L’attacco dei pirati aveva sorpreso tutti, d’altra parte erano anni che non si spingevano ad assalire le navi che fanno il piccolo cabotaggio lungo la costa.
Se avessi saputo di un simile pericolo avrei certo optato per il più scomodo viaggio via terra, e lo stesso avrebbero fatto i miei compagni di traversata, ora però era troppo tardi per i ripensamenti, visto che la nave dei pirati si avvicinava rapidamente, nonostante i tentativi dei marinai del mercantile di aumentare la velocità, issando tutte le vele.
Fu cambiata rotta per tentare di raggiungere terra, ma eravamo troppo lontani e, nel giro di pochi minuti, la prua aguzza dell’imbarcazione pirata, si conficcò nella fiancata della nostra nave.
Era una battaglia impari: da una parte una tozza e lenta imbarcazione da carico, inerme, senza armi, dall’altra un agile vascello pieno di cannoni e di uomini feroci, armati fino ai denti.
Veramente un tentativo di reazione ci fu, qualche marinaio e i due soldati che mi erano stati assegnati come scorta, cercarono di impedire l’abbordaggio, ma riuscirono soltanto a farsi ammazzare inutilmente, travolti dall’orda dei pirati che si riversò sul ponte della nostra nave.
Nel giro di dieci minuti, era finito tutto. I pirati trasbordarono carico e passeggeri superstiti sulla loro nave e infine affondarono a cannonate la nostra imbarcazione.
Gli uomini, debitamente incatenati, furono subito condotti nella stiva, sicuramente li aspettava un futuro di schiavitù e di stenti, mentre a noi donne era riservata un’altra sorte.
Non era difficile immaginare quale, bastava vedere come quegli uomini ci guardavano, per non farsi troppe illusioni.
Sulla nave c’erano solo quattro donne, anzi, veramente erano cinque, ma Lola, la mia cameriera personale, una negra enorme, che mi aveva visto nascere ed era sempre stata con me, fu uccisa subito.
Lola, nonostante l’aspetto tranquillo e pacioso, era sempre stata una persona impulsiva e, quando vide uno dei pirati mettermi le mani addosso, cercò di colpirlo con un pugnale che teneva nascosto nello stivale.
Bloccarle il braccio prima che riuscisse a colpire, tagliarle la gola, con un colpo di sciabola e gettare il cadavere oltre la murata, fu questione di un attimo.
La repentina e tragica fine di Lola, sortì l’effetto miracoloso di placare ogni nostro ulteriore desiderio di reazione e rimanemmo ferme, immobili, in attesa che si compisse il nostro destino.
Eravamo rimaste l’una vicina all’altra, tremanti, sorvegliate a vista da un paio di pirati e, finché la nave non ebbe ripreso la sua marcia regolare, non accadde nulla, visto che l’equipaggio era troppo impegnato nelle manovre delle vele.
Presero per prima Ramona, la giovane che si era messa in viaggio per andare a sposarsi, accompagnata dai genitori.
Ramona era alta e robusta, cosce forti, fianchi larghi, due seni rotondi e sporgenti ed un viso spigoloso, con due occhi scuri e profondi, circondato da una folta capigliatura di riccioli neri.
Non era bellissima, ma era giovane ed aveva un’aria di sensuale carnalità, che doveva aver eccitato la fantasia di quegli uomini rozzi e violenti.
Ramona non oppose resistenza e cominciò a gridare solo dopo che l’ebbero completamente denudata.
La sua voce flebile e stridula contrastava con l’aspetto opulento del suo corpo, ma smise di lamentarsi non appena uno dei pirati, dopo essersi abbassato i pantaloni, le allargò le cosce e la penetrò brutalmente.
La mamma della ragazza, una donnetta bassa e grassa, in compenso, strillava come un aquila al punto che, stanchi delle sue grida, due pirati presero anche lei, la spogliarono e la legarono alle sartie.
Madre e figlia, la prima buttata su un mucchio di corde bagnate, la seconda con le braccia passate dietro la schiena e legate alle sartie, furono stuprate a lungo da tutto l’equipaggio.
La seconda, in particolare, con quel sedere bianco, grande e flaccido e le gambette corte che si agitavano disperatamente a mezz’aria, era molto buffa da vedersi.
Non ridere, Marisa, ‘ché dopo tocca a te, pensai, e mi prese un nodo alla gola.
Invece, quando si furono stancati di mamma e figlia, dedicarono le loro attenzioni alla vedova.
Era una donna non giovanissima di cui ignoravo il nome, tra i quaranta ed i cinquanta, che aveva appena perduto il marito ed aveva così deciso di tornare nella sua città natale.
Piccola, ossuta e pelosa, non doveva essere stata bella neanche da giovane, ed il suo viso magro, lasciava intuire una vita dura ed avara di soddisfazioni.
Strappati via i vestiti, apparve un corpo magro ed asciutto, dalla pelle olivastra e con i seni piccoli ed ancora sodi, nonostante l’età.
Mostrò anche un’insospettabile agilità ed energia, perché, dopo essere stata denudata, sfuggì alle mani dei pirati e si mise a correre disperatamente per il ponte della nave.
Era un tentativo inutile, senza possibilità di riuscita, perché da una nave che naviga in alto mare non è possibile scappare.
Comunque i pirati, all’inizio sorpresi dall’iniziativa della donna, la lasciarono correre per qualche minuto, finché, stanchi del gioco, la circondarono e la presero.
La vedova gridava e soffiava come una gatta chiusa in un angolo e rimasi a lungo ad osservare lo spettacolo, mentre madre e figlia, nude, piene di graffi e con il viso ed i capelli imbrattati di sperma, piangevano sommessamente l’una sulla spalla dell’altra.
Il tono delle grida della vedova, lentamente, cambiò, da stridulo, come era all’inizio, si fece morbido e modulato.
Osservai il suo viso, aveva la testa rovesciata all’indietro e gli occhi spalancati e gemeva ed ansimava rumorosamente.
Ora i pirati non dovevano più tenerla, anzi era lei che si era aggrappata al petto villoso di uno di loro e sembrava avere intenzione di non staccarsene più.
Quando i pirati si ritennero soddisfatti, la lasciarono tornare verso di noi.
Ricordo solo che aveva uno sguardo strano e mormorò qualcosa riguardo al fatto che aveva dormito per trent’anni vicino ad un cadavere e solo ora ‘
Dovevo prepararmi al mio turno, pensai, sperando che il lungo esercizio praticato con le tre donne prima di me, avesse in parte saziato le loro voglie.
‘Ed ora occupiamoci della mia giovane vergine cristiana.’
Le parole erano state proferite da quello che evidentemente doveva essere il capo dei pirati.
Un tipo bellissimo che ricordava le mia fantasie di adolescente, quando sognavo di essere presa da un uomo alto, atletico, dalla pelle olivastra, gli occhi di fuoco ed i capelli neri ed ondulati, esattamente come quello che avevo davanti.
I miei sogni ad occhi aperti erano sempre accompagnati da lunghe masturbazioni, nella quiete della mia stanza, ora invece, l’oggetto dei miei desideri adolescenziali, finalmente materializzatosi, avrebbe ‘
Ecco perché finora mi avevano lasciata in pace.
Io ho trentacinque anni, un corpo armonioso, formoso e ben proporzionato, ragionando in maniera oggettiva, sarei stata il soggetto più appetibile, per soddisfare le bramosie di un gruppo di rozzi pirati invece ‘
‘ il loro capo, sicuramente, aveva detto: ‘fermi tutti, la bionda’ (ho i capelli castano chiaro) ‘è per me, guai a chi la tocca.’
Ma cos’era questa storia della giovane vergine? Si vedeva benissimo che non ero una fanciulla, un fiore ancora da cogliere.
‘Signore, forse si sbaglia, sì, certo, sono cristiana, sono anche abbastanza giovane, ma non come pensa lei, ho trentacinque anni, sono sposata ed ho anche due figli, insomma, signore, non sono una vergine.’
Stavo sbagliando tutto, che senso aveva fare un discorso del genere ad un pirata, anche se era il più bel pirata che avessi mai visto?
Scoppiò a ridere, una risata profonda e sonora.
‘Lo vedo benissimo, ma il sultano aspetta da tempo che gli porti una giovane vergine cristiana, mi pagherà molto bene.’
‘Signore non funzionerà, se ne accorgerà. Cosa accadrà se si accorge che non sono vergine?’
‘Ti farà tagliare la testa se è di buon umore, altrimenti ti farà impalare nel cortile del suo palazzo, in ogni caso io sarò lontano a godermi il gruzzolo guadagnato, e poi non si accorgerà di nulla, il sultano è vecchio, ci vede pochissimo e passa il tempo a stordirsi fumando oppio, che gli portano i mercanti dall’oriente.’
‘Signore, ma quando ‘ insomma, quando il sultano …’, non riuscivo a dire la parola ‘non vedrà il sangue …’
‘Non ti preoccupare, ho pensato a tutto, Ali il pescatore sistemerà il tuo sesso in modo che il sultano incontri un’adeguata resistenza nel violare la vergine e non mancherà il sangue a testimoniare l’avvenuta deflorazione.’
Il tono delle sua voce mi fece prendere dall’inquietudine, ma non ero certo in grado di dettare condizioni.
Ali il pescatore era un omino magro, con la pelle scura incartapecorita dal sole e dal sale e non aveva affatto l’aria feroce e crudele degli altri pirati.
A guardarlo, era impossibile stabilirne l’età: si sarebbe potuto dire indifferentemente 40 o 70.
Io ero sdraiata su un mucchio di cordame, con le braccia legate dietro la schiena e le gambe allargate e piegate all’indietro, anch’esse legate.
Ali mi fece un sorriso, notevolmente sdentato, mentre faceva passare un pezzo di filo giallastro nella cruna di una grande ago, nero e ricurvo.
La presenza dell’ago, il discorso fatto prima riguardo alla verginità ed il fatto che il mio vestito rosso era stato completamente sollevato ed arrotolato, lasciandomi nuda dalla vita in giù, mi causarono un violento crampo allo stomaco.
Cominciavo a capire cosa avesse in serbo per me il capo dei pirati e pensai che forse non ero stata così fortunata, rispetto alle altre donne del gruppo.
Alì mi salì sulla pancia voltandomi le spalle.
Ora il suo corpo si era frapposto tra me ed il mio sesso e non avrei potuto vedere cosa lui stesse combinando.
Sentii le sue dita toccarmi leggermente.
Mi stava carezzando in mezzo alle gambe, era piacevole, anche se di lì a poco lo sarebbe stato molto meno.
Passò le dita in mezzo alle grandi labbra, poi, mi pizzicò la carne e tirò in su.
Fu questione di un attimo, sentii l’ago che bucava la carne, poi un dolore fortissimo, e infine la sensazione fastidiosa del filo che scorreva attraverso il foro appena praticato.
Tirò l’altro labbro e di nuovo sentii l’ago che mi bucava la carne. Questa volta tirò il filo più forte e sentii qualcosa, sicuramente il nodo che doveva aver fatto all’altro capo, premere contro la parte esterna del primo buco.
Ero annientata dal dolore, incapace di muovermi, ma Ali continuava tranquillamente nel suo lavoro, come se stesse rammendando una rete da pesca o una vela.
Procedeva rapidamente, un punto dopo l’altro stava cucendo la mia povera fica.
Ad un certo punto si alzò e mi passò uno straccio bagnato, probabilmente di vino o di aceto, in mezzo alle gambe, per ripulirmi dal sangue.
Vidi quello che aveva fatto e, se non fossi stata già sdraiata, sarei caduta in terra per l’orrore: era partito dall’estremo superiore e mi aveva cucita, con dei punti incrociati, vicini e regolari, per circa tre centimetri.
Si chinò su di me, sentii le sue labbra che mi sfioravano.
Tagliò con i denti il filo in eccesso, tirò forte e fece un bel nodo.
L’ultimo strattone fece affondare il filo nella mia carne, mentre i buchi ripresero a sanguinare.
Si sedette di nuovo sulla mia pancia e si mise a cucire la parte inferiore.
Quando ebbe finito mi slegò e mi lasciò la pezza intrisa di vino.
Mi misi a sedere a fatica, il dolore partiva dal mio ventre, attraversava la schiena e mi esplodeva nella testa, premetti leggermente la pezza in mezzo alle gambe, poi la tolsi per guardare. Anche se ero preparata rimasi annichilata dallo spettacolo: Ali mi aveva chiuso quasi completamente la vagina, suturando le grandi labbra con dei punti di cucitura piccoli e regolari, lasciando libero solo un pezzo, in mezzo, lungo non più di un paio di centimetri.
Insomma, mi aveva lasciato il buco per fare pipi, in attesa che il sultano si occupasse di me.
Chiusi le gambe per cercare di non vedere, perché mi stava venendo da vomitare.
‘Ha fatto un ottimo lavoro il vecchio Ali!’
Il capo dei pirati era tornato e se ne stava di fronte a me, tranquillo e sorridente.
Si chinò e mi infilò una mano in mezzo alle cosce.
Mi carezzava con dolcezza, perché voleva che aprissi le gambe.
No! per favore, pensai, non mi far vedere di nuovo quella cosa, ti prego.
Lentamente, sotto la pressione delle sue carezze, stavo cedendo, sentivo il dolore che diminuiva, come se stesse abbandonando dal mio corpo, mentre un piacere sottile gli subentrava, così, alla fine, le mie cosce si aprirono e provai di nuovo a guardare, giusto in tempo per vedere il suo dito che scorreva leggero sulla cucitura.
Ora mi sembrava meno orribile, il suo dito scivolava lungo le labbra serrate strette dal filo, seguiva il contorno leggermente curvo nel tratto in cui non c’erano punti, per continuare a scendere lungo la legatura inferiore, poi risaliva, costeggiando il piccolo foro sul lato opposto e tornava su.
Fece questo gioco diverse volte. Gli piaceva e stava piacendo anche a me.
Ora sentivo il clitoride, bloccato e costretto dalla stretta legatura, gonfiarsi e cercare di venir fuori, respiravo a bocca aperta e non sentivo più dolore.
Alla fine il suo dito si infilò proprio nell’apertura lasciata dal pescatore.
Lo mosse un po’ intorno e sentii il filo tirare dolorosamente in corrispondenza dei buchi fatti dall’ago.
‘Mia piccola vergine cristiana, quando il sultano infilerà la sua sciabola in mezzo alle tue gambe, la punta si impiglierà in questo buco, lui spingerà e incontrerà una bella resistenza, come è giusto nel caso di una vergine.
Spingendo i punti cederanno, o meglio, sarà la tua carne a cedere strappandosi. Ali ha cucito leggero, senza andare in profondità, quindi il tuo sesso si aprirà abbastanza facilmente, senza subire troppi danni e senza correre il rischio che il vecchio rinunci, trovandoti troppo coriacea.
Un paio di raccomandazioni, la faccenda, come potrai immaginare, sarà parecchio dolorosa, molto più di quando hai realmente perso la tua verginità diversi anni fa, perciò, per non insospettire il vecchio sultano, farai bene a non gridare troppo.
Qualche lamento, per una giovane fanciulla, violata per la prima volta, ci può stare, ma se ti metterai a gridare come una gallina quando le si tira il collo, rischi di compromettere tutto. Ricordati che, se il vecchio scopre l’inganno, per te è finita.
Un’ultima cosa, arriveremo a destinazione tra qualche giorno, nel frattempo dovrai tenerti la tua cucitura, non ti azzardare a togliere il filo o te ne pentirai.’
Ormai stava facendo notte e mi permise di raggiungere le altre donne sotto coperta.
Scesi con cautela la ripida scaletta, tenendomi la pezza bagnata di vino in mezzo alle gambe, per paura che le cuciture riprendessero a sanguinare.
Ero l’unica ad aver conservato i miei vestiti.
Madre e figlia dormivano abbracciate, mentre la vedova era sveglia, se ne stava sdraiata a gambe larghe e si carezzava i capezzoli duri e gonfi.
La navigazione durò altri quattro giorni, durante i quali i pirati spesso portarono su la promessa sposa che non si sarebbe più sposata e la vedova consolata.
I loro turni duravano diverse ore e quando le due donne scendevano di nuovo la scaletta che portava nel nostro dormitorio, apparivano sporche e spossate.
Ramona, con il passare dei giorni, sembrava sgonfiarsi, afflosciarsi, i suoi seni avevano perso l’iniziale prorompente rotondità e tutto in lei sembrava spento, dallo sguardo, ai capelli, alla pelle.
Viceversa, la vedova, per quanto provata dalla fatica e impiastricciata da capo a piedi dello sperma dei pirati, aveva un’aria fiera e soddisfatta, scendeva la scaletta di legno a testa alta, con i suoi piccoli seni duri e protesi in avanti e, qualche volta, non soddisfatta, di quanto fatto in coperta con i pirati, si masturbava a lungo, incurante della nostra presenza.
La madre di Ramona non fu più utilizzata ed io ero assolutamente ignorata dall’equipaggio della nave, al punto che potevo andarmene in giro liberamente, anche se preferivo camminare il meno possibile, perché i punti continuavano a sanguinare ed a farmi male.
Ma era l’angoscia del mio destino, una volta sbarcata, che più mi faceva male, se il sultano avesse scoperto di essere stato imbrogliato, mi avrebbe aspettato un’orribile decapitazione o peggio, una morte lenta e dolorosa. Anche se fosse andato tutto bene, avrei subito un trattamento dolorosissimo che mi avrebbe lasciato dei segni indelebili.
Non avevo fatto parola, con le mie compagne di viaggio, di quello che mi aveva fatto Ali il pescatore, ma preferivo così.
Al tramonto del quinto giorno avvistammo il porto.
L’indomani, mi disse il bel pirata, sarei stata condotta dal sultano.
Prima di condurmi a terra, fuori della nave, mi ripeté le raccomandazioni, che mi avrebbero permesso di sopravvivere.
Mi fecero attraversare molte sale in penombra.
Il palazzo del sultano sembrava sterminato e la donna anziana che mi accompagnava camminava troppo veloce per i miei gusti.
Le cuciture avevano ripreso a sanguinare ed avevo paura che qualche goccia arrivasse sul pavimento o filtrasse attraverso il ricco vestito verde che mi avevano fatto indossare.
Mi lasciò in una stanza con al centro una piccola fontana, intimandomi di aspettare sdraiata sui cuscini posati su un grande tappeto.
Ero sola.
Sollevai il vestito e guardai sotto.
La lunga camminata a cui ero stata costretta, aveva aperto le ferite ed ero piena di sangue.
Attenta Marisa, mi dissi, la vergine deve sanguinare dopo non prima, ormai sei alla fine, non sciupare tutto per un dettaglio.
Mi pulii con cura usando un fazzoletto bianco, che poi feci sparire sotto i cuscini.
Appena in tempo, perché da dietro una tenda comparve il sultano.
Era un uomo enorme, con un turbante verde ed una grande barba bianca.
Camminava lentamente e si vedeva chiaramente che era quasi cieco.
Meglio così, il pirata ha detto la verità e forse non si accorgerà di nulla.
Il vecchio sultano si avvicinò lentamente e mi fece cenno di alzarmi e di togliermi il vestito.
Le sue mani iniziarono ad esplorare il mio corpo, si soffermò sui miei lunghi capelli chiari, poi mi toccò le spalle ed infine scese sui miei seni.
Ero allo stesso tempo eccitata e spaventata.
Se mi tocca lì, e sente il filo, mi farà uccidere.
Le sue mani scesero sui fianchi e poi passarono dietro.
Mi palpeggiò a lungo il sedere. Meglio così, se si distrae con il culo (ho sempre avuto un bel culo), non mi toccherà davanti e sarò salva.
Già, salva.
Salva nel senso che non sarò impalata, ma la mia povera fica si strapperà tutta e rimarrò per sempre chiusa in questo palazzo.
In quel momento mi accorsi che il sultano si era aperto il vestito.
Quando il pirata aveva parlato scherzosamente della sua scimitarra non aveva detto una cosa sbagliata, perché il sultano aveva un pene molto grande, lungo e ricurvo, proprio come una scimitarra.
Sempre tenendomi per le chiappe mi costrinse ad avvicinarmi a lui.
Ecco questo è il momento, ricorda, Marisa, non gridare, cerca di resistere.
L’estremità della scimitarra, come previsto, si bloccò proprio nel punto lasciato libero da Ali il marinaio e strinsi i denti.
Il sultano mi piantò le sue grandi mani nella chiappe e tirò verso di sé.
Cento volte peggio di quando ero stata cucita. Un dolore fortissimo, lancinante, lui continuava a premere ed io sentii il filo del primo punto superiore che mi scavava la carne, poi il punto si aprì e lui iniziò ad entrarmi dentro.
Cedette di colpo il primo punto inferiore e mi scappò un grido soffocato.
Volevo sdraiarmi per terra, non ce la facevo più, le mie gambe molli volevano piegarsi, ma lui mi sosteneva, con le unghie affondate nelle carne delle natiche, costringendomi a restare in piedi.
Cedettero, in rapida successione, altri punti, e la scimitarra del sultano entrò profondamente nel mio ventre.
Gridai una sola volta, sopraffatta dal dolore, poi riuscii a mordermi le labbra, mentre lui mi scuoteva.
Le mie braccia erano abbandonate lungo i fianchi e le mie gambe, allargate, non toccavano terra mentre lui entrava ed usciva nel mio ventre.
Probabilmente tutti i punti dovevano essersi aperti, perché sentii il mio clitoride, prima imprigionato, gonfiarsi ed ergersi liberamente.
Può una vergine godere al cospetto del sultano?
Non sono pratica di etichetta di corte, pensai, e così, con il viso affondato nella spalla dell’uomo, cercai di mascherare il mio orgasmo, ma lui non sembrava interessato a me.
Mi mise giù, sui cuscini, solo dopo aver scaricato una gran quantità di sperma nel mio corpo.
Era finita, la vergine aveva superato la prova, era di nuovo sola.
Ero piena di un miscuglio appiccicoso di uno strano colore rosa con venature rosse, di sangue misto a sperma, che continuava ad uscirmi e, stranamente, non sentivo più dolore.
Tolsi delicatamente i pezzi di filo ormai inutile, per cancellare ogni traccia della mia finta verginità e mi addormentai profondamente in mezzo ai cuscini.
Al mio risveglio la prima cosa che feci fu sollevare le coperte e guardare in mezzo alle gambe.
Ero bagnata fradicia, ma non era né sangue né sperma.
La mia fica, completamente aperta, non aveva alcun segno di punti o di ferite recenti.
Mi guardai intorno cercando di riconoscere il luogo.
Ero nella mia stanza da letto, si era trattato solo di un sogno, ma, cazzo, che sogno, pensai, mentre la mia mano scorreva in mezzo alle gambe, per poi posarsi sul clitoride.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…