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Racconti CuckoldRacconti di Dominazione

M’s story. Capitolo 2. Al centro commerciale

By 15 Settembre 2022No Comments

Adelmo si dimostrò soddisfatto di me e lo disse a Luigi: venivo accettata per es-sere “educata” nel modo più delicato possibile.
Luigi ne fu soddisfatto e mi chiese i particolari ma, per pudore e timore di perder-lo, glieli dissi per sommi capi, pregandolo di farsi raccontare da Adelmo i parti-colari.
Tornai puntualissima, il sabato successivo. E perfettamente vestita come mi era stato chiesto.
A. “Ok, usciamo subito, oggi dovrai mostrare a qualcuno che bel corpicino hai. Ora però leva la gonna”.
Impallidii ma eseguii rassegnata: in breve ero in piedi in mezzo alla stanza con la maglietta, le calze autoreggenti e le decolleté… ma la mia patatina depilata faceva bella mostra di sé.
“Andiamo pure” disse porgendomi il cappottino, che mi copriva in maniera molto sexy.
Mi aprii la porta dell’ascensore e vi trovammo la signora Rossi, l’anziana inqui-lina del piano di sopra.
A. “Buongiorno signora Rossi” salutò.
“Buongiorno Adelmo, dove se ne va di bello? E questa bella ragazza chi è?”
A. “Andiamo al centro commerciale e lei è la mia amica M.”
“Buongiorno M…. ma non è un po’ corta quella gonna? Non la si vede nemmeno dal disotto del cappottino”
A. “E cosa vuole signora Rossi, siamo giovani no? Non c’è niente di male”, disse.
Lo guardai ed arrossii, cosa che la signora Rossi prese per pudore mentre era per la vergogna… Adelmo rideva dentro di sé, perché la gonna era in effetti troppo corta, visto che…. non c’era! così come le mutandine.
Arrivammo al piano terra e ci dirigemmo verso i garage, tra i commenti della si-gnora Rossi sulla sfrontatezza delle ragazze di oggi.
Giungemmo al suo posto macchina.
A. “Bene: ora togliti il cappotto e rimettiti la gonna, se sei abbastanza veloce nes-suno ti vedrà”
Restai di sasso. Titubante, indecisa, mi vergognavo… ma sapevo che lui avrebbe punito le mie esitazioni; inoltre dovevo approfittare del fatto che nei box non c’era nessuno.
Tolsi velocemente il cappotto e glielo passai… poi lottai per infilarsi la minigon-na con le decolleté, l’operazione non era facile e dovetti sorreggermi… alla fine ci riuscì.
Proprio in quel momento fummo investiti dai fari di un’auto che stava entran-do… chissà se aveva visto qualcosa?
A. “Bene, ora apri la portiera e siediti, ci esercitiamo un po’ a scendere.
Vedi d’ora in poi, ogni volta che scenderai dalla macchina, dovrai regalare un bello spettacolo a chi ti sta di fronte; ti dirò io quanto spingerti avanti.
Ora proviamo il livello massimo: lascia una gamba dentro e metti fuori l’altra, nel farlo alzati un poco in modo da facilitare la risalita della gonna”
Lui si era messo proprio davanti alla portiera, un po’ distante, forse per vedere l’effetto su di un eventuale avventore del parcheggio.
La cosa difficile, rispetto ad una normale uscita dall’auto, era quella di sollevarsi un poco sulle braccia: dovetti perciò provare diverse volte, ma alla fine ottenni l’effetto voluto da Adelmo: la gonna risaliva fino a scoprirmi tutta, mostrando completamente il davanti e il didietro. Ero in confusione, imbarazzata, ma ubbi-divo.
A. “Bene, ora prova a scendere così; appena scesa attendi un attimo, poi fai finta di accorgerti di avere la figa al vento e abbassati la gonna facendo una risatina”.
Anche qui fu dura ottenere un risultato accettabile: da una parte ero tesa per il gesto che dovevo eseguire e dall’altra non mi veniva naturale recitare la parte del-la troietta: a volte mi abbassavo subito la gonna, altre eseguivo il tutto con gesti affrettati e meccanici. Guardavo nervosamente in giro per paura che qualcuno vedesse. Avevo il sospetto che il tizio dell’auto di poco prima fosse appostato dentro la sua macchina per spiarci, in quanto aveva parcheggiato da tempo e an-cora non era uscito.
Alla fine, Adelmo si spazientii.
A. “Maledizione, perché non ti impegni? Qual è il problema?”
M. “Mi vergogno, padrone, non ho mai fatto queste cose”
A. “Ti vergogni di mostrarti un po’ scosciata? E se ti chiedessi di fare il giro nuda del garage? O di masturbarti sul cofano?”
Al che mi prese, mi girò e, alzata la gonna mi fece stare con la pancina sul cofano: tolta la cintura dei pantaloni, mi affibbiò quattro forti colpi sulle chiappe che ri-suonarono in tutto il garage.
Strillai, rimasi immobile, umiliata, i nervi mi cedettero e la mia prima punizione mi causò un’esplosione di lacrime.
A. “Avanti, vieni.”, disse facendomi entrare mentre si accomodava dall’altra par-te.
A. “Qual è il problema? Perché non riesci a farlo?” disse, mentre mi accarezzava e mi stringeva, in lacrime, al suo fore torace.
M. “Signore io voglio molto bene al mio ragazzo… anche lei mi piace…voglio far-vi contenti entrambi, ma ancora non ci riesco, non in modo naturale.”
A. “Lo so, forse sto correndo un po’ troppo ma i tempi sono stretti e io ho promes-so a Luigi di farti diventare una vera serva prima delle vostre nozze; non ti piace-rebbe fargli vedere qualcosa già dal prossimo weekend? Vedi c’è un segreto: come abbiamo capito sabato scorso hai una natura inferiore, ma questo non ti basterà per diventare brava… devi invece sentirti schiava anche dentro, devi sentirti come un’oggetto ed essere contenta di esserlo. Non pensare a nulla, non pensare alle persone che ti vedono, alle loro reazioni, cerca di perdere la tua volontà e ripetiti nella testa solo i miei ordini e pensa soltanto alla soddisfazione di chi ti guarda”.
Mentre parlava smise di accarezzarmi la testa e passò la mano sulla coscia, poi tra le gambe… che istintivamente cercai di richiudere, subito bloccata da lui. Me le aprì lentamente, mettendomi tutta a disposizione di un invisibile pubblico… piano piano diventavo rassegnata, presto sarei stata domata.
Dopo poco lui sentì che stava ottenendo l’effetto sperato: i singhiozzi si stavano trasformando in ansimi di piacere… mi chiuse mi chiuse la bocca con un bacio: ebbi un orgasmo per il solo bacio, come la peggiore delle donnacce.
A. “Allora, ci riproviamo?” chiese quando mi fui calmata
Questa volta mi impegnai la più, i suoi consigli avevano fatto effetto.
Finalmente ottenne i risultati attesi su questa posizione e me ne fece provare an-che altre due: uscire con tutte e due le gambe insieme tenute abbastanza larghe; poi, con prima una gamba poi l’altra, ma non al punto di alzare completamente la gonna.
A. “Brava! … ma il tuo premio te l’ho già dato, sapevo che non mi avresti deluso. Ora sali, da brava. Alzati leggermente la gonna e apri un po’ le gambe, ecco an-cora un po’”, disse, mentre orientava lo specchietto in modo da controllare che avessi la patatina sempre in mostra per tutti.
A. “Ricordati di stare in questa posizione mentre viaggiamo: devi sembrare quasi normale dall’esterno ma è tuo dovere dare un bello spettacolo”.
In breve partimmo, dirigendoci verso il centro commerciale.
In tangenziale si accinse a superare un camion: fui sorpresa dal sentire il suo clac-son; mi girai e vidi il camionista che mi sorrideva alzando il pollice; evidentemen-te dall’alto si stava godendo un bello spettacolo. Avrei voluto sprofondare!
A. “Salutalo dai”, ordinò.
Paralizzata e con le intimità in mostra, ero rossa come un peperone, ma non riu-scivo a muovermi.
Comprensivo, fui lui che mi slacciò e tolse completamente la gonna, allargandomi le cosce in modo assurdo, ottenendo dal camionista un sorriso a 32 denti.
Restavo paralizzata, ma non mi ribellavo.
Completato il sorpasso, appena si affiancò ad un altro camion sentii di nuovo il clacson: evidentemente il primo camionista aveva avvisato i suoi colleghi via ra-dio che sulla macchina tale c’era una che la faceva vedere a tutti, così si portaro-no tutti a 60 all’ora, nella speranza di farsi superare.
Adelmo cercò di accontentare un po’ tutti: io mi sentivo un oggetto di loro pro-prietà, ripetevo mentalmente a me stessa che era giusto così per me, che tutti avevano diritto di valutarmi e usarmi. Ma niente, ero in panico, bloccata.
Ben presto giunse la nostra uscita e lasciammo la tangenziale, salutati dai clacson bitonali e dagli abbaglianti di tutti.
A. “Bello eh? Ti sei divertita?”
M. “No padrone, per niente”
A. “Però vedo che ti si è inumidita di nuovo la micina, come lo spieghi?”
M. “Non lo so, padrone”
A. “Te lo spiego io perché: anche se mentalmente lo rifiuti, sei nata per essere esposta e usata dagli uomini. Ecco perché il tuo corpo reagisce così”
Restai zitta e abbassai la testa: mi sentivo sporca, ma forse il padrone avev dav-vero ragione.
A. “Sai che sei più bella quando ti vergogni?”
M. “Padrone, torniamo a casa, per piacere… farò tutto, ma così, in pubblico, mi sento morire”
A. “No ragazzina, e ricorda: non importa cosa senti, importa che tu accetti te stes-sa come un essere inferiore. Ripetimelo, adesso”
Gli occhi tornarono a inumidirsi, ma ubbidii.
M. “Sono una persona inferiore, padrone”
A. “Stiamo arrivando. Adesso toccati, presto, e se sei bagnata ripetimi il perché con parole tue”.
Mi accarezzai dolcemente… poi, quasi un sussurro:
M. “Sono bagnata perché il mio corpo desidera cose che non riesco ancora ad ac-cettare mentalmente”.
A. “Bravissima. Continua a ripetere a te stessa questi concetti nella mente, non pensare a nient’altro”.
Arrivammo e parcheggiò.
A. “Ora vado a prendere il carrello, tu fammi una bella uscita ma senza esagerare, o ci mettono dentro.”
Fermò un ragazzo che sopraggiungeva, gli chiese il carrello e naturalmente si mise in modo che lui avesse una bella visuale dell’auto. Io, in panico avevo gli occhi fissi in quelli del ragazzo… iniziai a uscire.
Lo vidi spalancare occhi e bocca mentre facevo una bella spaccata; mi aveva sicu-ramente visto tutta la fessurina e credo che anche il mio rossore sia stato apprez-zato.
Ragazzo: “Ma… ma…è una figa da urlo!”
Volevo scomparire: trotterellai svelta fino alle braccia di Adelmo, come cercando rifugio.
“Brava” si complimentò “mi hai anche fatto guadagnare 2 euro, il tipo non ha più capito niente e alla fine non li ha voluti… ah ah ah!”

Mi calmai, cercai di respirare profondamente … e dovetti ammettere che ero con-tenta di me stessa… e chiaramente sollevata per i risultati ottenuti: mi strinsi al suo braccio: mi sentivo utile.
A. “Guarda che belle scarpe? Ti piacerebbero?” mi chiese passando di fronte ad una vetrina.
M. “Oh, sì padrone… adoro le scarpe” risposi.
A. “Allora, adesso giochiamo alla fidanzata troia con l’amante clandestino: quando espongo le mie schiave mi piace che provochino gli uomini, fino a farli impazzire, per poi magari non concedere niente”.
Continuò: “Ora ci scegliamo un bel commesso, tu farai un po’ la zoccola con lui e se ti darà il suo numero ti comprerò le scarpe. Bada che non devi chiederglielo pe-rò, deve essere lui a proporsi, ok?”
Avevo gli occhi spalancati per la novità, mi sentivo inquieta e imbarazzata, ma mi lasciai condurre all’interno.
Appena entrati fummo avvicinati da un bel ragazzone sulla trentina, biondo.
Commesso: “Posso esservi utile?”
A. “Si, vorrei farle provare quelle scarpe da sera in vetrina” disse indicando due scarpe nere con il tacco a spillo, molto sexy.
Mi fece sedere su uno sgabello defilato ed il ragazzo rimase un attimo interdetto quando capì di avere una buona visuale, seduto più in basso com’era.
Avevo finalmente capito lo scopo di questo esercizio e cercai di ubbidire a questa nuova umiliazione: dischiusi leggermente le gambe. Di sicuro ora dal basso vede-va l’attaccatura delle calze e la mia patatina. Tenevo gli occhi bassi, umile.
Adelmo si allontanò, fingendo di guardare altri articoli ma rimanendo sempre a portata d’orecchio e posizionandosi davanti ad uno degli specchi lunghi fino a terra che ci sono in tutti negozi di scarpe, per vedere cosa succedeva.
Il ragazzo era in difficoltà i primi minuti, ma questo stato svanì vedendomi rossa in viso: aveva capito che mi stavo mostrando apposta. Dopo poco, la patta dei suoi calzoni si gonfiò: provai disprezzo per me stessa, ma mi sentii anche realiz-zata.
Sussultai quando una sua manona mi sfilò una scarpina, ma mi controllai per ubbidire e lasciarlo fare.
Commesso: “Va bene, signorina?” chiese alzando lo sguardo, beandosi dello spet-tacolo di me con un piedino tenuto un po’ in alto dalle sue manone, per infilare la nuova calzatura, e l’altro a terra: ero aperta per lui, davanti a lui.
M. “Direi di sì, costano molto?”
Commesso: “Beh sì, ma sono di ottima qualità, vuole farle vedere al suo fidanza-to?”
M. “Veramente non è il mio fidanzato”, risposi con la vocina tremante per quello che il commesso avrebbe pensato di me.
Commesso: “Ah, davvero? Ma guarda… ” disse il ragazzone con un sorriso allu-sivo da porco, mentre restavo aperta e in mostra per lui, zitta e fissavo con atten-zione un lembo della moquette.
Commesso: “E invece il suo fidanzato ufficiale lo sa che lei esce con altri? O forse invece non la vedrà mai indossare delle decolleté così sexy?”
M. “No, no, le vedrà glielo assicuro!” risposi di getto e in visibile affanno, mentre il ragazzone fissava ormai apertamente l’apertura tra le mie lunghe gambe.
Infilando la seconda scarpina, fece come se faticasse a entrare.
Commesso: “Non le entra bene, eppure è il 37, il suo numero. Mi permette?” E senza aspettare risposta si insinuò un po’ di più tra le mie gambe, come per prendere meglio il piedino.
La minigonna mi salì completamente e mi ritrovai con le parti intime completa-mente esposte agli occhi del commesso.
Commesso: “Oh signorina, sa che ha davvero delle belle gambe? lei è la cliente più bella che sia mai entrata: per il viso, per il suo corpo perfetto e.. per la sua bel-lissima…figa: con queste sarà ancora più bella!”
Il ragazzo era molto eccitato, lo si vedeva chiaramente dall’importante gonfiore nei pantaloni attillati che indossava.
La situazione stava diventando incandescente… per cercare di sfuggire, indossate entrambe le scarpe, mi alzai veloce.
Ma Adelmo arrivò subito per timore che scappassi.
A. “Come ti stanno? Ti pare che ti slancino?” chiese, mentre mi faceva girare su me stessa.
Poi, rivolto al ragazzo, cercò di aiutarmi a raggiungere l’obiettivo:
“Le faccio io dei regali, perché il suo fidanzato ufficiale non lo vede mai, è sempre in viaggio, così cerco di renderla sexy anche per lui”.
Il ragazzo mi mangiava con gli occhi, valutandomi dalle dita dei piedini alla punta dei capelli, ipnotizzato.
Commesso: “Certo signorina, vedrà che con queste il suo ragazzo non la lascerà più sola o… almeno lei troverà tanta altra compagnia”
Adelmo mi rivolse uno sguardo duro che voleva dire “Adesso invoglialo!”.
Capii che non ammetteva repliche, mentre lui tornava lontano a far finta di guar-dare altro.
Con un visibile sforzo riuscii a rispondere:
M. “Eh, parli bene tu, ma vedrai lunedì, chi lo vede più. E stasera a poker con gli amici, e domani si dorme tutto il giorno, e le scarpe? Con chi esco per farmi vedere un po’ in giro?”
commesso: “Beh, se ha bisogno di un accompagnatore io sarei disponibile, poi lunedì il centro è chiuso. Me ne intendo di scarpe sa?”
M. “Mah! non so, non sono quel tipo di ragazza”
Commesso: “E allora perché mi ha fatto vedere tutto? Crede che non abbia capito che lo ha fatto apposta?”
Ripiombai nel silenzio, umiliata, cercando di assorbire il colpo.
Commesso: “Guardi, non lo dirò a nessuno, le do il mio numero, mi chiami; io non la trascurerò”
Sentito questo Adelmo tornò verso di noi, vedendoci armeggiare con un foglietto, che nascondemmo velocemente.
A. “Allora hai fatto? Quanto costano?”
Il ragazzo sparò il prezzo.
A. “Accidenti, no sono troppo costose, mi dispiace”
Commesso: “Ma vede” il ragazzo balbettava ed era in preda al timore di perdere l’occasione di rivedere M. “se vuole posso parlare con il capo e farle ottenere un po’ di sconto”.
Senza aspettare risposta lo vidi allontanarsi e parlare fitto fitto con un signore al-la cassa. Mi squadrarono al millimetro, poi il ragazzone tornò.
Commesso: “Ecco, se la signorina accetta di farsi fare poche fotografie per recla-mizzare il negozio, potremmo accordarle uno sconto del 50%”
A. “Ah, molto meglio così, allora le prendo. Tu fai quel che ti dice questo gentile ragazzo, faccio subito” disse, facendomi segno con due dita aperte di riaprire le gambe, mentre andava verso la cassa.
Di nuovo umiliata, ubbidii e il titolare raggiunse subito ragazzo con una macchina fotografica.
La vociona del padrone, mi comandò: “Allora signorina, alzi la minigonna tutta su e socchiuda le gambe. Sorrida”.
Ubbidii… tremavo, ma sorrisi a ben 4 click… click…
Il titolare se ne andò, tutto contento. Il commesso mi fece sedere di nuovo, mi sentivo, sporca, ero distrutta.
Commesso: “Allora signorina, posso sperare di rivederla e di accompagnarla per una passeggiata con le sue nuove scarpe?”, chiese strizzando l’occhio.
Non riuscii più a dire niente, lasciai che il commesso mi aprisse completamente le gambe per togliermi le scarpe.
Adelmo tornò e uscimmo, ma appena svoltato l’angolo scoppiai in lacrime.
A. “Visto come si fanno gli acquisti? Gli fai vedere qualcosa, gli dai qualche spe-ranza, e quello ti regala metà scarpe; ora sarà in bagno a tirarsi una bella sega, vedrai”
M. “Sì signore, ma è stato molto umiliante, mi sento una sporcacciona”.
A. “Vediamo” disse lui, portandomi in un angoletto un po’ nascosto e mettendo-mi una mano sotto la gonna.
A. “Sarà stato umiliante ma sei fradicia. Ti è piaciuto venire ripetutamente umilia-ta, ammettilo apertamente”.
Avevo gli occhioni umidi del pianto ma, dopo qualche istante, feci di sì con la te-sta evitando lo sguardo del mio nuovo padrone. Lui mi asciugava il viso con un fazzolettino preso dalla bustina.
A. “Nonostante tutto, sei stata brava, è stato divertente. Al prossimo gioco non vo-glio che pensi ad altro che al fatto che sei inferiore. Capito? Vedrai che così piano piano ubbidirai a queste cose in modo naturale, sempre vergognandoti e sempre senza diventare troia”.
Non avevo scampo, ad ogni nuovo gioco capivo che Adelmo mi entrava nel cuore e nel cervello, ormai mi conosceva meglio di me stessa.
M. “Lo… lo prometto, padrone, ce la metterò tutta per… per ubbidire a tutto e… e… (quasi un sussurro) e a tutti”.
A. “Bene, che ne dici di fare sul serio ora? Ce ne andiamo al sexy shop?”
M. “Quello che decide lei è per il mio bene… ormai ne sono quasi convinta” rispo-si con un tremolio nella vocina.
Era vicino, entrammo e si rivolse al commesso “Mi scusi, vorrei acquistare alcuni vibratori per questa fidanzata di un amico, ci può mostrare qualcosa?”
Il commesso ci guardò sorpreso:
Commesso2: “Certo signori, seguitemi”
A. “Sa, è molto irrequieta e lui viaggia molto, così spero si calmi quando avrà bi-sogno”
Commesso2: “Certo signore, abbiamo dei modelli molto efficaci, se mi passa il termine. Ecco, questo vibra solamente, questo si muove avanti e indietro, questo in-vece esegue delle rotazioni. Entrambi sono di materiale molto simile alla carne”
A. “Belli, ti piacciono M.?”
M. “Beh… s… sì” risposi di nuovo rossa in volto, non sapevo dove Adelmo vole-va arrivare e dovevo essere imbeccata.
A. “Devi sceglierne tre o quattro, come li vuoi? Grandi? Pensa a quando ti ma-sturbi, che movimento ti piace?”.
Nel negozio c’erano altri quattro clienti che, incuriositi, fecero in modo di stazio-nare nei paraggi. Avrei voluto che il pavimento si aprisse e sprofondarci dentro
A. “Beh… lo voglio grande sì, e mi piace la vibrazione, e anche la rotazione, men-tre l’avanti – indietro posso farlo io”, dissi con un evidente sforzo.
Commesso 2. “Se vuole signore c’è il modello di lusso: vede, son 21 cm e fa tutti i movimenti. Inoltre, ha delle cinghie che possono bloccarlo quando è inserito nella vagina. Infine, c’è un telecomando che potrebbe utilizzare lei” propose il commes-so.
A. “Uh, bello questo eh?” disse porgendomelo. “Avanti, guarda se ti piace, prova-lo almeno con la bocca… Può provarlo in bocca, vero? Sa, è emiliana e la bocca è una sua specialità”.
Ora Adelmo andava sul pesante: era chiaramente una prova… ma umiliazione to-tale per me. Mi feci forza, un sorriso forzato e afferrai quel fallo così grande e – lo ammetto – bello. Provai a stringerlo con le manine, per inserirlo infine nella boc-ca.
Succhiavo, mentre Adelmo provava il telecomando.
Commesso 2: “E’ bella, bellissima… specialmente mentre lo succhia in bocca”.
Mi girava la testa per la vergogna, ero confusa, combattevo una difficile battaglia con me stessa cercando di pensare a quanto mi aveva insegnato.
A. “Non ha anche qualcosa per il culo? Forza cara, spiega al signore qual è il tuo problema”
Attimi di silenzio… Mi aggrappai a uno scaffale per timore di cadere dallo scon-volgimento. Abbassai lo sguardo mentre con un filo di voce improvvisavo:
M. “Beh, vede, dietro l’ho fatto, ma a volte mi fa male, non provo piacere”.
Commesso 2: “Si signorina, vede per un rapporto anale è necessario usare molto lubrificante, inoltre può abituare lo sfintere indossando dei falli anali bloccabili con laccetti, ce ne sono di varie misure. Questo è piccolo, ma con un ciuffo che ca-de per fare da coda. Questo è sempre piccolo, senza coda, e può indossarlo anche sotto i vestiti, tutto il giorno: vedrà che in breve si abituerà e le piacerà tantissimo, coe è giusto sia per una che ha… che ha un lato B come il suo”.
M. “Ma… non so, ho un po’ paura”
A. “Ma no, cara” intervenne Adelmo “Scusate voi…” disse coinvolgendo gli altri che ormai si erano abbastanza avvicinati “…potete farle coraggio?”
“Certo!” dissero i quattro, che non aspettavano altro.

Avventore 1: “Io lo faccio spesso con mia moglie: lei ha un culo fantastico e dovrà farlo più spesso, anche con altri uomini… e vedrà che poi diventa bello, deve solo abituarsi ed usare molto lubrificante.”
Avventore 2: “Sì, sì – fece un altro – è molto importante che lei provi con uomini diversi, sa?”.
Avventore 3: “Si faccia coraggio: se qualche volta le piace vuol dire che le manca solo esercizio… ma non avrà difficoltà a trovare tanti uomini gentili che la abitue-ranno… anzi, se vuole…”.
Per fortuna, l’ultimo interruppe: “E’ ottima l’idea di indossare quelli bloccabili tutto il giorno, deve assolutamente prendere almeno uno piccolo e cominciare”.
Mi sentivo come morire. Tremavo senza controllo. Mi accorsi di essere di uovo fradicia e non capii più niente. Adelmo si accorse che stavo per avere una delle mie crisi, mi allontanò dal gruppo mettendomi in “castigo”: in un angolo, viso contro il muro per vedere più nessuno.
Andò dal commesso, lasciandomi sola, a calmarmi, mentre faceva mettere nella nostra busta i due piccoli falli bloccabili con laccetti.
Tornò da me, sussurrandomi a un orecchio: “Brava, diventerai un’ottima schiava. Piaci a tutti, lo hai visto? Vedi quanto sarai utile agli uomini? Non sei inutile, lo capisci? Ancora qualche minuto e poi un’altra, bella umiliazione per te”.
Mi sorrise, dolce, gentile.
Più calma, senza più tremare, ricambiai il sorriso. Era vero, potevo essere utile a tanti, piacevo moltissimo a tutti.

Adelmo riprese: “Bene, bene, e vestitini sexy ne avete?”
Commesso 2: “Certo signore, da questa parte”, e Adelmo mi prese per mano por-tandomi verso una serie di manichini. Valutò molti vestitini, che a me sembrano da prostituta, poi:
A. “Dovresti provarli però, cara; prova questi tre così decidiamo. Mi scusi, è pos-sibile farlo con tranquillità?”
Commesso 2: “Certo signore, potete accomodarvi di là” disse indicandoci una stanza.

I quattro avventori mi guardavano speranzosi.
A. “Senti cara, ti andrebbe di avere una giuria? Così sarai più sicura di riuscire a far divertire uomini… Decideremo in sei quale è il migliore, va bene?”
Tacevo, di nuovo in panico per la prossima umiliazione. Così, con la scusa di darmi un bacetto, mi sussurrò: “Mi sa che non stai pensando a quello che devi. E sicuramente hai ancora i segni della mia cintura sul tuo sedere… non ne vuoi an-cora vero? Forza!”.
mi lasciò qualche istante per calmarmi e rifare l’esercizio. Mi applicai, tornai do-cile, lui chiese al gruppetto: “Cortesemente, volete fare da giuria per un abito spe-ciale per questa stupenda signorina?”
“Certo!” dissero tutti esultando in coro.
A. “C’è un problema però, io non so se posso comprargliene uno e potrebbe rima-nerci male, poi anche il padrone del negozio, se non compriamo niente…; voi pote-te aiutarmi?”
Capirono l’antifona: per vedere lo spettacolo dovevano regalare il completino al-la ragazza, ma accettarono con entusiasmo.
Prima di entrare, mi strinsi al braccio del mio padrone approfittando di un mo-mento soli noi due:
M. “Padrone, devo veramente mostrarmi nuda davanti a questi? Mi sembra di es-sere in vendita così…”
A. “Certo M., so che sono dei bavosi e che ti sto praticamente vendendo, ma sarò buono e per ora non ti chiedo di fare niente che tu non voglia… Sei obbligata solo a farti vedere, altrimenti la cinghia… serve per educarti un po’ alla volta, capisci? Li fai sbavare un po’, vedremo come ti senti e alla fine ti faranno un regalino”.
Più calma, ma conscia che sarei stata di nuovo umiliata, andai nello spogliatoio. Ro combattuta, ci msi il tempo necessario a cambiarmi e … calmarmi. Mi ato convinsi che era giusto per me e loro diritto vedermi nuda o poco vestita… uscii.

A. “Che ne dite?”
Stavo meglio, agivo in maniera abbastanza naturale, anche perché avevo scelto il vestitino più castigato (si fa per dire): una sorta di baby doll nero, che mi arriva-va appena sotto le natiche.
Eseguii una sorta di lenta giravolta mostrandomi al gruppo dei sei, sapendo che comunque sotto c’era una sorta di body molto sgambato.
Mi accorsi che avevo attorno sei uomini tutti con una importante erezione: ne fui felice, mi sentii importante… stavo cambiando troppo velocemente?
Avventore 1: “Beh si, non sappiamo i vostri gusti ma questo è molto tranquillo, vediamo gli altri”.
Tornai dentro, indossai un vestito che mi copriva interamente, dalla testa ai piedi, ma era di chiffon totalmente trasparente.
Compreso nel prezzo c’era un micro perizoma, che mi copriva appena la patati-na.
A. “Vieni cara, fatti vedere meglio”
“Bello questo!” applaudirono tutti quanti.
Mi avvicinai di più ai sei e capii che mi stavo sbloccando: mi mossi dolcemente davanti a ciascuno, riuscendo involontariamente ad essere molto sexy.
Sussultai quando due cominciarono ad accarezzarmi le cosce e il culetto che ave-vano a pochi centimetri da tutti loro: mi controllai, lasciandoli fare. Vedevo le lo-ro erezioni e ne ero felice, mi sentivo realizzata.
“Stupenda” .. “Piccola e bellissima”… “Questa è meglio di Miss Italia… e come ubbidisce!” … “E’ completamente bagnata.. è fradicia.. sembra le piaccia essere sottomessa da tutti!”.
Fu poi la volta di un micro abitino bianco a rete, andava indossato senza niente sotto così tutti potevano vedere tutto: sia il mio piccolo seno sia la mia passerina erano in bella mostra per tutti.
Mi resi conto che ero cambiata… forse stavo vincendo la mia battaglia interiore: non ero andata in crisi anche se ero, come al solito, rossa in viso… diedi corso a una specie camminata ondeggiante lenta, mentre i sei coglievano ogni occasione per palpeggiarmi ovunque.
Avventore 2: “Avete sentito? Geme di piacere!”, disse uno più audace che aveva infilato il dito.
Il terzo, da dietro, mi strinse a se’ strusciandosi contro: sentii una durissima ere-zione.
Avventore 4: “Figa spaziale, anche se piccolina è tutta in proporzione, ha un cor-po perfetto”, disse un terzo.
A. “Brava, bravissima! vi rivelerò un segreto, signori. M è un’aspirante schiava di piacere per uomini. Ha tanta strada da fare, ma sta migliorando di giorno in giorno! Avete visto come vi ha lasciato fare, rassegnata a ubbidire e servire?”
Adelmo mi staccò da quel groviglio di mani, facendomi inginocchiare davanti a tutti. Rimasi seduta pudicamente, con le gambe ripiegate sotto di se, tornando a guardare un punto indefinito della moquette.
Non avevo più l’espressione sconvolta, ma rassegnata sì: uno sguardo sereno e indifferente, mentre mi mettevo a posto i capelli.

A. “Allora che ne dite?”
Nacque una lunga discussione e alla fine optarono per il secondo, il vestito com-pleto: era quello più usabile, per diverse occasioni, e dissero che l’effetto era fan-tastico.
Appena mi fece alzare per uscire, vidi i quattro correre verso i vicini servizi: chis-sà cosa andavamo a fare?
A. “Allora M, cosa ne dici delle tue prime esperienze? Ti piace fare la schiava?”
M. “Non lo so bene, padrone… la seconda volta son stata più brava?”
A. “Direi proprio di sì. Hai visto che pensando alle cose giuste è più facile? Vedrai che Luigi sarà contentissimo anche di oggi… e forse i tuoi acquisti d’ora in poi te li farà fare così”.
M. “Ommamma! Sa che la settimana passata mi ha fatto fare le stesse cosa della lezione, da soli noi due?”.
A. “Ah… e avete fatto proprio… tutto? Anche quell’esercizio che hai scelto libera-mente di fare alla fine?” mi chiese sorridendomi dolcemente.
Abbassai gli occhi, restando zitta ma annuendo con la testa.

A. “Ti mangerei quando sei così pudica… Ti mangerei a morsi… hai ridotto anche me in uno stato pietoso… ma stasera non c’è il tempo lo capisci? Ti ho già fatto godere accarezzandoti… E poi non è adatto a una ragazza inferiore farlo solo nel modo dolcissimo di sabato scorso. Lo capisci vero?”, chiese mentre mi appoggia-va una mano sul sedere, palpandomelo pesantemente davanti a tutti.
M. “Sì, me l’aspettavo, Luigi me l’aveva anticipato… lo capisco, però…”
A. “Però cosa?”
Silenzio, non avevo ancora il coraggio, e pensai che fondo era giusto che non fos-si io a chiedere.
Non aggiunsi altro, ma mentre arrivavamo al garage del centro Commerciale mi mollò un fortissimo e sonoro sculaccione sul sedere.
M. “Ahi!”
Ma mi sfuggì un sorriso che cercai invano di nascondere.
Sì, decisamente gli piacevo.
A. “Ti riporto a casa da tua mamma, ma se vuoi essere usata devi offrirti a me. Senza parole, senza sfacciataggini, senza prendere l’iniziativa… ma devi trovare da sola il modo per far capire al tuo padrone che saresti onorata di servirmi sessual-mente, ok?”
M. “S… sì… ho capito… ha ragione, come sempre”.

Saliti in macchina, mi apersi il cappottino da sola e alzai leggermente la gonna: stavo imparando, cercavo di offrirmi a lui senza chiedere.
Mise un cd di musica italiana romantica (lo aveva comprato apposta per me?) e, mentre guidava, canticchiava sereno, facendo finta di non capire.
A metà percorso aprii un po’ le gambe, gliela facevo spontaneamente vedere.
Stavolta mi guardò e, credo per mettermi alla prova, mi disse solo un:
A. “Però, come sei bagnata! Quanta voglia di cazzo, eh?”.
abbassai il capo, ma mi coprii.
Volevo essere brava, cercavo proprio di applicarmi.
Quando arrivammo sotto casa mia, un povero palazzo in una cittadina di provin-cia, ero delusa dal fatto che non mi avesse voluta, ma era scuro e non sono sicu-roadella sua espressione.
Non scesi, non mi aveva ancora dato il permesso di farlo. In silenzio, abbassò la cerniera dei pantaloni mettendo in mostra una splendida erezione.
A. “E va bene, te lo sei meritato. Forza, fa presto!”.
Chinai la testa sul suo uccello… e feci il mio dovere: non si controllò… venne presto, nella mia gola… ero sicura che fosse un’altra prova, me ero felice.
Il suo seme aveva un sapore forte, più forte di tanti che avevo assaggiato, sicu-ramente molto più forte di quello di Luigi.

A. “Brava, davvero… Ora a casa da mamma. Ci vediamo sabato prossimo”.
Le diedi appuntamento per il sabato successivo.

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