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Racconti di DominazioneTrio

M’s story. Capitolo 16. Il corso

By 30 Ottobre 2022No Comments

Passiamo il week end come previsto: shopping, centro estetico, lezione di ballo, yoga ed economia domestica. Per paura del frustino sto attentissima: me la cavo con 5 colpi per economia domestica. Anche a Claudio 5, ma per il ballo.
Riusciamo a fare un salto alla casa di riposo dove sta adesso mia mamma. È tutto molto bello e pulito… ma purtroppo non mi riconosce più.
Il pomeriggio della domenica Claudio mi fa preparare una valigiona per la settimana che dovrò passare a Pesaro per il diploma di archivista scolastico.

Non sono riuscita a superare l’esame per la patente. A parte il viaggio di nozze, sono stata solo al paese e, nel periodo di ragioneria, nel capoluogo di regione. Non ho mai preso il treno, usavo il bus.
Tocca al buon Max, la nostra guardia, di portarmi in auto a Pesaro. Per il ritorno, vedrà Giovanni. Ci vogliono due ore d’auto, partiamo alle 06:00 e arriviamo alle 08:00: Max si fa anche fare due bocchini da me in due distinte aree di sosta.
Claudio ha deciso gli abiti per me: sarò elegante e sexy, anche utilizzando i nuovi acquisti fatti al grande centro Commerciale.
Sarò sola, forse per qualche giorno, non si sa. Perciò, mi raccomandano di non dare confidenza e stare in disparte: il mio carattere è sempre più remissivo e rischierei di ubbidire al primo che passa, compromettendo tutto.

Max mi registra all’Hotel: è un 4 stelle davanti al liceo dove si terrà il corso. Il pranzo è in Hotel, ma non devo stare al tavolo con capi né colleghi. Se ne va e resto sola.
Lunedì. Al corso.
La mattinata è pesante, noiosissima, non ci capisco niente, non riesco a stare attenta: spero di passare per raccomandazione. Nella pausa pranzo mi imbuco nel parco dietro il liceo, per stare sola. Non ho fame, ho mal di testa per aver ascoltato troppe parole senza capire. Sono sola, mi assale la tristezza. Dormo male.

Martedì. Al corso.
Metto un tailleur classico, bleu, con gonna molto corta che si ferma appena sopra la metà coscia. I capelli castano chiari, lunghi fino al sedere, risaltano da matti: una cascata d’oro sulla mia schiena. Una camicetta leggera, da studentessa. Le calze bianche, tirate su al massimo perché non si veda la balza. Le décolleté bleu, tacco sottile ma comodo di 7cm. L’intimo è un completino bianco, minimale, non ne ho di diversi. Ripeto a me stessa: non devo apparire. Così resto sola, quasi nascosta.

Si riprende, non ne posso giù più. Ma alle 16 mi arriva un sms. Leggo:
“Appena avrete hai finito, fatti chiamare un taxi e chiedi sia messo sul conto della camera. Vai all’Hotel Excelsior, porta i documenti d’identità: non mettere gioielli e ori, solo pochissimi soldi in borsetta. In Hotel fermati all’elegante bar esterno, è riscaldato. Niente alcolici, solo drink alla frutta. Si avvicinerà un giovane sui 35-40 anni, con due guardie del corpo. Deve chiederti ‘Piuttosto che niente?’ e tu devi rispondere ‘è meglio un toast’. Ricorda: insicura, umile, pudica. Ubbidisci”.

Tremo perché questo è un gioco nuovo. Perché sarò sola, senza guida. Perché ho un carattere debole, un carattere di popò. E perché sono una fifona.
Ma eseguo e, verso le 18:15, sono all’Excelsior. Resto basita: è un Hotel di lusso, forse il più caro e bello di tutta la città. Temo mi mandino via perché sono povera e sola. Invece, un cameriere gentilissimo chiede cosa desidero e mi porta un buonissimo cocktail di frutta tropicale.

Qualche minuto dopo si avvicina un tipo piccoletto, bruttino ma sembra simpatico, con accanto due giganti vestiti in nero. Scambiamo le parole d’ordine, mi sorride, ma una delle due guardie del corpo mi chiede bruscamente:
“Signorina, ma lei quanti anni ha? Può darmi un suo documento? Dove alloggia qui a Pesaro?”. Umiliata, abbasso gli occhi e arrossisco. Estraggo la carta d’identità e con la mia vocina bimba che trema rispondo umilmente:
M.: “Si… signora, prego… so… sono sposata… eccole il mio documento e… alloggio al Villa Cattani, davanti al liceo Newton dove seguo un corso”.

Resto a capo chino, il tipo se ne va. Resto con gli occhi lucidi, sto per piangere. I due rimasti tacciono e, anche se mi guardano le gambe e le cosce, vorrei andarmene. Ma non mi è permesso. Il tipo torna mi riconsegna la carta d’identità e dice sottovoce al piccoletto: “Tutto verificato, tutto vero, tutto a posto”.

Il piccoletto si scuote, mi si avvicina, mi parla con tono gentile e sottovoce: “Io… io sono un idiota e le chiedo perdono. Mi chiamo Nando e conosco il prof. Giovanni per motivi di lavoro. La prego di capirmi: i miei due amici sono sempre preoccupati che non mi accada qualcosa di male, ma io sono stato imperdonabile a lasciarla trattare così. Farò qualunque cosa pur di vederla tornare a sorridere”.
Lo ascolto e… ci metto un istante a sorridere, con le guance ancora rosa: è stato così carino e educato! Sono serena e felice, so che gli occhi mi diventano verdissimi quando sto così bene. Mi tiro giù la gonna, rispondo con la mia vocina, serena.

M.: “Grazie delle scuse… la perdono di cuore… non chiedo niente, non saprei cosa chiedere… non sono abituata a tutto questo lusso. Per la verità… non sono nemmeno abituata a decidere da sola… Mi perdoni lei, per piacere”.
Nando: “Allora decido io per lei, posso? Comincia a far fresco e lei è senza cappotto. La invito nella parte interna del bar, le offrirò un drink contro il freddo. Niente cattive intenzioni, ci sono spazi aperti. Solo parlare, se vuole anche conoscersi”.

Si alza, aspetta che lo faccia anche io. Mi guarda le gambe con attenzione, ma per fortuna è discreto, entriamo con una guardia davanti e una dietro. Questo Hotel è il regno del lusso: Parliamo, ha una parlantina sciolta, allegra, mi mette a mio agio. Mi chiede di tutto ma in modo garbato e non invasivo. Io come al solito dovrei aver la figura dell’ochetta: rispondo spesso a monosillabi, arrossisco troppo facilmente, non ho studiato… non quanto lui. Ma sorrido, col cuoricino pieno di serenità e gioia.

Nando: “Sono le 19:30 e io, purtroppo, ho un impegno di lavoro che non so quando finirà. Però le chiedo, la prego, di darmi la possibilità di rivederla. Se vuole, domani lo terrò libero per lei. In questo Hotel si mangia benissimo… poi c’è un night molto elegante, si può ballare. C’è anche un centro benessere che posso riservare solo per me. Signora M., io la prego di dirmi di sì. Se vuole la pregherò stando in ginocchio!”
Ma che simpatico! e dolce! Sorrido felice, gli occhi mi brillano… aggiungo una breve risatina gioiosa… Rispondo con la vocina che quasi canta: “Io non so se posso… devo chiedere… non so come fare per confermare o disdire la cena… e il resto”.
Nando: “Ma è facilissimo! Eccole il mio biglietto con numero personale. Non mi faccia il bidone per piacere. Accetterò un “no”, anche se mi farà morire d’amore [Ride. Rido anche io, ma con la manina sulla bocca]”.

Ci lasciamo, non devo prendere il taxi. C’è un macchinone con autista che mi riporta.
Entro in camera e trovo già un mazzo di 24 bellissime rose rosse con un biglietto: “Grazie del perdono e della splendida ora regalatami. Con il cuore pieno di speranza, N.”. Ma come ha fatto a farle arrivare prima di me? come sa il mio nome?

Ceno più tardi, dopo gli altri ospiti, da sola, sto leggerissima: giorno dopo giorno ho sempre più amici e non posso permettermi di prendere nemmeno un etto in più.
Una receptionist si avvicina, mi dà un elegante pacchetto. Apro, è un girocollo d’oro, c’è un altro biglietto. “Manca il pendente, lo cerco con il colore dei tuoi occhi… ma è difficile trovarlo. Penso che per domani sera sicuramente lo avrò, ma non sarà mai un verde luminoso come il tuo. N.”
Rido da sola, sono felice, nessuno mi ha mai corteggiata così. Ma suona il cell., è Giovanni il nuovo e più recente padrone.

G.: “Sono io, stai bene? Hai pianto o sei serena?”
M.: “Sto bene mio signore, ho cercato di essere la più umile e ubbidiente possibile. Non mi sgridi se il signor Nando non mi ha voluta, le giuro che io non ho fatto resistenza a niente, non ho pianto, anzi, ho riso e sono stata bene, senza nessuna paura. Non mi punisca, la supplico”.
G. “So tutto, abbiamo parlato. No, non sei stata brava [fa una pausa, io gelo]. Sei stata bravissima. Non ti dico altro per non farti insuperbire. Resta umile, sii te stessa, conserva il tuo bel pudore. Per domani sera: vai, obbedisci, lascia che ti guidi dove vuole, senza limiti e paure. Nando è uno a posto. A presto”. Click

Mi addormento, felice. Ho messo le rose sul comodino per sentirne il profumo tutta la notte e il girocollo d’oro. Sorrido mentre dormo, sogno prati verdissimi e distese immense di fiori.

Mercoledì.
Ho preparato la mise per stasera, metterò uno dei tubini nuovi, è firmato Laura Biagiotti: color Tiffany, è aderentissimo ma elegante, ho solo fatto accorciare la parte bassa in modo da lasciare scoperte le gambe fino a un po’ oltre metà coscia. Anche la schiena mi resta scoperta, fino alle fossette sopra il sedere. Le calze autoreggenti bianche, senza ricami. Il reggiseno push up fa sembrare che io porti una terza. Per le mutandine non ho scelta: ho quasi solo perizomi a filo. Ai piedi un tacco importante, il più alto che riesco a portare: decolleté bianche, 9 cm. Per il freddo uno scialle di cashmere. Metto il girocollo in oro che mi ha regalato. Chissà se a Nando piacerò?

Vado al liceo vestita come lunedì, elegante e lievemente sexy. Le lezioni sono un delirio, ho mal di testa già alla pausa pranzo. Resisto fino alle 17:30, sono sfinita. Corro in camera, mi cambio, prendo un analgesico leggero, scendo quasi a scapiccolo alla reception per chiedere un taxi. Una voce sconosciuta mi blocca:
“Buonasera signorina”. È l’autista di ieri. Sorrido, abbasso gli occhi, mi guida, mi apre la porta: prometto a me stessa che non deluderò Nando, non lo merita.

Nando mi aspetta subito fuori l’Excelsior, oggi ha tenuto distanti le due guardie. Vede l’auto, scalpita, fa un passo avanti e poi si ferma, arretra.
Scendo dall’auto, gli escono gli occhi dalla testa, non riesce a muoversi.
Io mi blocco, devo aver sbagliato qualcosa. Vado in panico: Giovanni mi farà assaggiare il frustino per bene, piangerò, mi scacceranno via… Ma sento l’autista che cerca di nascondere una risata e corre verso Nando.

“Signorina, solo un attimo, la prego non vada via”… prende Nando per un braccio, lo scuote, lo spinge verso di me dicendoli: “Senatore, si svegli, guardi che la perde”.
Nando viene da me, sembra imbambolato, inciampa in qualcosa, ride da solo, finalmente: “Bu… buonasera M. … io, cioè tu… sei… sei bellissima… so… sono senza parole”.

Mi scoppia il cuoricino di gioia, non riesco a trattenere un dolcissimo sorriso di felicità. Al baciamano mi sciolgo del tutto… Noto con orrore che i capezzoli mi si sono induriti e sporgono sotto la bella stoffa di Laura Biagiotti.

Entriamo nella Hall dell’Hotel e scende il silenzio. Si procede verso il ristorante e lo strano fenomeno si ripete. Noto che si voltano tutti mentre passiamo, capisco che è colpa mia … abbasso gli occhi, le guance sono già di un bel rosa vivo. Ha riservato un sopralzo vista mare in fondo al Restaurant. Tre camerieri solo per noi.

M., sottovoce: “Nando, una parola, ti prego”.
Nando: “Che succede c’è qualcosa che non va? Si può cambiare tutto se vuoi”.
M.: “No … è che … sono di famiglia povera… non sono abituata a queste cose … se non decidi tutto tu al posto ti farò fare brutta figura… guidami ti prego”.
Viene colto dalla sindrome del maschio Alpha: gonfia il petto, mi stringe la mano con delicatezza, sposta la sedia per farmi sedere: “Niente paura ci sono io, ti aiuterò, sarai la principessa della serata”.

Parla francese con i camerieri, non capisco nulla. Lui allontana i camerieri, mi prende la mano, mi parla tanto, ha un tono di simpatia.
Ci servono, ha scelto pesce per entrambi e un vino bianco con le bollicine che non ricordo, ma ritengo carissimo. È tutto buonissimo, assaggio ma non mangio tutto. Davanti all’aragosta mi blocco, vorrei piangere: umilmente, sottovoce perché i camerieri non sentano. “Nando, io … io … non so come fare … non ho mai mangiato l’aragosta…”.
Sorride, mi guarda in modo dolcissimo. Sposta la sedia accanto alla mia. Tenaglia, forchetta, coltello e… mi imbocca! elegantemente, un pezzo per me, uno per lui … mi sento una bimba, sono felice … ricambio la sua dolcezza.

Aspettiamo il dessert, mi serve il vino. Ma ora diventa serio.
Nando: “M. ti chiedo di esser sincera … sei la ragazza più meravigliosa che ho mai conosciuto… e non parlo solo del tuo corpo, ma del tuo tratto, del modo di porti. Però io … io non capisco…”.
M.: “Non… non ti arrabbiare con me, chiedi: io … io non ho mai detto una bugia in tutta la vita, te lo giuro”.
Nando: “Non voglio ferirti, ma … questa nostra conoscenza grazie a Giovanni… non capisco cosa c’è tra voi… ho capito benissimo che non sei una prostituta né una escort di lusso… Fammi capire, ti prego, prima che nasca qualcosa”.

Taccio, abbasso gli occhi, mi si inumidiscono.
La mia vocina da bimba buona trema ed è quasi un sussurro: “non sono una escort… io… io…” prendo un respiro profondo per trovare la forza “Io sono una … una sottomessa… sono una aspirante schiava di piacere per uomini”.

Continua

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