La bara coperta di fiori era là, nella navata centrale della chiesa di San Martino, in un quartiere periferico di Milano.
Un quartiere che una volta era stato un comune a sé, poi negli anni venti era stato assorbito nella grande Milano, ma aveva comunque conservato una propria identità, una propria personalità.
Ci si conosceva tutti e si spettegolava parecchio.
Fuori, sul sagrato, gli addetti alla pompe funebri aspettavano che la funzione terminasse guardando preoccupati il cielo che minacciava pioggia.
Qualcuno cercava senza farsi notare di informarsi con l’i-phone sul risultato della partita del Milan, che stava giocando sul difficile campo dell’Atalanta proprio in quel momento.
La lunga Mercedes funebre era ricoperta da corone di fiori. L’ultimo saluto di parenti, colleghi e amici alla donna il cui corpo giaceva nella bara in chiesa.
Don Francesco, dopo la Messa, tenne un breve discorso ricordando la cara Mariangela, moglie e madre esemplare, impiegata modello, che un terribile male aveva tolto all’affetto dei suoi cari in pochi mesi e ancora nel pieno vigore dei suoi sessantanni.
Il prete invitò i presenti alla preghiera assicurando che Mariangela si trovasse ormai tra le braccia del Signore. “Vieni, serva fedele”.
Il marito e i quattro figli erano nella prima fila insieme agli anziani genitori ancora in vita.
E il resto della chiesa era affollato da un centinaio di persone che assistevano commosse alla cerimonia.
Qualcuno chiese al marito di dire due parole per ricordare la moglie. Lui dapprima si schermì, poi alla fine si alzò, quasi controvoglia e salì sul pulpito accanto all’altare con un foglio in mano.
– Vorrei dare anch’io un ultimo saluto a mia moglie, con la quale sono stato sposato per trentacinque anni. L’ho amata teneramente e le sono stato vicino col mio affetto, la mia solidarietà, il mio amore e le mie risorse economiche in tutti questi anni. Credevo di conoscerla come nessun altro. Ma invece Mariangela, una settimana prima di morire, ha scritto una lettera che mi è stata consegnata dopo la sua morte e che mi ha fatto capire quanto poco la conoscessi e quanto poco sapessi di lei.
In questa sua ultima lettera Mariangela mi chiede perdono per il male che mi ha fatto. Un male che io non ho mai nemmeno sospettato che mi stesse facendo.
Confessa di essermi stata infedele. Non una sola volta e non con un solo uomo.
Confessa di aver avuto ben ventun amanti nel corso del nostro matrimonio, con la maggior parte dei quali ha intrattenuto relazioni durature: mesi o qualche volta anche anni. Addirittura mi informa che io non sarei il padre di ben tre dei suoi quattro figli.
Fece una pausa, Sembrò squadrare i presenti uno a uno. Il silenzio era glaciale e la tensione palpabile. Sul viso di qualcuno si potevano leggere espressioni di vero e proprio allarme.
Poi riprese:
– Di questi ventun amanti io ne conosco solo dodici, alcuni di vista, altri pensavo fossero miei amici sinceri. Si tratta di Alberto Piazza, che vedo seduto in seconda fila con sua moglie Patrizia, Giovanni Cella, il panettiere che è laggiù in fondo con moglie, genitori e le sue tre figlie. Poi c’è stato Saverio Bonomelli. Dov’è? Non lo vedo… Ah, eccolo laggiù, che sta cercando di uscire inseguito dalla moglie. Franco Antelli, il direttore dell’ufficio di Mariangela. Lui è anche il padre di Franca, la mia primogenita. O forse dovrei dire la SUA primogenita? Mariangela ha avuto la delicatezza di chiamarla come il padre biologico. Un tocco di classe.
Poi ancora c’è stata un lunga relazione con il mio carissimo amico Bruno Rossi. Giocavamo insieme a calcetto, poi un giorno lui ha smesso di venire e approfittava delle mie partite per fare compagnia a Mariangela. Bruno, amico mio, mio figlio Bruno, indovina un po’, è tuo. Vedo che tua moglie Francesca non ne era al corrente da come ti guarda. E poi ancora Gianni Prina, che per fortuna non è sposato, Umberto De Stefani, Ernesto Bresciani, il nostro caro presidente del circolo degli scacchisti, Giulio Corda, che naturalmente è il padre di Giulia, la terza figlia. E infine due brevi storie con Stefano Folli e Sergio Pellè. Gli altri nove amanti di mia moglie sono per me degli sconosciuti, ma lascio qui la lettera con tutti i nomi nel caso che qualche moglie sospettosa volesse controllare per sicurezza che non ci sia il nome del marito.
In chiesa stava succedendo il finimondo.
Molti uomini erano pallidi come morti, don Francesco cercava di togliere il microfono al marito, qualcuna tra le mogli tradite si stava alzando e stava andandosene, presumibilmente a preparare la valigia del marito che si apprestava a buttar fuori di casa.
– Mariangela mi chiede di perdonarla. Come posso io perdonare una donna come lei che ha gettato la vergogna e il disonore non soltanto su di me, ma su tutta la mia famiglia e anche su tutta la nostra comunità? Spero solo che bruci all’inferno!
Dicendo così, scese dal pulpito, prese a braccetto Clara, la sua ultima figlia, e se ne andò dalla chiesa passando accanto alla bara coperta di fiori senza neanche degnarla di uno sguardo.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…