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Racconti Erotici

Ode al bel tempo

By 3 Giugno 2020No Comments

Che non si dica! Che non si dica che vivere richiede il solo respirare!
Che non si dica che la vita é solo lavoro!
Che non si parli di codesta misera esistenza se non si ha l’intento di includervi…
Il buon cibo, la cui bontà dev’essere seppur limitata nella quantità e negli abbinamenti!
Ah, il cibo! Speziato, salato, amaro, dolce! I quattro sapori che divengono mille!
E il buon vino! La birra! Le bevande fermentate che invero liberano dalle pene e rendono lieve il pensiero e più lieto il cuore! Pur usando moderazione, non bisognerebbe privarsene!
Come potrebbe uomo negarsi cotanta lieta celebrazione? Come potrebbe negarsi questo?
E la compagnia, poiché gli amici e i fratelli, i parenti e i consanguinei tutti, son nostro sangue per scelta o destino! In loro compagnia il viaggio della vita corre lieto!
E il gioco! Carte, dadi, scacchi, la reale tavola che attraversò le ere sin dalla Mesopotamia! E il Weiqi dalle lontane terre d’Oriente! Il Mahjong! Il Poker e la Briscola!
Come possono essi mancare?
E la musica! Ritmi che parlando a cuore e testa. Che siano canti mistici o ritmi forsennati!
Come potrebbe essa mancare dall’esistenza umana quando tutto possiede ritmo invero!
La musica é vita, e con essa vengano dunque le danze. I danzatori e le ballerine, coloro che sentono il ritmo con tutto sé stessi. Si agitino tra cimbali e cavigliere, tra tamburi e trombe!
E con essi, venga la donna, venga a me la femmina splendida e danzi con me alla luce dei fuochi, tra le risa e i giochi, venga e beva con me!
Sia mia compagna in questa notte placida d’estate, tra i campi di questa nostra festa paesana!
Sia mia compagna per quest’oggi, per questo presente, che del domani non esiste certezza!
Sia mia compagna e mia maestra e mia allieva!
La donna, poiché senza di essa l’uomo é tale a metà, dev’essere compagna.
La donna, poiché ogni uomo può insegnare, dev’essere allieva.
La donna, poiché ogni uomo può imparare, dev’esser maestra.
Non siano le chiacchere nostre solo vane argomentazioni, solo vana teoria, ma bensì siano esse il preludio al momento in cui la mia mano stringerà la sua, dolcemente, e le nostre voci, inebriate dai sensi bramosi ed ebbri, s’innalzeranno in un canto nuovo.
Sia il nostro canto ben altro! Sia esso espressione di mutuo desiderio, di vicendevole brama.
E sia questa nostra affinità espressa in sussurri o in muti gesti!
Abbandoniamo dunque la festa, verso il bosco o il campo, verso il nostro privato Eden.
Laddove, lontani dagli altri, ci baceremo piano, gustando una notte che potrebbe durare tutta una vita. Laddove ci leveremo gli abiti. Laddove conosceremo il godimento.
Laddove le nostre carezze ci condurranno a conoscerci più di quanto detto prima e i baci marchieranno l’uno come proprietà dell’altra e viceversa. Laddove lei s’impadronirà del mio sesso e io del suo e ci dedicheremo a venerarli e a leccare, suggere, baciare, toccare e penetrare.
I nostri gemiti si faranno musica. I nostri respiri vibrazione dell’infinito!
E i giochi che facemmo con dadi, pedine e carte, saranno solo il preludio a ben altro gioco!
Sarà poi uno di noi a decretare il momento, forse insieme, forse no. Poco importa: mi solleverò e la farò mia, divenendo suo, affondando tra le sue liquide profondità roride dell’umidore del suo piacere. Affonderò una prima volta, uscendo quasi del tutto e poi di nuovo, continuando, cavalcando il piacere, raggiungendo l’estasi e ritraendomi da esso, controllando, con lei, giungendo quasi al culmine e fermando tale dilagante beltà.
Saremo poi come statue, ferme, frementi, i sensi attenti come animali selvaggi, regrediti ma mai così civili, così completi. Poi, guardandoci, mangeremo e berremo.
Ed il tempo passerà. E nuovamente ci daremo a giochi d’amore, incuranti di tutto e tutti, perdendoci in noi e ritrovando qualcosa di noi che da tempo era perso. E nell’orgasmo, essa mi penetrerà come io penetrerò lei, il suo spirito avvinghiato al mio oltre la materia.
Un istante di pura unione, una comunione così diversa dai riti ormai lettera morta tanto celebrati!
Poi, avvinghiati saremo sull’erba e la terra, sdraiati, appagati, i segni del nostro piacere sui corpi.
Giaceremo lì, osservando l’alba giungere, consapevoli che domani non saremo più insieme, forse mai più, ma invero, l’oggi c’é. E tanto basta.
Folle é colui che ritiene che al divino non si possa giungere per simili strade!

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