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Racconti Erotici

Endemico sintomo

By 15 Maggio 2020Giugno 14th, 2020No Comments

Ogni tanto ci ripenso in modo caparbio e ostinato, costante e immancabile, perché qua dentro nella succursale trascorro buona parte delle giornate lavorative, tante volte in maniera ossessiva e ripetitiva, direi assillante e a tratti innaturale e morbosa. Il mio lavoro, implica infatti, persistenti e durevoli telefonate, contattando i fornitori d’una nota azienda farmaceutica: per inciso, uffici, controlli, relazioni, appuntamenti, riferimenti, revoche, troppi caffè e frequenti infusi tracannati a dismisura, con il solo ragionevole obiettivo di resistere e con il giudizioso intento di perseverare. Verso le diciotto il reparto si svuota, mentre io rimango da solo, unicamente con una gradita collaboratrice giunta qua che ho avuto a che fare anni addietro, in sostituzione d’una nostra collega che si trova al momento in convalescenza per motivi di salute. Nello specifico, lei è di carnagione olivastra, ha trentaquattro anni d’età, ma che tra poco tempo ci lascerà, perché pressappoco tra un mese s’unirà in matrimonio con il suo attuale fidanzato.

La donna in questione, nello specifico si chiama Mirella, lei è alquanto desiderabile, gradevole e tanto laboriosa femmina, è assai attaccata a me, siamo stretti da una solida e genuina amicizia, giacché io l’ho ghermita artigliandola sotto la mia custodia tantissimi anni orsono, facendola migliorare, potenziandola e facendola nell’insieme autenticamente progredire, perfezionandosi in ultimo in modo eccellente dal punto di vista lavorativo. Da cinque anni la tallono inseguendola in modo peculiare, ma non soltanto, tra noi due in nessun caso c’è stato un rimbrotto né una sfuriata né una filippica, oppure una mia bisunta costrizione o una qualsivoglia lercia minaccia, perché mi sono umilmente senz’eccezione appagato solamente di considerarla e di squadrarla, affliggendomi e patendo rispettosamente nel pieno mutismo, ahimè dimessamente con le mie represse e smaniose voglie di maschio famelico.

“Senti Saverio, la relazione amministrativa che m’hai domandato, sarà predisposta tra mezz’ora, te la metto accanto al computer” – mi espone lei in maniera sicura e fedele, piuttosto certa e sostenitrice del risultato.

“Brava Mirella, molto bene, credo però che adesso sia meglio che tu stacchi. Non crucciarti né rammaricarti, ci rivedremo domani” – le ripeto io, evitando di sovraccaricarla senz’opprimerla troppo.

Lei però prosegue, è cocciuta e irremovibile, s’impunta di proposito nel farmi adocchiare un abbozzo di quei risultati ottenuti, perché sovrappone gli stampati di fronte a me, collocandosi al mio fianco sulla scrivania. Mirella discorre, dialoga, mi esibisce quella mole di nozioni e con un lapis mi sottolinea persino i ragguagli di maggior spessore. Io non penso ai numeri, io spio e sorveglio, guardo e inseguo, auspicando di non farmi vedere troppo, intanto che ammiro estasiato il suo magnifico e sublime raggiante corpo: ha un viso delizioso e ammaliante, con delle iridi scure che appaiono luccicare come dei brillanti, possiede uno sviluppato seno che si rigonfia sotto quella blusa trasparente, corresponsabile pure la sottigliezza del tessuto, ma finanche quel fanale al neon che i compagni di lavoro hanno lasciato acceso nel lungo androne del reparto. Dicevo che ha un seno tondeggiante, insuperabile, che si scuote al suo spostarsi, un bottone si slaccia più del dovuto, tenuto conto che il seno senza contenimento rapidamente sobbalza. Io farnetico, la prenderei lì, ma non posso, non oso né ho la faccia tosta, perché sono una persona seria, contegnosa e virtuosa, lei si fida di me. Con la mano Mirella s’aggiusta la capigliatura portandosela all’indietro, fissandomi talvolta come per ottenere un silenzioso consenso e sorride.

In quel preciso istante trilla il suo telefonino, la melodia ha una suoneria accattivante, giacché è il prossimo venturo coniuge che la cerca, lei mi fa cenno d’attendere che lui sta chiamando e nel mentre s’allontana, fintanto che io squadrandola in totale silenzio bramo, spasimo e aspetto di squadrare la bellezza di quella creatura. In verità, non posso fare a meno d’origliare il suo ragionamento pure se non afferro bene il concetto della conversazione. Dal loro discorrere, si può ben prospettare però, che lui non ha eseguito qualche cosa che avevano correttamente pianificato e che lei è rimasta abbastanza infastidita e risentita per quello che è capitato. Lui vorrebbe rimediare, desidererebbe accomodare la faccenda, però lei è in modo eloquente inviperita, tuttavia non gli concede il gusto né il diletto di farsi notare imbestialita o quantomeno stizzita. Io la conosco molto bene, avverto nitidamente allorquando chicchessia non si comporta come Mirella crede o reputa, urtandola o indisponendola, perché si sfrega ripetutamente il naso, si gratta insistentemente dietro la nuca, indirizza lo sguardo verso l’alto e repentinamente snatura la sua postura variando il dialogo. Mirella s’apprestava nell’uscire per rientrare verso casa, eppure al momento annuncia al futuro consorte, che dovrà partecipare a un’assemblea e che la stessa sarà durevole.

Lei tronca la conversazione, disattiva pure il computer dalla sua scrivania, si blocca trattenendosi davanti alle vetrate e là di fronte insolitamente si rispecchia. Dopo si riordina la capigliatura, s’aggiusta alla meglio i bottoni, successivamente rientra nel mio reparto, mentre io incuriosito e intrigato la esamino. Quest’oggi indossa una splendida gonna che le arriva fino al ginocchio, sarebbe molto formale e compassata per la sua età, ma quel manufatto le regala un’inedita distinzione e una deliziosa disinvoltura, generando in lei una gradevole quanto armoniosa e allettante figura. Un cenno specifico inoltre, meritano pure le calze, che con quel raffinato e delicato ricamo, donano una ragguardevole agilità e scioltezza a quelle due bellissime gambe amplificandone la sinuosità. Mirella adesso si blocca di fronte a me e s’accomoda, ripiglia placidamente a illustrarmi i suoi operosi grafici commentandoli, giacché come una fanciulla si disgiunge, si sfilaccia la scarpa e la depone sotto le chiappe per sembrare più rialzata.

Al presente Mirella seguita a discorrere, io accidentalmente rimuovo il documento, lei si piega sulla sedia, sovrappone i gomiti sulla scrivania e a momenti si distende, mentre io perdo qualche colpo. La blusa si è quasi aperta sotto la pressione dei suoi seni nudi, ben incamerati unicamente dal reggipetto collocato là di sotto, malgrado ciò, io in quel punto strategico contemplo la beatitudine e sospiro ammirando incantato quella grazia. Sono due splendidi ed esemplari globi, con i capezzoli che ogni tanto emergono dallo scollo, sono piccoli, ma irresistibilmente eretti. A ben vedere, io non sono un formidabile frequentatore in fatto di donne, tuttavia i capezzoli compaiono in questo modo allorquando si stimolano o si elettrizzano per qualcosa. Non mi vergogno né m’intimidisco ad appurarlo, però sono nove mesi che non vedo più Maria Letizia e sono altrettanto nove mesi che non frequento né sono in contatto con nessun’altra donna, si sa che la carestia assieme alla fame e alla penuria, provocano giustappunto insidiosi, sgraziati, spiacevoli e deformi scherzi, non soltanto ai maschi suppongo.

Mirella è come una radio accesa, chiarisce e spiega, perché lei annota, commenta, giudica, illustra, scuote la testa e disapprova, prosegue nel confabulare del suo individuale scritto, afferra molto bene rendendosi conto che è scollacciata, sennonché in maniera agile e sciolta si ricopre in modo spigliato. Per lei, per sua indole, l’aspetto fondamentale è principalmente il lavoro, in quanto si fida di me. Il dibattito attualmente s’intralcia, ma perché s’intralcia aggravandosi? Lei richiede precisazioni e gradisce spiegazioni, brama sentire chiarimenti, perché vuole farmi vedere quanto siano efficaci e legittime le sue argomentazioni, quanto siano idonei e conformi i suoi lineari argomenti, perciò deve infrangere con tendenza le distanze, deve sbriciolare con intenzione le divergenze.

“Porta pazienza Saverio, tenuto conto che attualmente non c’è nessuno, posso pigliare delle autogestioni in completa libertà, ho una qualche possibilità, una certa indipendenza, non ti pare?” – sbotta lei, quasi volendo infierire.

“Naturalmente, sì che puoi Mirella, senz’altro, t’ascolto” – ribadisco io, fermamente interessato alla sua accesa, impaziente e dirompente replica.

“Al termine d’una giornata deprimente ed estenuante, riesco a professare e ad operare meglio se mi sfilo le scarpe. Saverio, mi capisci che cosa intendo, vero?” – aggiunge lei, concludendo quell’affannata quanto credibile e schietta sofferente scenata.

Io nel mentre la esamino, la osservo com’è accomodata, intravedo quella scarpa goffamente inserita sotto le chiappe con il ginocchio ripiegato, mentre la gonna è leggermente sollevata per fare spazio, cosicché le manifesto:

“Ascolta, mi pare che tu non abbia atteso la mia concessione, tuttavia se lo desideri levati pure la seconda” – esordisco io punzecchiandola di proposito e ironizzando sull’accaduto.

Lei mi ringrazia e sogghigna, con un’azione lesta si sfila anche l’altra, dopo si friziona delicatamente le gambe e poi si solleva, ripiglia i carteggi e avanza sulle punte per non avvertire la gelida pavimentazione, scansando volutamente il mio scrittoio, in seguito sovrappone le natiche sul bordo del tavolo e costantemente con gli stampati che sorregge, mi riespone i suoi opuscoli, ma io l’unica ed esclusiva realtà oggettiva che afferro è unicamente il sesso, anche se la mia intima figura, “l’io recondito avvallato che cova nel mio essere”, mi suggerisce rammentandomi che sono una persona compassata, giudiziosa e sobria. Mirella parlotta, predica, depone la gamba su d’un minuscolo arredo accanto a me, al presente siamo vicinissimi, capto e annuso in modo netto e distinto i suoi intimi effluvi, le sue individuali e inconfondibili fragranze di femmina, che tanto sragionare e farneticare mi fa.

Esamino le sue impeccabili gambe, adesso la gonna è rialzata più dell’indispensabile, giacché riesco a scorgere in maniera nitida e libidinosa le sue eccitanti e ricamate scure calze, io sono volutamente abbagliato, liberamente e viziosamente smarrito mentre osservo quella lasciva delizia di femmina, nel tempo in cui mi domando se sia il caso di restare e di saltarle addosso, oppure sia meglio allontanarmi e tralasciare quella deliziosa istigazione che mi si prospetta dinanzi. Per quell’istintiva e viscerale reazione, il mio cazzo protesta in modo irruente, si ribella in modo focoso dilatandosi nei calzoni, io mi sento in netto imbarazzo, sono turbato, lei è praticamente sopra di me e mi studia contemplandomi con quelle iridi che scandagliano, tanto da far inabissare un corpo celeste in quel mondo di piacevolezza e di godimento. Io, in modo inatteso, compio uno sforzo smisurato, combatto, resisto e sopporto, dopo m’allontano, ripetendo verso me stesso che sono in modo categorico un uomo coscienzioso e responsabile, meticoloso e corretto, che non voglio approfittarmene giovandomi in definitiva in quella plagiata e traviata maniera, per il fatto che abomino la prevaricazione e detesto l’abuso in ogni forma, mentre infervorato la informo:

“Molto bene Mirella, ci teniamo al corrente per domani. Convengo e riconosco però appieno che sei un vero asso, sei davvero notevole, una donna portentosa” – aggiungo io peraltro soddisfatto.

Nonostante il mio spontaneo e attendibile complimento, Mirella mi scruta, si vede che è irritata, è visibilmente accigliata, si sfrega il naso e sbarra gli occhi, eppure non si muove da quell’opinione che tanto loda ed elogia.

“D’accordo Mirella, spiegami allora adesso, perché ti sei intorbidita risentendoti n tal modo, sfogati che risolviamo, levati la voglia. Illustrami per quale ragione giudichi che quei calcoli siano scorretti” – gli domando io seriosamente incuriosito e finanche stufato.

Lei ha un indiscusso fascino, niente da dire, ha un raro carisma principalmente quanto non parla e t’osserva, al presente mi esamina a fondo, successivamente allunga la mano ingiungendomi di non fiatare collocandomi due dita sulla bocca, il suo magnetico e irresistibile sguardo diventa più amabile e cordiale, decisamente adorabile, durante il tempo in cui i miei floridi cinquant’anni si sciolgono come il ghiaccio esposto ai raggi solari, eccitandomi, galvanizzandomi ed entusiasmandomi come da troppo tempo non mi succedeva, però appresso, in modo insperato e provocante Mirella mi bisbiglia:

“Ti dirò Saverio, che quanto a gerente e diretto responsabile sei proprio imbattibile, oserei affermare che sei un campione, invece di donne in linea generale non comprendi né cogli molto, stavolta sei rimandato” – ironizzando e schernendomi ulteriormente, facendomi nel contempo l’occhiolino.

Io m’inabisso, in quell’istante le depongo la mano sulle cosce, ma come per decenza e per discrezione immediatamente la ritraggo. Lei mi cinge e un’altra volta mi bacia, eppure questa volta in un contegno più profondo. Io l’accerchio e introduco la mia mano sotto la sua camicetta accarezzandole la schiena. È veramente troppo bella, eppure non ho l’audacia di scendere sui suoi fianchi, lei mi ammira e amabilmente incoraggiandomi bisbiglia:

“Saverio caro, tu sei delicato e premuroso, molto corretto e assai educato, ammiro e stimo questa tua indole, ma io non sono di legno né di marmo né di vetro. Sappi però, e stanne più che certo, che quello che attrae a un uomo può anche piacere a una donna” – mi proclama Mirella, determinata e tenace, ma pure gradevole e soave, come solamente lei sa essere.

Io acciuffo il pieno coraggio e con fermezza digrado su quella gonna. La esamino, la tocco, la sgancio e adagio lei scende. Mirella indossa uno stuzzicante tanga, conficco le mani nelle sue chiappe attirandomela addosso. Il suo corpo si sorregge adesso al mio, il mio cazzo è scatenato che tenta d’erompere dai calzoni, appoggiandosi ben presto sul suo pelosissimo e compatto scuro pube. Nel mentre setaccio ispezionando le sue chiappe, m’introduco fra di esse e digrado per tastare la sua deliziosa, irsutissima e odorosa fica già ampiamente intrisa di liquidi, che tanto sragionare e vaneggiare mi fa. Con un gesto che io giammai mi sarei sognato, afferro i suoi tanga e li strappo, Mirella è sbigottita, eppure non si ritrae, al contrario, rincara la reazione, perché s’accosta a me slacciandomi i calzoni con efficienti manovre, intrufola la mano nei miei slip ed estrae il mio cazzo già compatto e pomposo per il patimento sopportato, in ultimo infervorata ed entusiasta mi mormora:

“Saverio, questo momento l’ho sempre magicamente atteso, che potessi compierlo un giorno qua con, proprio qua nella sezione” – mi rivela lei alquanto infoiata e contenta.

Lei non attende una mia opinione, si genuflette e piglia lestamente il mio cazzo nella bocca, se lo gusta introducendoselo interamente, dopo lo leva e lo lambisce, in seguito lo riacchiappa infilandoselo di nuovo per poi cavarlo in corrispondenza del glande e insistendo di proposito sul frenulo, mentre squadra la mia reazione nel viso, dopo lo blocca ulteriormente fra le sue sensuali labbra serrandolo perbene, mentre io sperimento sensazioni indicibili e straordinarie di piacere. Questo per me è talmente esorbitante, è sovrabbondante quello che assisto, perché io non reggo più e sobillato come sono non mi trattengo e le sborro nella bocca in maniera abbondante, tento di distanziarla, malgrado ciò Mirella vuole proseguire, ricevendo interamente nella bocca il mio denso e bianco nettare vitale. Io sono disfatto, mi sento demolito, perché con i calzoni abbassati sprofondo sulla mia sedia annunciandole:

“Mirella, stavolta m’hai abbattuto, è stato smodatamente magnifico, non sono riuscito a dominarmi, scusami” – le espongo io, cercando di giustificarmi, a seguito dei quella celere quanto lussuriosa e incontinente sensazione provata.

Io mi sentivo alquanto invogliato e aizzato, ma nello stesso tempo afflitto e sconfortato per la mia velocità, con la quale avevo conquistato la tensione spasmodica massima, per non aver retto senza far provare godimento anche a lei.

“Non fartene un dramma Saverio, non angustiarti né tormentarti più di tanto, capita, vedrai che aggiustiamo tutto molto presto” – fu la sua celere, rabbonente e convincente quanto intraprendente e fruttuosa risposta, sorridendomi e squadrandomi con le sue iridi magnetiche.

Mirella in maniera libidinosa si collocò con la bocca sul mio cazzo e accaparrandoselo nuovamente iniziò a trastullarmelo remissivamente, di conseguenza ripulendomelo dalla sborrata precedente. Armoniosamente procedeva con la lingua, conducendomi a un soave e pulsante nuovo piacere, ma non per questo adeguato e bastante nell’arrecarmi una seconda erezione, per il fatto che dopo svariati minuti di manipolazione mi dichiarò in modo determinato:

“Dimmi una cosa Saverio, nutri fiducia nei miei confronti? Sopporteresti e approveresti di compiere certuni espedienti che m’attraggono tanto? Può darsi che non guadagnerai nuovamente l’inturgidimento del cazzo, però come minimo mi svagherò ugualmente anch’io” – fu la sua astuta, furbesca, macchinosa e lasciva prospettata obiezione.

Assentii accettando e acconsentendo di mettere in definitiva in atto le tue oscene e lussuriose richieste. Mirella si girò, si sollevò la camicetta e collocandosi sulla poltrona accanto disponendosi passiva e supina nello postura della pecorina, con la schiena in bella mostra. In tale modalità, adesso, il suo favoloso e invitante didietro era di fronte e me, perché senza tanti tentennamenti e indecisioni la sua concreta, traviata e viziosa risposta fu:

“Saverio, m’incanterebbe che tu me lo leccassi per bene, ho quest’ardente brama che da tanto tempo mi perseguita, pensa, perfino di notte” – aggiunse Mirella in modo libidinoso e concupiscente.

Io non controbattei né m’opposi di fronte a quell’insperato, libidinoso benaccetto e lascivo spettacolo. Adesso spettava a me, dispormi là in posizione flessa e cominciare a leccarle le chiappe, fino a raggiungere il suo delizioso orifizio anale assieme alla sua pelosissima fica lì davanti, che mi sconquassava le membra facendomi perdere il senno e annullandomi il discernimento. Di conseguenza, con la lingua iniziai gustosamente a manomettere quel buco e lei frignò a lungo per il piacere che provava, dopo trasferii la lingua poco di sotto, fino a lambirle la sua ammollatissima e villosissima fica, e là in quella circostanza ripescai le sue dita che nel frattempo giocherellavano nelle adiacenze, eppure non era sufficiente, perché Mirella agguantò il telefonino e compose un numero, mentre io mi bloccai.

“No, tu prosegui Saverio, non fermarti proprio adesso. Dai Saverio, fa’ quello che ti pare, però non interrompere, non spezzare per nessuna ragione questo delizioso e piacevole ritmo, ti prego”.

Io seguitai nella mia adorabile e dissoluta licenziosa opera, dopo Mirella intavolò a comunicare al telefono con Gerardo, il suo prossimo venturo consorte. Effettivamente non afferravo che cosa proferisse, ciò nonostante pareva volesse rappacificarsi, annullando quella disputa e sopprimendo in definitiva quel dissidio che ambedue avevano accumulato nei giorni scorsi. Malgrado ciò, io seguitavo a tallonarla con veemenza, perché più lei confabulava, io diventavo maggiormente spudorato e irrispettoso incalzando come non mai. Durante il tempo in cui le lambivo la fica, in simultanea le introdussi un dito all’interno, intanto che le proseguiva con la sua inflessione riconciliante.

Adesso io, con maniera disinvolta e spregiudicata, intrapresi a manipolarle l’orifizio anale con il dito medio. Mirella si muoveva accompagnando le mie mosse, però subito dopo arrischiai nuovamente e le introdussi un dito anche dal retro. Lei occupata al telefonino in quel frangente non fiatò, s’ammutolì addentandosi le labbra, successivamente con Gerardo, il suo ragazzo, abbozzò nel confezionarsi ammodo e convenientemente delle notevoli dimostrazioni d’affetto via telefono, addossandosi e impegnandosi nelle giornate seguenti di fargli sperimentare sconvolgenti, indimenticabili, libidinose e sfrenate vicissitudini.

A questo punto il mio cazzo, abilmente plagiato e ingegnosamente sottoposto alla vista della piccola specchiera verticale là accanto, intraprese di nuovo ad irrobustirsi. Io non persi l’occasione e pertanto le infilai il cazzo nelle sue vogliose e affamate viscere. La brandivo inizialmente delicatamente, in seguito con più foga ed entusiasmo. Mirella al telefonino non era più in grado di reggere né di conservare una tonalità usuale, dopo, allorquando le ghermii senza sosta accerchiandola alle spalle, le tette, dovette immancabilmente soccombere e in ultimo arrendersi. Disse ciao celermente al suo fidanzato, stoppò la conversazione e iniziò a gemere come una vera troietta, mandandomi in totale visibilio. Io ero al settimo cielo, la tastavo in ogni luogo, le acciuffai le calze e da quella posizione iniziai a strappargliele.

Lei era totalmente scompigliata, visibilmente arruffata e sregolata, tentava di girarsi, eppure io saldamente con vigore glielo proibivo contrastandola. Adoravo esaminare quelle formose e favolose chiappe, intanto che il mio cazzo s’immergeva conficcandosi tra le sue cosce. Mirella venne sennonché strillando il suo grandioso e robusto orgasmo, udii in lei un fremito, captavo di netto la sua favolosa fica frattanto congiungersi modulatamente ed entusiasticamente per svariati deliziosi istanti, dopo iniziò a placarsi, tuttavia io non ero del tutto realizzato né soddisfatto. Cavai il cazzo da quella stupenda fica e gliel’accostai sul suo orifizio anale, Mirella comprese e iniziò a spostarsi in maniera tale da facilitarmi l’azione, pregandomi a ogni buon conto di fare adagio. Io conficcai il mio cazzo a rilento, dapprima percepii una certa opposizione, in seguito dopo misurati e delicati affondi, riuscii a varcare deliziosamente in maniera trionfante quel pertugio. Lei per un istante si rattrappì, di riflesso si contrasse, esortandomi e caldeggiandomi di farglielo sentire per bene.

Io infoiato e aizzato com’ero ripigliai audacemente a scoparla, inizialmente a rilento, dopo animosamente senza moderazione né scrupolo alcuno. Le abbrancavo le chiappe e poi m’appoggiavo sui fianchi artigliandoglieli per pigliare la corretta cadenza, fino a quando in quella lussuriosa e intemperante postura sborrai, in parte dentro l’ano e il resto lo schizzai al di fuori, inzaccherandole le natiche e la fica, mentre osservavo estasiato e soddisfatto il seme che colava là dietro. Rammento che sborrai talmente di gusto, in modo veemente e dirompente, mentre strepitavo il mio appassionato e poderoso orgasmo contorcendomi. Ambedue sfibrati alla fine ci distendemmo, mentre lei m’abbracciava del tutto appagata e beata. Io restai leggermente sbigottito per tutto quello che avevo vissuto e che giammai avrei reputato né supposto di trascorrere, sicché le enunciai:

“Mirella, sei incantevole, davvero una favola, è stato tutto perfetto ed eccellente” – mentre lei avveduta, perspicace e sveglia qual era, mi smascherò all’istante dichiarandomi:

“So bene, che cosa stai escogitando e meditando Saverio. Ti chiederai addirittura adesso, per quanto riguarda le sorti di Gerardo? Ebbene sì, io lo adoro. Ti dirò che con lui sto bene e ritengo che diverrò senz’altro una donna fortunata. Quello che però tu non sai, è che io bramavo sovente e appassionatamente di scopare con te, dal primo istante che ci siamo frequentati. Ritengo d’amarti, assai quanto lui, malgrado ciò non è ipotizzabile né verosimile pigliare due mariti, ma due maschi però sì. Adesso ti saluto, è ora d’andare, ci sentiremo presto, passa una buona serata” – sistemandosi per uscire, allontanandosi in conclusione verso la sua autovettura e strizzandomi l’occhio come sempre

{Idraulico anno 1999} 

 

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