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Erotici Racconti

Non sai che cosa t’attende

By 21 Novembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

‘Che cretino, che stupido che sono stato, perché lo dovevo capire subito che dietro a quell’ingenua e a quell’innocente domanda c’era dietro un’insidia, un tranello ordito in piena regola’ – pensava nella sua mente lo schiavo, per il fatto che i suoi ricordi marciavano procedendo all’inverso in quel giorno, nel tempo in cui la sua padrona gli aveva posto un semplice quanto innocuo e probabilmente superato quesito:

‘Toglimi una curiosità per piacere, ci tengo per davvero. Dimmi una cosa, tu a letto riesci a saziare soddisfacendo in conclusione le donne con cui stai assieme?’ – gli aveva sussurrato all’orecchio in modo sbrigativo ma al tempo stesso penetrante.

Immediata, istintiva e per di più spontanea era la stata la risposta del sottomesso, considerato che si era gettato in una definizione convinta, una spiegazione indiscutibile e incontrastabile, che peraltro riconosceva sentendola pienamente e rigorosamente sua:

‘Beh, a dire il vero, finora nessuna si è mai palesemente lamentata, forse perché sono solito porre innanzitutto il loro piacere al mio’ – aveva lui candidamente riferito alla sua lineare richiesta.

La padrona sembrava aver apprezzato e ben accolto quel concetto, eppure quel sorriso a mezza bocca e quell’occhio malvagio, perverso e sadico del momento, lasciavano intendere tutt’altro, dal momento che la questione non si sarebbe conclusa lì e adesso ne capiva ragionevolmente e saggiamente il perché. Con il corpo segnato infatti dalle cinghiate, che gli erano state distribuite con tanta fermezza da farlo sussultare più volte, adesso lo schiavo era chiamato a dimostrare spiegando che quelle parole pronunciate in precedenza coincidevano corrispondendo in ultimo alla drastica e radicale realtà. Quando lei gli aveva chiesto di rimanere immobile in ginocchio con lo sguardo basso, rigorosamente senza nulla addosso, lui non sapeva minuziosamente ancora che cosa lo attendesse di preciso: per fortuna, ad alleviare placando un po’ le sue sofferenze c’era un tappeto morbido su cui poggiavano i suoi arti, per il fatto che le strisciate rosse che gli pennellavano la schiena e le natiche al momento si facevano però sentire, eccome.

‘E adesso? Che cosa mi succederà?’ – rimuginava lo schiavo seriosamente afflitto e angustiato, rimasto isolato nell’ampia stanza che si era trasformata imprevedibilmente nella sua prigione.

In realtà non ci volle poi tanto per scoprirlo, la sua padrona arrivò all’istante con una scodella piena d’acqua tra le mani, si chinò per poggiarla per terra guardando il suo schiavo sorridendogli amorevolmente.

‘Mi darà da bere, oppure avrà in mente qualcos’altro’ – immaginò l’uomo, indifeso e sguarnito totalmente alle prese con la sua non conoscenza. Ebbene sì, perché lei era capace di stupirlo sempre, trovando mille modi per farlo sentire perennemente un giocattolo nelle sue mani:

‘Veniamo a noi due: Dunque, tempo fa m’avevi detto d’essere bravo con le donne nel sesso?’.

Le sue parole ruppero il silenzio riportando bruscamente lo schiavo alla consistente, pungente e realistica realtà:

‘Però, questo me lo ha chiesto più d’un mese fa e se lo ricorda adesso?’ – pensò lui, limitandosi a proferire un debole sì padrona.

‘Bene, allora fammi vedere quanto sei bravo’ – imprecò incalzandolo ulteriormente la sua signora.

Lo schiavo rimase sorpreso nell’udire quelle parole: che cosa voleva dire? Che avrebbe dovuto far sesso con lei? Le sue guance diventarono rosse, la timidezza s’impadronì di lui, eppure non cambiò d’un millimetro la sua posizione, dato che rimase lì in attesa d’ulteriori direttive:

‘Hai detto sostenendo, che tu anteponi il piacere delle donne al tuo. Molto bene, adesso è arrivata l’ora di mostrarmi quello che sai fare’ – sostenne lei con tono deciso e perentorio:

‘La vedi quella scodella? E’ piena d’acqua calda, riesci a vederla?’ – chiese lei.

‘Sì padrona, certo’ – ribatté con un pizzico d’imbarazzo e di perplessità lo schiavo.

‘Ecco, forza allora. Al presente hai l’onore completo di scopartela’ – sottolineò la signora con un tono gradasso e tracotante.

Il viso dello schiavo mutò, poiché sembrava un cartone animato con la faccia a forma d’un punto interrogativo. Lui non aprì bocca, in quanto era troppo frastornato, la signora fece qualche passo, s’accomodò sorniona sul canapè accavallando elegantemente le gambe:

‘Beh, allora? Non capisci la lingua italiana? Forza, scopa la scodella, fammi vedere come la fai godere, sei tanto bravo no? Allora dimostramelo, sono davvero curiosa’ – disse lei in modo cordiale ed espansivo.

La padrona non era mai volgare, sentirle enunciare quel verbo ‘scopare’ era un trauma per lo schiavo, dato che non capiva più nulla, poiché sembrava che mille catene lo fissassero al pavimento rendendolo irreparabilmente e irrimediabilmente prigioniero del suo pudore. Con un modo di fare quasi goffo e ridicolo si mosse in direzione della scodella, si mise con le braccia tese, le gambe lunghe, esattamente come nella stessa posizione in cui si eseguono le flessioni, immerse sennonché il suo membro nell’acqua, che nel frattempo era diventata tiepida e iniziò a muovere il bacino con un ritmo lento, cercando un cenno d’approvazione dalla sua padrona che non tardò peraltro ad arrivare:

‘Bene schiavo, forza, fai godere la scodella, fammi vedere quello che sai fare. Continua fino a che io non ti dirò di smettere, non t’azzardare inoltre a venire prima dell’oggetto che ti stai scopando’.

In seguito lei rise rumorosamente e acciuffò un libro, lo aprì e si mise a leggere nel silenzio più totale, rotto soltanto dai rumori provocati dallo sforzo dello schiavo che continuava in quel movimento disarmonico, goffo e per di più sconfortante e umiliante.

‘Che stupido che sono’ – continuava a pensare, mentre le braccia diventavano pesanti e il bacino iniziava a scivolare verso il basso. La padrona continuava nella sua lettura, buttando ogni tanto l’occhio su quell’uomo che stava espiando la sua pena, la sua presunzione. Il tempo passava fatale e implacabile, lo sforzo dello schiavo si triplicava, poi l’ordine perentorio:

‘Fermati. Io credo che tu abbia imparato la lezione – gli disse la padrona.

Lo schiavo completamente rosso e visibilmente sudato per lo sforzo ritornò in ginocchio tremante:

‘Sì padrona, ho capito’ – poi inavvertitamente e inconsciamente pronunciò ancora quelle parole:

‘Che stupido che sono’.

La padrona le udì accortamente, inizio a ridere di gusto, si portò dietro al suo giocattolo e si lasciò andare a un coinvolgente, profondo e sentito abbraccio.

Lo schiavo sorrise tra sé e sé, mentre una lacrima di doveroso debito e di profonda riconoscenza solcava il suo viso ancora arrossato.

{Idraulico anno 1999} 

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