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Cinquina: Zia Elda

By 12 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Era destino che io mi aggirassi nelle case delle zie.

Ottenuta una più che lusinghiera maturità, era mio grande desiderio frequentare una determinata facoltà. Per fare ciò, però, dovevo andare in una delle città dove ciò sarebbe stato possibile. Ad esempio, dov’era zia Elda.

Senza dire nulla alla famiglia, decisi di comunicarle l’esito degli esami e di rappresentarle il rammarico di non poter intraprendere la strada che mi proponevo.

Zia Elda rispose a giro di posta: si congratulava con me, confermava (bontà sua) il convincimento che io avrei avuto sempre delle brillanti affermazioni, e si dichiarava lieta di offrirmi l’occasione di poter frequentare l’agognata facoltà. La sua casa era grande, e lei era tanto sola dopo l’immatura morte del marito, specie quando la bambina andava a scuola. Suggeriva, anzi, di andarle a far visita subito, così avrei potuto decidere in base a come avrei giudicato la sua ospitalità.

A casa non furono entusiasti, ma in ogni caso dissero che, volendo, potevo andare a trascorrere qualche giorno con la sorella della mia mamma scomparsa. Questo se non mi avesse spaventato il caldo estivo di quella città.

Figuriamoci!

Io ero attirato da quella città, e la zia Elda mi era simpatica. Anche se di carattere era un po’ polemica e troppo spesso ironica, sarcastica. Lo era stata sempre, fin da ragazza. Io me la ricordavo quando, intorno ai venti anni, io allora ne avevo quattro, mi conduceva a prendere il gelato, o al giardino, e commentava tutto e tutti. Ce l’aveva un po’ con tutti, infatti. Ma era comprensibile. Dopo pochi anni di matrimonio, il marito ufficiale collaudatore di aerei, s’era infilato nel Garda, a Desenzano, e l’aveva lasciata con una figlioletta in tenera età. Ora, a soli trentaquattro anni, e con quel carattere, non le era certo facile, la vita.

Zia Elda era quella che si definisce un gran ben pezzo di donna (diciamo così). Abbastanza alta, ben tornita, con un seno prosperoso, fianchi magnifici e gambe che abbellivano il tutto.

Ecco, prendeva il sopravvento, in me, il modo di considerare una femmina, indipendentemente dai rapporti che ci legavano, Per giustificarmi dicevo che quando una cavalla &egrave bella rimane sempre tale, che tu la monti o meno. A parte il fatto che per me erano da non montare solo cavalle vecchie cadenti e bolse. E poi non tutte!

Fu deciso che sarei partito.

Evviva. In una grande città, felice per aver superato gli esami, a diciotto anni, lontano dalle pastoie della famiglia.

***

Mancava poco a mezzogiorno quando, così come le avevo preannunciato per telefono, giunsi a casa di zia Elda. Mi attendeva alla finestra, la vidi da quando il taxi aveva imboccato la strada. Mi aprì subito e mi abbracciò, come sempre, stringendomi alle sue belle tette. Per me, allora, una donna a trentaquattro anni non era giovanissima ma, come dicevo, era sempre una femmina.

Le portai i saluti dei miei, un pensierino che le mandava mio padre, e qualche cosa per la piccola. A proposito, dov’era?’

‘E’ andata per qualche giorno al mare, con la mia dirimpettaia, la signora Jolanda, che si &egrave offerta di ospitarla. Del resto, mia figlia e i suoi figli sono quotidiani compagni di giuochi, e lei non sente affatto la lontananza da me!’

Mi chiese se avessi sete. Poteva darmi una limonata fredda o dell’acqua e anice. Poi potevo mettermi un po’ in libertà. Avremmo pranzato subito dopo la una.

‘Fatti vedere, Piero. Sono pochi mesi che non ci vediamo ma mi sembra che tu sia ancora cresciuto.’

‘Non credo, zia. Altezza e peso sono gli stessi.’

‘Si, ma un aspetto più maturo. Del resto, ora sei universitario! Va a rinfrescarti. Tu sai dove &egrave la stanza che occupi quando vieni qui, di fronte alla mia. Il bagno &egrave sempre al solito posto. Sul tuo letto ho messo gli asciugamani puliti. Io, intanto, apparecchio. Ho preparato insalata di riso e vitello al forno.’

‘Ottimo. Vado a lavarmi.’

Quando tornai, in maniche di camicia, era già tutto pronto.

‘A proposito, Piero, hai notizia di tua zia Mimma?’

‘Si, stanno tutti bene.’

‘E’ da molto che non la vedi?’

‘Sono stato a trovarla prima degli esami, solo due giorni.’

‘E’ sempre così bella e vivace?’

‘Sempre la solita.’

‘E’ sempre pimpante Mimma, come una ragazzina, eppure ha qualche anno più di me. Per fortuna non ha passato i guai che ho passato io!’

Zia Elda aveva preparato anche la crema caramel. Tutto buono.

Riassettò rapidamente, mise tutto a posto, si lavò le mani, le braccia, si rinfrescò il volto. Il tutto in cucina, mentre io, seduto, bevevo il caff&egrave. Andò nella sua camera e quando tornò si sentiva che s’era profumata.

‘Fa un po’ caldo, credo che faremo bene a riposare un po’. Specie tu che ti sei alzato presto. Se vuoi avere un po’ d’aria lascia socchiusa la porta. Buon riposo, io vado prima al bagno.’

Attesi che uscisse dal bagno per andarci io. Mi lavai i denti, mi detti una rinfrescatina, indossai i leggeri pantaloni del pigiama. Mi avviai a tornare in camera. L’uscio di zia Elda era quasi del tutto aperto, lei era sul letto, in camicia, volgendo le spalle alla porta. I capelli, neri, erano sparsi sul cuscino. La linea dei fianchi disegnava una curva piacevole e stuzzicante. La leggera camicia rivelava essere l’unico indumento, e finiva appena sotto i glutei, lasciando scoperte cosce e gambe. Belle cosce, e ancor più bel culo. Mi venne in mente di battezzarlo la ‘montagna degli sfizi’. Era ben più voluminoso di quello di Mimma, ma sembrava altrettanto sodo, se non più.

Ero tentato di accertarmene.

Mi avviai in camera mia, appesi i pantaloni e la maglietta, tolsi scarpe e calze, calzai le pantofole.

Tornai a gettare l’occhio su zia Elda. Era nella stessa posizione. Solo, mi pareva, la camicia era ancor più sollevata. Veramente un bel sedere!

Mi fermai sulla porta, mi avvicinai al letto. I diciotto anni spingono ad essere imprudenti. Pensai che una mossa sbagliata poteva significare il mio ritorno a casa la sera stessa. Ma le tentazione era fortissima.

Mi misi in ginocchio. Posai una mano su quel fantastico sedere. Non accadde nulla. Scesi piano verso le cosce, sollevai ancora la camicia. Come immaginavo, era nuda, e la carezza confermò la saldezza della carne. M’intrufolai lentamente tra i glutei. Nessun segno di risveglio. Cercai di infilare l’altra mano sul davanti, superando la gamba, seguitando ad alzare la camicia. Sentii il vello del pube, e mi sembrò di percepire un piccolo movimento. Si, stava voltandosi, supina. Sempre con gli occhi chiusi e il respiro profondo. La mia destra era rimasta sotto il sedere, la ritirai piano, la insinuai sotto la camicia e la feci salire al prosperoso petto. Zia Elda dormiva, ma il suo capezzolo era vigorosamente sveglio.

La mano sul pube scese tra le gambe che, senza che me ne accorgessi, s’erano lievemente divaricate. Carezzarono le grandi labbra, turgide, aprirono le piccole, incontrarono il clitoride eretto.

Zia Elda dormiva, ma il suo sesso era desto.

Sentii il desiderio di baciarla, lì, tra le gambe.

Mi alzai in piedi e, mantenendomi sulle mani, affondai il volto tra quei riccioli neri e segosi. La lingua incontrò il sesso, che sembrò dischiudersi d’incanto protendendo il clitoride, e cominciò a lambirlo, sempre più intensamente, mentre il ventre di zia Elda sobbalzava, le gambe si stringevano intorno al mio viso, le sue mani erano tra i miei capelli e serravano la testa tra le cosce.

Forse, zia Elda non dormiva più.

Assetata dalla lunga castità, stava raggiungendo rapidamente l’orgasmo, mugolando dal piacere, senza freni, senza inibizioni, con un leggero rantolo che culminò in un sonoro e lungo ooooooh! Liberatorio.

Aprì gli occhi e mi fissò, sorpresa, sbalordita, con uno sguardo interrogativo, sbigottito, incerto, esitante, perplesso.

Non dovevo lasciarle il tempo di pensare.

Feci cadere a terra i pantaloni del pigiama, le strappai la leggera camicia, dalla quale esplose in tutta la sua bellezza, e le fui sopra. Aprì ancor più le gambe e accolse, fremente, tutta la mia giovane ed esuberante erezione. Intrecciò le gambe sul mio dorso, favorendo la totale penetrazione, e mi guardò con sempre qualcosa di sorpreso negli occhi. Mi chinai a succhiarle un capezzolo, e lei prese a muoversi, sempre più in fretta. Tornò a mugolare, come prima, più di prima, irrefrenabilmente, terminando con un ancor più sonoro grido, come di vittoria!

La mia eccitazione non diminuiva. Anzi’. E lei ne profittò!

Ogni dubbio sulla scelta di facoltà fu fugato dall’accoglienza di zia Elda.

Anche dopo il rientro della piccola figlia, non tralasciava momento per dimostrarmi la sua focosa passione, l’ansia di rifarsi del tempo perduto. Una femmina calda, esuberante, vogliosa.

Rimboccava il lenzuolo della bimba, e correva nella mia camera. Dove l’attendevo. Spesso andavamo sul suo gran letto.

Era sempre un lungo bacio, il desiderio di essere carezzata, lambita fin nel più intimo recesso del suo splendido corpo. Era un avvio rapido che le procurava fremiti, sobbalzi, mugolii inarticolati. Preferiva cavalcarmi, col busto eretto, il capo rovesciato, gli occhi socchiusi, le labbra beanti, il seno raccolto fortemente nelle mie mani, fin quando s’abbatteva, esausta, su di me, restando, affannata, in attesa di un nuovo assalto.

Immagine d’una Valkiria bruna in preda ebbrezza dei sensi.

Poi, voleva sentirmi su lei, ancora in lei, e riusciva, dolcemente, a farmi raggiungere le più alte vette del piacere.

I mesi trascorrevano veloci, erano iniziate le lezioni, all’Università, le scuole elementari per la piccola Nena.

In principio era terrorizzata, anche se lo nascondeva bene, dal timore di restare incinta, ma non voleva, non poteva rinunciare, al piacere di sentirsi invasa dal mio seme. Non mi disse mai cose le consigliò la sua ginecologa, dalla quale si recava periodicamente, ma mi accorsi che aveva riconquistata la piena serenità, nessuna ombra nei suoi occhi, ruga sulla fronte, quando si slacciava da me, e riprendeva a baciarmi.

Sperimentavamo i modi più fantasiosi, variazioni che avrebbero fatto impallidire i seguaci del Kamasutra. Prediligeva la sua cavalcata, ed essere presa mentre era carpini, e le mie mani le artigliavano il seno, le stringevano i capezzoli, le titillavano il clitoride.

Un giorno che indugiai col glande sul tenero forellino che nascondeva tra i glutei, sentii che premeva. Si voltò a guardarmi.

‘Vorresti?’

‘Immensamente!’

‘Chissà se ci riusciremo, non l’ho mai fatto, ma se lo vuoi sono felice di contentarti.’

Mi riuscì già difficile introdurvi un dito, pur avendolo cosparso di saliva.

‘Aspetta, Piero, ho un’idea.’

‘Si alzò, andò, così, nuda e splendida, nella camera di Nena, prese uno scatolino di vaselina filante (l’adoperava, qualche volta, per lenire qualche piccolo arrossamento della bimba), tornò, si pose di nuovo carponi.

‘Prova con questo.’

Cosparsi il mio dito della bianca pasta, e questa volta non dovetti superare alcuna difficoltà, scivolò dentro e, girandolo, movendolo, sentivo diminuire sempre più la resistenza dello sfintere.

‘Provi fastidio?’

‘Tutt’altro, comincia a piacermi. Carezzami anche davanti”

Quando cominciai a titillarle il clitoride, mi accorse che s’avviava all’orgasmo. Era il momento adatto. Riuscii a mettere della pomata anche attorno al glande, mentre Elda si rammaricava che avevo smesso di carezzarla. Tolsi il dito e appoggiai il glande, non trovò eccessiva resistenza, entrò, lentamente, ma tutto, fino in fondo, mentre lei, con una mano, allargava i glutei.

‘Carezzami, Piero, carezzami. E’ bellissimo, sai, ti sento deliziosamente, carezzami, fammi venire”

E nello stesso tempo che andavo versando in lei il mio seme, ebbe un lungo, fremente orgasmo, che la fece cadere bocconi, sempre stringendomi in lei, golosamente.

Periodo felice, sereno, appagato.

Alla mia età, una donna del genere, con la quale potevo andare sicuro!

Purtroppo, eventi indipendenti dalle nostre volontà, ci separarono, prima ancora che fosse trascorso un anno. Ma il ricordo di zia Elda non mi ha mai abbandonato.

Ogni volta che ho potuto sono tornato a trovarla.

Tornavamo a letto con sempre rinnovato desiderio, come una coppia fortificata dal tempo.

Poi, la vita s’impose con altre cadenze, e quando c’incontravamo eravamo uniti dai ricordi.

Per quanto ne sappia, zia Elda non ha mai avuto altri uomini, dopo me.

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