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M’s story. Capitolo 4. In balera, per andare… all’università

By 18 Ottobre 20225 Comments

Dopo circa un mese e mezzo capivo che il mio cambiamento era stato notevole. Ero ormai quasi sicura di essere portata ad essere trattata da inferiore
Adelmo era stata la mia guida attenta e paziente, ma anche Luigi aveva svolto un ruolo importante: con la sua volontà di collaborare alla mia “educazione”, senza colpi di testa o fughe in avanti, attenendosi scrupolosamente a quanto gli veniva suggerito.
Per la mia sensibilità, il colpo di grazia era stato l’intestarmi la villa, della quale non conoscevo il costo e non avevo nemmeno idea del valore: ero quasi impazzita dalla felicità, era la certezza che mi avrebbe sposata, promisi che avrei fatto tutto quello che volevano, per sempre.
Visto che era stata brava, Adelmo gli disse che poteva finalmente acquistare un collarino, il più elegante e fine possibile per non urtare la mia – sempre eccessiva – sensibilità, ma di non acquistare ancora un guinzaglio.
Il collare doveva essere lasciato in vista nella villa, in modo che io iniziassi a desiderare di portarlo.
Era giovedì, appena finite le ore di scuola, ero con Luigi alla villa, quando intercettai al telefono la chiamata di Adelmo e ascoltai di nascosto.
La proposta per la lezione del successivo sabato sera era questa: sapendo che ballavo il liscio e voleva portarmi in balera.
Luigi fu d’accordo.
Qui da noi, le balere sono spesso luoghi più trasgressivi delle discoteche ma che favoriscono molto più il parlare e le relazioni. Ad esempio, le balere alle 22 sono già piene. Ci vanno persone di tutte le età e loro due avrebbero potuto scegliere quella più adatta.
Adelmo sarebbe venuto a prenderci alla mia (tremo di gioia mentre lo scrivo) villa, e gli serviva qualche minuto per controllare i miei miglioramenti prima di uscire.
Per i vestiti da mettere, Luigi doveva cercare di rendermi provocante senza farmi sembrare una zoccola. Gli propose perciò una minigonna cortissima e una canottierina di cotone, attillatissima e possibilmente trasparente. Io avrei potuto scegliere i colori, perché di solito avevo buon gusto.
Non dovevo mettere reggiseno, e invece delle mutandine voleva lo string: il perizoma senza triangolino di cotone dietro, tenuto assieme solo con dei fili. Niente calze, scarpe non basse, alte il giusto, ma molto eleganti. Sopra un cappotto lungo, da togliere solo entrati in balera. Loro sarebbero stati vestiti casual.
Sabato arrivò da noi verso le 20.45. Io, docilissima, aspettavo nell’ingresso, inginocchiata e sempre nuda, questa volta con un reggicalze giallo e delle scarpine bianche. Notai di avere i capezzoli induriti e mi vergognai di come il mio corpo reagiva.
Dopo avergli leccato il dorso della mano, come da cerimoniale, andò con Luigi in sala. In ginocchio ai loro piedi servii umilmente un amaro: Adelmo chiese se avessimo trovato i vestiti richiesti.
Luigi aveva scelto per me una microgonna ascellare rosa (lunghezza 20 cm: triangolino anteriore dello string sempre ben visibile, metà sedere in mostra per tutti), un toppettino leggerissimo e bianco, niente reggiseno (“tanto hai il seno piccolo”) decolté 9 cm bianche. Provai a dirgli sottovoce che mi sentivo in mostra, che ero indecente… niente da fare.

A. “M. abbiamo pensato che per la lezione di stasera usciremo… Visto che balli il liscio potremmo andare in balera, che ne dici?”.
M. “Ma tu sai ballarlo? Perché Luigi non è capace…” risposi con umiltà.
Tacque senza rispondermi, e mi mandò a vestire: quando fui pronta, mi fece sfilare davanti a loro… mi coprii di complimenti.
M. “Però, Adelmo, mi sento peggio che nuda, mi si vede tutto o quasi. Io… io…” (non avendo un carattere abbastanza forte da proseguire con obiezioni, tacqui).
A. “Sbagli, stupidina. Guarda che il contrasto tra le tue gambe tutte in mostra e la tua piccola statura è fantastico. E poi, nella Polka, la ballerina non deve mostrare il proprio corpo a tutti, il più possibile? Normalmente mostri il sedere, perché stavolta sei in dubbio? Vedrai quanti altri vorranno diventare tuoi morosi stasera”.
Capii che (s)vestita in quel modo non avrei ballato con lui: tremai tutta, chinai la testa senza dire più niente.
A. “M., io cerco di non forzarti, ma ricordati che esistono anche i frustini per le ragazze disubbidienti. Ormai è passato il compimese e non potrei permetterti di rifiutarti, lo capisci questo?”.
Distolse l’attenzione da me, il mio parlare non contava nulla, lo stavo capendo. Si mise a parlare con Luigi del più e del meno… cercava però di tenermi calda stuzzicandomi con palpatine davanti al mio fidanzato. Ma il massimo che fece fu di farmi mettere un attimo a 90 gradi sul tavolo infilandomi un ditone nel buchino del sedere.
Sussultai, ma subito mi controllai e lo lasciai fare quel che gli andava: i miei rossori calavano ad ogni esercizio e mi bagnavo con sempre maggiore facilità.
Forse per farmi definitivamente calmare, mi mandò in bagno al buio, a fare un po’ di esercizio mentale, questa volta dovevo pensare ai “fidanzati” che avrei avuto in balera.
Venti minuti e quando uscii ero calma e rassegnata al gioco previsto.
Ero pronta.
Andammo con il macchinone di Luigi.
Il nostro ingresso nella gigantesca sala non passò certo inosservato: mi avevano subito tolto il soprabito che mi copriva. Pochissime le ragazzine, la maggior parte delle donne presenti era più vecchia di me, con un’età media sui 35 anni. Gli uomini erano più numerosi delle donne; non mancavano ragazzi dell’età di Luigi.
A. “Guarda come piaci a tutti i maschi: anche se non sei una velina per via dell’altezza, sei la più bella di tutte le presenti! Ci sono decine di occhi che ti divorano con lo sguardo”.
C’era tantissima gente ma Luigi aveva prenotato un posto. Nelle balere delle nostre parti, attorno alla pista si snodano tanti salottini aperti composti da divanetti disposti a semicerchio e un tavolino al centro.
Mi ci portarono tenendomi per mano entrambi, per umiliarmi da subito, quasi fossi una ragazza con due fidanzati. Riuscii a restare abbastanza serena.
Luigi ordinò una bottiglia intera di vermouth dolce e tre bicchieri. Mi fecero bere per sciogliermi, poi capii che stavano per mettere in atto il loro piano: si guardavano attorno.
Davanti a noi la pista da ballo, a destra due coppie sui 40, a sinistra tre ragazzi un po’ più giovani di loro due, ma più vecchi di me. Studenti universitari, quasi sicuramente, ma con gli occhi già incollati alle mie gambe e triangolino dello string che mi copriva la fessurina.
Non avrebbero fatto molta fatica a trovarmi compagnia: ero seduta e la cortissima minigonna era salita, al punto da scoprire anche i fianchi. Stavo composta, mi sforzavo di sorridere come Adelmo mi aveva raccomandato. Per non andare in panico mi concentravo sulla gente che in quel momento ballava il valzer.
Mi disse di alzarmi in piedi e seguire la musica accennando i movimenti del valzer, da sola. Quindi, fu Luigi a fare la prima mossa nei confronti dei tre: “Non sappiamo ballare il liscio, e la NOSTRA ragazza ne avrebbe VOGLIA”, disse rivolgendosi ai tre alla nostra sinistra. Aveva volutamente calcato la voce sulle parole “nostra” e “voglia”.
Scattarono in piedi e il più audace si rivolse direttamente a me: “sarei onorato se volesse concedermi questo ballo, signorina. Uno DEI SUOI FIDANZATI ci ha detto che potevamo sperare…”.
Galante il tipo, però! Mi alzai. In pista, dopo un iniziale irrigidimento mi rilassai… sapeva ballare e il ballo aiutava, molto.
Vidi che i due rimasti traslocarono sui nostri divanetti, tenendo gli occhi incollati al mio corpo… il corpo della “loro” fidanzata. Avendoli vicini, subito Adelmo e Luigi cercavano di far intendere ai due che non avrebbero fatto obiezioni a nulla.
Venne il momento del secondo e così via: mi passavano tra loro per un valzer, una mazurca, una bachata, una polka… Adoro piace ballare, sorridevo e mi rilassavo divertendomi. Tra un cambio e l’altro, mi “aiutavano” a sciogliermi con un sorsetto di vermouth.
Solo che a ogni turno, a ogni ballo, i tre si facevano più audaci: prima un sorriso, poi una carezzina, poi un bacetto sulla guancia… la mano scesa dalla vita al fianco; la stretta sempre più aderente.
Venne il momento dei lenti e i tre, nonostante fossero visibilmente euforici, non ebbero il coraggio di farmi ballare con le luci basse: tornarono a sedersi.
Eravamo in sei, stretti l’uno all’altro: Adelmo riprese l’iniziativa: “M., hai ringraziato i tuoi nuovi amici?”
M. “Scusa, non l’ho fatto. Lo faccio ora: grazie Bartolo, grazie Giulio, grazie Carlo”, risposi docilmente e senza perdere il sorriso.
Ancora alcol, chiaro che cercavano di togliermi i freni inibitori, ma non mi volevano ubriaca.
A. “Ma M., loro sono venuti in balera per conoscere qualche ragazza carina e divertirsi… e tu li ringrazi solo così? Non mi sembra giusto!”.
Nonostante la musica soft, si era creato un silenzio teso tra tutti noi. Continuò. “Luigi, sei d’accordo che i nostri amici possano chiedere qualcosa di più alla NOSTRA fidanzata?”.
L. “Ma è sicuro!”, fece lui, “Così non basta… se volete, visto che lei è un po’ vergognina, prendete voi l’iniziativa”.
Era fatta, le carte erano scoperte.
Il primo dei tre a riprendersi mise delicatamente la mano attorno al mio collo e mi attirò a sé. Appoggiò le labbra alle mie: mi sottomisi e non mi ribellai. Fece entrare la lingua mentre l’altra mano scendeva ad accarezzare le mie gambe per tutta la loro lunghezza.
Il whisky, la musica dolce, le luci basse, l’educazione dei tre, che per giunta erano anche alti (essendo piccina mi piacciono gli uomini alti e forti)… come una spudorata ricambiai il bacio. E una mia manina andò ad accarezzare i capelli di Bartolo.
Si alzarono, Bartolo prese coraggio… era il momento dei lenti.
In pista mi abbracciò strettissima: ero vinta, rassegnata, ma confesso che – forse per il troppo alcool, avevo bisogno d’amore.
La mano di Bartolo, sotto la mini… le mie braccia abbandonate attorno al suo collo… la mano di Bartolo che alza la mini… io che, docile, appoggio il visino sulla sua spalla e mi lascio accarezzare il culetto, ormai tutto scoperto, in mezzo a tutti… Mi accorsi di essere diventata molto più sensibile alle carezze sul lato B, forse per l’uso del cuneo anale con coda da gatta.
Bartolo che, spingendomi sul sedere mi fa sfregare contro la sua patta per sentire l’importante erezione.
I 4 seduti guardavano con attenzione, finché Giulio volle la sua parte e prese il posto di Bartolo.
La scena si ripeté. Mi lasciai fare, avevo alzata bandiera bianca. Una mano di Giulio sullo string che copriva la patatina. Giulio che la solleva e la fa vedere ai 4 al tavolo… tutta bagnata dei miei umori.
Fu la volta di Carlo, che davanti a tutta la pista che ballava, mi alzò il top e mi lecco le puntine del seno… che purtroppo trovò gonfie e rigidissime. Dopo avermi umiliata e esibita in quel modo, tenne spinto il suo pene rigidissimo contro la mia per tutto il tempo.
Quando le luci si riaccesero, i tre ragazzi non avevano più voglia di ballare. E io sarei voluta sparire…
Invece, Adelmo mi fece delicatamente sedere vicino a sé, facendo segno a Luigi di tenermi per mano: mi aprì le gambe davanti ai tre ragazzi, lentissimo. La sua mano, invece, scese a sentire lo stato della mia micina e coccolarla.
Lo string era fradicio adesso. Umiliata davanti a degli sconosciuti, non seppi far di meglio che ubbidire, chiudere gli occhi e mettermi dolcemente a mugolare e sospirare piano piano, come facevo sempre.
I tre seduti dalla parte opposta alla nostra si potevano godere lo spettacolo delle mie gambe aperte, ormai molli, dello string inzuppato e della sua mano sulla mia passerina.
A. “M. sei bravissima, hai superato ogni mia aspettativa. È mezzanotte e non ho più dubbi sul da farsi… Andiamo da qualche parte?”, disse rivolto ai ragazzi con un tono complice.
Bartolo, indubbiamente il più coraggioso, col pomo d’Adamo che andava su e giù rispose: “Noi abitiamo a due passi da qua. Proprio all’angolo. Veniamo da Cosenza, facciamo l’università e per questo dividiamo un appartamentino. C’è un po’ di disordine, ma se non vi formalizzate… abbiamo musica e birra”.
L. “All’angolo… che colpo di fortuna! Andrà sicuramente bene, andiamoci di corsa, dai”, concluse il mio “caro” fidanzato.
Ci muovemmo subito. Nei pochi metri del percorso dalla balera, mi avevano lasciato a farmi baciare e coccolare tra le braccia di uno e poi dell’altro.
In tre minuti eravamo in un appartamentino da universitari.
Bartolo, che era chiaramente un po’ il leader del gruppetto, mi portò direttamente in camera.
Per fortuna chiuse la porta.
Uscimmo dopo un’oretta, io completamente nuda, solo con i tacchi alti, andai direttamente in bagno. Arrossii da matti incrociando il loro sguardo.
Sentii che Bartolo andò verso di loro mentre si allacciava i jeans. Da bravo meridionale, appena li raggiunse, li rese partecipi:
B. “Che figaaaa!!!! Ha goduto almeno cinque volte! Fa e si fa fare di tutto, le ho risparmiato solo il culo perché non sapevo se lo avreste permesso… ma che bocca! e le piace tutto!”.
Parlavano sottovoce, finché uscii dal bagno.
Dentro di me mi ripetevo che ero una persona inferiore, che era loro diritto usarmi. Giunta vicino a dove stavano mi inginocchiai. Occhi bassi. Capezzoli gonfi e duri. Tremavo un po’.
Giulio e Carlo furono morsi da una tarantola e si alzarono di scatto, insieme.
Ma Adelmo: “Ehi, calma! Abbiamo tutta la notte… Uno alla volta… almeno per ora!”, disse Adelmo, scoppiando a ridere.
Risero tutti e toccò a Giulio: si alzò, mi prese la manina e mi portò in camera. Tenevo gli occhi bassi, tremavo per l’imbarazzo, ma mi lasciai guidare.
anche lui quasi un’ora… gli piacevo tanto, fu appassionato… io temo di aver mugolato un po’ troppo forte in certi momenti.
Mi portò fuori dalla camera che erano quasi le due.
Volai in bagno, lasciando la porta socchiusa per sentire.
Forse per prevenire Carlo, Adelmo venne ad aspettarmi mentre mi sciacquavo e riordinavo in bagno, non senza aver prima rassicurato l’ultimo dei tre: “L’avrai anche tu, tranquillo. Ma lasciami fare: la NOSTRA FIDANZATA è la prima volta che fa sesso con sconosciuti. Voglio solo vedere come sta e se se la sente di fare un giochino più spinto. Sarà una sorpresa. Ma stai calmo e fate tutti silenzio, per favore”.
Voleva farmi fare un altro passo… ma quale? Ebbi un po’ schifo di me stessa, tremai, mi calmai.
A. “Luigi, per favore, vieni anche tu, è meglio se siamo tutti e due sicuri che sia tranquilla”, aggiunse.
Io uscii. Mi ero pettinata e rifatta il leggerissimo trucco… mi sentivo però bella, desiderata, utile.
A. “Come va? Non sei già stanca vero?”, mi chiese, mentre mi aprì la bocca, forse per controllare se mi fossi lavata i denti.
Restai zitta. Facendo solo un “no” con la testa. E i denti me li ero lavati. Mi diede un dolcissimo bacio in bocca. E Luigi, dopo, lo imitò. Io ricambiavo i baci, abbandonandomi come una gattina innamorata.
Mi sentii osservata da tutti, ero sempre nuda, e avevo ancora i capezzoli duri.
A turno, tutti loro mi dissero qualcosa come “Sei bellissima”.
A. “Stai facendo passi da gigante. Sono tanto soddisfatto di te. Ma dì qualcosa dai”.
Presi un respirone per trovare forza. Cercai di non pensare a quello che avevo fatto e mi avrebbero fatto ancora.
M. “Io… Luigi… Adelmo: se non siete arrabbiato con me… insomma… io… vi amo”, dissi con un dolcissimo filo di voce.
Adelmo allungò una mano tra le mie cosce e disse, davanti a tutti: “Bagnata, sei ancora bagnata! Sei stata bravissima, sai? Ma… dovrai farlo anche con Carlo, sì?”.
M. “Sì, certo, signore… lo so”, e sospirai… ma purtroppo un angolino birichino della mia bocca sorrideva.
A. “Brava. Bravissima. E.… te la senti di fare un passo in più?”.
Abbassai gli occhi e quasi sottovoce emisi un: “Di… di più? Che cosa?”.
Un rapido cenno d’intesa tra lui e Luigi e poi sparò: “Prova a fare la schiava con Carlo, come fai con noi due. Ma sei libera di scegliere tu fino a dove umiliarti”.
Feci un cenno d’assenso con la testolina, uno solo. Ma il respiro mi diventò subito affannato, assieme al rossore del viso.
A. “Calmati. Prendi una bella boccata d’aria e quando vuoi vai. Sono lì, davanti a te, tutti e tre”.
Mi lasciò sola con Luigi che mi baciava, accarezzava e diceva nell’orecchio cose che, per l’emozione, non capivo.
Di minuti ce ne vollero dieci: Adelmo riuscì a far stare calmo Carlo, lo rassicurava e gli disse di prepararsi a qualcosa di speciale.
Poi, serissimo, precisò: “Non approfittare, però, di quello che vedrai adesso. Te ne farei pentire, Luigi è ricco sfondato e non hai idea di cosa possa fare uno con le sue possibilità. State tutti calmi e cercate di portarle rispetto e educazione. Vi assicuro che M. non è una troia e per lei sono cose molto difficili. Datemi retta, aiutatela ad essere a su agio, e vedrete che non dimenticherete questa serata facilmente”.
Si accesero una sigaretta, forse per sdrammatizzare.
Sottovoce chiedevano qualcosa su di noi, soprattutto su di me e sulla possibilità di riavermi.
Adelmo fu correttissimo: disse il minimo indispensabile, aggiunse che non potevano escludere di ridarmi a loro ma che tutto dipendeva dal loro comportamento.
Ripresero a scherzare e ridere sottovoce, finché… varcai la soglia del salotto, Luigi mi seguiva a un paio di metri dietro.
Ero serena, anche se visibilmente imbarazzata perché indossavo solo le scarpine alte.
Avanzai fino davanti a Carlo… piegai prima un ginocchio poi l’altro.
Allargai leggermente le gambe, per mostrarmi e offrirmi.
Si sentì la mia vocina da bimba sussurrare una cosa che mai avrei pensato di dire solo 6 settimane prima, dal primo incontro con Adelmo: “Sono un’aspirante schiava di piacere per uomini… il signor Carlo potrebbe farmi l’onore di usarmi?”.
Carlo strabuzzò gli occhi, anche gli altri non credevano a quello che vedevano e sentivano. Dopo un attimo, slacciò i jeans, sbottonò la patta, lo tirò fuori ancora moscio e disse un eloquente: “Accomodati pure”. Aveva un uccello normale, poco più grande di Adelmo.
Avanzai a 4 zampe sulle ginocchia fino a trovarmi tra le gambe del ragazzo, glielo presi in mano, chinai la testa: vidi che mi guardavano tutti e 5 da vicino. Che umiliazione… chiusi gli occhi e cominciò a leccarlo, lentamente.
Ma il ragazzo perse la testa nel vedermi così sottomessa tra le sue gambe: mise una mano sulla mia nuca impedendomi di arretrare e, anzi, spingendomi senza garbo sul suo pene. Certo gli piaceva possedermi così, aveva la bocca completamente spalancata con i denti in vista, affondando violenti colpi del suo membro in bocca. Mi lasciava toglierlo completamente, ma poi lo affondava nuovamente, fino ad urtarmi il fondo della gola.
Io cercavo di essere accondiscendente e dargli piacere serrandolo un poco con le labbra, per rendere più stretto il contatto. Ero brava, ma non ero abituata a quelle dimensioni che entravano con difficoltà, quasi per intero.
Tossivo e quel senso di soffocamento incominciò a ricoprirmi il viso di grossi lacrimoni, ma riuscii a restare docile.
Il ragazzo prese a mettermi alla prova stantuffandomi in bocca il suo membro senza sosta per lunghissimi secondi, impedendomi così di ingoiare la gran quantità di saliva che quel tormento mi faceva produrre. Videro il mio liquido salivare colare a terra lasciando lunghi fili appesi al mento ormai grondo ed impiastricciato.
Quando il ragazzo estraeva il suo membro per brevi attimi, ne approfittavo per aspirare quanta più aria poteva, rimanendo con la bocca spalancata e cordoni di saliva che mantenevano in collegamento le sue labbra al suo glande.
Mi sentivo proprio usata, ma pian piano capivo anche che era giusto per una insicura come me.
Carlo andò avanti a scavarmi in gola per un po’ finché non incominciò ad accelerare il ritmo delle sue spinte e la stessa forza che mi imprimeva sulla nuca. Stava per esplodere e ne ebbi la conferma quando lo sentì incominciare ad emettere un lungo e roco gemito di soddisfazione, mentre lui teneva spinto il grosso arnese nella mia gola urlandomi: “Dai troia, bevilo fino all’ultima goccia!”.
Spruzzò. Nella mia gola. In quantità industriale. Mi sentii importante, utile, realizzata: era questa la mia futura vita? Ero talmente coinvolta che rischiai di avere un orgasmo, solo col suo seme in bocca, senza toccarmi. Ma passò.
Dall’angolo delle mie labbra socchiuse sfuggì via solo un piccolo rivolo di crema bianca… Non sapevo cosa farne, non osavo guardare Adelmo per la vergogna di chiedere cosa dovessi fare… rimasi per un attimo con il viso rivolto all’ingiù e le guance gonfie di sperma… prima di deglutire e permettere al seme di Bartolo di scivolarmi in gola.
Finalmente alzai il viso e mi guardai attorno. Mi sorridevano eccitatissimi. Avevo dato spettacolo.
Luigi non aveva resistito e se l’era tirato fuori per menarselo, ma anche Adelmo l’avevo durissimo e, dall’espressione, anche Bartolo e Giulio erano visibilmente eccitati.
Luigi si spogliò velocissimo e si precipitò dietro a me… mi spinse piano la testa in giù, fino al tappetone e disse a tutti gli altri. “Ora mi inculo la mia bella fidanzatina! Vi apro a strada! guardate come ubbidisce!”.
Posizionò il glande congestionato all’entrata del condotto anale non lubrificato. Iniziò a spingere e al mio “vi prego… mi vergogno!”, sentii il glande scomparire ed il membro entrare nel mio sedere.
Tutti batterono e mani: ero il colmo della mia umiliazione… cercai di spostarmi, ma tutti mi tennero ferma.
Non provai dolore, non era certo la prima volta che lo ricevevo dietro, ma mi scese una lacrima di vergogna lungo la guancia.
Luigi spinse più a fondo, io gemevo… sino a che i testicoli impossibilitati ad entrare lo fecero fermare.
L. “L’’hai tutto nel culo. Tutto!”
Non ero mai stata umiliata in pubblico così: le lacrime ora eran tante, ma eran lacrime di vergogna perché, purtroppo, venire sodomizzata mi piaceva.
Piano piano cercai di convincermi che ricevere uccelli su per il sedere faceva parte della mia nuova vita.
Luigi, percepita la mia resa, lo sfilò quasi del tutto e poi riaffondò.
L. “Guardate! venite più vicino, guardate! si è sottomessa!”. Fece questa cosa più volte, lentamente e in profondità.
Quando tutti gli altri quattro erano attorno al mio sedere, spinse con più forza e velocità.
Adelmo mi proibì, davanti a tutti, ti toccarmi per distrarmi dal bruciore. Ma, in fondo, Venire sodomizzata dal mio fidanzato non era così terribile.
Spinse avanti e indietro, dentro e fuori per più minuti. Io subivo, purtroppo mi piaceva sempre più, forse per merito del cuneo anale con la coda da gattina… forse perché godevo nella vergogna.
Le lacrime erano ormai asciugate.
Sobbalzavo sempre meno ad ogni spinta, ma adesso non mi lamentavo più… anzi, agevolavo la sodomizzazione alzando i fianchi e andandogli incontro con il culo.
Due dei due ragazzi si alzarono e dopo aver rimirato per qualche attimo lo stantuffare del mio fidanzato, mi alzarono il busto e il visetto, mi si posizionarono davanti, abbassarono i jeans ed esibirono due uccelli di nuovo completamente in tiro. Bartolo aveva un pene normale, ma Giulio aveva un uccellone.
Me li ritrovai alternativamente in bocca… ormai non davo più segni di vergogna, mugolavo, miagolavo e succhiavo i due uccelli come una brava bambina il lecca-lecca.
A.: “E’ ora che sia farcita!”, gridò.
Non mi portarono neanche in camera… per fortuna c’era un morbido tappeto. Adelmo disse a Giulio di distendersi sotto di me, che ero sempre a gattoni, e a mettermelo nella passerina.
Penetratami, non resistetti ed ebbi subito un bell’orgasmo, accasciandomi sul corpo del ragazzo per riprendere fiato.
Poi fece un rapido cenno a Luigi, come per dirgli “Presto, riempile il culo prima tu”.
Luigi eseguì con gioia: “Sì! M. è bella strettina, dovete sentire anche voi che roba!”.
Due membri maschili dentro di me! Stavo riposando e strabuzzai gli occhi, poi li richiusi e posai la testa sul petto di Giulio: rassegnata pensai “E’ giusto così per me”.
Non fosse stato per i mugolii e il respiro affannoso, potevano credere che stessi riposando. Ma Adelmo mi conosceva e approfittò di quei minuti per spogliarsi e si fece lasciare il posto da Luigi.
Avvicinò lentamente la punta del glande alla mia rosellina grinzosa e bagnata dal seme di Luigi e dai miei umori vaginali.
A. “Uno si metta vicino alla bocca nel caso dovesse urlare, non deve sentire nessuno”.
Sentii le forti mani di Adelmo tenermi ferma e bloccata per i fianchi. Aggiunse: “Sono sei settimane che voglio farmi questo splendido didietro, lo farò lentamente, ma fino a farglielo sparire completamente dentro, deve avere il tempo di assaporare ogni centimetro e sentirsi il suo bel culetto che lentamente va riempiendosi”.
Ebbi paura, non lo aveva piccolo come Luigi: ma lui spinse piano e lo sfintere teso cominciò ad avvolgere la punta allargando l’anello di carne sempre di più.
Reclinai la testa di lato e aprendo la bocca gemetti più forte, come una gatta in calore, per alcuni secondi. Un lungo tremito per tutto il corpo… ero venuta di nuovo, il mio primo orgasmo anale… ma non mi servì ad ottenere un momento di sosta.
Mentre Giulio si muoveva dentro la mia patata da un po’, fui penetrata completamente dal sesso di Adelmo, che mi risalì su per il sedere fino a che non sentì i suoi pelacci contro le mie chiappette.
A.: “M. è come mettere i cazzo nel burro! Hai un culetto più accogliente che ho mai provato… sei fantastica! Tutti dovrebbe farti il culo!”.
Mi lasciò così, per qualche secondo, impalata e con i fianchi un po’ sollevati dalle sue mani, con gli spasmi e le contrazioni che sentivo crescere.
Quindi, con tanta dolcezza:
A. “M., facci capire con parole tue che tutti gli uomini della terra hanno il diritto di mettertelo nel culo”.
Avrei voluto sprofondare per l’imbarazzo. Pur con gli occhi chiusi, tra un mugolio e l’altro, feci sentire la mia vocina che sospirava:
M. “Padroni, vi prego di farmi l’onore di provare tutti il mio culettino”.
E Adelmo me lo fece sentire per bene entrando e uscendo una decina di volte, sempre lentamente, in modo che lo gustassi tutto.
Poi fece cenno a Bartolo che toccava a lui.
Lo sentii uscire e notai che Giulio continuava a possedermi con enorme piacere da sotto: mi sentivo tanto utile e non seppi fare altro che cercare la sua bocca… per un dolcissimo bacio.
Con la coda dell’occhio vidi che Carlo si stava alzando dal divano, di nuovo quasi in erezione, e si portava davanti a me.
Bartolo non ebbe i riguardi di Adelmo: approfittando del fatto che ormai mi avevano aperta per bene in due, entrò tutto nello sfintere col primo colpo.
Strillai forte, per poi limitarmi a miagolare più forte e di continuo: ormai ero vinta completamente.
Carlo mi fece rialzare il busto fino a portarselo all’altezza dell’uccello, mi aprì delicatamente la bocca con le mani e lo spinse dentro.
Ora ero davvero farcita dai tre universitari contemporaneamente.
Sentii di nuovo salire quell’onda… che mi travolse i sensi. Esplosi in un altro orgasmo, gemendo sottovoce, a lungo, dolcissimamente. Non saprei dire se quello fu un orgasmo che non avevo mai conosciuto prima, ma furono però le ultime sensazioni che ricordai, perché reclinai il capo su di un lato e crollai tra l’esser svenuta stremata e addormentata.
Chiaramente, Adelmo lasciò che i tre continuassero a sbattermi all’unisono e, quando ripresi coscienza, mi vidi in uno specchio, distesa su un letto di una delle camere, a pancia in giù, con i cinque che mi guardavamo ancora in erezione.
A.: “Sei stata bravissima, ma vedi che noi abbiamo ancora voglia? Ora faremo un gioco, rimettiti a gattoni in modo che tu possa vederti nello specchio. Ecco così, devi vedere tutto il tuo corpo. Ora ci pregherai di prenderti messa così, come una cagnolina in calore, uno ad uno ma nell’ordine che vuoi tu, e noi avremo 5 minuti ciascuno”.
Ubbidii subito, mi muovevo come intontita, guardai tutti la sveglia digitale sul comodino.
A. “Noi possiamo scegliere se venire o aspettare un altro turno. Ogni volta che uno si staccherà, lo ringrazierai. M., chi scegli per primo?”.
La risposta era ovvia: “Luigi, il mio amore”.
Luigi salì e si pose dietro di me, spinse, entrò, mi bloccò i fianchi e spinse con colpi veloci e profondi. Fece presto a venire, non aveva alcuna intenzione di trattenersi e credo che volesse soprattutto vedere lo spettacolo degli altri quattro uomini “dietro” alla sua prossima mogliettina.
Chiamai quindi Adelmo, poi Bartolo e Carlo, lasciando Giulio per ultimo: avevo paura di quello che mi avrebbe fatto col suo cosone enorme – e mi fece – standomi dietro.
Fui presa senza sosta, capì che era giusto per me venire trattata come un oggetto di piacere, alternarono figa e culo a piacere, il mio corpicino veniva sbattuto o dondolato dalle loro spinte.
Luigi, il mio amore, vide la sua donna trasformata in una bambolina il cui unico scopo era far divertire altri uomini… mi vide fremere per altri orgasmi… e ancora altri orgasmi: non era quello che mi aveva chiesto?
Quando finivano il turno subito si accomodava dentro di me il successivo per tornare a prendermi con voga. Siccome c’era un quarto d’ora da aspettare ogni volta, quello che stava per entrare se lo faceva rimettere in tiro poggiandolo in bocca a me, proprio come se ormai fossi una vera schiava.
Persi il conto dei miei orgasmi: quel giorno scoprii di essere una ragazza naturalmente molto calda.
Fui passata da uno all’altro per un paio d’ore, poi decisero di farla finita perché erano quasi le quattro.
Carlo mi spruzzò il suo seme nella vagina, i suoi due amici provarono l’esperienza di sporcarmi il visino e Adelmo… voleva proprio venirmi in culo e lo fece.
Distrutti, ai ragazzi non venne in mente di chiedere come ricontattarci. Per fortuna, Luigi era ben sveglio: si rivestì e mi aiutò a lavarmi e vestirmi.
Tornammo al suo macchinone e mi riportò direttamente alla (mia!) villa.
Io ero sdraiata dietro, distrutta, che scambiavo baci d’amore con Adelmo, teneramente abbracciata.
Arrivati alla villa ero distrutta, in coma. Adelmo raccomandò di non mandarmi a casa sola da mia madre subito, di farmi passare una domenica dolcissima, di non parlarmi di cosa aveva fatto per non ferirmi… (tanto ci avrei ripensato da sola).
Salutandoci, mi fece inginocchiare, mi mise il cuneo anale con la coda da gattina, mi disse di adorargli i testicoli con la lingua.
Mentre ubbidivo a tutto, mi metteva al collo un bellissimo collare di oro bianco, con tanti piccoli smeraldi che componevano la parola “schiava”.
Piansi dalla felicità.

Disse a Luigi di chiamarlo l’indomani sera, dopo avermi riportata da mia mamma, perché fossero sicuri della mia serenità e potessi andare a scuola il lunedì successivo.

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