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La mia esperienza con una coppia cuckold – Capitolo 49

By 12 Febbraio 2020No Comments

Capitolo 49

  

Quando uscimmo dalla doccia mi resi conto che la schiena mi bruciava, chiesi a Roberta di dare un’occhiata.

– “Tesoro ti ho rovinato, sei tutto graffiato e sanguinante, guarda come ti ho ridotto!”;

– “Non è niente, mi brucia solamente un po’…”;

– “Vieni che ti disinfetto…”.

Mentre mi disinfettava la schiena me la baciava.

– “Scusami, ma quando mi sei venuto dentro mi sembrava di impazzire, ho perso il controllo, mi perdoni?”;

– “E’ stato il momento più bello della mia vita Roberta, non ti devo perdonare ma ringraziare…”.

Ad un certo punto squillò il suo cellulare, era la madre, la sentii discutere animatamente senza però ascoltare cosa si dicessero, erano affari loro e non volevo intromettermi, al termine della conversazione mi raggiunse dicendomi che sarebbe dovuta andare a casa per parlare con i suoi genitori, sarebbe tornata appena terminato il confronto.

Quella sera la passai solo, era da parecchio tempo che non mi capitava, non andai nemmeno al bar, guardai un film addormentandomi in attesa del ritorno di Roberta. Mi svegliai in piena notte, guardai l’orologio, erano le 3,00 ma non era ancora tornata, le mandai un messaggio ma non rispose, andai quindi a letto.

La mattina successiva mi svegliai e notai che non era rientrata, le telefonai ma non rispose, mi chiedevo cosa fosse successo ed andai al lavoro con in collo storto.

Verso le 11 mi arrivò un suo sms:

– “Gianluca ho deciso di andare a Firenze, non posso spiegarti ora, vengo stasera a prendere la mia roba che ho lasciato da te e ne parliamo…”.

Restai imbambolato rileggendolo più volte, poi le risposi che andava bene.

Il pomeriggio passò lentamente, quando arrivai a casa vidi suo padre in auto che aspettava parcheggiato davanti al mio palazzo, mi guardò con aria di disprezzo mentre gli passavo davanti, contraccambiai in maniera identica. Parcheggiai l’auto nel garage sotterraneo, pioveva quel giorno, quando arrivai davanti all’ascensore vidi Roberta seduta sui gradini delle scale tutta imbronciata.

– “Roberta cosa fai qui?”;

– “Ti aspettavo, saliamo?”;

Salimmo sull’ascensore, restava in silenzio, aveva gli occhi lucidi e teneva le braccia conserte.

– “Ma si può sapere cosa è successo?”.

Si girò con gli occhi grondanti di lacrime e rispose:

– “E’ successo che ho dovuto fare una scelta Gianluca, non rendere le cose più difficili di quello che sono per cortesia…”;

– “Non capisco, cosa stai dicendo?”.

Arrivammo al piano, aprii la porta, entrò prima lei, quando la chiusi mi baciò e piangendo disse:

– “Non dire nulla, ti prego, sappi solo che ti amo ma devo lasciarti…”;

– “Scusa?”;

– “Non voglio ma devo, scusami…”;

– “Non capisco, ho fatto qualcosa di sbagliato?”;

– “No, però sono io che forse sto sbagliando, i miei genitori mi hanno messo davanti ad una scelta; se non voglio perderli devo andare all’Università di Firenze, oppure te ma senza di loro, non posso perderli, lo capisci vero?”;

– “E’ un ricatto questo…”;

– “Lo so, però ho già fatto la mia scelta, ho spedito via fax i documenti e domani mattina mi trasferisco a Firenze, scusami ma ho preso la mia decisione, definitiva ed irrevocabile, non voglio che tu faccia niente, non prendertela con loro, è una scelta mia…”;

– “Non direi, hai semplicemente ceduto ad un ricatto Roberta…”;

– “Non è così, avrei potuto ribellarmi e scegliere te, probabilmente non sono abbastanza convinta di noi, insomma tu hai Simona…”;

– “Simona non ci sarà più, ho scelto te…”.

Mi guardò in silenzio con gli occhi pieni di lacrime, si guardò attorno e poi con la testa bassa rispose:

– “Mi dispiace Gianluca, io no!”.

La presi per un braccio tenendola sui fianchi e le urlai:

– “Dimmelo in faccia e ti lascio andare…”.

Restò con il viso girato di lato senza dire nulla, quindi nuovamente:

– “Dimmelo in faccia e ti lascio andare…”.

Si girò di scatto e guardandomi dritto negli occhi piangendo rispose:

– “Scusami ma non posso, ti chiedo solo di non cercarmi più e di lasciare in pace i miei ok? Promettimelo!”;

– “Ho capito tutto Roberta, vattene per piacere…”.

Si girò e lentamente si avvicinò alla porta, la aprì, si girò verso di me e disse:

– “Addio Gianluca…”.

Uscì dalla porta e dopo qualche secondo scoppiai; scalciai sedie e tavolino della sala, imprecai ed infine piansi, non avevo mai pianto così tanto, solamente quando era morto mio nonno al quale volevo un bene dell’anima mi era successo, avevo il cuore a pezzi, provavo una rabbia in corpo incontrollabile ed un dolore indescrivibile.

Restai in quello stato per tutta la notte, mi ubriacai, dando fondo a tutte le scorte di alcoolici in casa, non so a che ora presi sonno, ricordo solamente che mi svegliò il suono del cellulare, guardai chi mi stava chiamando, era Paola, la mia collega d’ufficio, guardai l’ora, erano le 9,00 passate, realizzai in quel momento che non ero andato al lavoro, risposi con voce sofferente:

– “Pronto, Paola, scusami ma stavo vomitando…”;

– “Gianluca tutto ok? Non ti ho visto, sei sempre così puntuale…”;

– “Sto malissimo Paola, non sono riuscito a telefonare prima, devo aver preso un virus intestinale, ho passato la notte in bagno, puoi avvisare te che rientro lunedì?”;

– “Mi dispiace, non ti preoccupare Gianluca, ci penso io, riprenditi”.

Ero a pezzi, mi sentivo malissimo, non solo per la sbornia, era il cuore che si era spezzato, non capivo il perchè di un comportamento del genere, per l’ennesima volta si era inchinata al volere di suo padre, il vero artefice di tutto era sempre lui, pensavo si fosse scrollata di dosso la sua influenza, invece anche stavolta aveva dimostrato che era sempre sua succube. Non mi davo pace, arrivò un sms di Simona dove mi chiedeva di chiamarla nella pausa pranzo, non le risposi, non avevo voglia di parlare con nessuno. Mandai invece diversi sms a Roberta con la stessa domanda.

– “Perchè????”.

Tornai a bere finchè vero le 13,30 Simona mi chiamò ed istintivamente risposi senza nemmeno guardare chi fosse:

– “Chi è?”;

– “Gianluca, tesoro stai bene?”;

– “Chi è?”;

– “Gianluca sono io, stai male?”;

– “Si sto male, lasciami in pace…”.

Ricordo questa conversazione solamente perchè fu lei a raccontarmela successivamente, in realtà in quel momento non ero in grado di capire nulla.

Passai il pomeriggio a dormire, Simona mi aveva cercato per tutto il giorno, mille chiamate senza che rispondessi, andai al bar verso le 19,00, in casa non c’era più niente da bere, non saprei nemmeno dire come ci fossi arrivato, Peppe notò in che stato fossi ma gli risposi di non rompere i coglioni, volevo da bere, mi passò una birra leggera, tanto non capivo praticamente niente, chiamò immediatamente Marco per venirmi a soccorrere.

Quando arrivò gli raccontai tutto, mi portò in bagno a vomitare, poi fuori nel vicolo a prendere aria e parlare, mi disse che Simona gli aveva telefonato dopo che Peppe gli aveva chiesto di venirmi a recuperare al bar, era corsa a casa nostra dopo avermi inutilmente cercato ed era preoccupatissima, dopo pochi minuti arrivò anche lei, era stravolta, mi abbracciò chiedendomi cosa fosse successo.

– “Gianluca cos’hai?”;

– “Lasciami in pace, che cazzo ci fai qui?”;

– “Marco dobbiamo portarlo a casa, è ubriaco marcio, ma chi l’ha portato qui?”;

– “Ci è arrivato da solo, non so come ma ha fatto tutto da solo, dai portiamolo a casa.”.

Marco mi accompagnò a casa usando la sua auto, mentre Simona prese la mia, Paolo l’aveva accompagnata ma era rimasto fuori.

Quando arrivammo a casa videro il caos che avevo combinato, li sentivo parlare mentre ero intontito, la loro presenza inconsciamente però mi fece rilassare, mi addormentai risvegliandomi il pomeriggio successivo. Quando aprii gli occhi riconobbi il viso di Simona, era visibilmente preoccupata e molto premurosa.

– “Gianluca, bentornato, come stai?”;

– “Devo pisciare…”.

Mi alzai barcollando, mi aiutò accompagnandomi in bagno, ricordavo pochissimo di cosa fosse successo, l’unico sentimento che provavo era dolore, che mi partiva dal cuore e non potevo controllare, mi sedetti sulla tazza, la guardai negli occhi e lei disse:

– “La ami tanto vero?”;

– “Credo di si…”;

– “Marco mi ha raccontato quello che gli hai detto ma non ha capito un granchè, vuoi parlarne?”;

– “No!”;

– “Lo capisco, vuoi che me ne vado?”;

– “Fai quello che vuoi, lasciami solo le chiavi dell’auto…”;

– “Vorrei solo restarti accanto, posso?”;

– “Mi gira la testa…”;

– “Eri a pezzi Gianluca, è venuto il dottore stamattina e ti ha dato qualcosa per aiutarti, ti prego permettimi di restarti accanto…”;

– “Ok, fai quello che vuoi ma lasciami in pace.”;

– “Ok, hai fame?”;

– “No…”;

– “Devi mangiare tesoro, lo ha detto anche il medico, ti preparo qualcosa di leggero ok?”;

– “Hai comprato da bere?”;

– “Quello te lo scordi, se non vuoi dare ascolto a me chiamo i tuoi genitori e gli racconto tutto…”;

– “Non ti azzardare…”;

– “Allora permettimi di aiutarti, ti prego…”;

– “Ok ok mammina, fammi un panino dai.”.

Mi baciò sulla fronte e corse in cucina, andai in sala, era tutto in ordine, avevano sistemato il casino che avevo fatto, notai che non c’era più il tavolino in sala e chiesi dove fosse, l’avevo spaccato e Paolo era andato a comprarne uno nuovo.

Fu molto premurosa e rispettosa, non mi fece nessuna pressione ed anche Paolo fu praticamente un fantasma, lo vidi unicamente quando arrivò per dire che lunedì avrebbero consegnato il nuovo tavolino e se ne andò, non restò in casa con noi.

Dopo cena guardammo un film in sala, non parlammo, ero in stato di catalessi, Simona rispettò il mio silenzio, limitandosi a guardarmi con occhi desiderosi di parlarmi, in costante attesa di un mio cenno per poter finalmente tornare sull’argomento. Il mio cervello vagava tra mille interrogativi, ad un certo punto decisi di spegnere la spina, l’amore non esisteva, era solo una questione fisica, non mi sarei mai più avvicinato così tanto ad una donna, non volevo più soffrire in questo modo, dovevo solo godermi il sesso senza lasciarmi condizionare dal cuore. Avrei voluto scopare con lei, però mi mancava il desiderio, mi sentivo come se non fossi più in grado di stare con una donna, avevo come l’impressione di fare un torto a Roberta, cosa mi stava succedendo? Presi la decisione di affidarmi a Simona, chi meglio di lei poteva farmi tornare il desiderio? Cominciai a guardarla, indossava unicamente una canotta bianca semi trasparente, senza il reggiseno, i suoi meravigliosi seni si intravvedevano, i capezzoli perennemente inturgiditi sembravano quasi perforare il sottile tessuto, le sue lunghe e toniche gambe erano lì, pronte ad aprirsi ad un mio cenno, la guardai il viso, quanto era bella, si girò verso di me fissandomi intensamente, sorrise, ebbi un erezione, abbassò lo sguardo, sorrise nuovamente e si morsicò il labbro inferiore, le feci un gesto con gli occhi come ad invitarla a dedicarsi a me, non aspettava altro, si fiondò a leccarmelo da sopra le mutande, scorreva con la bocca sulla lunghezza guardandomi eccitata, le accarezzai il viso, si appoggiò contro la mia mano come una gattina che fa le fusa, mi prese in bocca un dito succhiandolo sussurrandomi:

– “Posso?”.

La guardai per qualche secondo senza risponderle, ero eccitato per come mi implorava e per quanto fosse bella, però la tristezza era ancora dentro di me, infine le risposi:

– “Non so se ho voglia di fare sesso stasera…”;

– “Lascia fare a me, non pretendo altro che averlo tra le labbra…”;

– “Fallo allora”.

Sorrise, lo fece uscire di lato leccandolo, lo insalivò moltissimo per poi asciugarlo lentamente, era brava, le sue labbra abilissime, mi sfilò gli slip leccandomi i piedi, inginocchiata a terra succhiava le dita e leccava ogni cm di essi, intanto si masturbava, mi avrebbe curato il corpo quella donna ma l’anima era ormai compromessa. Dopo aver leccato a lungo le mie estremità salì piano piano sulle gambe fino ad arrivare alle palle, soffermandosi altrettanto a lungo, infine cominciò un pompino straordinario, uno di quelli che tolgono il fiato, i suoi occhi puntati percepivano tutto il mio piacere, ero carico e nonostante non fossi completamente coinvolto non ci mise molto a farmi raggiungere l’orgasmo, lo intuì, mi conosceva bene, sapeva cogliere i segnali che il mio corpo forniva, poco prima che venissi lo fece uscire dalla sua bocca, tenendola aperta mi segò finchè sborrai in maniera abbondante, la schizzai ovunque, aveva il viso completamente ricoperto di sperma, sorrideva ed ingoiava di gusto, ci volle parecchio tempo per ripulirsi e quando finì si alzò, mi baciò una guancia e sussurrò:

– “Grazie”.

 

Continua…

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