Una ragazza di trent’anni attraversava piazza Duomo diretta ad un ufficio di vetro, in mezzo alle nuvole.
La accompagnano le note di un artista di strada: la musica, a Milano, aveva sempre la virtù di amplificare la malinconia che le gravava sul cuore, e allo stesso tempo ritraeva, per così dire, cinematograficamente un luogo che di poetico aveva poco o nulla.
Stormi di uomini e donne dall’aspetto curato e abiti di diverse tonalità di grigio le marciavano attorno a ritmo sostenuto, i cui profumi si sovrapponevano a quelli sparati dai diffusori dei negozi affacciati su Corso Vittorio Emanuele II.
Una volta raggiunto l’ufficio si trovò di fronte un uomo che avrà avuto circa vent’anni più di lei, molto alto, moro, con uno sguardo intenso e una proprietà di linguaggio fuori dal comune, elegante del tipo che tende al dandy piuttosto che al classico.
Per una frazione di secondo, l’impatto con quella figura imponente la privò delle funzioni vitali: in un sistema di tempo lineare non accade niente fino a quando all’improvviso, per ragioni imperscrutabili (una collisione tra pianeti, un’interazione tra sostanze chimiche, un’entropia, l’esplosione di una supernova… un disastro naturale) viene creato qualcosa- ma come? Fino a due secondi prima non accadeva niente e due secondi dopo è accaduto qualcosa che cambierà il futuro, e lo cambierà per sempre.
Ma in quel momento tutto sembra proseguire come se niente fosse, perché il tempo che sembrava essersi fermato riprende a scorrere, e lei in quell’ufficio va a sedersi lontana da lui, accanto ad altri uomini in giacca e cravatta; lo cerca con lo sguardo ma è evidente che lui non ha avuto la sua stessa impressione e questo le brucia, perché lei è bella e vuole essere notata e poi è orgogliosa e non esiste al mondo che lei resti impressionata da un uomo che non ricambia immediatamente e con più intensità quello che prova lei.
Attorno a quel tavolo i suoi pensieri sono disturbati dalle incombenze della giornata: due ore di agonia, per firmare dei cazzo di contratti, due ore dopo il Big Bang in cui desidera stare sola con lui gettarsi ai suoi piedi e chiedergli di essere fatta schiava – che le strappi i vestiti e le leghi pure i polsi, tutto purché la tenga accanto!
L’appuntamento di lavoro si conclude, lei torna malinconicamente in stazione e si sente risucchiata dalla solita banalità, e prova a convincersi che quel signore non esista, non si siano mai visti, non sia accaduto nulla.
Ma una forza lenta, misteriosa e inesorabile la lavora ai fianchi nel corso dei mesi successivi, spingendola a scrivergli.
Lei è bella e lui inghiotte golosamente l’esca, ma quando sono di nuovo l’una di fronte all’altro il Big Bang esplode anche per lui, perché si incontrano all’aperto, di pomeriggio, ma come prima cosa a lui viene spontaneo baciarla e deve fare uno sforzo per deviare il bacio sulla guancia liscia e abbronzata, mentre lei ha il cuore in gola e di nuovo si sente abbandonata dalle funzioni vitali, di nuovo il tempo si ferma ma a quel punto resta fermo per tutta la durata di quell’appuntamento, che in un universo parallelo è destinato a ripetersi all’infinito, un universo in cui chi scrive vorrebbe avere la possibilità di entrare e uscire a piacere, per rivivere quelle emozioni ora e tra dieci anni e tra trenta.
Parlano di Marcel Proust, di Swann e di Charlus, che è anche il personaggio preferito di lui, che tra l’altro è stato a Combray, che in realtà si chiama Illiers; parla di cose che lei ama profondamente, con una cadenza musicale, meravigliosa, l’accento che potrebbe avere un nobile del Vomero.
Le racconta dei propri figli, e di una relazione che prosegue per inerzia, perché tutto sommato con i figli di mezzo che senso avrebbe farsi la guerra, stravolgersi la vita? Ammette che nel corso degli anni non c’è stato un grande amore, per il quale valesse la pena affrontare un’impresa del genere.
Lei invece è sola, dopo un grande dispiacere aveva tirato i remi in barca e non ci aveva pensato più.
Quando è il momento di congedarsi lui la bacia con passione: è un bacio intenso, gradevole, sensuale; studia il suo corpo con le mani, tocca le gambe sode e abbronzate e cerca di farsi spazio tra le cosce serrate mentre lei gli scorre le labbra sul collo, ebbra di quel profumo che aveva cercato di rievocare nelle calde domeniche estive, quando si toccava per ore immaginandoselo sopra.
Si salutano con la promessa di rivedersi, non si sa quando: lavorano come pazzi entrambi, vivono in due città diverse e lui ha pure una famiglia.
Quella sera, dopo un lungo scambio di messaggi ardenti, lui le dà la buonanotte mandandole l’intermezzo della Cavalleria Rusticana e l’indomani lei si sveglia con la febbre dovuta a quel mostruoso e straordinario sovraccarico emotivo.
Avverte l’anomalia della pressione sanguigna mentre sale le scale che la portano alla suite, gli ultimi minuti di un’attesa infinita; i battiti sono accelerati, il desiderio sempre più insostenibile (“ti desidero da stare male”, erano state le parole di lui, qualche giorno prima).
Varca la soglia della camera e osserva le pareti infuocate dalla luce purpurea del tramonto, si avvicina alla porta finestra spalancata sul balcone sovrastante il mare, avvolta dai profumi dell’atmosfera marina, di gelsomino, agrumi, qualcosa di non facilmente individuabile che quell’aria sembrava raccogliere dal basso, come a selezionare nella piramide olfattiva della vegetazione, le note più gradevoli.
Sente la musica di Mascagni provenire da qualche parte e si gira.
Lui è poco distante, in un completo chiaro, colpito da un fascio di luce sanguigna.
Avanza verso di lei, e le cade in ginocchio senza parlare.
Le slaccia i sandali con tutta la lentezza di cui una passione furiosa può essere capace: le bacia le piante, il dorso, le dita, le caviglie, sale lentamente lungo le lisce toniche gambe abbronzate.
Lei freme di desiderio ma si concentra sul piacere delle sue labbra sulla pelle.
Le mette le mani sotto al vestito, le stringe i glutei sodi, e lei sente l’erezione già presente rafforzarsi ulteriormente.
La solleva da terra baciandola, lei gli stringe le gambe attorno alla vita e atterra con la schiena sul letto, dove finalmente viene liberata dall’abito strappato di netto, e resta nuda, con il suo corpo femminile e forte da amazzone esposto agli occhi di lui, che resta un minuto fermo a guardarla mentre il sole tramonta e Mascagni prosegue nel suo unico atto.
Poi la bacia, e sposta più giù sul seno, il ventre, l’inguine, e affonda il viso completamente tra le gambe di lei, la lecca, la bacia, la penetra con le dita e di tanto in tanto la spia contorcersi nella sublime agonia del piacere.
Sale a baciarla con la barba piena dei suoi umori, lei lo riceve avida e lo aiuta a liberarsi della camicia; gli lega i polsi alle estremità del letto e scende senza indugio, lo ama con le labbra, con la lingua, e poi con decisione, per tutta la lunghezza, in gola guardandolo senza mai distogliere lo sguardo. Scende più giù, il suo odore le dà un piacere estremo, vorrebbe imbottigliarlo, averlo sempre a portata di mano, continua a leccare minuziosamente con desiderio portando l’eccitazione di entrambi oltre ogni limite umano, ma quando lui sente la lingua di lei anche dove non se la sarebbe aspettata, si irrigidisce leggermente.
Lei si ferma subito e torna davanti, potenzia l’erezione succhiando golosamente con forza, al punto che lui si agita e le chiede di smettere subito non può trattenersi ancora. Allora lei si allontana leggermente, lasciandolo legato.
Lo bacia, sale sopra di lui, i loro volti si sfiorano, gli occhi dell’una fissi negli occhi dell’altro.
La punta di lui la sfiora, si guardano, hanno il cuore in gola per l’attesa di ciò che sta per accadere.
Lentamente, lei gli scivola sopra, lasciandolo entrare centimetro dopo centimetro, i loro gemiti sovrapposti in un’armonia di piacere divino.
Lei gli libera i polsi, e lui le scorre le mani sul seno, sulla schiena, sui capelli mossi che ama tanto.
Mentre lo cavalca le bacia il seno, le parla all’orecchio e lei lo afferra per i capelli, lo guarda negli occhi e aumenta il ritmo, “Ferma!” dice lui, ma lei è forte, continua, “ti prego ferma! Non ce la faccio”.
Lo guarda e prosegue nella sua direzione, con forza, china su di lui avverte tutti i sensi stimolati contemporaneamente, gli sussurra oscenità all’orecchio fino a quando l’orgasmo non le attraversa l’anima e gliela toglie tutta, e poco dopo anche a lui, che soffoca un grido disumano tra i seni di lei, e vengono frustati da fortissime violente scosse di piacere, che li lascia infine esanimi sul letto sfatto, abbracciati e atterriti dall’imprevedibilità di una passione che non conosce limiti.
Questa è una storia vera fino alla Fine Prima Parte; la ragazza ha chiuso la conoscenza dopo il primo incontro, si sentiva impotente di fronte ai propri sentimenti e ne temeva le implicazioni.
Non si sono mai più visti.
Dopo qualche mese dal congedo, lei ha appreso dai giornali che lui è venuto a mancare a causa di una pregressa malattia di cui non le aveva fatto menzione alcuna.
Chissà se in un’altra vita potremo vivere la seconda parte, se ti ascolterò mai cantare.
Chissà dove sei, e se ti arrivano i miei pensieri, che a distanza di anni, e dopo un solo bacio, ancora ti penso quando ascolto l’intermezzo, e ancora ti desiderio con ardore.
Grazie mille, Rebis, sono felice che ti stia piacendo. La scrittura è una cosa che mi permette di staccare un…
Racconto pazzesco..vero o di fantasia? Di dove sei?
Wow, stupenda..dov’è ambientato? Se ti andasse di approfondire grossgiulio@yahoo.com
Ciao! È un po' che seguo i tuoi racconti. Ho seguito anche la serie precedente. Ho spesso ammirato la tua…
grazie! puoi guardare il mio blog se vuoi leggere altro