’hai pagato per farti fottere, Cassie!”

“Sì, Filippo, l’ho pagato, ma non perché facesse sesso con me.”

A quel punto mi sembrò che il suo sguardo si facesse più cupo, che ci fosse un leggero cambio nel suo atteggiamento fino a quel momento dimesso.

“Filippo, quand’è stata l’ultima volta che sei tornato da un viaggio senza esserti portato a letto qualche donna raccattata in un bar?”

– Ma… Ma… Che coraggio! – disse Nico spalancando tanto d’occhi.

– Infatti. Rimasi un attimo a bocca aperta, valutando freneticamente tutte le possibilità.

“Non so di cosa parli, Cassie! Ah, ora capisco! Ti sei voluta convincere della mia infedeltà per avere la scusa di vendicarti scopando in giro i tuoi gigolò!” Feci una faccia offesa e continuai:

“Ti giuro, Cassie. Mai! Mai nei nostri otto anni di matrimonio ho pensato di tradirti. Mai, neanche una volta! Le mie promesse matrimoniali per me sono una cosa seria! E pensavo che lo fossero anche per te!”

Dissi con uno sguardo di trionfo alzando il tono della voce per dare più enfasi alle mie parole.

“Ho visto che negli ultimi tempi sembravi quasi dubitare della mia fedeltà, ma ti assicuro che io t’idolatravo, non avevo occhi che per te. Capisco che nella testa della moglie di un viaggiatore ci possa sempre essere qualche sospetto, ma come ti ho detto più volte non ti ho mai tradita, nemmeno ci ho mai pensato, credimi!”

Feci una pausa carica di drammatica tensione:

“Tu hai deciso comunque di darla via a cani e porci! Basta, Cassie, non posso andare avanti così. Ci dobbiamo lasciare! Questo matrimonio è finito!” “Aspetta Filippo. Non sai quanto ti abbia voluto bene. Anzi, quanto ancora te ne voglia. Fabio non significa niente per me, si tratta solo di sesso, non di amore! Che importanza vuoi che abbia!? Quando non ci sei mi sento sola e magari cerco qualche passatempo, però non si tratta di tradimento: solo un modo di rilassarmi nelle lunghe serate di solitudine, un capriccetto da togliermi con qualche bel ragazzo di tanto in tanto. Niente a che vedere con il nostro matrimonio o i profondi sentimenti che sento per te, Filippo!”

“Oh, santo cielo! Cosa stai dicendo?! Che razza di discorsi da bordello! Tu sposandomi avevi promesso di dividere il tuo tempo, il tuo corpo e la tua anima con me! E solo con me! Non esiste questa storia che si tratterebbe solo di sesso! Ipocrita!! No, guarda, Cassie, il nostro matrimonio finisce qui”.

Ci fu un lungo momento di silenzio.

Poi Cassie, con un’espressione sconvolta e distrutta, ammise:

“D’accordo, Filippo. Hai vinto. Me ne vado di casa”. Anch’io ero sconvolto e l’enormità di quanto stava succedendo esercitava il suo insopportabile peso sulle nostre anime. Ma almeno sentivo di aver vinto, di aver dimostrato il mio ragionamento. Invece Cassie se ne viene fuori con questa dichiarazione: “Sai, Filippo? Non ho pagato Fabio per il sesso. L’ho pagato per la sua abilità di attore. Ho dovuto baciarlo, questo sì, ma non abbiamo fatto nient’altro. Ti abbiamo aspettato seduti sul divano finché abbiamo sentito la tua macchina parcheggiare e poi abbiamo messo in scena il finto bacio perché tu ci scoprissi. È stato imbarazzante rimanere nuda davanti a lui tutto il tempo, ma non mi ha mai toccata. È gay. I suoi clienti sono tutti maschi”.

Nico mi guardò a bocca aperta:

– Questa non l’ho capita. Perché tua moglie avrebbe fatto una cosa simile?

– Aspetta… Cassie ha continuato:

“Volevo la mia vendetta, Filippo! Volevo che provassi anche tu, anche se solo per una volta quello che ho provato io in questi ultimi mesi! Fa male, vero? Pensare che il tuo partner stia dividendo il suo corpo, il suo sesso, la sua intimità, il suo amore con qualche sconosciuto. Vero Filippo? Che abbia così poco rispetto per te e così poco bisogno del tuo amore, che rimpiazza così facilmente!”

Poi estrasse dalla borsa una busta dalla quale prese una foto.

“Qui sei con Bianka, la tedesca di Düsseldorf, lunedì scorso, l’hotel è lo Hyatt Regency, la camera è la 612”.

Estrasse un’altra foto.

“E questa è Sarah, danese, che è seduta al bar del Best Western di Eindhoven, con la quale sei andato in camera, la 108, mercoledì verso de undici e mezza di sera. Solo due giorni fa, Filippo!”

Rovesciò sul tavolino del divano l’intero contenuto della busta. Decine di foto. Ne raccolse una a caso.

“Ah, questa è Gabriella. Un’italiana di Perugia che ti sei scopato in febbraio ad Amburgo. L’hai raccattata in una pizzeria italiana e siete finiti a letto nella tua camera del Radisson”.

Prese altre quattro o cinque foto e me le gettò in grembo.

“Guarda, di quasi tutte queste ragazze ho segnato nomi e indirizzi. Se te ne sei dimenticata qualcuna chiedimi pure e ti saprò dire. Non sono riuscita a risalire alle tue prime esperienze, però. La prima testimonianza che ho raccolto è stata quella di Bruges due anni fa, quando addirittura hai convinto due ragazze inglesi a seguirti nella tua camera all’hotel De Orangerie, grazie a una cena al ristorante cinese e a due bottiglie di champagne Krug. Non so se le hai messe in nota spese o se le abbiamo pagate noi, con i nostri risparmi, ossia involontariamente anch’io, con i miei, per aiutarti a dimostrare la fedeltà che mi hai appena spiegato quanto importante sia per te. Ma sono sicura che tu sia stato ben attivo anche prima”.

Nico mi fissava con uno sguardo di preoccupata sorpresa. Non disse nulla, ma era chiaro che le parole della mia ex moglie lo avevano completamente colto di sorpresa.

– Come poteva sapere queste cose? Dove ero stato imprudente? Questa era dunque la ragione di tutta quella messinscena del giorno prima? Oh, cazzo, ero fregato… Il mio mondo era crollato, Cercai di trovare qualche scusa, di difendermi in qualche modo…

“Mi spiace, Cassie, come fai a saper… Non volevo certo ferire i tuoi… Non vuole dire niente, in fin dei conti si è trattato solo…”

“Dillo, Filippo! Si è trattato solo di… Di cosa, Filippo?”

Mi guardava con un’aria di sfida. Mi morsi le labbra. La parola “sesso” non uscì dalla mia bocca.

” …Della mia arroganza maschile, del mio ego. Io ti amo, Cassie, con tutto me stesso! Mi devi credere!”

“Come faccio a crederti? Mi hai appena guardato dritto negli occhi e mi hai raccontato delle gran balle senza neanche sbattere le palpebre! Ma sì, in fondo è solo una moglie, non devo rispettarla, non devo prenderla sul serio, posso tradirla e raccontarle qualsiasi frottola che tanto non fa niente, è così che pensi, Filippo? Ti rendi conto di come mi vergogni di essere stata sposata a un miserabile bugiardo come te per otto anni?”

Le scendevano lacrime di dolore, rabbia e frustrazione. Io avrei voluto sprofondare. Pregavo il Signore che mi incenerisse in quello stesso momento, lì, sul posto.

Nico mi guardava intensamente. Aveva scordato la biondina che aveva ordinato un secondo margarita, ma non sorrideva più.

– Cassie continuò senza pietà:

“Ieri mi hai chiesto il perché di Fabio. Anch’io me lo sono chiesto, Filippo. Perché non sono abbastanza per te? Sono brutta? Non sono brava a letto? Non sono una buona moglie? Perché hai dovuto portarmi fino al punto di odiarti e di desiderare di farti del male, Di farti soffrire come soffro io? Io ti amavo, Filippo. Avevo deciso con gioia di dedicare la mia vita al mio uomo! Beh, forse “uomo” è una parola grossa… Gli uomini sono un’altra cosa. Se n’è accorta persino Sabine, la cameriera di Bruxelles che ti sei portato in camera lo scorso aprile. Ha detto a tutte le sue amiche che sei stato un disastro, che non sei riuscito a fartelo tirare e da allora tutte le volte che scendevi a quell’albergo ti sputava nel caffelatte del mattino, tra lo scherno generale delle altre cameriere che ridevano di te dietro le tue spalle…”

Cassie abbassò gli occhi per un momento, forse cercando sollievo nel silenzio.

Io me ne stavo curvo sotto il peso intollerabile della verità.

Poi Cassie continuò, sarcastica:

“Non hai niente da dire, Filippo? Nessun’altra balla, nessun’altra scusa? Non ti viene in mente qualche altra giustificazione? Qualcun altro a cui dare la colpa? Tanto per piantare l’ultimo chiodo nel coperchio della bara del nostro matrimonio?”

Mi guardò gelidamente.

“Io ero pazza di te. Ora quando ti vedo provo disgusto. Basta. Vado a dormire, Filippo. Tu stai nella stanza degli ospiti. Domani mi trasferisco dai miei e per noi parleranno gli avvocati.”

– Come faceva a sapere questi dettagli con tanta precisione? – Mi chiese Nico.

– È quello che le ho chiesto anch’io. Pare che una stronza di Berlino che mi ero scopato qualche tempo prima si fosse incapricciata di me e non so come ha trovato il numero di telefono del mio ufficio, forse chiedendo alla reception. La centralinista, che era una precaria appena assunta, le ha dato il numero di casa e lei ha chiamato. Quando Cassie ha risposto lei è rimasta stupita, perché alla troia avevo fatto credere che io e mia moglie fossimo separati. Le due donne ebbero una lunga conversazione che lasciò Cassie sbalordita e completamente distrutta. Ti ho raccontato che la sua famiglia era di rigidi principi. Infatti sono tutti militari o poliziotti e in particolare suo zio lavora all’Interpol. È stato uno scherzo per lui mettersi in contatto con la security di tutti gli alberghi nei quali scendevo per avere informazioni, foto, nomi e indirizzi. Comprese certe colorite confessioni come quella della cameriera Sabine. Cassie non ci voleva credere e cautamente mi chiese qualche spiegazione e rassicurazione rispetto alla mia fedeltà. Ma io non feci altro che continuare a insistere nelle mie versioni, completamente false. Mi misi a supplicare:

“Cassie, ti prego, non sai come mi dispiace di averti mentito e di averti tradita. Tu sei la cosa più importante che ho, ti amo alla follia e ti prego di non lasciarmi!”

Mi rispose che se mi fosse davvero dispiaciuto avrei smesso da tempo di scopare in giro. Il fatto che non avessi lasciato perdere le mie avventure era una prova di che invece non mi dispiaceva per nulla. E con questa spiegazione se ne andò.

– Quindi era vero che te la facevi con le ragazze negli hotel. Prima dicevi che non c’era nulla di sbagliato nel tuo matrimonio e che eri assolutamente felice. Parole tue. – mi chiese Nico.

– Purtroppo è vero. Non ho scuse. Tutto è cominciato circa due anni dopo che avevo iniziato a viaggiare. Ero seduto al bar a bere una birra dopo cena per tirare l’ora di andare a dormire, quando una bella ragazza francese si è seduta accanto a me e abbiamo attaccato discorso. Mi raccontò che il suo ragazzo l’aveva scaricata la sera prima ed era in cerca di rivincite. Capivo che era leggermente bevuta e praticamente mi è saltata addosso. Siamo finiti in camera e ha passato la notte con me.

Bevvi un altro sorso di birra, l’ultimo della seconda pinta. Non ce ne sarebbe stata una terza. Nico non aveva ancora terminato la sua. La biondina, rassegnata, se ne stava andando.

– Fu fantastico. Spettacolare. Ero stato solo con Cassie negli ultimi anni e d’improvviso avevo ritrovato il brivido di una ragazza nuova. La scoperta, l’eccitazione della caccia, la sensazione di essere di nuovo in pista come quand’ero all’università. Ho goduto dell’esperienza alla grande! Poi però, la mattina seguente, sono stato assalito dai rimorsi e dai sensi di colpa. Per le due notti successive quasi non ho dormito, pensando con terrore al momento in cui mi sarei trovato di fronte a Cassie, sicuro che avrebbe visto subito nella mia faccia colpevole le tracce del tradimento. Invece, incredibilmente, non si accorse di nulla. Innamorata, sorridente, affettuosa come sempre. Io mi sono rilassato e ho smesso di preoccuparmi. Da quel momento è stato facile. Era diventato quasi un puntiglio per me farmi una gnocca in ogni viaggio. Tenevo anche una specie di contabilità: solo tre volte sono andato in bianco, ma ce ne sono state otto in cui le conquiste sono state due. E una volta anche tre. Senza contare quella notte memorabile che Cassie mi aveva ricordato delle due inglesi a Bruges…

Mi ci sarebbe voluto un altro sorso di birra. Nico mi guardava con disapprovazione.

– Inutile che mi guardi così. Sono sicuro che prima, quando guardavi la bionda pensavi le stesse cose, non negare.

– Hai ragione, forse… Pensavo che presto sarò sposato e sicuramente vorrò restare fedele al cento per cento a Sandra. Quindi magari mi meritavo un’ultima distrazione. Hai visto anche tu, la biondina ci stava. Ma finisci la tua storia. Avete divorziato?

– Ora ci arrivo. Ma ascoltami, Nico, il momento più infelice della mia vita è stata quella notte da solo nella stanza dei ragazzi dopo il confronto con Cassie. E ti giuro: scambierei senza neanche pensarci un momento tutte le notti di sesso selvaggio con le quaranta o cinquanta baldracche che erano entrate nel mio letto nei viaggi per avere ancora una sola serata davanti alla tv, mano nella mano, con la mia Cassie. E mentre me ne stavo sdraiato in preda alla disperazione nel letto degli ospiti finalmente capii. Capii che l’insopportabile dolore che avevo provato alla vista di Cassie con Fabio lei l’aveva provato per settimane e mesi, durante i quali si aspettava da me una confessione, la verità, un atto di sincerità, delle scuse. Invece da me riceveva solo bugie. Quelle bugie che avevano ucciso non solo l’amore, ma anche il rispetto che aveva per me.

– E poi? La mattina dopo? Non hai cercato di farti perdonare?

– Altroché! Le provai tutte. Scrissi una lettera di dimissioni e gliela feci vedere. Ero pronto ad abbandonare il lavoro che avevo da un giorno all’altro senza rimpianti. Poi le proposi di iniziare una terapia con uno psicanalista per risolvere il mio problema con le donne; provai a proporre una vacanza in luoghi esotici per ritrovarci e ricostruire il rapporto. Suggerii persino una separazione temporanea. Mi dichiarai pronto ad affrontare qualsiasi prova, qualsiasi punizione. Ma non ci fu nulla da fare. Lei continuava a sostenere che un matrimonio senza rispetto né fiducia non avrebbe potuto funzionare. E mi fece notare che la mancanza di fiducia non era solo nei miei confronti, ma persino verso sé stessa. Come poteva infatti perdonarsi il fatto di essersi fatta abbindolare dalle mie bugie per anni senza sospettare nulla? Che razza di stupida era diventata? Poi sottolineò che io ero pronto a chiedere il divorzio di fronte a un solo tradimento (ipotetico) con Fabio, mentre lei avrebbe dovuto perdonare e dimenticare quanti? Quattro, cinque anni di tradimenti continui? E quindi se ne andò dai suoi e il suo avvocato si fece vivo con le carte della separazione e del divorzio. Ovviamente delle mie dimissioni non se ne parlò più.

– E tu non hai cercato di farla tornare sui suoi passi?

– Non sai quanto! Fiori, regali, email, telefonate… Poi alla fine mi arresi. Non volevo diventare uno stalker e poi pensavo che forse la strategia migliore sarebbe stata quella di rimanere amici e chissà, col tempo aver ancora un’altra chance. E così ho fatto. Per quasi due anni siamo rimasti in contatto amichevolmente. A ogni compleanno, onomastico o in tutte le altre occasioni le mandavo un piccolo mazzo di fiori e un biglietto di saluti, perché non si dimenticasse. Poi qualche settimana fa le ho chiesto se avesse avuto piacere di pranzare con me. Solo un pranzo, in un luogo informale, carino ma non romantico o impegnativo. Pensavo che la cosa migliore sarebbe stata quella di non farla sentire minacciata o in imbarazzo. Fece un grosso sospiro e rifiutò, dicendomi che si era fidanzata con un uomo, un vecchio compagno di liceo che aveva ritrovato, di cui non avevo mai sentito parlare e che non sapevo che stesse frequentando. Così considerava che uscire con me non sarebbe stato opportuno. In quel momento tutte le mie residue speranze di riconquistarla se ne andarono in fumo.

– Caspita, chissà come ci sarai rimasto male!

– Sì, ma in fondo ho avuto quello che mi meritavo. Gli errori sono stati miei e ora dovrò vivere con le loro conseguenze per il resto della mia vita. Peggio per me.

Nico terminò la sua seconda pinta e fece per alzarsi, facendomi capire che considerava la nostra conversazione sul punto di concludersi.

– Davvero una storia molto istruttiva. Ti ringrazio di avermela raccontata. Stavo pensando di dare due colpi a quella biondina di prima, ma ora sono contento di non averlo fatto. Credo di aver imparato una lezione importante stasera. Ora però devo andare. è stato davvero un piacere conoscerti. Ci si vede in giro. Ciao. – e poi al barista – Bye, Skip.

– Bye, mister Panzini.

Panzini? Nico Panzini!? Oh santo cielo! Io pensavo che Nico fosse una contrazione di Nicola, non di Domenico! E poi mi venne in mente che la mia ex si chiama Cassandra. Io la chiamavo Cassie, ma quand’era al liceo aveva preso il vezzo di firmarsi ‘Sandra’ e aveva convinto i suoi compagni a attribuirle quel nome. Mi ero scavato la fossa con le mie mani.

Ancora una volta.

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