Skip to main content

Cinquina: Mercedes

By 12 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Mercedes desiderava tanto andare a trovare la zia, nella bella città del meridione, ma la distanza e la precarietà delle comunicazioni, al tempo, non rendevano realizzabile il suo sogno.

Da Firenze era un viaggio lungo. Le ferrovie erano ancora disastrate, le strade malridotte. Nessun servizio di autolinee per tratte così lunghe. Salvo mezzi di fortuna, non adatti, certo a una bella ragazza di sedici anni.

Motivi di servizio mi avevano portato ad andare a Firenze, ero stato ospite, logicamente, dei miei suoceri, lasciando la giovane mogliettina e la bambina nella mia sede del Sud, non molto distante dalla città che Mercedes avrebbe voluto raggiungere.

Per le cose che dovevo riportare con me, mi era stata assegnata un’auto, un modello inglese, una comoda berlina, Humber guida a destra, anche se la verniciatura militare la rendeva meno attraente. C’era una condizione. Per mancanza di autisti a disposizione, avrei dovuto guidarla io stesso, e poi consegnarla al Comando di destinazione. Si, avrei potuto tenerla per qualche tempo, anche per far girare un po’ mia moglie e la bimba.

Il giorno prima di partire mi lamentavo di questo, a tavola, coi miei suoceri. Guidare per così lungo percorso, solo.

Mercedes disse che, essendo solo, poteva profittare lei per andare, finalmente, dalla zia. Del resto dalla città dov’ero diretto, a quella dove la zia risiedeva, la distanza non era molta.

Certo, osservai, sarebbe stato facile. Tra l’altro, a parte il fatto che si poteva sempre trovare il modo di accompagnarvela, sul luogo funzionavano servizi ferroviari e automobilistici.

Mercedes vinse le resistenze dei genitori.

L’indomani, abbastanza presto, caricò il suo bagalio in auto e, tra mille raccomandazioni, cominciammo la nostra ‘traversata’.

Mercedes era una gran bella figliola, alta, slanciata, con lunghi capelli castani, un volto incantevole, un personale affascinante. Indossava una gonna glissate e una camicetta di cotone nella quale s’ergevano due bellissime tettine, ancora acerbe, ma stuzzicanti.

Il traffico, specie di automezzi militari, rallentò la nostra uscita dalla città. Poi, finalmente, imboccammo la stradale. Ma anche qui bisognava andare non troppo velocemente. Finalmente, però, potemmo fare un lungo respiro. Mercedes mi guardò e sorrise. Ci attendevano lunghe ore di strada. Non potevamo coprire il percorso in un’unica tappa, si trattava di vedere dove e come pernottare. Queste difficoltà non furono fatte presenti ai genitori di Mercedes, altrimenti non le avrebbero dato il permesso di partire.

La ragazza guardò l’orologio.

‘Arriveremo tardissimo, vero?’

‘Dove?’

‘A destinazione.’

‘Speriamo di arrivarvi entro domani.’

‘Domani?’

‘Certo.’

‘Vuoi dire che dovremo pernottare in auto?’

‘In auto? Spero di no.’

‘Dove, allora?’

‘Vedremo dove riusciremo ad arrivare prima di sera. Comunque non ci sono problemi. Troveremo certo un ‘rest camp’ o una ‘guest house’ che ci potrà ospitare.’

‘Mi faranno entrare?’

‘Sicuro, vedremo come.’

Mercedes sembrava pensosa.

‘Qualcosa che non va?’

‘Nulla, sto benissimo, grazie.’

Mi guardò sorridendo.

Ho sempre avuto la presunzione che la mia cognatina, che era proprio una bambina quando cominciai a frequentare la sua casa, in un certo senso mi guardasse con ammirazione. Capita a tutte le ragazzine. Ora, però, era un gran pezzo di ragazza.

Ecco, tornava a prevalere il mio particolar modo di considerare le donne: femmine.

‘Merz, se hai qualche necessità dimmelo in tempo. C’&egrave nel termos del t&egrave freddo, ed abbiamo anche biscotti e cioccolata. Ma possono esserci anche altre ragioni, per fermarci.’

‘Grazie. Adesso non mi servenulla.’

‘Vieni vicina a me.’

Il sedile era intero, data la posizione della leva del cambio e quella del freno a mano.

Mercedes si avvicinò, fin quasi a sfiorarmi. Le posi la mano sulla coscia. La sentii irrigidire, poi,rilassarsi. Si volse a me, sorridendo.

A seconda delle necessità, tornavo con la mano sul volante e poi, di nuovo, sulla sua coscia. Sempre un po’ più in alto, con un lieve movimento, molto simile a una carezza. Non diceva nulla. Mi sembrò, anzi che si accostasse di più. Ormai la mia mano le giaceva in grembo, mi sembra percepire, attraverso la leggera stoffa della gonna e delle mutandine, i morbidi riccioli del pube. I sobbalzi della macchina giustificavano l’alternarsi della pressione delle nocche. Il problema era che cominciavo ad eccitarmi.

Erano trascorse più di due ore, entrai nello spiazzo antistante un ‘refreshment point’, presentai il mio ‘pass’ al ‘MP’ al cancello e potei entrare. Parcheggiai, aiutai Mercedes a scendere. Le indicai il WC con la ‘L’, dissi che l’avrei attesa al tavolino del bar, sotto gli alberi. A mia volta, andai verso la ‘G’. Quando uscii vidi una porta con l’insegna ‘PAC’ (preventive ablution center) che sapevo destinata a prevenire malattie sessuali. Entrai, mi feci consegnare alcuni profilattici. Non c’era una ragione specifica, ma’. Inoltre, era tutto gratis. Andai a sedere su una panchina, all’ombra, vicina a un tavolino. Mercedes apparve dopo poco, quasi saltellante, allegra. S’era anche ravviati i lunghi lucidi capelli.

‘Merx, in genere si prende un t&egrave al latte e dei dolci, il cake.

‘Mi piace quando mi chiami Merx, lo fai solo tu. Mi piace anche il t&egrave al latte, e adoro i dolci.’

‘Aspettami qui, vado a prendere il tutto.’

‘Tornai con un vassoio dov’erano due tazze militari piene di te e alcune fette di cake, su bianchi tovagliolini. Poggiai sul tavolo, presi un pezzo di torta e lo diedi a Mercedes, poi le tesi una tazza.

‘Appoggiala sulla panchina.’

Andai a raggiungerla, per sorseggiare il mio t&egrave.

Assaporava con gusto, e bevevo il t&egrave a piccoli sorsi.

Le misi il braccio intorno alla vita, la mano sotto l’ascella. Sentivo l’inizio del seno sodo. Iniziai cautamente a palpeggiarlo, a raggiungere il capezzolino, a stringerlo piano. Mi guardò sorridendo appena, seguitando a mangiare il dolce. Quando finì non accennò a volersi alzare per rimettere la tazza sul tavolino. Lo feci io.

‘Vuoi ancora una fettina?’

‘Non adesso. Posso portarlo via?’

‘Certo.’

Andai a sedermi di nuovo accanto a lei che si staccò un po’ dallo schienale come ad invitarmi ad abbracciarla ancora. Cosa che feci subito, stringendola a me. Volse il volto verso di me. Questa volta senza sorridere. Aveva una briciola di torta all’angolo della bocca, gliela portai via con le labbra, con la lingua. Avvampò, sorpresa.

‘C’era una briciola.’

‘Non ce ne sono più?’

‘No.’

‘Peccato.’

‘Anzi si, sono piccoline, devo mettere più attenzione.’

E la mia lingua le lambì le labbra, entrò a incontrare la sua..piano.’

La strada era ancora molto lunga, dovevamo ripartire.

Una volta in auto, senza che io le dicessi nulla, si avvicinò a me, mi mise la mano sulla coscia, e la tenne cos’, mentre rientravo nel traffico.

Sentivamo, certo tutti e due, una certa complicità, ma era così bella che non pensavamo di sfuggirla.

Non sapevo niente della vita sentimentale, diciamo così, di Mercedes. Aveva un ragazzo? Che ci faceva?

La gonna era fermata in vita da un’arricciatura elastica. Vi entrai con la mano, carezzai il ventre, sentii le mutandine, leggerissime, le feci scendere per infilarvi la mano, sentii i riccioli che avevo già percepito, le labbra turgide d’un giovane ma già maturo sesso, non insensibile a quelle attenzioni. Il dito cominciò a carezzarla, e lei socchiuse gli occhi, incapace di reagire, o non volendolo fare. Avevo rallentato la velocità, sentivo la sua mano stringermi la coscia, lei muovere le gambe, con lievi sobbalzi, e poi un abbandono completo, soddisfatto.

La guida m’impose di tornare con ambo le mani sul volante.

Mercedes aveva riaperto gli occhi, mi guardava perplessa.

‘Cosa abbiamo fatto, Piero!’

‘Ti dispiace?’

‘Non lo so, non m’era mai capitata, finora, una cosa del genere. E tu sei l’ultima persona con la quale doveva accadere.’

‘Perché?’

‘E me lo domandi?’

‘Non vedo cosa ci sia di male, tu sei una splendida ragazza, attraente, affascinante, stimolante, e non &egrave facile resistere alla tentazione di baciarti, di carezzarti.’

‘Grazie, ma sono la sorella di tua moglie.’

‘Sei una giovane femmina, sexy, e io non sono un vecchio”

‘Non volevo dire questo.’

‘Vuoi che ti chieda perdono?’

‘Non devi farlo, la responsabilità &egrave mia, ma non ho saputo, forse non ho voluto resistere al piacere di sentirti così vicino.’

Si fermarono per uno snack alle porte di Roma, proseguirono subito. Ci si avviava a dover scegliere dove sostare per la notte.

In un primo momento pensai di chiedere ospitalità a zia Mimma. Ma potevano sorgere delle complicazioni. Mimma avrebbe fatto di tutto per infilarsi nel mio letto, e non sarebbe neppure stata prudente. Mercedes se ne sarebbe certamente accorta, e questo non era consigliabile, per infiniti motivi.

Subito dopo Benevento, a Paduli, c’era una ‘guest house’ dove avevo già dormito. Dovevamo arrivare fin lì. A fianco, una deliziosa trattoria paesana a conduzione familiare.

Non mi fu difficile convincere il compiacente e ben disposto camp manager, un baffuto ‘Q’, quartermaster, britannico, che la signorina era in trasferimento per l’Ospedale Militare dove avrebbe seguito il corso per infermiera.

‘Right, Sir’ rispose il ‘Q’, ma ho una sola camera a disposizione, per fortuna &egrave fornita di servizi autonomi, lei deve dividerla con l’aspirante infermiera. Con un tono particolare aggiunse che in questo caso non avrei dovuto preoccuparmi per la salute.

Mercedes non disse parola quando si accorse che dovevamo dormire nella stessa camera. Si avviò verso un lettino e vi sedette sopra.

‘Un po’ duretto!’

‘Merx, una rinfrescatina e poi a cena. Credo che la tua stanchezza supererà ogni difficoltà.’

La cena fu ottima: del pollo allo spiedo con patatine, insalata freschissima, un vino bianco, frizzante, che Mercedes gradì molto.

E fummo di nuovo in camera.

‘Piero, non ho preso la valigia, li ho la camicia da notte’ Dovrò andare a letto vestita’.’

‘Dobbiamo arrangiarci, Merx, non vale la pena disfare il bagaglio. Rimani in reggiseno e mutandine e fatti una bella dormita.’

‘Si, ma io non porto reggiseno’ non te ne sei nemmeno accorto?’

‘Hai ragione, merito il rimprovero. Comunque, va prima tu al bagno, io mi spoglierò, toglierò quello che posso, e poi vi andrò a mia volta.’

Quando tornò era in mutandine e indossava la sua leggera camiciola, sbottonata, S’infilò subito a letto.

Io ero rimasto in boxer, avevo messo l’orologio e qualche altra cosa nel cassetto del comodino che stava tra i due letti. Andai nel bagno.

Al rientro in camera, Mercedes stava supina, con le mani sotto il capo, i capelli spari intorno, sul petto nudo. Aveva tolto la camiciola.

‘Se la tenevo si sarebbe arricciata irrimediabilmente.’

‘Hai fatto bene.’

‘Ho anche spento la luce centrale, mi andava negli occhi. Quella sul comodino credo sia più che sufficiente.’

‘Benissimo, Posso darti il bacio della buona notte, anche per ringraziarti della splendida giornata?’

Rimase com’era, protendendo appena le labbra.

Nel baciarla le carezzai una tettina, mi chinai a succhiare il piccolo capezzolo ciliegia, scesi con la mano nelle mutandine a titillarla tra le gambe. Lasciava fare. Anzi, partecipava. Le baciai l’ombelico, sempre più giù’ Riuscii a sfilarle ‘ingombrante indumento che le avvolgeva ancora lo splendido culetto. Devo riconoscere che mi facilitò molto la cosa’ La mia lingua sostituì le dita, sentiva il piccolo clitoride sempre più turgido, s’introdusse appena tra le piccole labbra, assaporò il lieve sapore di sale della sua vagina . Mercedes era tesa come una molla, cominciò a ondeggiare il bacino, a sussultare, forse non s’accorse nemmeno che le sue dita, tra i miei capelli, stringevano il mio capo tra le sue gambe. Poi fu un lungo interminabile gemito che pose fine alla sua agitazione. Forse era il primo vero orgasmo della sua vita, provocatole dal maschio.

M’infilai nel letto, accanto a lei.

‘Piero, sei matto?’

‘Completamente, e grazie a te. Fatti tenere tra le braccia, cullare. Dormi sul mio cuore.’

Non sembrava attendere altro, si voltò verso me, appoggiò la testa sulla mia spalla, mi abbracciò, mise la sua gamba sulle mie, e sentì la prepotente erezione che mi tormentava.

Le sussurrai all’orecchio.

‘Merx, stringilo nella tua manina, fammi dormire così.’

‘Spegni la luce.’

Spensi la luce.

La mano di Merx impugnava il mio sesso, e andava carezzandolo lentamente, con innata naturalezza, poi i movimenti andarono affievolendosi, si addormentò.

Non riuscivo ad allentare l’eccitazione. Quella vicinanza travolgeva i miei sensi. Iniziai a carezzarle le guance, le passavo il dito sulla bocca, ebbe un movimento riflesso, come a volerlo suggere, e quando dolcemente lo introdussi tra le labbra sentii che la lingua lo avvolgeva, lo carezzava. Le carezzai il fianco. Si mosse appena, aggiustandosi ancor meglio, poi, quasi improvvisamente, si girò dall’altra parte, su un fianco. Mi voltai verso lei e posi la mia palpitante erezione tra i suoi glutei. Cominciai a muovermi, quel contatto stava avendo i suoi effetti, ero sul punto di raggiungere il piacere. Mi fermai spaventato. E se parte del liquido seminale fosse penetrato nel suo sesso?

Mi staccai, allungai la mano, aprii il cassetto del comodino e presi un profilattico. Stavo per infilarlo, quando Mercedes, pur movendosi a stento nel piccolo letto, tornò a girarsi, si mise supina.

‘Cosa stai facendo, Piero?’

‘Niente, dormi.’

‘Cos’&egrave tutto sto maneggiare?’

‘Merx, la tua bellezza mi fa morire d’eccitazione. Ti ero molto vicino..’

‘T’ho sentito”

‘Ho temuto, per un momento, che il seme avrebbe potuto raggiungere la tua cosina..’

‘E cosa hai fatto?’

‘Per evitare ogni possibile pericolo ho fatto indossare al mio sesso un profilattico. Adesso posso anche sentirti particolarmente vicina, sfiorarti con tutto me stesso”

Mentre parlavo m’ero posto a cavalcioni a lei, sostenendomi sulle ginocchia, le disserrai le gambe e mi posi tra esse. Marcedes seguiva il tutto con attenzione, mi sembrava, addirittura, con curiosità, senza parlare.

‘Non temere nulla, bambina, desidero solo sentire la tua deliziosa piccola cosina e farti sentire quanto ti desidero, senza entrare in te”

Divaricai piano le piccole labbra, vi posi il glande inguantato. Rimasi fermo, mentre la voluttà mi pervadeva sempre più. Mi chinai a baciarle gli occhi, le labbra, i capezzoli’ Sentii inarcarsi il bacino di Mercedes, spingerlo verso me, con movimenti sempre più decisi, profondi, fino ad farsi penetrare, Un istante d’indecisione, con una piccola smorfia del volto, e poi fu tutto un palpitare voluttuoso, uno stringere le sue gambe sul mio dorso, un abbandonarsi al piacere, senza freni, senza misura, senza imbarazzo. Quando riemerse alla realtà ‘ero ancora in lei- mi guardò sgomenta.

‘Piero, che ho combinato’. Non sono più vergine’. Cosa farò’ cosa dirò.. Oh, Dio, ho perduto la testa”

Scesi da lei e la presi tra le braccia.

‘Sei bellissima, Merx’ Segno che doveva accadere’ Sta tranquilla, però, di questi tempi non c’&egrave nulla di irreparabile, in materia, nulla. Quando vorrai, tornerai come prima.’

‘E come?’

‘Sta tranquilla, amore, ci penserà Piero. Un piccolissimo intervento, ambulatorio, ti riporterà, se lo ritieni così importante allo stato in cui eri un’ora fa. Non disperarti.. Ti &egrave dispiaciuto tanto?’

‘No, Piero, mi &egrave piaciuto da morire. Tu non sai quante volte ho sognato le tue labbra, le tue mani, di essere tua. Ora che i miei sogni erano sul punto di realizzarsi completamente la passione &egrave stata più forte di me. E’ stato bellissimo. Lo rifarei. Ma quel coso di gomma. &egrave indispensabile?’

Mercedes si rivelava quello che non avrei mai immaginato. Una femmina, calda, passionale.

‘Merx, aspetta, vado a lavarmi bene. Poi farò come vuoi tu, ma ad un certo momento devo staccarmi da te, sarebbe pericoloso non farlo.’

‘E non c’&egrave altro modo per evitare tale rischio?’

‘Si, ma non siamo attrezzati.’

‘Va bene, proviamo come dici tu.’

Quando tornai dal bagno, Mercedes aveva acceso la luce sul comodino. Era accesa in volto ma serena. La ragazza acerba aveva lasciato il posto alla femmina, ormai completa.

Ero eccitato, come prima, più di prima.

‘Vieni.’

Mi misi supino, la feci venire su di me, la guidai a farsi penetrare, lentamente.

‘Così potrai guidare tu i cavalli della voluttà.’

Pur solo al suo secondo amplesso, sembrava esperta maestra in materia. Sentii che aveva già raggiunto un orgasmo ma non accennava a quietarsi, con sempre maggior impeto. Sentivo che si avvicinava il momento in cui dovevo separarmi da lei. Le afferrai i fianchi per allontanarla in tempo, ma non me lo consentì, portò a termine la sua impetuosa cavalcata, beandosi dell’invasione del mio seme.

‘Che bello, Piero, che bello”

‘Si, meraviglioso, ma”

‘Sono alla vigilia delle mestruazioni, ho letto che &egrave raro concepire in questo periodo.’

Giacque su di me, e si addormentò, Così, fino alle prime luci dell’alba.

Prima di partire lasciai una certa somma al ‘Q’ che, se voleva, poteva dare a chi era incaricato di cambiare le lenzuola che recavano evidenti tracce dello spulcellaggio di Mercedes.

‘OK, Sir, I understood.. congratulations”

A quella notte, in seguito, ne seguirono molte alter, appena era possible. Sempre con la stessa foga, con lo stesso trasporto, la stessa passione. E ci fu anche dell’altrp. Mercedes volle che nessuna parte del suo incantevole corpo rimanesse a me sconosciuta.

Un giorno, mi disse che avremmo dovuto sospendere i nostri incontri. Sottolineò ‘sospendere’, non cessare. Li avremmo ripresi appena possibile. Come sapevo, stava per sposarsi, prima, però, doveva ricorrere a quel piccolo intervento di cui avevamo parlato la prima volta. Col pretesto di andare a trovare un’amica, si sarebbe sottoposta all’imenorafia. Le avevano assicurato che era cosa da poco, e dopo tre giorni non c’era più necessità di tenere ancora la medicazione. Tutto andò per il meglio. Le nozze furono celebrate. Mario consumò orgogliosamente l’unione, giustamente compiaciuto di constatare di essere lui il primo maschio ad entrare tra le gambe della sposa.

Leave a Reply