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Erotici Racconti

Voglio imbottirmi di te

By 29 Maggio 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Riccardo ascoltava in silenzio il variare di quel bel brano jazz-fusion di John Scofield dal titolo ‘Gil B643′ dai toni armoniosi, bilanciati, penetranti e ritmati. Aveva chiuso gli occhi e i suoi pensieri seguivano il fascino e le suggestioni delle note di quel magnifico pezzo, in quanto aveva sentito il profumo di lei nella stanza. La donna aveva un paio di scarpe rosse, indossava delle calze nere autoreggenti e uno slip ricamato che lasciava intravedere il suo splendido e sugoso frutto. I seni erano piccoli e sodi con due capezzoli consistenti, eretti e sfrontati, i capelli invece erano sciolti e un po’ selvaggi.

Lei si era accortamente accostata sussurrandogli un non so che, una circostanza che aveva il sapore determinato e netto dell’amore allegro e giocoso, una voglia di possesso e d’essere acciuffata in tutti i sensi, perché sia allo spasimo sia alla sensibilità ci aveva appropriatamente provveduto già lui in maniera azzeccata e idonea. Una sensazione, in effetti, quella che lui stava saggiando in quella precisa circostanza, adiacente al percepire di lei, esperta, ferrata e in special modo premurosa e zelante intenditrice tra l’altro di benigni patimenti e d’amabili supplizi galanti e passionali. Lui in tal modo se l’agguantò, la volse a sé e iniziò a toccarla pigramente cominciando dal viso, mentre le mani avevano afferrato i suoi seni, dato che gli piaceva stringerle dolcemente le punte sentendo il suo respiro affannato e angustiato.

‘Mi arriverà un leggero dolore, oppure un’onda di piacere?’ – si chiedeva lei interrogandosi in silenzio, cercando d’immaginare fermamente che cosa avrebbero fatto le sue dita su quella parte d’epidermide così cagionevole, delicata e sensibile.

Lei sentiva il suo didietro aprirsi, sfogarsi, poiché aveva tanta voglia di farlo, così come probabilmente in nessun caso aveva mai realizzato per intero con nessun altro uomo, perché aveva voglia di lasciarsi completamente andare e infine d’urlare liberamente in modo distinto il suo personale e fragoroso orgasmo.

‘Leccamelo dai, leccamelo subito’.

Lei lo avrebbe supplicato per provare quelle sensazioni dolci e forti al tempo stesso. Lui la sollecitò in quell’occasione di collocarsi nella posizione della pecorina accingendosi nel frattempo palpeggiandole il deretano, in seguito impregnò le estremità e le ricondusse in direzione di quel meraviglioso orifizio inzuppandolo del tutto. Il suo cazzo era diventato magnifico e possente, giacché i vasi sanguigni del suo pene rendevano evidente la sua forza con energia mostrandosi con chiaro e inappuntabile sentimento. Lui entrava e usciva con la lingua adorando focosamente le chiappe di lei, penetrandole con una forza che la faceva gemere, quasi affranta dalle ondate di godimento che la facevano gocciolare dal piacere, dato che lei aveva in modo innegabile la voglia totale di gocciolare sopra di lui. Il suo cazzo era predisposto a irrompere dentro di lei, infatti fu così, flemmaticamente con il glande, accennato, tuttavia potente al tempo stesso, lasciandole sentire la forza che era lì in un attimo usufruibile per lei, dal momento che lei premeva in maniera godibile verso di lui sospirando per ricevere quell’appassionata e quell’impetuosa sensazione:

‘Sì, ancora ti prego. Spingi di più, bravo, più forte, sì così, Dio &egrave un’autentica meraviglia’.

Il suo cazzo s’intrufolava sempre più sovrano e nondimeno più agguerrito aderendo alla perfezione a quelle vellutate pareti e divaricando quella considerevole tana, in quanto lo spasimo e la consapevolezza si mischiavano in armonia e in perfetta coesione. Lei era sfibrata dal piacere, indebolita dal trattenere la sua sborrata, che peraltro giunse rapida inondandole totalmente la sua pelosissima fica. Lui restò dentro di lei, dato che avrebbe ricominciato all’istante mentre lei argutamente e finemente gli annunciò:

‘Non illuderti però, perché presto verrà anche il tuo turno. Tu non devi beffarti di me, in quanto io t’acciufferò così come non ho mai abbrancato stringendo nessun maschio prima d’ora’.

Lei lo colse sul fatto, lo sorprese di netto, considerato che aveva ancora addosso il suo nettare caldo, tirò fuori un gingillo a forma di pene, lo guardò con un sorriso peraltro impiccione e intrigante, per il fatto che preannunciava chiaramente il suo intento:

‘Non illuderti tesoro, tenuto conto che al momento spetta a te, vieni qua’.

Riccardo era un po’ dubbioso ed esitante, malgrado ciò sapeva che avrebbe presto ceduto donandosi al suo congenito desiderio. Il suo cazzo ricompariva agguantando vita e pigliando progressivamente robustezza sotto il suo vigile sguardo accontentandola, tenuto conto che quello lì era il loro personale metro di misura, un incontestabile pendolo del loro individuale capriccio e del loro inoppugnabile piacere: lei e lui. In sintesi, dominatrice e servitore, dolore e piacere, desiderio e timore, rammarico e sentimento. Lei assaporava quel momento, giacché le piaceva sapere che tutto era rinviato, sospeso interamente in quegli attimi al suo drastico ed efficace volere. Lui era percorso da un brivido intenso lungo la schiena, tenuto conto che aveva voglia di sorseggiare ancora il suo nettare, tuttavia lei gli riferì esortandolo:

‘Al momento no, può darsi appresso, al presente tu sei mio’. Riccardo ondeggiava tentennando dalla bramosia per lei, s’angosciava, era inquieto per il fatto che ne esigeva ancora:

‘Dovrai conquistartelo mio prezioso cucciolo’ – gli bisbigliò lei astutamente in modo risoluto, ma lusingandolo con la modulazione della voce:

‘Su vieni con me’ – lo afferrò per mano e dopo lo condusse rapidamente dietro la porta.

L’apertura era di legno dal colore bianco, classica ed elegante come quella stanza, adesso erano entrambi in piedi nudi, lui dietro di lei che la stringeva. Il cazzo si schiacciava sopra di lei diramandole la totale lussuria, lì davanti al centro nevralgico del suo individuale piacere, Riccardo le palpeggiava le tette procurandole ininterrottamente poderose vette di superlativo godimento:

‘Ora fa’ ciò che ti rivendico, questo &egrave un piacere per me, in quanto te lo pretendo’ – gli sussurrò lei allusiva in un orecchio abbracciandogli il collo.

La porta in quel momento s’aprì leggermente: il rumore della vita di tutti i giorni si mescolò fondendosi con il silenzio della loro intimità, le stoviglie, la radio, i cassetti aperti e richiusi velocemente.

‘Ti piace la nostra amica Franca? Che cosa ne pensi?’ – gli chiese lei, con la voce delicata, implicita e sottintesa.

‘Io non la toccherei neanche con un dito, tu lo sai questo’ – gli rispose lui senza nessuna incertezza né titubanza alcuna.

In realtà Riccardo non lo aveva mai considerato né pensato, che Franca potesse realmente attizzarlo e fomentarlo come esemplare di donna, anzi, era il suo contrario e inverso d’ideale femminile, giacché lei era d’aspetto mascolino, poco curata, sbrigativa e spiccia, con quei seni smisurati e dai lineamenti forti, prestanti e tenaci.

‘Dimmi una cosa? Se invece te lo chiedessi io, lo faresti questo piacere per me?’ – rilanciò lei in precedenza spronata in uno scherzoso e spiritoso tono di sfida. Lei nel frattempo gli sfiorava l’inguine con i polpastrelli, scivolando piano sotto i suoi testicoli e fino a rasentargli lì il buco in un sussulto di piacere.

‘Sei matta?’ – borbottò lui più che certo, in un tangibile segno di diniego.

Lui era abituato ai suoi giochi, ai suoi incitamenti e alle sue astute provocazioni, che spesso si concludevano solamente in una finale sonora risata, stavolta però era totalmente diverso:

‘Lo faresti per me? Sì o no, rispondimi’ – insistette lei incalzandolo più del dovuto.

‘Sì, lo farei, certamente se ti facesse piacere’.

Riccardo non poteva negarle né proibirle nulla in quel momento, visto che si sentiva interamente suo, completo servitore e incondizionato valletto di quell’amabile e dolce dittatura, quel regime assoluto imposto da quel naturale ma costante e persuasivo ritmo, che lo pervadeva in continuazione abbrancandolo e rubandogli l’intelletto senza che potesse opporsi.

‘In tal caso però, tu lo farai davanti a me, perché io ti guarderò rimanendo ben nascosta a distanza. Se lo farai per me, non te ne pentirai in nessun caso’ – gli ordinò con decisione e con una rinnovata grinta.

Riccardo era innegabilmente imbarazzato e manifestamente turbato, eppure il desiderio di soddisfarla, di prendere ordini da lei gli appannava e gli tormentava inconfutabilmente la mente, giacché un affilato, pignolo e sottile piacere gradualmente s’impadroniva del suo cervello.

‘Mettiti sui fianchi quell’asciugamano di lino e adesso va da lei, però fallo subito’ – gli ordinò lei in quell’istante baciandogli il collo.

Riccardo eseguì precisamente come lei gli aveva ordinato, aprì la porta e s’avviò verso la cucina. Franca era lì, ignara davanti a lui che lavava le stoviglie mostrandogli le spalle. Nulla gli piaceva di Franca, però non avrebbe abbracciato Franca, no, non era lei che avrebbe baciato, lui la sorprese sennonché da dietro con un abbraccio, le baciò il collo e la fece voltare, Franca in quel momento sobbalzò, eppure in modo inaspettato non si ritrasse.

‘Taci Franca, per piacere, porta pazienza, ascoltami bene. Adesso io dovrò baciarti e basta, perché questo &egrave un ordine, anche tu dovrai obbedire’ – le disse lui con la voce bassa però decisa.

Il gesto non ammetteva repliche, dato che in quella fulminea occasione lui la baciò con passione spingendola sul lavello, affondò le sue dita nelle rotondità del sedere con forza e sfregò il sesso su quello di Franca con energia. La sua donna a quel punto poteva vederli da lontano, poiché stava baciando lei non Franca, dato che lo faceva per lei, in quanto ne provò e ne saggiò un’eccitazione inesplorata e sconosciuta. Riccardo era suo e lei era di Riccardo. In quell’attimo s’accarezzò i capezzoli per assaporare e per godere di più quel momento di gioco e di passione per lui. Il suo uomo, il suo servitore, in realtà il suo padrone.

‘Riccardo, adesso ci siamo’ – esclamò lei dalla stanza.

‘Molto bene Franca, adesso puoi andar via. Per oggi &egrave finita la tua giornata’ – le confidò premurosamente Riccardo baciandola sulla fronte.

‘La tua ricompensa sarà grande, vedrai tesoro mio, non avere dubbi’.

Lei afferrò con entrambe le mani la testa di Riccardo e lo fece inginocchiare davanti al suo sesso, gli portò il viso tra le cosce e gli permise di godere appieno ancora di lei, di quell’adorabile, delizioso e prelibato panorama e del suo miele che scorreva ininterrottamente.

‘Questo &egrave il frutto, il ricavato di ciò che hai appena fatto’ – gli ripeteva lei, godendo della sua lingua compatta, inflessibile e insolente, dal momento che s’introduceva tra le sue labbra lisce e sul suo clitoride, infine lo spinse sul letto a pancia in giù, gli strinse i polsi dietro la schiena con un nastro di seta di colore rosso.

‘Sei mio Riccardo’ – gli intimò lei decisa, leccandogli l’orecchio.

Lei lo carezzò con il giocattolo che aveva usato all’inizio del loro gioco, giacché Riccardo rabbrividiva nel contempo d’eccitazione e di timore, però perfino d’incertezza leggera e di piacere intenso. Lì, in quel momento capì che il pendolo del loro gioco stava per giungere adesso all’altezza massima della sua oscillazione, cosicché lei cominciò ad accarezzargli i glutei vicino alla sua fessura, prima piano, poi con forza con quell’oggetto.

‘Ti penetrerò Riccardo, precisamente come tu fai con me, però questa volta a modo mio, in special modo come desidero ed esigo io, adesso, come non ho fatto mai con nessuno’.

La sua dittatura, la sua donna, la sua padrona: la mente di Riccardo era attualmente alterata, drogata e trasformata da un piacere sconosciuto e senza fama, ingorda e smodata di quel miscuglio, un’eccitante e tonica miscela di desiderio, di rimpianto e persino di timore. Quell’oggetto era grande e duro, giacché lo sentiva tra i glutei che lo lisciava su e giù andando sempre più a fondo senza penetrarlo, flemmatico e paziente come un pendolo in attesa. Il profumo delle rose permeava l’aria e si mescolava agli odori dei loro corpi e all’odore del loro intimo piacere.

D’improvviso quel pendolo si trasformò in un chiodo, visto che lui avvertì di colpo un brivido intenso arrampicarsi dalle viscere alla testa: non era il giocattolo a penetrarlo, ma il dito di lei che girava dolcemente nel suo buco, precisamente proprio lì, dove niente e nessuno finora lo aveva in nessun caso violato. In quel momento, lui percepiva viceversa un piacere più armonioso e piuttosto inconsueto, l’umidità della sua lingua calda, dal momento che i polsi legati gli raccoglievano il piacere sul suo sesso e nel cervello. In quell’istante avvertiva il dolore ai polsi, il piacere nelle viscere come una girandola d’impressioni e di sensazioni che lottano contrapposti, contrastanti e differenti. Un raggio di sole li avvolse, poiché il tramonto segnava le ore della loro giostra dei loro giochi e dei loro piaceri, tuttavia soltanto quando lei lo vide sfinito gli slegò i polsi, in seguito si stese accanto a lui abbracciandolo e bisbigliando dolcemente gli ribadì:

‘Adesso farai l’amore con me Riccardo. Sì, dai, fammi tua, però eseguilo nel modo più affettuoso, compassionevole e più tenero che conosci’.

{Idraulico anno 1999}

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