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Racconti di Dominazione

Ripetizioni molto particolari – Come indurre un ragazzo svogliato allo studio.

By 23 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Giada, questo il suo nome, cerca lavoro da 7 mesi.

Vani sono stati i suoi curriculum che spediva ogni settimana a fabbriche, uffici e negozi. Vani sono stati altrettanti i suoi sforzi per cercare lavoro tramite agenzie di impiego.

“Pare proprio che una laureata in scienze sociali, di questi tempi non trova lavoro manco a pagarlo” – pensò mentre andava nel primo, di una lunga serie di bar che aveva in programma di visitare.

– Salve. Mi scusi, potrei lasciare un piccolo annuncio da appendere?

– Non credo ci siano problemi, di cosa si tratta?
– Ma niente di particolare, offro ripetizioni a ragazze e ragazzi che hanno problemi a scuola o che stanno per diplomarsi.

– Molto interessante. Si me lo dia, lo appenderò volentieri, sò già a chi potrebbe interessare.

In molti dei bar in cui andai, dicevano di conoscere chi era interessato, i figli dei figli, il figlio dell’amico, il figlio del cugino, ma poi?

Ma poi?

Gli interessati erano pochi e con la crisi, il prezzo da me proposto era alto.

Le prospettive ?

Peggioravano di giorno in giorno.

Nessuno in pratica voleva pagare, nessuno aveva soldi, tutti volevano sconti, volevano troppo e non ti davano niente.

Avevo quasi deciso di lasciar perdere anche con le ripetizioni, quando nell’ennesimo bar in cui andai, ormai svogliata, qualcosa mi ridiede vita. Anzi, qualcuno.

Era quasi sera, stavo andando a casa di una mia amica. Avrei cenato con lei e poi saremmo andate a ballare con altri amici.

Ero “tutta in tiro”, quando decisi che quel bar poteva andare bene per il mio volantino.

 

– Buona sera, desidera?

– Salve, sono venuta a chiedere se per caso, potrebbe appendere un mio annuncio di lavoro.
– Si certo, ma di cosa si tratta?
“Quest’uomo sembra ossessionato dalle mie tette” – pensai.

Poi mi ricordai dell’ampia scollatura che aveva il mio vestitino.

– Volevo appendere questo piccolo annuncio. Offro ripetizioni a ragazze e ragazzi che hanno problemi a scuola, oppure a quelli che devono diplomarsi.

– Molto interessante. Ma lei ha fatto l’università per caso?
– Si.
“Ecco un’altro che mi fa mille domande e poi mi dice che mi troverà sicuramente qualcuno”

– Ottimo direi. In che giorni è libera?
A questa domanda mi insospettisco e divento più attenta alla conversazione.
– Beh, direi, tutti i giorni. Almeno per ora.
– Aspetti che chiamo un secondo mia moglie che è in cucina. Francaaa! Vieniii!

Iniziò a urlare mentre si dirigeva in un corridoio laterale.

“Chissà! che sia la volta buona? “

– Eccoci. Lei è Franca, mia moglie. – Mi diceva, mentre continuava a fissare di sfuggita le mie tette.

La donna, dopo un breve sguardo al mio abbigliamento mi salutò e poi mi domandò :

– Mio figlio frequenta l’ultimo anno da elettrotecnico, ma il primo semestre è andato veramente male. Sembra si sia perso, la scuola non gli piace più, proprio ora che è all’ultimo anno. Dice che vuole ritirarsi ed andare a lavorare dal padre di un suo amico. Temo si sia montato la testa. Io voglio che finisca la scuola, così potrà trovare più facilmente lavoro. Mi capisce?

 

Ascoltavo i suoi discorsi e la sentivo parlarmi quasi da madre ad un’altra madre. In quel discorso, mi sentivo grande, mi sentivo importante.

Ma ancora più importante, secondo me era l’effetto delle mie tette sul marito. Non smetteva un secondo di fissarmele.

 

Concordammo il prezzo, concordammo un mese di prova ed infine le date.

La prima seduta era per il giorno successivo.

Non vedevo l’ora.

Ma a tutto questo, devo ammettere che devo dare un enorme ringraziamento al marito della donna, il quale si è impuntato dicendo che sicuramente ero quella giusta, che sicuramente ero meglio di una ex professoressa in pensione, che ero più alla portata del figlio, che mi avrebbe capito sicuramente.

“Oppure è un semplice modo per rivedere le mie tette tutte le volte che vuoi? Brutto porco” – Questo, il mio pensiero dopo i suoi elogi. Eppure, gli devo dire grazie.

 

Ed oggi, sono qui.

Di fronte al ragazzo, al tavolo del salone, sotto lo sguardo vigile dei genitori, a spiegare la parte di lezione che non aveva capito il giorno precedente.

 

Si, mi piaceva andare a scuola. Ero una cosiddetta “secchiona” ed oltre a questo, ero piena di “ammiratori”. Si, perchè erano tanti a sostenere che ero bella.

La mia seconda di tette sode e sempre “scoperte” con ampie scollature e strettissimi push-up, a detta di alcune amiche, erano uno degli argomenti più discussi dai maschietti negli spogliatoi. Poi i pantaloni a vita bassa e quel mio culetto sporgente. Anche i professori si giravano a guardarlo.

L’ultimo anno di superiori, per un certo periodo, indossai anche qualche perizomino che sbucava inesorabilmente dai miei pantaloni ogni volta che mi siedevo o piegavo in avanti.

Ma poi, dovetti tornare in “riga”. Così mi disse un mio professore. Mi ricordo ancora le sue parole.

– Giada! Sarò franco con te! Oltre a far prendere un infarto ai professori più anziani, stai dando una cattiva impressione a tutti, con tutta questa provocazione nel tuo vestirti. Io ti ammiro per quanto sei brava a scuola e sicuramente da me avrai il massimo dei voti, ma se ti continui a presentare con mezzo culo scoperto e le tette così in vista, ti assicuro che ti bocciano! Fallo per te! Vestiti come si deve per qualche mese, poi potrai fare ciò che vuoi della tua vita! –

 

Ascoltai Ferrandi, eccome se lo ascoltai.

I miei voti, dopo il “voto di castità”, lievitarono.

Le distrazioni date dai miei “ammiratori” si affievolirono fino quasi a sparire e con non poca delusione, mi misi con ancor più concentrazione sui libri.

Grazie a quel professore capii che a volte, le mie tette potevano essere di aiuto, mentre in altri, era meglio evitare di mostrarle.

 

Così, il giorno che andai a ritirare il mio diploma, volli ringraziare il mio professore.

– Prooooff!!! Venga un secondo – Urlai, sventolando una busta nella mia mano.
Una volta che fù di fronte a me, il mio viso avvampò quando porgendo la lettera gli dissi :
– Questo prof, è un ringraziamento personale per i suoi consigli e per il fatto che mi abbia sempre aiutato. La prego, la apra fuori da questa scuola. –
Ferrandi, ha uno sguardo interrogativo, penso non capisca.

Rossa in viso, mi giro salutandolo frettolosamente e scappo via.

Solo quando fù fuori da scuola, nella sua auto, aprì quella busta.
C’era un sacchettino nero e una lettera.
– Caro prof, spero le piaccia il mio regalo. In tutti questi anni, mi ha sempre aiutato e penso di sapere perchè. Addio.

Ps. Nel sacchettino troverà qualcosa che le piacerà sicuramente. L’ho tolto pochi minuti prima di consegnare la busta nelle sue mani. –
A Ferrandi prese quasi un’infarto quando aprendo il sacchettino trovò il perizomino della ragazza.

Era profumato, era umido, sapeva sicuramente di lei, era tutto lavorato in pizzo, era veramente striminzito, era stupendo per lui.

Così, al mio primo incontro con Francesco, mi mostrai in “versione suora” avendo un’ottimo impatto con la donna e praticamente nessun interesse da parte dei “maschietti” della famiglia.

 

Tutto andò liscio ed il primo mese andò alla grande.

I risultati c’erano, Francesco migliorava, i genitorni mi rinnovarono l’offerta fino a quando il figlio non avesse concluso gli esami di maturità ed io fui entusiasta di avere finalmente un lavoro!

 

Tutto andava per il meglio e grazie al mio lavoretto, iniziavo a diventare “indipentente”.

Finalmente potevo permettermi qualche vestitino più carino, potevo finalmente uscire di casa senza chiedere sempre soldi ai miei genitori, ed anche loro, finalmente, erano contenti che avessi trovato un piccolo impiego.

 

Francesco era un bravo ragazzo ma era veramente svogliato.

Man mano che passavano le settimane, iniziava a “perdere colpi”, iniziava a distrarsi, dovevo ripetere anche tre volte le stesse cose.

Un giorno mi chiese l’amicizia su Facebook. Avevo voglia di ignorarla, ma con rabbia l’accettai solo perchè se lavoravo era grazie a lui.

Infine, la botta arrivò come un macigno.

Matematica 4, Italiano 5, Inglese 3.

Le ultime tre verifiche erano state veramente un disastro!

 

I genitori di Francesco si arrabbiarono prima con lui e poi passarono a dirmene di tutti i colori.

Cercai di giustificarmi, promisi di trovare una soluzione se solo mi avessero dato ancora qualche settimana. Dovevano fidarsi di me e cercai di far capire questo concetto in tutti i modi.

…….In tutti i modi…….

Andai in bagno, mentre marito e moglie si erano divisi dopo la discussione.

Mi aprii tre bottoni della camicetta, presi l’asciugamano e lo buttai nel cesto della roba sporca facendo attenzione a nasconderlo sotto alcuni indumenti presenti all’interno. Poi, dopo aver sistemato meglio le tette, dopo averle estratte leggermente e spinte verso l’alto, mi lavo il viso.

Ci butto abbondante acqua e poi, con viso e mani bagnate, esco dal bagno.

Vado verso la cucina, dove so di per certo che troverò il marito.

– Scusami, ma non trovo l’asciugamano. Volevo solo darmi una rinfrescata.
Dovevo essere uno spettacolo per i suoi occhi.

Il viso ed il collo, risplendevano sotto la luce del tramonto che filtrava dalla finestra aperta.

L’acqua adagio, scorreva verso il basso, verso l’incavo dei miei seni, dove veniva inghiottita.

L’ho visto quando ha deglutito a fatica il suo succo di frutta e ho visto quanto tempo è stato fermo a fissare le mie tette scoperte prima di riuscire a rispondermi.

Ma ho fatto finta di niente.

– Cavolo mi spiace! Aspetta che te ne porto un’altro.

In pochi secondi era tornato con un asciugamano nuovo.

Mi asciugai davanti a lui, facendo finta di non accorgermi dei suoi sguardi sul mio corpo, sulle mie tette e vedendolo così preso dalla scena, azzardai ancora.

Asciugato il viso, scesi al collo, massaggiandolo bene, muovendo il più possibile le braccia e quindi aprendo la camicetta maggiormente.

Poi decisi di farlo impazzire.

Sempre con l’asciugamano tra le mani,scesi asciugando la scia dell’acqua colata lungo il mio petto, scesi fino ai miei seni e poi scesi ancora, infilandomi tra essi, allargando l’incavo tra essi e quindi pressandoli ancora sul reggiseno già stretto.

Pensavo che se non fossero esplosi, si sarebbe rotto il reggiseno. Ed invece, quando tornai verso il mio collo, mi trovai a fissare l’uomo a bocca aperta che si era perso a gustarsi la scena.

– Grazie mille. Sei stato gentilissimo.
Annunciai mentre consegnavo l’asciugamano nelle sue mani.

Dopodichè lo lasciai alla sua contemplazione e mentre tornavo da Francesco, mi richiusi la camicetta.

 

La sera stessa, prima di andarmene, Franca mi chiama.

– Senti, abbiamo deciso di provare ancora una volta. Mio marito, prima di uscire a correre, mi ha raccomandato di dirti che puoi stare tranquilla, nessuno ti manda via. Quindi ti aspettiamo per la prossima settimana.

Mi sorrise e poi estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca sinistra.

– Queste sono le chiavi di casa nostra. Ci fidiamo di te e vorremmo tu venga un’ora prima che Francesco sia a casa, così puoi vedere i suoi compiti dei giorni precedenti e le lezioni che ha fatto, di modo che sei pronta a correggere gli errori con lui.

 

Fatta una pausa, respira e guardandomi con serietà mi domanda:

– Va bene? Te la senti?
Scuoto con agitazione la testa in senso di affermazione e prese le chiavi dalla sua mano rispondo :

– Va bene. Va bene. Farò come mi dite. Si è la cosa migliore. Ne sono sicura.

La settimana successiva, iniziai a venire con due ore di anticipo rispetto al solito.

Apportai alcune modifiche al mio modo di spiegare, al programma da seguire ed infine, anche a me.

Negli ultimi giorni avevo ripensato alla scena dell’asciugamano che si era gustata il padre e all’effetto che aveva portato nelle decisioni di quella persona.

Sull’orma di quello, decisi allora di provare con una maglietta soffice di cotone con ampia scollatura ed un pantalone a vita bassa che mostrasse parte del mio tanga.

 

Andai quindi a casa di Francesco e attesi il suo arrivo controllando tutti i compiti fatti.

Era un disastro, non si ricordava niente di tutto quello che gli avevo spiegato.

Ero nervosa, anzi, ero incazzata nera. Così, non solo avrebbe rifatto l’anno, ma io mi sarei presa una brutta fama fallimentare e nessuno mi avrebbe più chiesto ripetizioni.

 

Doveva cambiare questa situazione! Assolutamente!

 

Mi alzai dalla sedia e mi spostai su quella in cui avrei dato la schiena a chi fosse entrato dalla porta.

Prima di sedermi però, cambiai qualcosa ancora.

In quel momento, pregai che nessuno, ma proprio nessuno, entrasse prima di Francesco.

Pregai con tutto il cuore che ciò non accadesse e poi…..

Poi… dopo aver allentato la fibbia della cintura, con le mani prendo i pantaloni da sotto il culo e poi… con uno strattone deciso li mando verso il basso.

Quando mi siedo, sento i pantaloni scendere ulteriormente, scendere fino a scoprire almeno per metà le mie chiappe, per metà il mio perizoma, per la metà posteriore essere perfettamente provocante.

Ora mancava un tocco al “davanti”.

Come avevo fatto in precedenza con il padre, anche questa volta estraggo poco le tette dal reggiseno, a differenza di prima però, chiudo il reggiseno di un’altro gancetto rischiando così di romperlo al primo respiro.

Finita questa procedura, manca il tocco finale.

Prendo la maglietta sotto le tette ed anche a essa, dopo uno strattone verso il basso, mi ritrovo a darmi della troia per quanto sono provocante.

 

Pochi minuti di correzioni e finalmente la serratura scatta.

La porta si apre, poi… nessun rumore.

 

Tremo, ho il terrore che sia la madre, peggio, il padre, questo mi violenta, lo so!

Ma poi una voce :

– Ciao. s…s..sono arrivato.

Respiro a pieni polmoni rischiando di far scoppiare il reggiseno, riprendo fiato e riprendo la calma.

Francesco, è lui.

– Ciao Fra, vai a prepararti che iniziamo subito.
– Cavolo, ma io ho fame. Mi lasci mangiare qualcosa prima di iniziare?

– Ok come vuoi. Ma fai veloce.

Così lo lascio mangiare in pace.

Si fa per dire.

Lo so che mi sta guardando il culo dalla cucina.

 

Dopo aver finito di mangiare però, dopo essersi seduto di fronte a me, è qualcos’altro che guarda ora.

Ho fatto colpo! Ci sono riuscita! Ora avrò la sua attenzione finalmente!

 

Ebbene si, ebbi l’attenzione su di me, ma non come immaginavo io.

Tutta la lezione la passò a fissarmi senza ritegno, quasi ipnotizzato.

Andai apposta al bagno più volte per vedere la sua reazione. Andai anche in cucina a bere dell’acqua, raccolsi una penna caduta affianco a lui mostrandogli ancora di più le mie tette.

Ed infine, mentre lo aiutavo a riportare i libri in camera, uno mi cadde “involontariamente” a terra e per riprenderlo non piegai le ginocchia e mi piegai il più possibile. Credo a quel punto, si potesse anche intravedere il buco del culo per quanto fosse esposto. Così tanto chè quando mi alzai, per non perdere i pantaloni, dovetti tirarli sù con la mano, altrimenti mi sarebbero caduti a terra.

Forse esagerai.

Prima di andare via, salutandolo, vidi che era rosso in faccia e guardando di sfuggita la sua patta dei jeans, mi sembrò di vedere una chiazza più scura proprio in quel punto.

“Non credevo di riuscire a fare venire un ragazzo solamente con un po di provocazione” – pensai ridendo mentre tornavo a casa.

 

Andai avanti così per qualche tempo.

I suoi risultati non miglioravano, ma la sua attenzione era sempre maggiore nei miei confronti, sulle mie tette, sul mio culo e su ogni parte del mio corpo che potesse essere interessante da guardare.

 

Infine, ci fù un giorno che cambiò radicalmente tutto.

Quel giorno arrivai prima del tempo.

” Dovevo escogitare un piano per farlo studiare, dovevo trovare una soluzione per farlo concentrare sui libri, dovevo vedere i suoi compiti, i suoi quaderni, i suoi…. ma aspetta…. la donna delle pulizie so che viene la mattina… perchè tutta sta sporcizia sul tavolo? Pasta avanzata, cioccolata sparsa, del succo rovesciato… ma.. c’è un rumore… un ticchettio… ci sarà qualcuno? “

Il rumore che sentivo era simile ad un ticchettio ma non capivo cosa fosse e da dove arrivasse.

Andai in cerca del suono, cauta per capire cosa fosse e chi fosse.

Proveniva dalla zona notte, dalle camere, da quella porta, ne sono sicura.

Il ticchettio proveniva dalla porta della camera di Francesco.

Era rimasto pure a casa da scuola?

 

Non so perchè lo feci.

Con una lentezza esasperante per evitare cigolii, spinsi la maniglia verso il basso, dopodichè, con la stessa lentezza scostai la porta.

 

Mano a mano che la porta si apre, si mostra a me una scena che in parte mi potevo aspettare, ma mai in quel modo.

Francesco si stava segando freneticamente con il cazzo a pochi cm dal monitor del suo computer. Su di esso, in rapida frequenza scorrevano delle foto, delle foto di ragazza, di una in particolare.

” Cazzo si sta segando sulle mie foto profilo di facebook ” – pensai vedendomi riflessa in quelle foto che scorrevano rapide come rapida andava la mano su quel cazzo di modeste dimensioni.

Volevo quasi ucciderlo a primo impatto.

“Se questo mi ha presa per una troia lo ammazzo”

Poi ripensai alla scena della settimana scorsa ed alla scena che da quel momento si presentò a lui ogni giorno.

” In effetti non ha tutti i torti, poveretto, lo sto provocando alla follia “

Poi dopo aver riflettuto qualche istante, apro il cellulare ed inizio a registrare il video :

” Ci sono! Ho trovato come fare! ” – pensai mentre il video continuava.

 

E così non ci penso due volte. Forse ho trovato come obbligarlo ad impegnarsi.

Prendo fiato. Entro in punta di piedi nella stanza e poi faccio sentire la mia voce:

– E tra poco cosa avresti fatto? Mi avresti sborrato in faccia? È questo che volevi fare? –

Un urlo di spavento esce dalla sua bocca, quasi cade a terra e dopo essersi rintanato in un angolo della stanza, mi guarda con terrore.

Le mani vanno al suo volto ed il cazzo si ammoscia rapido, mentre io con ampie falcate lo raggiungo.

Lo fisso e non dico niente. Aspetto si calmi, abbassa le braccia mostrandomi il viso rosso fuoco, gli occhi sono pieni di lacrime e il corpo trema.

– Poverino, guarda come tremi. Calmati calmati. –

Ora uso una dolcezza disarmante nel parlare. Voglio che si calmi. Che si rilassi. Stoppo finalmente la registrazione.

– Stai calmo ti prego. Ormai è passata dai.-

Finalmente inizia a calmarsi, il respiro si regolarizza, non trema più e la faccia torna di un colore quasi normale.

“Ora è il momento di passare al piano”

“Si è ora ” – dico tra me e me.

 

Mi avvicino ulteriormente a lui, vicino al suo orecchio.

– Ti stavi segando pensando a me. Ti ho visto! Le mie foto sono ancora li che scorrono. Ora, se non vuoi che in giro si sappia quello che facevi, devi fare quello che ti dico io. Chiaro? –

 

Dalla bocca di Francesco però non esce parola.

Abbassando la testa vedo il suo cazzo e le sue palle sbucare dai pantaloni aperti.

Mi viene un’idea.

Con la mano raggiungo velocemente il cazzo di Francesco, lo stringo con forza nel palmo e poi lo tiro come a volerlo strappare.

– CHIARO?? – quasi urlo nel suo orecchio.

– Aaaaahhh!!! sisisisi!!! chiaro chiaro chiaro!!! faccio tutto quello che vuoi!

Al chè mollo la presa dal suo pisello che nel frattempo, grazie a quel tocco, torna a prendere vigore.

 

– Ora io e te facciamo un patto. Io ti insegno le cose, tu le impari e ad ogni miglioramento, io ti do un premio. Va bene? –
“Ne sono certa, in questo modo studia sicuramente ed io mi riesco anche a divertire!”

Si perchè l’intento è di unire “l’utile al dilettevole”.

In pratica la propongo così:

– Da questo momento in poi, tu studi e io quando vedo i risultati ti premio.-
Ancora con il cazzo fuori dai pantaloni e piantanto nell’angolo della sua camera, mi stava ad ascoltare annuendo solamente.

Sono andata alla sua scrivania, ho fatto apposta a non bloccare le mie foto per rendere tutto più imbarazzante e poi, prendo un foglio e inizio a disegnare i contorni di una ragazza vestita. In pratica i disegni da colorare che si fanno ai bambini.

– Vieni qui vicino a me e non rimetterti il pisello nelle mutante! –

Diventa ancora una volta di tutti i colori e poi, con il cazzo completamente eretto, si avvicina a me.

– Vedi questo disegno? Sono i miei vestiti. –
– Si lo vedo, ma cosa significa. – Mi domanda dubbioso.
– Ogni vestito equivale ad un certo numero di risposte corrette. In pratica .. –

Iniziai a spiegare il “gioco”.

Tra due settimane iniziavano le verifiche di metà quadrimestre e io volevo che le passasse tutte a pieni voti.

In pratica, quel disegno sul foglio, era un modo per invogliarlo a studiare. Se rispondeva esattamente ad un certo numero di domande, io mi dovevo togliere quell’indumento e da quella giornata in poi, ogni volta che ci vedevamo, dovevo toglierlo nuovamente facendogli le domande dei successivi indumenti.

– Quello che ti sto dicendo, Francesco. È che se tu studi e riesci a rispondere a tutte le domande per tutti quanti i miei indumenti, ti ritrovi me, completamente nuda. Ma è ovvio invece, che se tu provi a dire qualcosa a qualcuno, io faccio vedere il filmato ai tuoi amici.

 

Deglutisce vistosamente quando finisco la frase e poi annuisce.

 

– Ora calmati ed iniziamo con una prova. –
“Voglio invogliarlo facendomi togliere qualcosa facilmente, così poi si impegna” – Penso nella mia testa.

– Iniziamo con i miei pantaloni. Sono 10 domande per ogni indumento. –

Le domande fatte, sono state banalissime, tabelline. Eppure la tabellina del 4 non se la ricordava giusta.

Ma questa volta si è messo d’impegno. Me le ha dette tutte ed io piano piano coloravo un pezzo in più dei miei pantaloni, ma mancava sempre la tabellina del 4.

– Vabbè sarà per un’altra volta. – Dico io.

– No..no!no! Aspetta. Me la ricordo. Allora, faceva.. allora.. –

Ci ha ragionato, sono sicura. Ha fatto i calcoli e me l’ha detta tutta. Dal 4 fino al 40…

– Bravo. Forse ho trovato come farti studiare. Prego, la prima volta sei tu a togliere l’indumento.

Così Francesco, con il cazzo quasi gocciolante dall’eccitazione, si avvicina e con calma ed il viso quasi paonazzo, mi apre prima e poi abbassa i pantaloni, alzo prima una gamba e poi l’altra e finalmente i pantaloni sono nelle sue mani. A questo punto, faccio una piroetta mooolto lenta su me stessa di modo che possa vedere con attenzione cosa ho da offrirgli.

La mia passerina depilata, coperta da quel piccolo triangolino nero, due cosce toniche ed infine, il dietro, un culetto sodo formato da due mezzelune perfette in cui si perde un filino microscopico facente parte del perizoma.

Quando mi rigiro è fermo a bocca aperta, i miei pantaloni sono in terra, una mano è sul suo cazzo, lenta che lo tocca, lo stringe e l’altra sostiene le palle grosse e gonfie di seme. Seme per me.

 

Ma ora, voglio togliermi una soddisfazione.

– Ora voglio che finisci quello che stavi facendo prima che arrivassi.-

Francesco sbianca nuovamente.

Non vuole, mi prega di non farlo, mi prega di andare a studiare e che non dice niente a nessuno ma io non lo ascolto e lo trascino in bagno.

Mentre nell’altro bagno c’è la doccia, in questo c’è la vasca.

Lo posiziono davanti ad essa rivolto con il cazzo al suo interno, poi mi siedo in un angolo, con le gambe larghe di modo che abbia buona visuale e poi riceve il mio comando :

– Ora ti seghi per me. Visto che prima lo facevi con le mie foto. Ora mi guardi e ti seghi. Sappi che se non ti vedo sborrare non vengo più a fare lezione ed il mio corpo te lo sogni solo più con le mie foto del mare su facebook. –

Lo vedo agitarsi e dire no con la testa.

– No no no… adesso vengo sisisi.. vengo vengo.. –
e così dicendo, continuando a guardarmi, si sega freneticamente, con violenza, con la bocca aperta, la lingua quasi di fuori e facendo smorfie strane sbuffa e respira con affanno..

Si sega a lungo ma credo che l’imbarazzo sia così forte da bloccargli l’eiaculazione.

Così decido di provocarlo di più, mi alzo, mi avvicino fissandogli il cazzo e leccandomi le labbra da vera porca e poi mi giro di spalle, alzo un po la camicetta e sporgendo il culo inizio a scuoterlo.

Poi però qualcosa in me si risveglia, la mia patatina inizia stranamente a risentirne, inizia a bagnarsi ed inizia a farmi osare di più.

Vado quindi poco più distante, vado al cesso, lo chiudo abbassando la tavolozza e con le ginocchia salgo su di esso.

Lo vedo, Francesco si sega come un indemoniato facendo smorfie a non finire.

“Ma ora lo farò venire sicuramente.” – penso io.

Una volta inginocchiata, sporgo il culo, abbasso il più possibile il busto andando con un braccio ad appoggiarmi alla cassetta dell’acqua. Così facendo, le mie chiappe si aprono leggermente e poi…

… e poi con a mano libera prendo il perizomino, da dietro, prendo il filino che passa tra le chiappe, ora ben visibile grazie alla posizione e con lentezza lo sposto su una chiappa rivelando così agli occhi del ragazzo, il mio secondo buchino, stretto e invitante.

 

A quella vista, Francesco non resiste oltre e dopo qualche lamento, viene, viene e viene ancora. Sento lo sperma cadere nella vasca rumorosamente, sento il suo respiro, sento i suoi lamenti e poi finalmente tutto cessa.

Mi rialzo dal cesso senza aggiustarmi il perizoma e con noncuranza passo affianco al ragazzo senza degnarlo di sguardo, prendo i miei pantaloni e mi dirigo in sala.

– Lavati il cazzo e dopo esserti sistemato vieni che dobbiamo studiare.

 

Ora ne sono sicura. Studierà. Eccome se studierà.

La mia patatina non vede l’ora di divertirsi!

 

Nelle lezioni successive, non feci più alcun giochetto strano.

Semplicemente, al suo arrivo da scuola, mi facevo trovare senza pantaloni.

Ogni giorno però variavo tipo di mutandina, in modo che potesse gustarsi maggiore o minore vista, parti del mio pube maggiormente esaltate a volte e a volte meno e così via.

Poi però, un giorno, il campanello suonò. Pensando avessero sbagliato porta, andai a rispondere sculettando vistosamente sotto lo sguardo attento di Francesco che non perdeva alcun movimento.

Ma quando risposi, il sangue mi gelò nelle vene.

– Ciao sono Franca. Ho dimenticato di predere le chiavi questa mattina, mi puoi aprire cortesemente?

– Sss…si! Certo ti apro subito!

Mi volto verso Francesco.

– Presto!!! I miei jeans. Cazzo è tua madre! Sbrigatiii!!!
A quel punto anche il volto di Francesco inizia a prendere strani coloriti e in fretta e furia mi porta i pantaloni.

Mentre li indosso, faccio cenno al ragazzo di iniziare ad aprire la serratura.

Al secondo scatto della chiave nella toppa, i jeans stavano salendo al mio culo coprendolo rapidamente.

Quando Francesco fece forza verso il basso sulla maniglia, la mia zip saliva.

Quando la porta iniziò cigolando ad aprirsi, il bottone superiore era chiuso e la cintura stava correndo rapida nella fibbia.

 

– Eccomi, oggi sono un pò in anticipo.

Un piede, inguainato in scarpe grigie provviste di piccolo tacco poggia sul freddo pavimento, le borse fanno capolino da dietro la porta ed io finalmente abbasso la camicetta sistemandola sui pantaloni appena indossati.

“Giusto in tempo” – è mancato un soffio che mi beccasse.

– Buona sera Franca. Oggi è in anticipo. –

– Ciao Giada. Si da ora, succederà sovente, credo. Nei prossimi mesi abbiamo impegni meno complessi da risolvere, quindi potrò finire anche prima del tempo! –

Deglutisco ” Cazzo, questo rovina tutti i miei programmi “

– Oh ma che bello. Almeno ha più tempo libero per andare in giro. – dico io.
– Ma chè! Passerò tutto il tempo libero a casa. Ho tante cose da sistemare. –
” Ecco, lo sapevo. Merda! ” – sono nervosa.

“Adesso devo escogitare qualche altro stratagemma.” – mi confermo.

Fortunatamente però, la madre, dopo poco esce nuovamente di casa mentre noi avevamo ripreso la lezione.

– Cazzo, prima ci è mancato un pelo. Sei stata velocissima! Grande! – Si sfoga Francesco facendo un respiro di sollievo.

– Si, per fortuna. Sennò avrebbe rovinato tutto il nostro programma. Però da ora dovremo apportare delle modifiche , ovviamente. –

Il suo modo di parlare, il suo interesse nella situazione erano una conferma stupenda per le mie orecchie! Aveva abboccato, era tutto mio e stava al mio gioco.

Con il suo modo di parlare ha espresso il suo voto! Voleva continuare!

 

– Hai le chiavi della cantina? – domando a Francesco.
Spalanca gli occhi e mi guarda interrogativo :

– Cosa ci devi fare in cantina?? –
– Forse ho trovato come continuare il gioco. – Rispondo sorridendo maliziosamente.

Iniziò così a sgattare nei cassetti e finalmente, dopo qualche minuto, trovò un piccolo mazzo di chiavi.

– Le ho trovate. Sono queste. –
– Va bene . Va bene. Per oggi la lezione finisce qui, ma per dopodomani devi sapere a memoria il resto oppure niente premio. – Affermo mentre chiudo frettolosamente i libri e trascino il ragazzo alla porta di casa.

Mentre scendevamo in ascensore nel piano interrato, gli spiegai le modifiche al gioco.

– Ogni volta, alla fine della lezione, andiamo in cantina. Se ci sono i tuoi, gli dici che stiamo andando assieme a prendere un gelato. –
– E dentro la cantina cosa ci facciamo? – Sorride.
– Tutte le porcate che vogliamo. – Rispondo passandogli una mano sul pacco, già duro come il marmo e poi continuo :
– Perchè tu sei un porcellino. Vero? – Sorrido maliziosa.

Francesco avvampò ancora. Il rossore del viso era una conferma.
Rido malignamente mentre le porte dell’ascensore si aprono.
Mi faccio guidare alla sua cantina, apre la porta e una volta all’interno, mi faccio consegnare le chiavi e richiudo a doppia mandata.

– Vuoi continuare a giocare? Vuoi i tuoi premi? – Parlo estraendo da una tasca il disegno da colorare.
– Si ti prego, voglio giocare, mi piace un sacco. –
– Allora continuiamo con le domande. – Sorrido e così dicendo, mi slaccio i pantaloni e li tolgo ancora una volta.
– Cosa vuoi togliere per secondo ? – Dico io indicandomi gli indumenti.
Il suo braccio si alza, un dito punta verso di me, verso il basso ventre.
– Il tuo perizoma! – I suoi occhi sono pieni di libido.
– Guarda che sono dieci domande difficilissime. Sei sicuro di non voler provare altro? – Indicandogli la mia camicetta chiusa.
– No voglio che togli quello. –
– Come vuoi. – Sorrido beffarda.
Apro il disegno e presa una penna, pronta per segnare se avesse indovinato inizio con una domanda di storia, praticamente impossibile da indovinare.

 

Riguardava la prima guerra mondiale, riguardava un particolare anno in cui successe un piccolo avvenimento che quasi nessuno prendeva in considerazione.

Ed infatti, come previsto, non seppe rispondere.

– Peccato. Io ti avevo avvertito. –
– La prossima volta la saprò! –
– Ok vuoi provare con la camicetta? –

– Certo! – Mi confermò tutto felice.

Così gli feci una domanda, più semplice, di matematica.

A questa seppe rispondere.

– Altre 9! Continuo. –

Anche alla seconda domanda, anche se di altra materia, rispose correttamente.
Così per invogliarlo, iniziai ad aprire un bottone.

 

Rispose correttamente ad un’altra domanda, poi però decisi di essere cattiva e ne feci una più complessa.

– Peccato. Ora sei fermo. –
Nel mentre che annuncio la sua risposta errata, per provocarlo, apro la camicetta di un’altro bottone.

Le tette iniziano ad intravedersi e i suoi occhi sembrano perdersi in quel piccolo spiraglio.

– La prossima settimana sarai più fortunato. – Confermo.

– La prossima??? Ma come??? – Sembra quasi disperato.
– Si, la prossima settimana continuerò le domande, ma solo se tu sarai bravo e studierai. – Confermo sorridendo malignamente.

– Ma io te lo prometto, da ora studio. –
Scuoto la testa.
– No…No…Quando sarai bravo, ti premierò scendendo con te in cantina e lasciandoti guardare quello che ti sei guadagnato fin’ora e ti potrai fare una sega davanti a me. Mentre quando sarai stato inconcludente, non verremo nemmeno qui sotto. – Affermo seria.
– Ma è una tortura!!! – Quasi sbatte i piedi a terra mentre fa quest’affermazione.
– Certo! Ti devo fare studiare !! – Rispondo ridacchiando.

– Dai, ora sfogati. – Dico sculettando davanti a lui e indicando tra le sue gambe.

Così, Francesco, si tira fuori il cazzo e davanti a me, inizia a segarsi.

Una volta eruttato il seme sul pavimento, la lezione, anche per oggi è terminata.

 

 

 

Da quel giorno, grazie anche un pò per il problema causato dalla madre a casa in anticipo, Francesco cambia completamente.

Iniziato a studiare per davvero, tutti si stupiscono.

Prima di tutti, i professori, io per seconda e poi anche i genitori.
Un giorno in particolare, quando la madre era nuovamente tornata a casa in anticipo, ha deciso di parlare con me riguardo l’andamento del figlio.
Era molto seria, non si scomponeva mai e non prendeva mai più di troppa confidenza nei miei confronti. Forse per causa del suo lavoro molto delicato nel relazionarsi con le persone, oppure semplicemente per mantenere un “certo distacco” nei miei confronti.

– Ma cosa hai fatto a nostro figlio? Sembra si sia svegliato dal sonno e ora finalmente studia. – Sorrido, sapendo bene, per quale motivo vuole studiare!
– Non sò, ma se continua così, sono sicura che riuscirà a passare le verifiche della prossima settimana. – Affermo sorridente.
– Per questa settimana, potresti venire tutti i giorni ad aiutarlo? Se non hai altri impegni ovviamente. – Mi chiede quasi pregandomi.
– Si certo! Non ci sono problemi. – Affermo sorridente
– Sai, ci fidiamo maggiormente, se studia con te. – Mi afferma con preoccupazione.
– Ne sono lieta. Come desiderate voi. – Rispondo sorridendo ancora.

“Mi piace questa fiducia. Hahahaha! Poveri ignari.” – penso ridacchiando.

“Non hanno idea di quale sia il metodo di studi che uso. Eppure sono convinta che se il padre lo sapesse, vorrebbe anche lui qualche lezioncina ” – trattengo la risata mentre la mia patatina fa sentire ancora una volta la sua presenza, sempre più contenta delle evoluzioni della situazione.

 

– Francesco, fino a quando non hai finito le verifiche, ci vedremo ogni giorno. Anche nel weekend. Chiaro? – confermo tornando a sedermi al tavolo.
– Si si chiaro. – Mi risponde ad alta voce.

Poi, avvicinandomi al suo orecchio, a bassa voce, continuo :

– Bene, ora che abbiamo concluso, ti meriti la tua ricompensa. – Così dicendo, mi alzo e prima di allontanarmi, facendo attenzione che la madre non fosse nei dintorni, struscio il mio culo praticamente sul suo volto.

Mi dirigo in cucina, trovando Franca intenta a lavare degli ortaggi.
– Io vado, torno domani alla solita ora. Adesso però ti rubo un momento tuo figlio, quando è bravo mi piace premiarlo. – Sorrido con falsa disinvoltura.
– Oh ma che bello! Certo, fai pure! Ma riportamelo presto!! – Risponde iniziando a “sciogliere” un poco quell’aura di “freddezza e distacco” che l’ha contraddistinta fin’ora.

– Ci mancherebbe! Anche se.. mmm.. hahahaha! Torna presto, non ti preoccupare.. Ciaooo – Rispondo allontanandomi.
Scherzavo nel pronunciare quelle parole, eppure dentro di me, si sono susseguite in un lampo, mille scene interessanti in cui potevo “godere” del suo rapimento.

 

” Basta pensare a tutte ste porcate. Sono proprio una zoccola” – rifletto mentre sculetto verso l’ascensore, seguita da Francesco.

Entrati in cantina, mentre torno a togliermi i pantaloni, gli annuncio qualcosa che gradirà sicuramente:
– Se la prossima settimana, farai bene i tuoi esami, ti farò un premio extra. –
– Davvero??? – risponde sorridente-
– Certo. Ma devi meritartelo. – affermo.

Mentre faccio una pausa, prendo il bigliettino con il mio corpo disegnato.
– Ora vogliamo continuare con il gioco? – parlo maliziosa.
– Si dai ti prego. – risponde quasi non stando nella pelle.
E così continuo con le domande relative alla mia camicetta.

” Sta migliorando, cazzo. Ma devo invogliarlo assolutamente.”
Quindi per farlo impazzire, faccio domande che conosce sicuramente, tutte cose studiate con il “nuovo metodo”.

Ed infatti, si ricorda tutto alla perfezione.

Man mano che risponde correttamente, davanti a lui, i bottoni della camicetta si aprono magicamente.

All’ultima domanda, ormai il mio seno coperto solo più dal reggiseno è ben visibile.

– Bravo. Ed anche l’ultima domanda è andata. Vieni a prendere il tuo premio. – Affermo porgendomi in premio.
Finalmente, Francesco, entusiasta, con lentezza esasperante toglie la mia camicetta aggiungendo così un nuovo premio, alla sua collezione.

– Ora ti mancano solo più il reggiseno e le mutandine. – Affermo ancora mostrando i due pezzi rimasti.
– Ma una volta che avrò tolto anche quelli cosa succede? – mi domanda.
– Che curiosone! Solo giocando lo potrai scoprire! Hahahaha! – Rispondo strizzandomi le tette da sopra il reggiseno.

Dopodichè, ormai come fosse un rituale, si allontana e inizia ad aprirsi i pantaloni, per poter “sfogare” le sue voglie godendosi qualche istante il suo premio ambito.

– Fermati. – Annuncio mentre mi avvicino.
Poi aggiungo mentre sono io stessa a slacciare quei jeans.
– Voglio che da oggi ti ricordi di impegnarti al massimo e di passare le verifiche. Se ci riuscirai, avrai più di quello che potresti immaginarti ora. – Affermo.

Così dicendo, calati i pantaloni alle caviglie, il suo cazzo è in piena erezione, compresso nei suoi boxer attillati.
Con una mano mi avvicino a quella sagoma che deforma lo stretto indumento e due dita vanno ad appoggiarsi su di esso.
– Ahhh… – Questo, il suo lamento di soddisfazione al mio tocco sul suo cazzo.
Ne percorro tutta la sagoma, tasto le palle, provo a stringerle poco tramite il tessuto dei boxer e poi, avvicino la mia bocca.

Con le labbra semi aperte, mi appoggio su quell’asta sempre più dura, sempre coperta da quel sottile strato di stoffa. Le mie labbra si induriscono e inizio a fargliele sentire su tutto l’arnese, inoltre il mio alito caldo aumenta ancora di più la sua libido ed infine, stringendo maggiormente all’altezza della sua cappella, cerco di tirare il membro verso di me, facendo forza sul tessuto che ora si tende maggiormente ed appena è possibile, sempre con i boxer come ultima bariera, affondo la mia bocca su quella cappella, mentre una mano va a segare rapidamente l’asta.

In quell’istante sento l’agitazione di Francesco, l’eccitazione ed infine, quasi urlando si stacca da me portandosi le mani al membro sempre coperto dai boxer.

– O cazzo…. – Annuncia con il respiro affannato e tutto di un colpo, i boxer iniziano a inumidirsi.
– Sei già venuto? ma… – gli domando un po delusa, sperando dentro di me, di poter godere ancora un poco di quel membro che inizia ad attrarmi.

– Si ma va bene, non ti preoccupare, tanto salgo a casa e mi vado a fare una doccia. Se vuoi vai pure, ormai devo andarmi a lavare, sono fradicio. – Afferma rivestendosi frettolosamente.

” A chi lo dici ” – penso. Ma senza dirlo.
Perchè in effetti, nelle mie mutandine, sono un lago.

Quel cazzo di ragazzo quasi ventenne, mi attira, mi bagna.

Ma devo guadagnarmelo.

Non posso prendermelo così.

Devo riuscire a portare a termine le lezioni.

Se lui passa l’anno, quel cazzo è mio.
Se lui non lo passa?

 

” Merda, non ci voglio pensare ” – ammetto delusa della possibile sconfitta.

 

 

Tutto andò per il meglio quella settimana.

Per stare più “tranquilli”, visti i continui rientri anticipati della donna, decidemmo di metterci in camera di Francesco per studiare.

Con la porta chiusa, i miei “attacchi” e i miei strusciamenti potevano così essere più soventi e tutta questa tecnica, ebbe i suoi effetti positivi. Infatti, tutti i giorni potevamo passare qualche piacevole minuto in cantina dopo le ore di lezione.

Io in perizoma e mutandine, lui menandosi il cazzo mentre ammira ogni giorno i miei cambi di intimo, le mie mosse maliziose, le mie posizioni provocanti o le mie mani che vagavano toccando quello che ancora è proibito, che non si può vedere, che non si può toccare.

 

Il lunedì seguente, dovevo continuare il gioco, ma ero combattuta a causa degli imminenti esami. Non volevo distrarlo troppo, altrimenti avrei rischiato il fallimento.

Ma Francesco non era stupido ed il lunedì, portandolo nuovamente in cantina e spogliandomi, mi chiese :

– Quali sono le altre domande? –
– Se io te le dico, tu prometti di passare le verifiche di questa settimana? – Rispondo preoccupata.

– Sisisi.. Passo tutti gli esami, ne sono sicuro. Ho studiato tutto. Mi hai detto tutto quello che dovevo sapere. – Afferma sicuro di sè.

Sospirai, sperando mi dicesse la verità.

– Va bene. – Dico sospirando.
Così iniziai le domande difficili per rimuovere il mio reggiseno.
” Cazzo, questo è furbetto. Le sta indovinando tutte” – pensai mentre a 5 domande risposte correttamente, dovetti iniziare a sganciare le spalline del reggiseno per poterlo invogliare ancora a proseguire.

 

Ma poi…

– Francesco. Ti ammetto che mi hai stupito, non so come tu faccia da un giorno all’altro a migliorare così. Vieni a prenderti il premio. – Affermai stupita non solo di lui, ma anche di me e del mio metodo vincente.

Francesco aveva risposto correttamente, al primo colpo, a tutte e 10 le domande poste. Fisica, chimica, storia, matematica e altre ancora.

Grazie alle mie lezioni stava diventando un genio e mentre facevo questi ragionamenti, una leggera tensione sul retro del mio reggiseno, mi fa capire che i gancetti stanno per essere divisi.

 

Non lo trattiene nelle sue mani.

Lascia che il reggiseno, attratto dalla forza di gravità, cada a terra e con questo gesto le mie tette ora sono libere.

Lo vedo mentre con sguardo fisso sul mio petto, procede fino ad essermi di fronte.

Ammira estasiato quel premio tanto ambito, lo fissa quasi con bramosia.

– Sono stupende. – Afferma il ragazzo.

Arrossisco vistosamente a questo commento, ma quello che mi preoccupa di più è la mia patatina sempre più umida.

Ogni giorno risulta essere un problema sempre più grosso, più acuto, più “irrefrenabile”.

Irrefrenabile, si.

La voglia di saltare al collo di quel ragazzo, prendere il suo cazzo e ficcarmelo nella patata che al solo pensiero sbrodola.

Ma anche questa giornata termina con la sua sega giornaliera.

 

Ma questa volta è tutto diverso.

Io rimango ferma, come in trance, guardo quel cazzo e con tutte le mie forze cerco di frenare la mia voglia, dettata da un prurito irrefrenabile al basso ventre.

Quando Francesco però si “scarica” me ne accorgo e mi risveglio, perchè posizionato troppo vicino a me, mi ha praticamente riversato tutto il suo seme sulle gambe.

– Oh Scusami, ti prego! Non.. non volevo…. – Risponde imbarazzato.

– Fa niente, non ti preoccupare – e mentre dico ciò mi guardo il seme colare dalle ginocchia, fino sui piedi.

Non resisto oltre, senza rendermene conto, la mia mano, va a raccogliere uno di quegli schizzi ed ancora senza rendermene conto, lo porto al naso.

Quell’odore, mi manda in estasi e mentre fisso il suo cazzo, la mia mano, come un automa entra nella mia bocca.

 

– Ma Giada. Ma cosa… Ma cosa fai?? – mi domanda Francesco ad occhi spalancati.

Mentre sento quelle parole, stò ingoiando il suo seme.

Quando sento quelle parole, mi sveglio.

– Cazzo…. Nnn.. No. Niente. Tutto bene. Rivestiamoci. Andiamo. – Affermo e inizio a muovermi frettolosamente.
– Ma Giada sei tutta piena.. ma aspetta a vestirti.. i tuoi jeans. – Troppo tardi, senza remore, metto i jeans spalmandomi tutto il suo seme sulle gambe.

Una volta rivestita, lo saluto e me ne vado lasciandolo ancora con il cazzo a penzoloni fuori dai pantaloni.

” Giada. Cazzo, sta volta hai esagerato ” – Mi sento una stupida, eppure…
Mi fermo un secondo, sul marciapiede, in mezzo alla gente che cammina ignara, alzo di poco il jeans sulla gamba destra.
” Si, ancora qualcosa è rimasto ” – questo pensiero è associato ad una mia mano che va a raccogliere ancora qualche goccia.

Abbasso quindi il jeans e mentre torno a camminare succhio quel dito come fosse un meraviglioso dolce. In mezzo alla gente ignara, tutto questo è eccitantissimo, è stupendo e la mia patatina rilascia a fiumi la sua voglia.

 

Quella settimana la “tensione” fu molto alta.

Francesco era agitato e io ero preoccupata, volevo prendesse il massimo dei voti.
Ogni giorno, passavo più tempo del previsto a casa sua, leggendo, rileggendo, revisionando tutto assieme a lui, consigliando cos’era meglio ripassare ed infine volevo sentire un breve riassunto orale.

Tutto era così “teso”, che per permettere la buona riuscita, vietai categoricamente qualunque contatto e visione del mio corpo privo di vestiti.

Prima di salutarlo per la pausa weekend, azzardai.
– Francesco, su questo foglietto ho scritto il mio numero di telefono. Se per caso sei troppo teso in questi due giorni, chiamami ok? – Sorrido mentre porgo il bigliettino.
– Va bene. Grazie. Ma, posso chiamarti quando voglio? – mi domanda.

– Certo, altrimenti non te l’avrei dato. Ciaoo! – dissi allontanandomi.
Così me ne andai, sicura che il giorno seguente mi avrebbe già chiamato.

Ed infatti, così fù.

Sabato, verso le 4 del pomeriggio, un numero che non avevo in rubrica, mi chiama.

– Pronto? –
– Ciao, Giada. Sono Francesco, ti disturbo? –
– No, stavo solo per fare la doccia, dimmi. Tutto bene? –
– Beh, in realtà , no. Sono agitato, ho paura, come dire… ho paura di non riuscire e … non poter più fare quelle cose… –
– Maialino. Stai tranquillo. Ok? – rispondo sapendo dove vuole arrivare con quella frase.
– Ci possiamo vedere? Hai tempo qualche minuto? Non resisto. – mi dice quasi disperato.
Avevo capito perfettamente quale fosse il suo problema. Ma volevo farlo impazzire.

Ero sicura che le verifiche sarebbero andate bene, quindi decisi di vietargli qualunque attività, anche individuale! Vediamo se avrebbe resistito! Ed anzi, avevo in mente qualcosa di ancora più interessante.
– Non ti deve passare nemmeno per la testa, di toccarti. –
Feci una pausa e sentendo silenzio dall’altro capo, continuai.
– Lunedì vedi di preparare la schiuma da barba e il rasoio. – ordinai con prepotenza
– Cosa ci devi fare? – Mi chiede stupito.
– Lo vedrai, non ti preoccupare. – dissi prima di chiudere la chiamata senza aspettare risposta.

Lunedì iniziammo a studiare i programmi successivi, tutto andò per il meglio ed infine, quando concludemmo la lezione chiesi sottovoce :
– Dove hai messo la schiuma e il rasoio? –
– Sono qui sotto la scrivania. – dicendo così, calcia verso di me un piccolo sacchetto.
– Bene, io prendo questi e tu vai a prendere un’asciugamano e una bottiglia d’acqua. –
– Ma cosa devi farci? – mi chiede sempre più sospettoso.
– Lo scoprirai, ti aspetto alla porta. – dico ridacchiando.

 

Per farlo impazzire ancora di più quel giorno indossai un vestitino unico, senza nemmeno le spalline. Iniziava da poco sopra al seno lasciando nude le braccia e le spalle e poi concludeva a circa metà coscia. In un sol gesto, non potendo indossare reggiseni sotto ad esso, levandolo, sarei rimasta con il solo perizoma.

In ascensore, mentre continuava a guardarmi in modo interrogativo, io ridevo divertita, poi, arrivati al piano interrato, le luci come al solito erano spente, segno che nelle cantine non c’era anima viva.

Al chè mi venne una idea malsana.

– Fa caldo o sbaglio? – dico maliziosa.
Ancora prima di uscire dall’ascensore, con lui a pochi centimetri da me, lascio cadere il sacchetto in terra e con entrambe le mani, prendo il bordo superiore del vestito e con rapidi gesti, lo lascio cadere a terra, sui miei piedi fasciati da semplici sandali aperti.

Francesco mi guarda stupito mentre con calma solo apparente, lasciando tutto in terra, mi avvio tra le cantine, accendendo la luce e percorrendo il corridoio sculetto vistosamente.

– Cosa fai li impalato? Raccogli le mie cose e vieni ad aprire. Oppure vuoi che qualcun’altro mi veda mezza nuda? –
Penso che tra poco, si sarebbe messo a sbavare, se non l’avessi distratto.

In fretta e furia raccoglie il sacchetto e il mio vestitino, poi, una volta raggiunta la porta, fa girare la chiave nella toppa e finalmente siamo tutti e due dentro.

Un sospiro silenzioso esce dalla mia bocca, stavo impazzendo dalla paura di essere vista.

“Che figuraccia se qualcuno mi avesse visto mezza nuda.” – pensai, mentre mi potei rasserenare chiusa tra le mura della cantina.
– Ora, appoggia tutto sul tavolino e togliti pantaloni e mutande, dobbiamo fare una cosa. – ordino.

– Giada, ma cosa vuoi fare? – mi domanda ancora.
– Se vuoi giocare con me, oggi dobbiamo toglierti un po di peli. – rispondo facendo la finta seria.

Al chè, Francesco intuisce le mie intenzioni.

– Quindi, vorresti… de..depilarmi.. il… c…ca…zzo ? – mi chiede imbarazzato.
– Si hai indovinato, così sarà più bello. – rispondo leccandomi le labbra
– Sicura che non mi tagli con il rasoio? – mi domanda preoccupato
– No tranquillo, sono brava in queste cose. – affermo mentre mi avvicino a lui.

Lo fisso mentre si toglie prima i pantaloni e subito dopo i boxer dai quali salta fuori impennandosi il suo cazzo in piena erezione.

Continuo a fissarlo senza muovermi e lo vedo guardarmi in modo interrogativo.

– Se non togli anche la maglietta, rischiamo di bagnarla o peggio macchiarla. –

Arrossisce, sapendo che rimarrà così, nudo come un vermetto.

Intanto, facendo l’indifferente, vado al tavolino, preparando tutto il necessario.

– Io sono pronta. Tu? – Mi giro cercando la sua conferma e lo trovo a muovere la testa affermativamente ora totalmente privo di vestiti.

– Bene. – rispondo.

Prendo la bomboletta della schiuma e con decisione vado ad inginocchiarmi di fronte a lui.

– Apri le gambe. – mentre detto il comando, con la stessa decisione una mano va ad agguantare il cazzo duro e lo spingo leggermente verso il basso. Con l’altra mano invece, inizio a spruzzare la schiuma sul suo pube, dopodoichè, quando ne ho messa una quantità a dir poco eccessiva, poso la bomboletta a terra e continuando a stringere il suo cazzo con una mano mano, con l’altra inizio a spargere la schiuma su tutto il suo pene, sulle palle, tra le gambe, fino al culo che trovo anch’esso leggermente peloso.

Faccio bene attenzione che senta il più possibile il mio tatto, poi, tornando davanti, riempio bene di schiuma l’asta improvvisando quasi una sega.

Una volta conclusa l’operazione, lascio il suo cazzo qualche secondo, giusto il tempo di prendere il rasoio e la bottiglia d’acqua.

– Ora stai fermo, non ti muovere o rischio di farti male e non voglio. –

Quindi, tornando ad impugnare il suo cazzo, inizio a passare la lama sul pube, con calma e precisione, passo tra le gambe, passo sul culo ed ogni tanto, risciaquo la lama con l’acqua della bottiglia.

Ma poi, appena inizio a passare la lama sulle sue palle, il cazzo perde vigore. Forse per la paura di essere tagliato, non so, ma così non va bene.

– Francesco ti prego, deve stare duro, altrimenti la pelle è molle ed è difficile rasarla. – dico con preoccupazione.
– Ma non riesco, ho paura. – mi dice altrettanto preoccupato.
L’unica parte del cazzo in cui non era presente schiuma, era la cappella.

A quel punto mi venne un’idea. L’unica fattibile.

– Vediamo cosa riesco a fare. Ma sappi che è solo per farlo tornare duro. Per ora non te lo meriti ancora. –
Espresso il mio pensiero, mi avvicino con il viso al suo cazzo, la mano che lo impugna spinge la pelle verso il basso scappellandolo e poi, le mie labbra, si vanno ad appoggiare su di esso.

Inizio a succhiarlo, a leccarlo e a massaggiarlo.

Faccio finta quasi che sia un ciupa-ciupa.

Ed ecco che in un baleno torna di marmo, ancora più duro di prima. Al chè smetto, staccandomi dal suo cazzo sotto i suoi lamenti.

– Zitto altrimenti oggi ti vieto pure di segarti. – dico ridacchiando da vera stronza.

A quella minaccia, si azzittisce subito e finalmente riesco a finire il lavoro.

 

Adesso che tutto è privo di peli, mi tocca solo più lavarlo.

 

Prendo ancora una volta la bottiglia dell’acqua e con calma inizio a lavarlo utilizzando anche la mia mano libera.

Massaggio tutto con cura, passo e ripasso più volte in molti punti. Non solo per rimuovere tutta la schiuma, ma anche per eccitarlo maggiormente possibile.

Poi tocca al cazzo, ultima parte da lavare.

Faccio colare l’acqua dalla bottiglia direttamente sul suo cazzo, mentre con la mano, partendo dalle palle inizio a massaggiare tutto. Massaggio l’asta, la cappella, anche se non è stata toccata, torno sull’asta e poi ancora sulle palle.

Ora manca solo più asciugarlo.

 

Ormai il più grosso è fatto e con veloci passate, dopo essermi nuovamente inginocchiata davanti a lui, asciugo tutto, lasciando sempre il cazzo per ultimo.

Ed ecco che, una volta impugnato il cazzo, appena inizio a massaggiarlo tramite l’asciugamano, sento che si irrigidisce.

Il cazzo e le palle si contraggono ed io non ho il tempo di scansarmi.

– Aaaahhhh!!!! nooooo!!!! – quasi urla Francesco mentre lo sperma mi schizza direttamente in viso.

Ormai, avrei potuto scansarmi, ma attesi, senza nemmeno coprire la cappella con l’asciugamano, che Francesco terminasse di eruttare tutta la sua eccitazione sul mio corpo.

 

– Ti prego, scusami Giada, io non volevo! Ho cercato di resistere ma non ci sono riuscito. – dice disperato.
– Stai tranquillo, ormai è successo. Ora però mi tocca lavarmi e lavarti ancora. –

E così feci, con un occhio chiuso per lo sperma posato su di esso. Per accrescere la sua eccitazione e frenare invece il suo imbarazzo, getto ancora acqua sul suo cazzo e lo risciaquo dallo sperma rimasto.

Lo asciugo ancora una volta e poi, dopo essermi alzata in piedi, rovescio quasi tutto il contenuto della bottiglia sul mio corpo, in particolare sul mio viso, facendo attenzione a non bagnarmi i capelli.

Prendo poi l’asciugamano e dopo averlo allungato verso Francesco, ordino :

– Almeno aiutami e asciugami bene. –

Dovevo essere invitante, tutta bagnata, con l’acqua sul mio corpo riflessa dalla luce neon della cantina.

Chiusi qui dentro.

Etrambi nudi o quasi.

Appunto questo “quasi” è riferito al mio perizomino ormai diventato fradicio e praticamente trasparente.

Quell’asciugamano, nelle mani di Francesco vagava su tutto il mio corpo, sulle tette, sulle gambe, sul viso, sulla pancia ma non osava mai toccare il perizoma.

– Francesco, per favore, passa bene l’asciugamano sul mio perizoma, non vedi che è fradicio? –

In poche parole, lo invogliavo a massaggiarmi la figa che dentro quel triangolino era ridotta ad un lago.

– Massaggia bene, usa tutta la mano, schiaccia bene l’asciugamano, bravo, così.. si… ancora.. più forte… si.. ancora… più veloceee…. – supplicavo.
Immagino avesse capito che mi stavo eccitando e le mie continue suppliche fecero sì che Francesco iniziasse a massaggiare senza più l’ausilio dell’asciugamano, direttamente sul mio perizomino fradicio.

– Si ancora Francesco, si ancora, si così aaahhh.. siii…- non lo facevo fermare un secondo.
Con le mani mi sono retta alle sue spalle, stavo per venire, non resistevo piu, non ce la facevo più
– Eccomiiiii.. siiiiiiii… aaaaaaahhhhhhh!!! – urlai tutto il mio godimento.
Le gambe mi cedettero, Francesco per tenermi sù fece forza sulla mia figa e l’altra mano passò sotto un braccio e finendo praticamente con la faccia sulle mie tette, strinse il braccio dietro la schiena, riuscendo a portarmi fino al tavolino dove finalmente mi lasciò riprendermi.

– ahhhh.. Grazie, sei stato un tesoro… – dissi mentre lo guardavo.
Poi, fissando meglio tra le sue gambe, il cazzo era tornato duro come il marmo.
Quasi in tono materno, dissi di avvicinarsi ancora, ed una volta vicino a me, allargai le gambe.

 

Il suo cazzo era vicinissimo alla mia figa coperta solo dal perizomino e le mie tette a pochi centimetri dal suo viso.
– Vienimi sul perizoma, te lo sei meritato. – dissi sottovoce

Fu breve, ci vollero pochi minuti, ed il cazzo di Francesco eruttò sul mio perizomino.

Mi pulii nuovamente e dopo aver pulito anche lui, ci rivestimmo e ci salutammo, dandoci appuntamento al giorno seguente.

 

“Si, ho esagerato ancora una volta. Ma non resistevo più” – pensai sorridente mentre uscivo dal portone.

 

Una volta a casa, mi butto sotto la doccia per darmi una rinfrescata.

Quando esco, sul lavandino il cellulare è acceso.

 

Un messaggio.

 

Francesco :

Ti adoro.

” Anche io ti adoro. Porco maiale ” – Lo penso solo, ma non gli rispondo.

 

 

Martedì, verso le 10 di mattina ricevetti un sms.

Francesco : Esami passati! Ho preso 10 in tutto! Ciao!

Iniziai a saltare di gioia!

Ero riuscita a farlo studiare e gli esami della scorsa settimana erano andati tutti perfettamente!

 

Sapevo che ora stava aspettando il suo “premio”.

Così, per farlo impazzire ancora risposi : Bravissimo! Ci vediamo domani quando esci da scuola!

Avrebbe sicuramente preferito quest’oggi, ma mi divertivo un sacco a farlo disperare.

 

Il giorno seguente, andai a casa sua come al solito, due ore prima del suo arrivo.

Preparai tutto come sempre, revisionai i compiti e controllai cosa c’era da studiare, ma poi, 15 minuti prima dell’arrivo di Francesco, mi venne un’idea.

Sapevo dove teneva le chiavi della cantina e a casa in quel momento non c’era nessuno.

La madre, andata via mezzora fà, non tornerà prima di due ore per un importante impegno, ed il padre, prima di tarda sera, non chiuderà sicuramente il locale.

Così, dopo aver lasciato tutto sul tavolo, prendo le chiavi della cantina e mentre apro il telefono sui messaggi da comporre, chiudo la porta di casa e prendo l’ascensore.

Scrivo a Francesco : Vieni subito di sotto.

“So che il maialino capirà cosa intendo” – penso ridacchiando mentre le porte dell’ascensore si aprono al piano interrato.

 

Come sempre, le luci sono spente e da nessuna delle porte filtra luce che segni la presenza di qualcun’altro.

Entrata nella cantina di Francesco, chiudo la porta dietro di me, ma non a chiave, poi, inizio a spogliarmi.

Mi tolgo tutto, ma proprio tutto.

Sono eccitata come non mai e voglio assolutamente venire.

Dopo aver posato tutti i miei vestiti sul tavolino, posiziono un piccolo sgabello dietro la porta ed aspetto che arrivi Francesco massaggiandomi pigramente il clitoride gonfio e duro.

 

Il silenzio invade la stanza e il corridoio. La mia voglia, dettata dai mille pensieri su quel ragazzo, mi mandano la voglia alle stelle.

Con un dito inizio dolcemente ad entrare e uscire dalla mia patatina, entro ed esco senza sosta, godendomi i rumori delle dita che mischiano i miei umori.

 

Poi finalmente, sento l’ascensore muoversi, dopo poco, le porte si aprono al piano interrato e dei passi decisi si avvicinano sempre più alla cantina dove aspetto nuda sditalinandomi la patata.

I passi si fermano in corrispondenza della mia porta e come un fulmine, pensieri e preoccupazioni mi fanno gelare il sangue.

Se non fosse Francesco?

Se fosse il padre? O peggio, la madre?

 

“Però se fosse il padre” penso continuando il ditalino ” chissà che arnese che ha, chissà se quando mi vede, vorrà anche lui prendere qualche lezione da me”

Poi il sangue torna a gelare mentre la maniglia della porta comincia ad abbassarsi.

Piano piano si apre, ma nessuna voce esce da chi sta entrando.

 

L’avventore non mi può comunque vedere, sono dietro la porta che aprendosi fa da scudo tra noi due. Ma quando la richiuderà, si troverà me, sullo sgabello, nuda a gambe larghe, con due dita nella figa e la bocca aperta per la voglia che mi assale.

 

– Giada… Giada.. ma dove cazzo sei? Giada! – Sottovoce, vengo chiamata.

La voce è sicuramente quella di Francesco e finalmente riesco a calmarmi ma mai smettendo di sditalinarmi.

– Bravo, benvenuto. Ora spegni la luce, chiudi la porta e non ti muovere di un millimetro. – Rispondo in tono di comando cercando di celare la mia eccitazione.

 

Non ha visto cosa si trova sul tavolino, non voglio sappia che sono completamente nuda, non voglio sappia che mi sto masturbando, voglio solo che conosca la mia bocca.

 

Finalmente la luce si spegne e dopo che la porta si chiude, il buio più completo riempie la stanza.

– Ora non ti muovere di un solo millimetro. Metti le mani dietro la schiena e non azzardarti a toccarmi. Chiaro? – domando con decisione.

– Si si tutto chiaro ma. Ho la cartella, posso…. – lo fermo subito.
– Zitto e fai quello che ho detto o vattene subito da qui dentro – dico senza ammettere repliche.
– Fatto – esce solo più dalla sua bocca, confermando di aver eseguito i miei ordini.

Così, finalmente al buio, inizio ad avvicinarmi.

Mi posiziono subito a quattro zampe, in modo che sia fuori dalla portata delle sue mani e poi, con le mani, cerco le sue gambe.

Finalmente le trovo, le agguanto e risalgo con lentezza esasperante fino alla sua patta.

Con altrettanta calma, apro i pantaloni e li abbasso fino alle caviglie, dopodichè torno verso l’alto, percorrendo con le mani le sue gambe.

Quando finalmente incontro i suoi boxer, li tocco, struscio le mani sul culo e poi con garbo e delicatezza tocco il suo cazzo, attraverso il tessuto. Sempre attraverso il tessuto, vado a tastare le sue palle, gonfie, cariche di sperma.

Poi faccio qualcosa che non si aspetta di sicuro, qualcosa che deve intuire come “chi comanda sono io”.

Prendo dall’elastico il piccolo e leggero indumento e dopo aver fatto finta di abbassarlo, uso tutta la forza che ho in corpo e tirando, lo allargo fino a strapparlo.

Il piccolo indumento si lacera rumorosamente sotto i lamenti del ragazzo.

Non avendolo però rimosso del tutto, poso una mano sul bacino del ragazzo e con l’altra, tiro ancora una volta con forza inaudita, strappandolo definitivamente e buttandolo infine a terra.

– Ma perchè???? – mi domanda il ragazzo.
– Stai zitto – rispondo con finto tono seccato.

Senza aspettare oltre, con la stessa determinazione, agguanto il cazzo semi molle e con velocità me lo ficco in bocca iniziando a succhiarlo freneticamente.

Essendo ancora molle, raccolgo anche le palle nella mia bocca e succhio tutto roteando la lingua all’impazzata.

Finalmente, rendendosi conto della situazione, il cazzo inizia ad ingrossarsi velocemente. Riempie la mia bocca, inizia a puntare nella mia gola. Le palle saltano fuori non riuscendo più ad essere contenute ed il cazzo inizia ad occupare sempre più spazio.

La mia lingua intanto non si ferma un secondo e da continue succhiate, inizio come una pazza ad andare su e giù per quell’asta pompando freneticamente.

 

Francesco si lamenta rumorosamente, ansima, gode, dice frasi sconnesse, prega, chiede di non fermarmi.

Ed io non mi fermo, succhio, lecco e con una mano inizio a massaggiare le palle. Con quella libera, raggiungo l’asta e inizio una sega frenetica, mentre con la bocca, ora succhio la cappella come fosse un ciupa-ciupa.

Francesco si lamenta rumorosamente, ruggisce, si attacca ai miei capelli con le mani e spingendomi l’asta in gola, grugnisce ancora e si scarica in me.

Tutto il suo sperma cola direttamente nella mia gola, cola senza ostacoli, cola in abbondanza ed io deglutisco tutto golosamente.

Succhio ancora il suo cazzo fino a quando non ha concluso e poi succhio ancora, ripulendolo da evenutali tracce rimaste.

Una volta soddisfatto, toglie le mani dai miei capelli e sento il suo corpo e il suo respiro rilassarsi.

A peso morto si appoggia alla porta mentre io, finalmente stacco la mia bocca e le mie mani dal suo cazzo.

 

– Bravissimo. Il tuo premio era questo. Ora vai in casa e aspettami. –

Mentre però torno sullo sgabello, voglio veda una cosa.

– Prima di uscire, accendi la luce e guarda sul tavolino. Capirai così com’ero vestita mentre ti ho premiato. –

E così, dopo essermi seduta, la porta si riapre, coprendomi alla sua vista, la luce si accende e il suo commento è stato :

– Cazzo. Ma, sei nuda. –
– Bravo, ora vattene e non provare a guardarmi – Rispondo comandando con durezza.

La porta finalmente si chiude, con lui all’esterno.

 

Finalmente, senza alzarmi, spalanco le gambe e due dita tornano a perforare freneticamente la mia figa rovente.

Non mi fermo un secondo, ansimando come una maiala vengo a piu non posso, inondando il piccolo sgabello dei miei umori.

 

 

Ripresi fiato e poi con calma mi alzai dallo sgabello mentre ripensavo ancora alla scena appena passata.

La voglia non è assolutamente calata.

“Se mi facessi un’altro ditalino, verrei ancora e non sarei comunque sazia ” – questo il mio pensiero mentre indosso il corto ed attillato vestitino nero.

Sotto ad esso però, non indosso niente.

Tubino attillato, sandali neri e quest’oggi, anche autoreggenti nere.

In effetti, questo vestitino è leggermente più lungo dei soliti indossati a casa di Francesco, ma ho proprio voglia di giocare con lui oggi.

 

Chiudo la porta della cantina e mi dirigo all’ascensore.

Nella mano destra, le chiavi e in quella sinistra, appallottolato nel mio palmo, il piccolo perizomino nero a rete larga.

Mentre con l’indice della mano sinistra premo il pulsante dell’ascensore, un lembo del picoclo indumento salta fuori.

Con imbarazzo torno ad impugnarlo meglio, rassicurandomi comunque che sono nel piano cantine.

 

Francesco è intento a leggere il libro che ho già preparato sul tavolo. Un braccio però è posto sul suo corpo, punta tra le sue gambe e si muove lentamente.

 

Sorrido e sculettando mi avvicino a lui :

– Ma cosa stai facendo, picc… – vengo subito fermata.

Il volto di Francesco diventa rosso fuoco e senza l’uso della voce, si alza frenetico dalla sedia e gesticola con agitazione nei mei confronti. Mi fa segno più volte di stare zitta.

Si avvicina a me quasi correndo, appoggia una mano sulla mia bocca e con la testa va al mio orecchio.

– Zitta ti prego, c’è mamma in bagno. Dobbiamo fare attenzione o ci becca.

 

Dopo quella frase divento paonazza e mi ricordo che non ho indossato niente sotto il vestitino attillato.
“Franca capirà subito che sono senza reggiseno e poi, se mi muovo troppo, capirà che sono in autoreggenti.” penso disperata.

“Maledizione, se mi chiede ancora aiuto a fare qualcosa in cucina, spero di non dovermi piegare, altrimenti chi le spiega che le mutandine le ho tolte per invogliare suo figlio a studiare??? “

– Senti, dobbiamo trovare un modo per andare a studiare in camera tua. Qui è pericoloso, sopratutto per me. – si è vero, sopratutto per me, sono io quella mezza nuda.
– Non ti preoccupare, ci penso io, anzi, andiamoci subito. Tu vai, sposta tutto dalla mia scrivania, ci penso io a portare tutto in camera. Almeno mamma non ti vede. Ok? Tranquilla. – mi ha detto tutto di un fiato. Con premura, preoccupato che qualcosa possa rovinare i miei piani, preoccupato che io sia in pericolo di essere “vista” e nel mentre che dice tutto questo, con una mano mi carezza dolcemente la spalla nuda.
“Quel tocco, tutta questa premura, questo interesse.” – mi immergo nei pensieri mentre raggiungo camera di Francesco.
Sposto tutte le sue cose con attenzione su un piccolo scaffale poco distante ed infine mi siedo alla scrivania, accendo il suo pc e aspetto.
Frenetico porta tutti i libri, li dispone nello stesso modo in cui erano in sala e non sbaglia un posto, una pagina, tutto perfetto.

” Ha una buona memoria fotografica ” – mi dico da sola.

La mia passerina torna a inumidirsi mentre penso quindi, si ricorderà alla perfezione il mio buchino del culo, visto di sfuggita una sola volta.

 

Vengo risvegliata dalla sua voce, mentre urla alla madre che sta ancora in bagno.

– Maaa!!! Ci siamo spostati in camera, così puoi passare l’aspirapolvere. –

Sento che Franca dice qualcosa, ma non capisco.
– No mamma. Era venuta ad aspettarmi sotto. Mi ha prestato 5 euro per farmi la ricarica dal giornalaio. –

“Mi protegge ed inventa pure le bugie per proteggermi. Temo che lo dovrò ringraziare.” – dico tra me, mentre penso in che modo possa “ringraziarlo” .

 

Rientra quindi in camera e chiusa la porta alle sue spalle, viene verso la scrivania.

– Che tesoro che sei, inventi pure le bugie per non dire che ti stavi godendo il mio pompino. – Sorrido maliziosa mentre appoggio le mie mutandine sul suo libro.

Mentre il mio braccio torna a posarsi sulla scrivania, Francesco accenna un movimento verso l’indumento.
– Fermo ! Chi ti ha detto di muoverti ? – comando mentre mi alzo in piedi.
Faccio il giro della scrivania e mentre mi avvicino a lui, riprendo possesso del piccolo indumento.
– Immagino tu voglia quello che ho in mano, giusto? – domando mentre le mie tette coperte dal vestitino, vanno a contatto con il suo petto.

I nostri volti sono a pochi millimetri l’uno dall’altro, accenna a muovere le mani, ma lo blocco nuovamente.

– Se lo vuoi, dovrai rispondere alle 10 domande – Dico mentre, allargati i suoi pantaloni, infilo il perizomino nei suoi boxer.

Faccio in modo che rimanga a contatto con il cazzo e le palle, in modo che lo senta bene e poi, tolta la mano, lo accompagno alla sedia.

– Ora ti siedi e non ti puoi assolutamente toccare il pisello. Chiaro? – domando mentre lo faccio sedere.

– Si, si. Capito. – Annuisce con l’eccitazione che sprizza dagli occhi.

A questo punto, anche io torno al mio posto, ma senza sedermi con una gamba vado ad appoggiarmi sulla sedia.

A quell’azione, il vestitino sale inesorabilmente ed a Francesco si mostrano così le mie autoreggenti con rifiniture in pizzo.

Spalanca gli occhi, ed io, non contenta, con una mano vado alla mia patata, appoggio il palmo su di essa ed una volta sicura di averla coperta alla vista, alzo il vestitino fino sopra le tette.

Il terrore che Franca possa entrare mi fa tremare, ma anche eccitare.

“Ora il maiale può vedere tutto di me.” – penso

– Lo so che vorresti vedere di più, lo so che vorresti vedere anche cosa copre la mia mano. – dico mentre tolgo la gamba dalla sedia e una volta girata di spalle, allargo le gambe e piego il busto a novanta.

– Ti piacerebbe fottermi così, vero? – domando scuotendo il mio culo nudo.

– Ti prego Giada, sto impazzendo, te lo giuro. – Mi dice disperato.

Ruoto verso di lui, con le tette a penzoloni, stringo le gambe tra loro e tolgo la mano sicura che non possa vedermi la patatina.
Lo fisso, è pieno di desiderio, eccitazione, ed io con le mani strizzo le tette mentre mi lecco le labbra da vera porca e poi, senza muovermi, riabbasso il vestitino coprendo tutto.

– Ora direi che possiamo iniziare con le domande. Non trovi? – dico, finalmente sedendomi.

Il terrore che la madre potesse entrare era troppo forte, non ho resistito oltre.
Ora, seduta, bagnata, eccitata e vogliosa posso iniziare con le domande.

“Cazzo ora deve sapere rispondere! Non resisto più!!! ” – penso mentre desidero quasi con disperazione quel cazzo.

 

 

“Avrebbe potuto benissimo toccarmi, baciarmi, leccarmi, fottermi, e poi.. basta basta basta! Giada! Basta!” – pensai mentre Francesco continuava a fissarmi ipnotizzato da cos’era appena capitato.
– Iniziamo con le domande? – chiedo mentre Francesco continua a fissarmi.
– Si si certo, inizia – risponde con desiderio.

Presi quindi il foglio con il disegno del mio corpo. Era ormai tutto colorato, mancava giusto quel piccolo triangolino tra le gambe.
Una volta posato sul tavolo, prendo la penna e poi inizio con le domande.
Erano veramente difficili e lunghe da esporre.
Era tutto calcolato, dovevano essere domande fondamentali che gli sarebbero servite per la riuscita dell’esame di stato.

Piano piano rispondeva correttamente a tutte, una dopo l’altra, con impegno e determinazione.

Mi stupivo di lui, mentre continuavo a colorare il piccolo triangolino.

Alla sesta domanda poi, lo fermai un secondo.
– Aspetta che devo sistemarmi. Tu non azzardare a sporgerti per vedere – comandai.

Quindi alzai impercettibilmente il culo, giusto per togliere peso dalla sedia e quindi feci scorrere il vestitino verso l’alto.

Lo alzai fino sotto alle tette, di modo che potesse vedere benissimo cosa avevo appena fatto, dopodichè per il terrore che la madre potesse entrare, lo riabbassai fino alla vita.

Ricominciai con le domande ed alla ottava, allargai le gambe anche se lui non poteva vedere.

Per fargli capire però la mia disponibilità, con un piede, dopo aver tolto il sandalo, andai tra le sue gambe, poste di fronte a me.

– Allarga le gambe –
Così si aprì la strada verso il suo cazzo. Andai subito con il piede a tastarlo. Era duro, veramente duro e si sentiva che il perizoma era ancora lì.

Ma poi, alla nona domanda azzeccata, fermai il massaggio sul suo cazzo e rimossa la gamba, tornai nuovamente a ricoprire la mia patatina riabbassando il vestitino fino sotto al mio culo.
– Vai a vedere dov’è tua madre – Veloce.
– Ma così???? – Mi domanda alzandosi in piedi e mostrandomi com’erano deformati i suoi pantaloni a causa della potente erezione.
– Si così, sei sordo o cosa? – Gli dico ridendo malignamente.

Ed in quelle condizioni, esce dalla camera lasciando la porta aperta.
Non sento rumori, tutto è silenzioso.
– Maa.. Maa… dove sei? – silenzio.
– Maa… dove sei? – silenzio.
Sento rumore di porte che si aprono e si richiudono e poi finalmente torna in camera.
Chiude la porta e avvicinandosi parla sottovoce.
– Mamma sta dormendo in sala, la tv è accesa e quindi non sente niente se non facciamo casino – dice sorridendomi.
– Ottimo – dico io alzandomi.
Senza attendere oltre, tolgo anche l’altro sandalo e poi abbasso il mio vestitino fino alla vita.
Francesco è in estasi a quella vista ma io, ovviamente non contenta, alzo anche la parte bassa, fino a quando scopro il bordo delle autoreggenti.

– Ti piaccio in mini e autoreggenti? – domando massaggiandomi le tette e sporgendo il culo all’indietro.

In effetti il tubino, ora appallottolato in vita, aveva quasi le sembianze di una striminzita minigonna.
Il commento di Francesco, ovviamente non mancò e mi rese ancora più eccitata.
– Sei uno spettacolo. Ti mangerei tutta. – dice mentre non resiste a toccarsi il cazzo di sfuggita.
– Allora se è così, allontana la mia sedia dalla scrivania. – ordino io mentre non smetto di massaggiarmi le tette.
Una volta eseguito il mio ordine, mi guarda e mi domanda :

– Adesso cosa vuoi che faccia? – mi domanda.
– Niente, solo quello che voglio io – gli rispondo avvicinandomi a lui.
Gli slaccio i pantaloni e li abbasso.
Prendo poi anche i suoi boxer, deformati e bagnati dall’eccitazione e li abbasso anch’essi fino alle caviglie.
Il perizoma è appeso al suo cazzo eretto, lo prendo e lo appoggio sulla scrivania.
– Questo te lo regalo se rispondi anche all’ultima domanda. – affermo mentre spingo il ragazzo sulla sedia.

Mi guardo attorno, pensando a cosa fare, poi, vista una fascia elastica da mettere in testa per il sudore quando si fa sport, la prendo e la applico sui suoi occhi.
– Mi raccomando non sbirciare o rovini tutto – così dicendo mi metto a cavalcioni su di lui.

Sono rivolta verso di lui, quando alzo il corto vestitino rendendolo così un rotolo di stoffa all’altezza della vita.
Dopodichè prendo la sua testa e sempre stando in piedi, a cavalcioni del suo corpo, la spingo a contatto con il mio pube.
Il suo naso va così a premere sul mio clitoride, la bocca sprofonda tra le labbra della mia patatina bagnata e la sua lingua esce subito in cerca di me.
Quella lingua magica, senza che l’abbia ordinato, inizia a saettare tra le mie labbra, inizia a penetrarmi, lecca tutti i miei umori. Quella bocca si muove da sola in me, succhia, bacia, lecca, morde.

Sono in estasi, ed ancora di più quando il suo viso si sposta e la bocca va a prendere possesso del mio clitoride.

Sto per urlare e venire, ma mi stacco con forza da lui, metto una mano davanti la sua bocca mentre prendo respiro e mi maledico per non essere venuta.
Se fosse stato così, avrei rovinato tutto e sicuramente, con le mie urla avrei svegliato la madre.

– Basta ti prego.- Dico con affanno nella voce mentre mi stacco da lui.
– Ma.. – sta zitto e ora finiamo sto gioco altrimenti vado fuori di testa.

 

Francesco non si muove, sta fermo ed io lo guardo.
Bendato, con le mani appoggiate sulle gambe nude, non si tocca nemmeno il cazzo che è duro come il marmo, sta fermo e aspetta. Aspetta me.

 

Torno dinuovo a cavalcioni e sta volta mi siedo sulle sue gambe, bloccando le sue mani sotto le mie cosce.
Prendo poi possesso del suo cazzo e delle sue palle con le mie mani. La mia bocca e vicinissima alla sua, posso sentire il suo respiro e lui il mio.
– Ora rispondi all’ultima domanda – Gli dico mentre appoggio il suo cazzo alla mia passerina che gronda umori.
Finita la mia domanda, sposto il cazzo all’ingresso della mia patatina, pronta a riceverlo.
Francesco inizia a parlare, sicuro di se mentre una mia mano sega quell’asta dura e magnifica.
Francesco espone, spiega e non sbaglia.
Non sbaglia niente.

Francesco ha risposto.

– Bravo. Hai risposto giusto –

Francesco mi ringrazia, sorride, aspetta.
So che cosa aspetta.
La mano rimane salda sul suo cazzo puntato all’ingresso della mia passerina.
L’altra mano va a prendere il perizoma sulla scrivania e una volta appallottolato comando :
– Apri la bocca e succhia quello che ti metto dentro –
Così gli ficco il mio perizoma pieno di umori, tutto in bocca.
Fatto ciò, con quella mano, mi aggrappo alla sua spalla, mentre con l’altra, mentre alzo il bacino, continuo a tenere puntato il cazzo sulla mia patatina.

– Bravo Francesco. –
Così dicendo, mi lascio cadere sul suo cazzo che tutto di colpo sprofonda nella mia patatina.
La bocca di Francesco è aperta, ansima, si lamenta anche se insonorizzato dal perizoma.

Il cazzo sprofonda in me fino alla radice, fino alle palle.
Tutto in me.

“Finalmente, dopo tutto sto tempo. ” affermo in estasi.

Ma poi , piantata su quel magnifico cazzo, mi ricordo che i suoi esami non sono ancora finiti.
Deve ancora fare l’esame di stato. Deve ancora studiare tanto!

“Ma io voglio scopare !!!!!! ” mi rispondo mentre mi alzo leggermente per riaffondare su di lui.

“No, non posso, non posso !!! ” continuo a dirmi.

Così mi alzo, il cazzo esce inesorabilmente da me lasciandomi un senso di vuoto incolmabile.
Sono disperata.

“Cazzo Giada. Fattela almeno leccare” mi rispondo
E così non me lo lascio ripetere due volte. Tolgo il perizoma dalla sua bocca e presa la sua testa tra le mie mani, gli ordino :
– Fammi venire brutto porco e dopo ti prometto che penso a te. Se vuoi puoi toccarmi il culo, ma la patata no! – Ordino quasi seccata.

Francesco è un diavolo con quella lingua, mi perfora e mi lecca con desiderio, con voglia, quasi con ossessione, lecca tutto e più di una volta, la sua lingua arriva a toccare il mio buco posteriore.

Lo lascio fare, non dico niente, adoro quello che fa e non sono mai sazia.
Ma poi la mia patatina freme, scalpita, sento che sto per venire e stringo la sua testa contro ad essa mentre le sue mani mi strizzano con forza le chiappe.
– Bevi tutto o ti giuro che non ti faccio venire. – ordino perfida.
E così come un fiume vengo, vengo e mi mordo le labbra per non urlare, vengo e mordo la lingua per non esprimere quanto amo quella lingua.
Ho il fiato corto e una volta venuta mi lascio cadere sulle sue gambe.

 

Riprendo fiato, ma non gli tolgo la fascia.

Le sue mani vagano sul mio corpo, una si ferma sulla mia figa, toccandola, massaggiandola, mentre l’altra prende possesso delle tette.
Il tempo che riprendo fiato e grazie ai suoi tocchi mi sento ancora una volta eccitata.
– Basta! – dico staccandomi velocemente da lui.

– Perchè?? dove ho sbagliato? Dimmi! Ti prego! – mi dice quasi disperato.
– Niente, non hai sbagliato niente. – dico carezzandogli il volto.
– E perchè non scopiamo? Perchè ti sei tolta? Non vado bene? Non sono abbastanza per te? – continua a domandarmi con tristezza.
– No ma che dici cretino. Sei ottimo per me. Ma ricorda che non abbiamo ancora finito. Devi ancora passare l’esame di stato o sbaglio? – gli domando mentre continuo a carezzargli il volto.
– Si ma, io ti voglio. Che cazzo me ne frega di quell’esame! – sorrido sentendolo parlare con sincerità e ancora con gli occhi bendati.
– Sta zitto scemo. Ci sarà tempo anche per quello e …. per altro… – confermo mentre mi abbasso tra le sue gambe.
– Altro cosa? – mi domanda.
– Lo saprai a suo tempo – gli dico sorridendo, mentre prendo il cazzo tra le mani e lo scappello.
– Ora ho sete. – affermo prima di prendergli il cazzo in bocca.

Questa volta però dura veramente poco, sono bastate poche succhiate, poche leccate ed appena ho stretto le palle in una mano, è venuto come un fiume nella mia bocca.

Dopo avergli pulito accuratamente tutto il cazzo, mi rialzo, mi sistemo il vestito, tornando a coprire tutto e poi tolgo la fascia dai suoi occhi.

 

Mi guarda stupito, vedendomi nuovamente vestita.
– Ma non me l’hai fatta vedere! – mi dice lui.
– Ma l’hai potuta conoscere molto bene. Non trovi? – rispondo divertita.

– Sai che è depilata, sai che era bagnata, sai anche il suo sapore e pure il tuo cazzo sa com’è. Non ti basta? – Domando ridendo.

– Dai rivestiti che oggi andiamo a prendere il gelato per davvero. – sorrido aiutandolo a rivestirsi.

Così usciamo da casa senza far rumore, mentre la madre è ancora addormentata sul divano.

È carino e gentile con me, sembra quasi geloso della gente che mi guarda, mentre seduti, mangiamo il gelato all’aria aperta.

Sembra quasi che gli altri possano sapere che sotto non porto intimo.

Sembra quasi sia geloso di me.

Mi vuole.

Lo so.

Sorrido mentre mi allungo al suo gelato e gli do una leccata fissandolo negli occhi.

 

 

 

Luci stroboscopiche ti vedo non ti vedo
curve che si muovono mi siedo se no cado
le tue unghie rosse cercano il pacchetto
dentro nella borsa tra la cipria ed il rossetto
poi ne sfili una l’accendi piano piano
chiudi gli occhi un attimo avvolta da quel fumo
tutti qui ti osservano ma non vedi nessuno
guardi un po’ la gonna e poi l’accarezzi con la mano

Esattamente come nella canzone degli 883, Giada è quella bomba sexy che tutti ammirano in quella piccola discoteca di periferia.

Tutti la desiderano, tutti guardano quel corpo con bramosia, tutti desiderano una folle notte tra quelle gambe fasciate da fantastiche autoreggenti di pizzo nere.

Lei non vede però nessuno e quasi non sente la musica mentre beve il suo cubalibre.

Giada è pensierosa, fuma quasi nervosamente mentre guarda i suoi amici ballare a centro pista.
Si, nervosamente. Perchè i suoi amici, sono due coppie di fidanzati e lei, come tutti i weekend, si trova a fare la “candela” della situazione.

Eppure, di cambiare amicizie non c’è verso. Quelle sono le sue migliori amiche con le quali si trova regolarmente quasi tutti i giorni della settimana.

Ma poi, il weekend, Giada non ha quasi voglia di uscire.

Ma poi, quando lo fà, si ritrova sempre al centro delle attenzioni di quasi tutti i maschietti.

Ma poi, quasi tutti questi maschietti, a parte “una botta e via” hanno ben poco da offrire.
Ma poi, ripensa alle sue ripetizioni settimanali.

E poi, qualcosa si fa sentire tra le sue gambe.

Deve stringerle, deve spingere una mano su esse, sulla sua gonna, tirare giù il suo drink tutto di un sorso e poi accendersi un’altra sigaretta.

– Ehi tu.. Ragazza! Un ragazzo ti ha offerto questo, prendi…
Ad urlare, per farsi sentire con tutta questa musica, era il barista.

Sul bancone così, spinto dalla mano dell’uomo, Giada si trova di fronte a un’altro cubalibre.

– Ma chi è stato a offrirmelo? – urlo, immaginandomi già qualche ubriacone che tra poco mi raggiungerà dicendo di essere il “padre eterno sceso in terra e tra tutte le donne, ha scelto proprio lei per i suoi piani divini“. Quando la realtà non è “divina” ma bensì “di-vino” a dettare i suoi desideri.

– Quel ragazzo all’angolo, quello con…. ma.. no, non c’è più… è andato via… – dice il barista cercandolo ora tra la folla ma senza alcun esito.

 

– Vabbè – dico alzando le spalle e tornando a guardare i miei amici ballare.

Il tempo passa e nessuno si fa vivo a riscuotere quel bicchiere offertomi.
Passo tutto il mio tempo seduta, mentre il pacchetto di sigarette si va esaurendo. Ripenso a mille cose, tra cui il mio ultimo ragazzo, ai miei amici, alle ripetizioni, al lavoro di ripetizioni, alle ripetizioni, alle ripetizioni….

” Basta!!!! Giada!!! Bastaaa!!! ” – mi urlo nella mente e bevo tutto di un sorso anche quest’altro drink.

Non passano nemmeno due minuti ed ecco dinuovo il barista che mi porge un’altro drink.
– Il ragazzo è sparito anche sta volta…. mi spiace. Però ha lasciato questo biglietto per te. – dice il barista porgendomi un bigliettino scritto a mano.

 

Apro il piccolo foglietto e leggo il breve messaggio :

” Smetterai di fumare o ti dovrò far ubriacare per riuscirci ? “

Mi giro quindi verso la pista, accendo un’altra sigaretta e sorrido verso la folla che balla, mentre con gli occhi cerco qualche sorriso di ricambio.
Non vedo però nessun sorriso rivolto a me, tutti ballano e se sorridono, lo fanno in altra direzione.
A metà del drink inizio a sentirmi un po alticcia, la testa gira e la sigaretta inizia a nausearmi. Ancora a metà, la sbatto a terra svogliata e mi alzo dallo sgabello.
Tutto va bene, finchè sono appoggiata al bancone. Ma appena provo a fare un passo verso la pista, le mie ginocchia cedono sotto l’effetto dell’alcool e quando sto per cadere rovinosamente a terra, due braccia raggiungono il mio corpo e attutiscono l’impatto con il suolo.

Il corpo sconosciuto, dopo aver pesato qualche secondo sul mio corpo, si riprende, trascinando nella risalita anche me.
Una volta tornati in piedi, il “salvatore” posizionato alle mie spalle, mi tiene per i fianchi, mentre una discreta quantità di curiosi, mi assale chiedendomi se sto bene, se mi sono fatta male, se mi serve qualcosa, se mi serve un passaggio per casa, ecc ecc…
Ma sempre quelle due mani sui miei fianchi, ora mi spingono verso la folla e sempre spingendo, mi fanno avanzare tra loro e poi ancora, fino al centro della pista e poi ancora, fino alla porta di uscita.

– Senti, no non mi pare il caso… Senti io ti ringrazio ma…. – cerco di dire mentre fermo la corsa
Mi spinge ancora e io sta volta mi giro, pronta a dargli un sonoro ceffone
– Ma allora non capisci? Io non voglio usc….. – però mi blocco d’improvviso.
Sotto la luce stroboscopica, tra un flash e l’altro delle luci a intermittenza, un viso familiare si rivela a me.
– Francesco!!! Ma che… – sorrido mentre prendo i suoi polsi cercando di staccarli dal mio corpo.
– Non ti sembra di aver esagerato? – mi domanda sorridendo.
– Ma va! Ho solo perso l’equilibrio per colpa dei tacchi. – cerco di arrampicarmi sui vetri.
– E quando invece hai tenuto le gambe spalancate per 10 minuti? Penso che tutta la pista abbia visto le tue mutandine rosse di pizzo e l’orlo delle tue autoreggenti. – dice lui portando fugacemente una mano sotto la minigonna, andando a toccarmi la pelle nuda, oltre l’orlo delle autoreggenti.

 

Mi mordo il labbro e guardo il ragazzo negli occhi mentre lui rimuove la mano.

– Hai la macchina? – mi domanda mentre torna a spingermi verso l’uscita.
– No sono venuta con dei miei amici – affermo mentre superiamo l’uscita, finendo all’aria aperta.
– Quelle due coppie che ti hanno lasciato praticamente appena siete arrivati ? – risponde quasi ridendo.

– Si proprio loro – affermo sorridendo

– Ma tu da quanto mi stavi fissando? – continuo domandandogli.
Mi sorride, mi carezza una guancia e mentre io sorrido al suo tocco mi risponde :
– Dal momento che sei entrata da quella porta – dice indicandomi l’entrata della discoteca.

Faccio quindi una breve chiamata alla mia amica Clara e l’avverto che andrò a casa per conto mio.

Tutta preoccupata, mi chiede con chi me ne stia andando, chiede dove sia andata, chiede se stia bene.

La tranquillizzo subito, le dico che sono alticcia ma che sto bene e sopratutto le dico una sola parola, un nome.

– Francesco.
A quel nome, il ragazzo di fronte a me, spalanca gli occhi, si avvicina maggiormente per ascoltare meglio cosa dico al telefono.
A quel gesto sorrido guardandolo di sfuggita e poi girandomi di spalle, concludo la conversazione, salutando la mia amica.
– Cosa le hai detto di me? Cosa sa? – mi domanda curioso mentre mi raggiunge quasi correndo fino a tornare di fronte a me.
– Niente di chè – dico alzando le spalle.
– Sai, siamo amiche del cuore – aggiungo sorridendo maliziosa.
– Non le avrai mica detto di noi? – mi domanda dubbioso.
– Chissà ?!?! – Rispondo concludendo la discussione con una risata maligna.

A questo punto, barcollando vistosamente, mi dirigo verso la fermata dell’autobus, seguita da Francesco che non mi perde di vista un secondo.
Usciti dallo stretto vicolo di periferia, giriamo l’angolo e ci troviamo in una grossa statale a tre corsie. Le macchine passano a gran velocità, sfrecciano senza sosta mentre io barcollante raggiungo finalmente la panchina posta sotto la pensilina.
Mi butto con tutto il peso su quel freddo metallo e appena appoggio la schiena, la mia testa va a poggiarsi sul muro ruvido posto alle mie spalle.
Francesco mi continua a fissare e sorride.
Mi guardo intorno e non vedo passanti. Solo le macchine che sfrecciano veloci, riempiono questo posto.
Sorrido e mentre mi mordo un labbro, inizio piano piano ad allargare le gambe.
Lo fisso.

Ma ora lui non fissa più i miei occhi.

Fissa qualcos’altro

Mano a mano che apro le gambe, dai suoi pantaloni attillati, all’altezza del cavallo, inizia a mostrarsi un certo rigonfiamento.

 

L’eccitazione in me, a quel punto inizia a montare.

Sale, sale ancora e ancora di più quando le mie mani, dopo essersi posate sulle autoreggenti, salgono, portando con loro nella risalita anche la mia minigonna.

Salgono fino all’orlo delle autoreggenti e senza più guardare se ci sono passanti nei dintorni, quelle mani salgono ancora.

Si fermano sul mio perizoma, si fermano quando la mia gonna è ormai un rotolo di stoffa sulla mia pancia.
A questo punto le mie mani, entrano piano piano nelle mutandine.
Francesco rimane immobile, si guarda intorno terrorizzato presumo dal possibile avvento di altre persone.
Me ne frego, le mie mani proseguono la loro corsa sul mio pube depilato, fino alla mia passerina umida.
Lo fisso tra le gambe, sogno quel cazzo e mentre due dita entrano in me, vedo la sagoma ora sfuocata, venirmi incontro.

“Adesso lo tirerà fuori, lo so. Chi cazzo se ne frega se siamo in mezzo alla strada. Lo voglio. Si eccolo. Tiralo fuori dai ” – dico nella mia mente, mentre apro le labbra, quasi come se mi stessi preparando a riceverlo in bocca.

 

Ma poi…
Quando è di fronte a me, quelle mani mi prendono di peso e mi alzano.

Mi levano le mani dalla mia intimità, mi risistemano la gonna e mi trascinano a bordo strada.
Sto quasi per notificare il mio malessere, il mio disappunto. Ma poi vedo in lontananza una sagoma grossa con una scritta luminosa…

” Un numero.. Forse la mia via… si il capolinea con la mia via… si il pullman!! ” – dico nella mia mente mentre barcollante, sostenuta dal ragazzo, allungo una mano verso la strada sventolandola.

Il mezzo a quel punto, mette la freccia a destra e piano piano si ferma davanti a noi.

Immagino con notevole fatica, Francesco mi trascina letteralmente nell’autobus mentre io perdo le mie forze minuto dopo minuto, sempre di più.
Una volta seduti, mi giro verso di lui e per la prima volta gli schiocco un bacio sulla guancia.

Arrossisce, si tocca la guancia, mi guarda e sorride prima di avvicinarsi a me.

Piano piano, il suo viso si avvicina al mio, piano piano le sue labbra si dividono.

Le distanze dei nostri volti si accorciano sempre di più.

Posso sentire il suo fiato e lui il mio.

Posso sentire la sua voglia, la sua eccitazione e lui la mia.

Ne sono sicura.

Potrebbe baciarmi, può baciarmi.

Lo sta per fare.

 

Ecco però che la mia mano raggiunge le sue labbra, le copre ed io avvicinandomi rapidamente, bacio le mie dita rumorosamente.

 

– Maialino. – Rido maliziosa mentre mi allontano da lui.

Lo sento sbuffare e di sfuggita però lo vedo sorridere.
– Ma almeno sai dov’è casa mia? – rispondo

– Certo, mi ricordo l’altra settimana, quando andando dal gelataio, mi avevi mostrato il portone. – sorrido e mi appoggio alla sua spalla mentre con pigrizia, vado a massaggiare il pacco gonfio tra le sue gambe.

Lo vedo, mentre sbircia la mia scollatura.

Lo vedo anche mentre sbircia le mie cosce scoperte e l’orlo in vista delle autoreggenti.

Al chè azzardo, dopo una breve occhiata attorno, non essendoci altri passeggeri, la mia mano si fa più audace, entrando in quei pantaloni tanto stretti ed una volta raggiunto il suo cazzo ormai in piena erezione, lo stringo con forza e inizio un lentissimo su e giù.

Faccio su e giu a lungo, mentre altrettanto lungo è il tragitto, così lungo che ad un certo punto la mia mano si ferma e il mio cervello va in blackout.

Dopo non so quanto tempo, due mani che mi alzano di peso, mi svegliano dal sonno.

Riprendo le forze e il controllo, mentre Francesco mi sta nuovamente trascinando fuori dall’autobus.

– Scusami. Sono un disastro sta sera. – dico quasi mortificata.

 

Davanti al portone di casa però, riprendo vagamente le forze.

Cerco nella mia borsetta le chiavi di casa e finalmente apro il grosso portone.

– Se vuoi salire, avrei bisogno di una mano, non so se riesco da sola. – gli dico appoggiandomi allo stipite.

Mi guarda e poi guarda il condominio .

– Ma.. i tuoi ? – domanda preoccupato.
– Tranquillo. Mio padre è sparito da anni con una cubana, mentre mia madre questa settimana fa il turno di notte – Rispondo sorridendo.

– Ahh.. Beh, mi spiace per tuo padre.. io non volevo – cerca di scusarsi
– Non ti preoccupare – rispondo mentre lo trascino all’interno

Una volta chiusa la porta alle nostre spalle, lo sbatto contro a essa e poi, allontanandomi, alzo la gonna fino in vita e presi i lembi del perizoma, li allargo fissando poi Francesco.

“Alle tre di notte di sabato, sono sicura che nessuno passerà per queste scale.” – penso tra me prima di lasciar cadere a terra quel piccolo triangolino di stoffa.

Finalmente, alla vista di Francesco si mostra l’oggetto dei suoi desideri, toccato, baciato, penetrato, leccato, ma mai prima d’ora visto con i propri occhi.
Sorride e l’eccitazione è sempre più palese e sempre più viva nell’aria.

Le soffici labbra di quello splendido frutto proibito sono umide e invitanti agli occhi del giovane.

Quelle soffici labbra, sono un invito.

Quelle soffici labbra, sono un premio.

Quelle soffici labbra, sono una vittoria.

Una vittoria che viene nuovamente sfatata, da quella gonna, che torna inesorabilmente a coprire quella visione libidinosa e paradisiaca.

– Forse è meglio che brucio un po di alcool e faccio le scale. Potresti starmi dietro? Sai, nel caso perda l’equilibrio. – dico avvicinandomi ad esse.
– Non guardare troppo però – aggiungo maliziosamente, mentre lo vedo raccogliere da terra il mio perizomino.

Sorrido ancora di più mentre salendo le scale, sporgo il più possibile il mio culetto, facendo vedere l’orlo delle autoreggenti. Ed ancora, sorrido, quando faccio due gradini per volta, allargando la gonna, a tal punto, da rendere visibile anche la mia patatina all’ormai sovraeccitato Francesco.

Infine, eccoci al mio piano.

– Ci siamo. Eccoci. Ma, aspetta un’attimo. Ho un prurito – dico proprio all’ultimo scalino, con a pochi centimetri dal mio culetto, il viso di Francesco.
Alzo la gonna, centimetro dopo centimetro, con calma, fino alla vita, rivelando così il mio culetto.
Le mie mani, vanno quindi alle mie chiappe e dopo averle prese saldamente, vengono allargate, mostrando così agli occhi di Francesco, il mio secondo buchino.
– Ho per caso qualche ricrescita? Sento un certo prurito.. Sai… Fastidioso… – dico mentre, girando la testa, guardo il suo viso quasi paonazzo.

– Nnnn.. nnno, non mi sembra… – risponde quasi a fatica mentre con una mano si stringe il cazzo da sopra i pantaloni.
– Hmmm. Come non detto, ho immaginato male – rispondo tornando a coprire il mio culo con la minigonna e riprendendo il percorso verso la porta di casa.

Sempre con molta fatica, riesco ad aprire anche la porta di casa.
– Se devi andare al bagno è li a destra, se vuoi mangiare cercati la cucina, se vuoi dormire vai a casa o dormi con me, fai tutto quello che vuoi. – Mentre gli faccio tutta questa lista, ancora in corridoio mi sfilo la maglietta sbattendola a terra.

Nel mentre poi, che varco la soglia di camera mia, la gonna cade a terra.
Ovviamente, nessun reggiseno copre i miei seni.

 

Francesco è rimasto impalato sull’entrata, godendosi la scena.

 

– Vuoi continuare a stare li, oppure mi aiuti a togliermi ste maledette scarpe?

Rispondo mentre mi butto di pancia sul letto.

Silenziosamente, sento i passi avvicinarsi, entrare in camera e poi fermarsi davanti il mio letto.

Lo sento abbassarsi.

Una sua mano, soffice, gentile, leggera, sfiora la mia schiena.

Scende alle mie natiche, ne percorre su e giu ogni singolo millimetro, quasi con cura di toccarle in tutta la loro superficie e poi scendono fino all’orlo delle autoreggenti e poi, scendono ancora, portandosi con se quelle stupende calze tutte ricamate in pizzo.

Finalmente poi, con calma, le scarpe mi vengono tolte e subito dopo, anche le calze.

Sono nuda, totalmente nuda con un ragazzo che ormai credo desideri tutto di me.
Quel ragazzo che ora mi massaggia con dolcezza i piedi, le caviglie, i polpacci.

Quel ragazzo che non osa insinuarsi tra le mie gambe anche quando le allargo leggermente.

Quel ragazzo che non cerca di usare la mia bocca con il suo cazzo, oppure il mio culo, oppure ancora la mia passerina tutta bagnata e vogliosa.
Dopo un po, si alza, mi sistema meglio sul letto quando ormai, sto entrando nel coma più profondo.

Ho voglia di venire, ma la voglia di dormire, la stanchezza e l’alcool fanno il loro effetto.

Sento solo più una presenza, al mio fiano.

Un leggero respiro sul mio viso e poi più niente.

Mi sveglio a pomeriggio inoltrato coperta da un lenzuolo leggero.

Affianco a me, nessuno.
I vestiti della notte, sono tutti piegati e riposti ordinatamente sulla sedia affianco al letto.

Su di essi, un biglietto.

 

“Ho dormito splendidamente, vicino a te.
Spero si possa ripetere ancora, ma quando avrai smaltito l’alcool.
Ti aspetto per le mie ripetizioni.

Ti adoro. “

Nessuna firma…

Non ha bisogno di firme…

 

“Peccato però, potevamo giocare ed invece, uff.. ” – mi dico mentre un dito massaggia il clitoride ed un’altro inizia a entrare e uscire lentamente dalla mia passerina umidiccia.

Mi masturbo e penso a lui.

Mi masturbo e penso alla sua lingua sul mio clitoride.

Mi masturbo e penso al suo cazzo.

Al suo cazzo nella mia bocca.

Tra le mie mani.

Tra le mie tette.

Nella mia patatina..

Nel mio…..

 

– Aahhhhhh!!!! Vengo cazzooo… – Sussurro venendo nelle mie mani.

 

 

È lunedì pomeriggio e fa veramente caldo.

Francesco è ormai in vacanza pre-esami e deve studiare molto per prepararsi.

“Oggi voglio fare un nuovo giochetto ” – penso divertita mentre raggiungo casa sua.

– Ma ciao Giada! Come stai? Oggi sono rimasta a casa tutto il giorno, non sai che relax! –

Ad accogliermi appena varco la soglia di casa è Franca, la madre di Francesco.

Quando inizia a parlare è una macchinetta e senza sosta continua, senza lasciarti manco il tempo di ribattere.

– Sai, questa settimana penso che tu possa stare tranquilla a casa. Tanto vedo che Francesco studia senza sosta e con i tuoi insegnamenti, credo abbia ormai capito come ricordarsi tutto! – mi dice sorridendo.

” No cazzo, questo no, io devo vederlo! Voglio vederlo! Merda… Voglio portare avanti i miei piani!”
– Ma Franca, in realtà Francesco avrebbe ancora molte cose da imparare, molte altre da ricordarsi e poi ha bisogno di me. Temo non sia ancora totalmente pronto per continuare da solo. – ribatto con la faccia preoccupata.

– Ma nooo. Che dici! Figurati, ormai ha imparato sicuramente e poi è giusto che provi anche un po da solo. – dice senza mostrare alcuna preoccupazione.
Poi però continua :

– Però, una cosa vorrei la facessi. Venerdì sera ci sono finalmente le pagelle e quindi si potrà richiedere qualche colloquio finale con i professori e sapremo anche se Francesco è accettato per la maturità – fa una pausa e riprende – Vorrei venissi con me e se hai dubbi o domande da fare ai professori, puoi andare tranquillamente al mio posto. Così saprai sicuramente aiutare Francesco. – conclude sorridente.

 

– Ah, capisco, beh, grazie. Ma sei sicura che sarò adatta? Io non saprei. – domando dubbiosa
– Ma va, figurati, vai benissimo e saprai sicuramente parlare con i professori. – ora dice ridacchiando.

Poi mi squadra, immagino valutando il mio “striminzito” abbigliamento.
– Deve fare proprio caldo fuori, vero? – mi domanda senza staccare gli occhi, quasi a voler vedere cosa c’è sotto.
In effetti, mi ero preparata per un giochetto interessante da fare.

Infradito, un cortissimo top nero e largo che terminava poco sotto le tette, lasciando completamente scoperta la mia pancia e a completare il tutto, una gonna di jeans elastica a livello vita e terminante poco sotto le chiappe. Questo era il mio abbigliamento di oggi.

Ovviamente ero priva di intimo, pronta a giocare con lo “studentello”.

– Ah, si, molto caldo! Ma Francesco è a casa? – domando con il viso paonazzo per l’imbarazzo.

– No, l’ho mandato a fare qualche commissione, arriverà tra un’oretta penso, devi chiedergli qualcosa? Vuoi aspettarlo e nel mentre facciamo due chiacchiere? – mi domanda

– Ma, no niente di particolare. No grazie. Vado a casa allora e torno venerdì – rispondo ancora imbarazzata.

” Figurati, se mi siedo questa si accorge subito che non porto le mutandine ” penso, pronta a fuggire prima di essere scoperta.
– Bene, allora a venerdì! Vieni qui per le cinque e andremo assieme. – mi ordina seria e decisa.
La saluto e me ne torno a casa delusa e ancora piena di voglia che non ho potuto sfogare.

“Che tortura questa settimana” – Pensai mercoledì, mentre mi sditalinavo immaginandomi lui.

Venerdì.
Un giorno indimenticabile! Purtroppo!
“Da dimenticare proprio! Oppure no? ” – Pensai il sabato sera, ripresa dallo stato “comatoso”.

– Ciao Giada! Ma, come siamo eleganti! – Mi accolse Franca mentre entravo in casa sua.

In effetti ci avevo impiegato molto a prepararmi.
Ero andata dalla parrucchiera a fare i capelli.
Sotto a una chioma ordinata e “boccolosa”, una collanina d’oro fasciava il collo scendendo fino all’inizio dell’incavo tra i miei seni, leggermente visibili grazie a qualche bottone aperto della camicetta a maniche corte bianca e righe verticali grigio chiaro.
Scendendo più in basso, un bottone lasciato “casualmente” aperto, mostrava un triangolino della mia pancia, in corrispondenza con l’inizio della gonna nera a pieghe terminante poco sopra metà coscia.
Nessuno però poteva sapere cosa ci fosse sotto questi vestiti.
Si potevano solo vedere le gambe fasciate in splendide calze tutte lavorate in pizzo e piedi fasciati in scarpe aperte con tacco alto e molto grosso, non di quelli sottili, non il classico tacco a spillo.
Sotto a questi indumenti però, nessuno immaginava un corpetto rosso che oltre a sorreggere magnificamente le tette, le copriva appena, terminando poco sopra il capezzolo.
Nessuno inoltre immaginava che quelle calze fossero sorrette da un reggicalze anch’esso rosso.

Per concludere, nessuno ancora, immaginava che sopra al reggicalze, pronto ad essere rimosso in qualunque momento, c’era uno striminzito e sottilissimo perizoma nero.

Quando mi vide Francesco, quasi perse l’equilibrio.
Lo salutai quasi di sfuggita mentre uscivo di casa con la madre.

Ma nella mia mente già pensavo a quando sarei tornata a prenderlo.

Tanto lo sapevo che avrebbe passato tutto a pieni voti.
Volevo premiarlo.

Avevo bisogno di premiarlo…

Altrimenti sarei esplosa dalla voglia che mi logorava.

 

Mi dovetti sedere con calma e attenzione sul sedile passeggero della bmw di Franca.

Altrettanta attenzione dovetti tenerla tutto il viaggio, facendo attenzione che la gonna non salisse incontrollata a rivelare qualcosa di “segreto”.

Già nel parcheggio dell’istituto, tutti gli sguardi erano puntati su di me, mentre uscivo dall’auto, mentre percorrevo il vialetto e mentre entravo nel corridoio principale.

– Devo ammettere che non passi inosservata tu! Praticamente tutti, si voltano a guardarti. Complimenti. Veramente. – Ammette Franca con invidia e quasi fastidio per tutte queste attenzioni.

– Eheheh! Ma smettila, guardano anche te, figurati… Dovresti vedere quanti guardano il tuo bel fondoschiena.. – Provo ad azzardare anche se in effetti il suo culo è davvero notevole e non mi dispiacerebbe alla sua età averne uno così.

– Ma smettila di prendermi per il … culo… – dice marcando l’ultima parola e iniziando subito dopo a ridere.

Ed ecco che mentre siamo entrambi intente a ridere, qualcosa mi fa azzittire subito, mi fa arrossire, anzi, impallidire quasi…

Una persona che pensavo ormai fosse in pensione, una persona che non ho mai più visto dopo essere uscita anche io da questa scuola.

Mi passa vicino, mi fissa con durezza e a pochi centimetri da me con tono deciso ma senza rallentare la sua camminata mi saluta con tono sicuro :
– Ciao, Giada.

Mi fermo e con le gambe quasi tremanti, balbetto quasi.
– S..sa..salve, professore….. F…Ferrandi –
Riprendo fiato.
Non mi giro a guardare se si sia fermato, mi vergogno terribilmente.
Riprendo a camminare..
Non mi accorgo però che davanti a me, Franca si era fermata a guardare la scena e sbatto contro di lei colpendo involontariamente a testa bassa il suo mento.

– Ahi! Ma che mi combini! – Urla quasi dopo che l’ho colpita.
– Oh! Ti prego, scusami, che scema che sono! – cerco di calmare la situazione mentre massaggio subito il suo mento appena colpito.

– Non ti preoccupare, sto bene… Ma… conosci il professore di Francesco? – mi domanda con molta curiosità visto il mio atteggiamento.
– Ehhmm.. si.. Si! Lo conosco, era… era anche il… mio professore quando venivo a scuola qui – affermo cercando di togliermi di dosso tutto quest’imbarazzo.

– Ma perchè non me l’hai detto subito che venivi anche tu qui?? ne avrei parlato con i professori, probabilmente ti avrebbero dato qualche consiglio in piu per le ripetizioni di Francesco! – dice quasi preoccupata.

– Ma no figurati… Non si ricorderanno manco di me! – cerco di sorridere coprendo l’agitazione.
– Ma…. Qualcuno, mi sembra si ricordi piu che bene di te – mi dice sorridendo.

Ricambio il sorriso cercando di celare il meglio possibile tutto il mio nervosismo.

Finalmente arriviamo nel corridoio delle classi…
– Bene, vediamo di farci il giro di tutti quelli liberi.. poi facciamo i piu importanti e basta penso che basti così –
Ed in effetti i primi 4 sono passati rapidamente, nessuna coda e nessun problema particolare di cui discutere. Francesco è molto preparato!
Poi le code sono diventate atroci, come atroce è il dolore che inizio a provare con queste maledette scarpe alte!
– Scusi. Mi scusi. Permesso. Scusi. – Sono avvolta nei miei pensieri mentre distrattamente ascolto questa voce sempre più vicina.

– Scusi. Eccoci. Giada, fammi passare. – Sbianco mentre, riconoscendo la voce, mi scanso voltandomi lentamente verso quell’individuo che imbraccia un grosso scatolone pieno di libri.
– Mi scusi… Prof… – Dico con voce tremante.
Passandomi davanti, data la quantità di folla che invade il piccolo corridoio e dato il grosso scatolone che porta, con un braccio, involontariamente struscia contro il mio seno provocandomi una scarica elettrica in tutto il corpo. Un mix di terrore e dubbio riguardo cosa possa aver pensato da quando ha ricevuto quella lettera, mi invade.
Finalmente mi sorpassa, finalmente inizio a riprendere fiato.

Ma proprio mentre sto riprendendo posto, proprio mentre è di fronte a Franca, si ferma.

Chiedendo scusa per l’ingombro, ruota a fatica in mezzo alla folla e fissandomi domanda :
– Ma tu che ci fai qui? – domanda serio
Ho quasi paura a parlare per tutto l’imbarazzo che provo.
– Lei è con me. – La mia salvatrice salta quasi sui tacchi mentre pronuncia la frase.

“Si Franca! Grazie che mi salvi tu ” – penso tra me.
– Ma lei è la madre di Francesco vero? – domanda ora rivolta verso la donna.

– Sisi… Lei è la ragazza che da ripetizioni a mio figlio. – risponde sicura e fiera.

Mi fissa senza parlare…
Tengo la testa bassa.

Vorrei scomparire, vorrei non essere mai venuta qui.
– Oh ma bene! Giada, ti spiacerebbe venire a discutere alcune cose sul tuo metodo di studio? Vorrei sapere come hai fatto a migliorare così tanto Francesco in così poco tempo! – mi dice voltandosi e tornando a camminare deciso tra la folla.

– Dai Giada, vieni sopra in libreria. Mentre ripongo questi libri ho molte domande da farti. – continua mentre si allontana da me.

– Giada! Dai! Che fai li impalata! Qualcosa non va ? – mi domanda Franca mentre mi vede ferma a testa bassa e con le mani strette tra loro.

 

Mi risveglio quasi mentre la mano di Franca va a scuotermi la spalla destra.

– Ah, si si! Vado vado! – Mi faccio forza e sempre celando il mio nervosismo prendo a farmi largo tra la folla, riprendendo a passo svelto il professore.

Sentendo i miei tacchi raggiungerlo rumorosamente, torna a parlare con me continuando a non degnarmi di sguardo alcuno.

– Bene, saprai sicuramente spiegarmi come fai a sintetizzare quasi tre anni di lezioni in pochi mesi di ripetizioni e farle oltretutto assimilare a questo ragazzo in tempi più che da record! – afferma mentre aprendo una porta di servizio, ci troviamo di fronte ad una rampa di scale.

Trattiene la porta aperta con un piede e lo scatolone in mano attendendo che varchi la soglia anche io.
Passandogli affianco sento ulteriori scariche elettriche. Le mie mani iniziano a tremare quando mi fermo a testa bassa davanti alla rampa di scale.

La porta si richiude rumorosamente alle nostre spalle e poi i passi del prof li sento sempre più vicini, anzi vicinissimi.

Il suo fiato è sul mio collo, con un soffio sposta i miei capelli e poi sento le sue labbra appoggiarsi impercettibilmente sul mio orecchio sinistro.
– Aiutami ad aprire le porte, tanto la strada la conosci… vero? – Mi sussurra all’orecchio… e quel modo di chiedermi conferma, sta a significare che le scappatelle con il ragazzo di turno, non erano poi così inosservate.
Significa che mi ha vista sgattaiolare in libreria e poi mi avrà anche vista mentre abbassavo le mutandine piegata a novanta su qualche bancone?
Mi avrà anche vista mentre usavo la mia bocca in modi inusuali?
Mi avrà vista anche mentre ho pianto per il dolore? Quando Carlo, durante una scopata furiosa, per sbaglio, entrando e uscendo dalla mia patatina, sbagliò buco, conficcandosi nel mio culetto vergine?

E poi, quante altre ne avrà viste?

Quando venivo legata e scopata dai gemelli?
“Basta!!! Basta Giada!!!” – mi dico impugnando il corrimano e appoggiando il piede sul primo scalino.
– Ti sei decisa finalmente? Dai che non abbiamo tanto tempo – dice spingendomi con lo scatolone che trattiene in mano.

Così inizio lentamente a salire verso il piano superiore.

Quando ecco che dopo pochi scalini, mi fermo nuovamente, spiazzata e imbarazzata dal commento del prof.
– Pensavo indossassi autoreggenti, invece, hai anche il reggicalze. Complimenti. – mi dice con una certa curiosità che traspare dal tono di voce.
Non sapendo cosa rispondere e rossa come un peperone, ripendo a salire le scale più velocemente, sperando così la tortura finisca prima.
Lo sento alle mie spalle, sento come mi guarda le gambe, come cerca di vedere più su di quanto la gonna non lasci già scoperto. Non oso immaginare cosa capiterà tra poco, ora che credo di avere intuito le sue intenzioni.

Così, sotto lo sguardo attento di Ferrandi, completo le due rampe di scale nell’imbarazzo piu completo. Arrivata poi alla porta che ci divide dal corridoio, tra un cigolio e l’altro la apro con fatica. Attendo quindi che il professore entri per primo, dopodichè lascio che la porta si richiuda rumorosamente alle nostre spalle.
Accendo le luci del corridoio e ci rendiamo conto di essere ormai soli su questo piano.
Al fondo del corridoio, all’ultima porta, si trova la libreria e così, sicura di me, cercando di celare l’imbarazzo, a grandi falcate cerco di raggiungere il prima possibile quella stanza.

– Fermati. Dove pensi di andare così ? – mi raggela il comando di Ferrandi dopo aver fatto non più di tre passi.
Non mi volto, abbasso la testa e provo a dire qualcosa, ma vengo nuovamente bloccata.

– Taci! Non voglio più sentirti parlare! Ora la gonna te la devo togliere io, oppure pensi di riuscirci da sola ? – mi dice tutto di un fiato, notando una certa difficoltà nel dire l’ultima parte della frase.
Penso di svenire, la mia vista per pochi attimi quasi si offusca e poco dopo, avvampa il caldo sulle mie guance ed un forte formicolio invade le mie gambe facendomi quasi cedere le ginocchia.

Mi appoggio al muro, con il sangue che pompa forte nelle vene e domando, quasi sussurro :
– Devo ? Prof…? – rimango con le labbra socchiuse e sempre a testa bassa ad attendere la sua risposta.
Una risposta che però non arriva.
Sento lo scatolone posarsi a terra rumorosamente e poi passi rapidi raggiungermi.
Altrettanto rapidamente, una mano raggiunge i miei capelli, impugnandoli e tirandoli verso l’uomo alle mie spalle. L’altra mano invece, raggiunge la mia gonna, scorre lungo il bordo superiore di essa in cerca dell’apertura. Una volta trovata, il bottone viene aperto senza remore, ed altrettanto rapidamente anche la zip, scende iniziando così a mostrare una piccola parte del mio reggicalze.
Poco dopo però, all’uomo si mostra molto di più quando con quella mano, strattona la gonna verso il basso e dopo aver mollato la presa dai miei capelli, mi ordina di alzare un piede alla volta, per rimuovere quell’indumento che ora è di troppo.
– Noto con piacere dei notevoli miglioramenti. Che dire Giada. Ormai sei diventata una donna a tutti gli effetti. E che donna… – lascia la frase in sospeso e dopo aver sentito la gonna cadere sullo scatolone dei libri, una mano si poggia decisa sulla mia chiappa destra.

Non so cosa dire, nemmeno cosa fare.

Un tempo, quest’uomo mi attirava quasi, ma dopo il mio gesto di addio, non avevo preventivato alcun secondo incontro, mentre invece… Eccomi qui, con una sua mano che massaggia la mia chiappa e con l’altra che chissà cosa starà facendo!

 

Il massaggio dura però pochi attimi dopo i quali, l’uomo si scosta da me.
Prendi lo scatolone e precedimi verso la libreria.
Inghiotto quasi a fatica la poca saliva che ho in bocca e senza guardarlo, anzi, facendo attenzione che ciò non accada, raggiungo lo scatolone e piegando le ginocchia, scendo per raccoglierlo.
– Ferma. Fallo senza piegare le ginocchia. – dice quasi ridacchiando.
Ritorno in posizione eretta e sapendo di dare le spalle inizio a piegare il busto verso il basso.

A Ferrandi si apre così la vista più completa del mio culetto, con le chiappe che piano piano si allargano, mostrando sempre più di quel perizoma striminzito che scompare tra le mie chiappe.

Arrivando finalmente allo scatolone, con non poca fatica e dovendo allargare non poco le gambe per aiutarmi a non cadere, riesco prima a prendere e poi sollevare il pesante fardello.

La scenetta improvvisata, deve essere stata al quanto eccitante per il mio spettatore. Tutto è andato come prevedeva ed ora, si trova una ragazza giovane e bella, che sculetta vistosamente davanti a lui, dato il notevole peso che ha tra le mani.

Il corridoio sembra infinito, come infinito sembra l’imbarazzo che provo a sentirmi il culo osservato così maniacalmente.

A riempire tutto questo vuoto, solo il ticchettio dei miei tacchi che rimbombando nel vuoto corridoio, detta un tempo, un tempo che sembra non finire mai, come quella porta della libreria che sembra essere ogni passo più lontana da me.

Finalmente raggiungo la porta della libreria ed allargando leggermente le gambe per tenermi in equilibrio, attendo che la porta venga aperta iniziando ad accusare tutto questo peso che porto tra le mani.

Lo spettacolo che offro deve essere notevole, visto che l’uomo rimane a fissarmi a lungo prima di decidersi ad aprirmi la porta.
Accese le luci, ci troviamo finalmente in libreria.
Entro e mi dirigo verso il primo tavolo libero, decisa a posare il prima possibile questo scatolone.
Finalmente raggiungo il tavolo e quasi con foga, lascio scivolare rumorosamente sul piano di legno il pesante scatolone.

Provata dalla fatica, piego leggermente il busto in avanti, poggiandomi con entrambe le mani sullo scatolone.
Involontariamente, durante quel gesto, allargo anche le gambe, mostrandomi così al professore in una posizione al quanto provocante.
Sento ora i suoi passi diretti verso di me. Faccio quindi per alzarmi, ma la sua voce mi blocca ancora.

– Cosa vuoi fare. Stai li ferma! Anzi, spostati affianco allo scatolone e poggia mani e gomiti sul tavolo tenendo le gambe ben larghe! – ordina con durezza senza fermare la sua camminata.
Nell’imbarazzo più completo, sentendo strani formicolii nella mia passerina, mi sposto leggermente, posizionandomi quindi come richiesto.

“Non ho idea del perchè non stia fuggendo urlando.

Non ho idea del perchè non mi ribelli a quel porco del mio ex professore.

Non ho idea del perchè accetti silenziosamente ogni suo ordine.
Saranno sensi di colpa per il perizomino che gli avevo regalato?
Saranno sensi di colpa per quello che ho scritto nella letterina?
Che cos’è tutto sto formicolio che sento nella mia passerina?

Diavolo!”

 

Intanto il rumore dei suoi passi si è fermato a pochi centimetri da me.

Lo sento alle mie spalle, sento i suoi movimenti e poi….
Come due pizzicotti, sento i suoi pollici e gli indici di entrambe le mani, andare a pinzare il sottile filo del mio perizoma da entrambi i lati.
Sento quindi il tessuto tendersi, aprirsi e poi, con lentezza esasperante, essere tirato verso il basso.

Così quel sottile tessuto, scorre lungo le mia pelle vellutata, la carezza mentre scende verso il basso, con se, anche il filino che piano piano viene sfilato dall’incavo delle mie chiappe, produce strani effetti su di me.
La pelle d’oca di propaga sul mio corpo mentre quel pezzettino di stoffa arriva a scoprire anche la mia passerina.

Quel triangolino di stoffa ormai stropicciato inizia la discesca oltre il reggicalze e si ferma all’inizio delle mie calze.

Le dita quindi, dal semplice pinzare il piccolo indumento, ora si piegano ad uncino, infilandosi da entrambi i lati e poi…

… uno strattone deciso…

Il rumore che si sente è di stoffa lacerata.
Un urletto quasi impercettibile mi scappa dalla bocca, mentre il perizoma mi viene strappato di dosso.

– Urla pure quanto vuoi, tanto qui, non ci sente nessuno. – ridacchia il prof.
– Questo ovviamente, me lo tengo come ricordo. – continua mettendosi in tasca il perizoma strappato.
Ho quasi timore delle sue reazioni, vista la violenza che ha appena subito il mio perizoma. Ma purtroppo il tempo di pensare e poco e cercando appiglio sul grosso tavolo, aprendo la bocca per lo stupore e facendo forza sulle gambe, per non cadere rovinosamente a terra, trattengo a stento l’urlo dovuto all’impatto violento della sua mano su una mia chiappa.

– AAAAhhhhh!!!!!! – Urlo quasi per il potente sculaccione appena ricevuto.
La mia chiappa destra inizia subito ad arrossarsi.
Sto quasi per domandare perchè, quando un secondo sculaccione mi sbatte violentemente nell’altra direzione facendomi quasi perdere l’equilibrio.

– Ma prooofff!!! Che male!!! – Urlo quasi, cercando di far smettere questa tortura.
– Zitta Troia! Questo è ciò che ti meriti per tutta la provocazione che hai dato negli anni passati! – Mi urla quasi.
Poi le sue mani, si scagliano ancora una volta sul mio culetto nudo spostandomi violentemente da una parte all’altra.
Mi viene quasi da piangere per il male, ma devo trattenermi per non sciupare il trucco.
– La prego prof! – replico a fatica.
– La prego? Per cosa? – Mi domanda mentre lo sento succhiare qualcosa.
Il mio udito si fa piu attento, cercando di capire cosa stia facendo.
Sento succhiare e poi sputare ripetutamente.
– Ma che cos…. Aaaaaaahhhhhh!!!!!! – urlo senza avere il tempo di finire la frase.
Il suo pollice, senza la minima premura, mi viene conficcato con forza nel culetto.

Grazie agli innumerevoli sputi, la saliva non provoca praticamente alcun attrito durante l’entrata, ma lo spavento, misto all’allargamento improvviso e forzato del muscolo del mio buchino, mi provocano non poco dolore.

– Zitta troia, che qui dentro ti ho vista prendere un cazzo per buco e tutti in una volta sola! – mi dice con tono duro e poi prosegue

– Se i tuoi vedessero i video che ho fatto, ti farebbero altro che la pelle! Huhahahaha! – dice ridendo e senza togliere il pollice dal mio culo.
– Sai, mi provochi. Mi hai sempre provocato e non sai quanto ti ho pensata! Non hai idea di quante volte avrei voluto scoparti! E poi quel perizoma! Per quasi un’anno, tutti i giorni, quel perizoma era sempre con me! Per un anno, ho pure avuto problemi con mia moglie, solo per causa tua ! – mi dice tutto di un fiato prima di riprendere a sculacciarmi tentendo il pollice nel mio sederino.
I colpi ora sono più leggeri, ma continui come continua è la pressione esercitata da quel pollice, per restare conficcato nel mio sederino.
Mi fa male è vero! Però tutto questo, dopo un pò, misto ai continui sculaccioni che arrossano ad ogni colpo il mio culetto, mi iniziano a provocare sensazioni strane al basso ventre.

Mi trovo ad essere bagnata, mentre quella mano si avventa con violenza sul mio culetto e quell’altra invece, è conficcata con prepotenza in me.

Inutili sono i miei lamenti, inutili sono le mie preghiere perchè si fermi.
Qualunque cosa dica, il prof non mi ascolta nemmeno.
Ma poi, finalmente si ferma.
Continuando a rimanere nel mio sederino con quel maledetto e oramai doloroso pollice, sento la fibbia dei suoi pantaloni.

Sento la zip e poi sento i pantaloni cadere a terra.
” Ecco che ora mi scopa ” penso tra me, mentre sento la patatina sempre più umida.
Quasi me l’aspettavo, quasi lo desideravo. Anzi, forse l’ho sempre desiderato.
Ma poi… Il rumore che sento è di sfregamento, frenetico, continuo, mentre la mano tra le mie chiappe mi trasmette vibrazioni continue.

 

Ferrandi piuttosto che tradire sua moglie, piuttosto che rovinare così un matrimonio, tenendo un dito ben piantato nel mio culettino, preferisce sfogarsi con una sega di fronte alla ragazzina che da 15 anni a sta parte, ha riempito tutti i suoi desideri piu segreti, tutte le sue perversioni, tutte le sue voglie.
E così, dopo ben pochi minuti di questa sega frenetica, il respiro si fa affannato, la presa nel mio culo si fa più dolorosa dopo aver piegato il pollice ad uncino e aver iniziato a muoverlo all’interno e poi….
– Ahhhh.. Troia… Ahhh… – dice sfogando tutto il suo piacere.

Sento gli schizzi cadere a terra rumorosamente, sento la sua voglia scemare piano piano.

Come è entrato, ora quel dito esce dolorosamente dal mio culo, lasciandomi qualche secondo a bocca aperta.
Poi purtroppo, la parola che non aspettavo ancora.
– Rivestiti e vattene – mi dice mentre mi giro e lo vedo intento a pulirsi.
– Ma prof… – dico senza sapere come proseguire la frase.

– Prof un cazzo… Vedi di andartene e non farti vedere mai più. Riguardo a Francesco poi, stai tranquilla che farò in modo che abbia ottimi voti – dice mentre richiude nei pantaloni il cazzo ormai moscio.

 

 

L’incontro con Ferrandi sembrò durare un eternità, quando in realtà avevamo passato assieme poco più di 30 minuti.
Il corridoio come anche le scale, le faccio quasi volando, per scappare via da quell’incubo tanto eccitante e imbarazzante.

In pochi attimi mi trovo proiettata nuovamente tra la folla, in pochi attimi mi domando cosa penserà di me quella gente che mi vede sbucare da questa porta.

Come se tutti sapessero che il mio culetto, sotto questa corta gonna è rosso come un peperone e poi…. Mai come ora mi sono sentita nuda… Senza mutandine, in mezzo a mamme e papà, che potrebbero anche essere i miei.

Poi il peggio, i bambini che corrono ovunque. Se mai dovessero passarmi affianco e alzarmi la gonna, sarebbe un disastro.

 

– Eccoti. Ma hai fatto veloce! Dai che tocca a noi, vieni così sentiamo cosa ci deve dire il prof di italiano. – Franca mi dice questa frase tutto di un fiato, mentre passandomi un braccio dietro le spalle, mi obbliga quasi ad avanzare, in direzione dell’aula in cui si terrà il colloquio.

Di Ferrandi, non ho notato manco più l’ombra. Non si è più visto ne sentito.
Finiamo così i colloqui con il terrore persistente di reincontrarlo.
Poi, finalmente, saliamo con mio sollievo sulla bmw dirette nuovamente verso casa.

 

– Ti ho vista turbata… Cosa ti è successo? Qualcosa non va? – Franca mi domanda preoccupata.
– Ma no figurati.. Solo vecchi ricordi che riaffiorano! – dico sorridendo e celando ancora una volta il mio nervosismo.
– Come vuoi, ma se poi decidi di dirmi la verità, tranquilla che non mordo! – Ha capito che dico palle!

“Maledizione che nervoso!” – penso tra me.

Finalmente arriviamo a casa e sempre stando dietro a Franca, per evitare imbarazzanti rivelazioni, salgo con lei, potendo anche io così, annunciare la buona notizia allo studentello!

 

– Franca. Ti spiace se sta sera te lo porto via? Avevo in mente un piccolo premio per lui.

– Nessun problema, figurati. Ma prima, rimanete per cena. Tra poco arriva mio marito con la cena.- Si ferma, sorride e poi spiega.

– Sai, a volte i clienti a quest’ora non sono molti, così si destreggia in cucina preparando qualcosa di buono da portare poi a casa. – Sorrido pensando a quando entrerà da quella porta e mi vedrà vestita così.
” Dalla padella alla brace? ” – Penso mentre vado in camera di Francesco.
Chiudo la porta alle mie spalle e Francesco mi viene subito incontro.

– Fermo dove sei! Dove credi di andare? – Domando divertita
– Volevo solo salutarti e ringraziarti – mi dice abbassando il capo.
Mi avvicino a lui e sta volta dico qualcosa che forse potrebbe rendermi esposta.
– Io ringrazio te! Per tutte queste belle emozioni che mi fai provare ogni giorno. – Così dicendo vado nei suoi pantaloni e superati i boxer tasto subito il suo cazzo duro e pronto alle mie attenzioni.

Vorrei proprio scoparmi questo ragazzo, vorrei farmelo infilare ovunque da lui…
Eppure devo resistere ancora, altrimenti il gioco finisce subito.

Durante la settimana avevo escogitato un piano pressochè “assurdo”. Eppure tutt’ora è l’unico realizzabile per tranquillizzare un po gli animi.
Quindi decido di mettermi all’opera.

– Sta sera, mettiti jeans stretti, boxer attillati, camicia e nessuna maglietta sotto. – lo guardo seria e poi aggiungo
– Mettiti anche fantasmini ai piedi e scarpe che si possano togliere facilmente – dopodichè mi allontano da lui e dopo avergli sorriso, sculetto verso l’uscita dalla camera.

Attendo che si prepari mentre parlo in salotto con la madre.
Sto sempre in piedi, per evitare che noti qualcosa di strano.
E poi… Eccolo.. Finalmente la sua entrata, trionfale..
Vorrei saltargli al collo li sul posto, davanti alla madre e palparlo, strusciarmi e infine spogliarlo dinuovo.
– E tu? Che credi di fare vestito così ? Vorrai mica competere con Giada? – Franca domanda al figlio ridacchiando.
Ridacchio anche io e lo invito a sedersi a tavola affianco a me.
Dopo pochi minuti che chiacchieriamo amabilmente, il citofono suona.
– Ecco finalmente è arrivato – Annuncia Franca mentre apre la porta ed il marito entra con in mano due teglie fumanti.

– Ciao, finalmente sono riuscito a chiudere. – dice con il fiatone.

E poi, quando mi vede, quasi rimane imbambolato a fissarmi.

Distolgo subito lo sguardo e lo abasso sul tavolo.
Lo sento che mi guarda, che mi fissa, che mi vuole.

– Ciao Giada. – Riesce finalmente a dire mentre si dirige in cucina.

– C.. Ciao! – Riesco a dire a fatica mentre ormai lui non c’è già più.
Francesco mi guarda con fare interrogativo.
– Niente, non ti preoccupare, è tutto ok! – dico posando una mano sulla sua coscia.

Poi finalmente, ecco le portate arrivare. Una dopo l’altra a riempire i nostri stomaci desiderosi di cibo.

Ridiamo e scherziamo riuscendo in parte ad affievolire l’imbarazzo tra me è il padre di Francesco, anche se alcune occhiate penetranti, le ho ricevute per tutta la durata della cena.

Alla conclusione poi, tutti aiutano a sparecchiare, a lavare, pulire e così anche io do il mio contributo.
Impegnata nel pensare a cosa fare, non mi rendo però più conto delle attenzioni dei due uomini della casa, sopratutto del piu anziano dei due. Fino a quando, andando in cucina, dopo aver posato la pila di piatti sporchi, per aiutare Franca, raccolgo da terra alcune forchette appena cadute.

Lei ovviamente, di fronte a me, non si accorge di niente, mentre, il marito, alle mie spalle, si accorge di ben altro.
Non facendo alcuna attenzione, senza flettere minimamente le ginocchia, mi piego a raccogliere le forchette, rivelando così all’uomo, l’orlo delle mie calze, il reggicalze ed in parte, la mia patatina depilata e priva di mutandine.

Quando mi alzo, la donna è indaffarata a lavare le stoviglie e dopo averle consegnato le forchette, mi volto verso il salotto, trovandomi di fronte al marito, fermo immobile, con la bocca aperta e i bicchieri sporchi in mano.
Il mio viso avvampa di rossore, non so piu che fare, ne dove andare. Quando con un impeto di imbarazzo, gli vado incontro, chiedendogli permesso, per poter così scappare il più lontano possibile.
Finalmente raggiungo Francesco, con il quale inizio a chiacchierare sfatando il momento.
Poi, quando Franca e il marito finiscono di lavare tutto, io e Francesco decidiamo di congedarci, accompagnati dal marito fino all’uscita.
Francesco esce quasi con fretta e mentre scende già le scale, varco anche io la soglia di casa, diretta verso esse.
Una mano però, decisa e ferma, afferra il mio avambraccio destro fermando la mia corsa.

La testa dell’uomo si avvicina quindi al mio orecchio e sussurra :
– La prossima volta che ti vesti così da troia, non la passi liscia. – lascia quindi la presa e alzata la gonna, palpa con prepotenza una mia chiappa nuda ed esposta.

Non parlo, non ne ho il tempo e la porta viene chiusa con furia alle mie spalle.

 

 

 

 

Usciamo rapidamente dal condominio e puntiamo subito alla mia macchina.
Una volta saliti nell’abitacolo, accendo il motore e tirati giu i finestrini, comando a Francesco.
– Tira fuori il cazzo – dico quasi con fretta, quasi come fosse una cosa normale quella di chiedere ad un ragazzo di tirare fuori il suo pisello.
– Scusa ma… ma qui? Devo proprio? – mi domanda con un palese imbarazzo.
– Dai muoviti o facciamo tardi, sono già le 11 ! – dico mentre inizio ad aprirgli i pantaloni.
Ma quando finalmente, abbasso i boxer, il cazzo si rivela moscio e privo di vigore.
– Ma che… Prima era duro… Cos’è non ti eccito più? – domando mentre tasto quel cazzo moscio e piccolo.
Rosso in volto e con notevole imbarazzo nel parlare mi confida :
– No in realtà, mi sono fatto una sega mentre aiutavi mamma.. Non volevo venire subito se ti andava di giocare con me – dice abbassando il capo.
– Ma che scemotto. In realtà ora pensavo di farti un pompino per lo stesso motivo per il quale hai fatto la sega. – Finisco la frase mentre lui spalanca gli occhi per la sorpresa e poi, con un sorriso malefico continuo :
– Peccato. Peggio per te! Sta sera niente pompino allora! – Affermo mentre alzo nuovamente i boxer e inizio a chiudere i suoi jeans.

Sbuffa irritato concludendo di richiudersi la cintura mentre metto la marcia e parto come un razzo.

– A quest’ora hanno già aperto. Speriamo di arrivare prima che ci sia troppa folla, altimenti Giovanni non ha tempo per ascoltarmi. – dico mentre continuo a guidare come una pazza.

– Ma dove stiamo andando? Giada! Rallenta cazzo! Vai piano! – Inizia a urlare Francesco in preda al terrore.
Io non contenta, in un rettilineo, accellero ancora di più, quando ecco che, una pattuglia della polizia accende i lampeggianti poco dietro di noi.
– Merda! – Dico senza però far capire a Francesco la motivazione.
Poi dopo una volta improvvisa a destra e un passaggio con il rosso ed infine un vicolo a sinistra, riesco a scamparla e i lampeggianti sono scomparsi!
“Fortuna che il mio ex era pilota di rally e mi ha insegnato qualcosa” – penso con spavalderia mentre ormai siamo vicini alla meta.

 

– Ma dove cazzo mi hai portato Giada? – mi domanda Francesco, quando la risposta la trova davanti ai suoi occhi.
– Proprio qui – rispondo ridacchiando.
Davanti a noi, l’insegna è inequivocabile : Night Club scritto a caratteri enormi e subito sotto il nome del locale.

All’entrata, saluto il buttafuori che conosco di vista e una volta all’interno, eccolo! Trovo subito Giovanni.
– Ciao Gio!!! Come stai???? – Urlo a causa della musica alta.
– Ciao Giadina.. Ma che ci fai qui? Si tratta mica di quel vecchio favore per caso? – mi domanda fissando poi Francesco.
– Esatto! Quanto ti devo per questo favoruccio? – dico sorridente mentre estraggo il portafoglio.
– Beh, uno spettacolo in privè, con le due più belle del locale…e che facciano anche qualche extra… diciamo che sui 200 euro vanno bene, ma per te, facciamo il costo di una lapdance da 50 euro senza extra. – mi sorride carezzandomi una guancia.

Dopodichè prosegue :
– Con questo favore siamo alla pari? – mi domanda
– Certo! Non siamo più parenti ! Ahahahah! – rido divertita, conscia del fatto che Giovanni ha capito che non mi deve più soldi per una vecchissima storiaccia che ha avuto e dalla quale, ho contribuito personalmente, a salvargli il culo.
– Va bene dai, allora ti chiamo subito le ragazze, così tu sei libera di bere qualcosa con me! Possiamo così brindare finalmente al fatto che riesco a sdebitarmi con te! – ride divertito.

In effetti Giovanni, è un bravo ragazzo con il quale siamo sempre rimasti buoni amici e non so se sia per il fatto che vede ragazze nude tutti i giorni, ma è uno dei pochi che posso veramente ritenere un amico e che non ha mai fatto una piega anche vedendomi in perizoma e autoreggenti.
– Dalila e Christine alla cassa grazie. – dagli altoparlanti si sente nitidamente i due nomi chiamati dalla voce di Giovanni.
In breve, due ragazze veramente stupende, alte e formose, con veramente pochissimi indumenti addosso, si presentano alla cassa.
– Ragazze, vi prego di intrattenere il ragazzo per un’ora e che siate mooolto disponibili ma, autoritarie! Mi raccomando! – sorride e poi si rivolge a Francesco.
– Buona fortuna ragazzo. Sei in ottime mani! – dice sorridendo.
– Vai Frà, io ti aspetto fuori! Te lo meriti! – dico sorridendo anche se sono piena di gelosia per quelle due che tra poco lo spoglieranno tutto per farci chissà cosa!

Poi mi rivolgo nuovamente a Giovanni :
– Allora questa bella bevuta? Dove la facciamo? – dico sorridendo.

– Vai al bancone, tanto la strada la conosci e aspettami che tra poco sono da te. – dice mentre scompare dietro il separè.

 

Entro così nel locale vero e proprio e dirigendomi verso il bancone, non posso fare a meno di notare due culi maestosi, coperti da striminziti perizomini, che danzano senza sosta sul palco, attaccati allo stesso palo, sotto una musica dolce e rilassante.

” Che bei culi! Però il mio, anche se più piccolo, devo dire che è molto più sodo! ” – penso sorriendo mentre mi avvicino agli alti sgabelli.
Vorrei tanto sedermici sopra, ma il poggiapiedi è troppo alto, lo sgabello è troppo piccolo e sicuramente al primo moviento, tutti vedrebbero la mia passerina o il mio culo scoperti.
Preferisco quindi stare in piedi, anche se con queste dannate scarpe è una tortura.
Dopo breve, il barista si avvicina :
– Sei nuova vero? Come ti chiami? La tessera te l’hanno data quando eri nei camerini?- mi domanda con molta gentilezza.
– No scusa, guarda che sono un’amica di Giovanni. Io non lavoro qui – rispondo altrettanto cortesemente.
– Ah Scusami! Ti offro da bere allora, mi spiace di averti scambiato per una di loro, ma sei tanto bella per essere in un posto così ! – mi risponde con un discreto rossore in viso.
– Va bene, se proprio insisti un coca-rum lo accetto molto volentieri! – rispondo sorridendo.

– E così sia! – risponde afferrando un bicchiere vuoto e affondandolo nel ghiaccio.
E così dopo neanche un minuto inizio a bere il mio cocktail gustandomi il balletto che viene proposto sul palco.
Nel mentre il mio pensiero va a Francesco che, nemmeno entrato, già è finito in un privè con le due ragazze più belle del locale.
– Hai già trovato un ammiratore a quanto vedo? Quel cocktail chi te l’ha offerto? – mi sento domandare dall’altra parte del bancone.

Quando mi volto verso quella voce, trovo il volto sorridente di Giovanni che attende la mia risposta.

– In realtà è stato il cameriere. Tutto perchè mi aveva scambiato per una ragazza nuova del locale! – rispondo ridacchiando.
– Se non fossi stata tu! Avrei fatto una figura di merda grazie al mio barista allora! – risponde con un filo di nervosismo.

– No ma va ! Che dici! È normale! Non tutti i giorni capita di trovare ragazze che vengono in questi posti! – rispondo cercando di riappacificare gli animi.
– Dai lasciamo perdere. Piuttosto. Cosa stai bevendo? – mi domanda annusando il cocktail che ho in mano.
– Un coca-rum! – rispondo sorridente.

– Dai ti faccio compagnia con uno shot di wisky! Poi devo andare. Potrai mai perdonarmi? – domanda dopo essersi versato un po di wisky nel bicchierino.
Senza aspettare risposta, Giovanni fa un veloce brindisi con me e dopo aver bevuto il bicchierino “all’asse” fugge ancora una volta dietro le quinte, lasciandomi così da sola.

Il dolore ai miei piedi è particolarmente forte, tanto che per rilassarmi un pò, decido di appoggiarmi con i gomiti al bancone e inarcando la schiena e sporgendo il culo all’indietro, riesco finalmente a scaricare un po il peso, non solo dalle scarpe, ma anche dalla mia schiena dolente.

Mantengo questa posizione per non so quanto tempo, avvolta nei miei pensieri, fino a quando, una mano si appoggia con prepotenza su una mia coscia, per poi salire decisa.
Sale oltre l’orlo delle calze e sale ancora alzandomi la gonna al suo passaggio.
Sale fino a bloccarsi a contatto con la mia patatina scoperta.
I miei riflessi, data la quantità di alcool, sono molto rallentati e solo quando mi accorgo che la mano ha raggiunto la mia patatina, riesco a scansarmi a fatica.
– Ma che fai? Ora a lavoro non si portano più le mutandine? Sei nuova vero? Quanto vuoi per un privè in due? Dai che ho il cazzo duro. Lo vuoi sentire? –
Il ragazzo che mi parla avvicinandosi sempre di più, è giovane, molto piu giovane di me e non ci sono dubbi sul fatto che mi abbia scambiato per una ragazza del locale.
– Ehi stai calmo e non toccarmi. Guarda che hai capito male. Io non sono del locale.. Io sono un’amica del proprietario! – dico ad alta voce, sperando che qualcun’altro mi senta.
Ma purtroppo per me, nei paraggi non c’è nessuno. Tutti sono ai tavolini, ed il barista è intento a chiacchierare con un cliente dall’altra parte del bancone.
– Palle! Dimmi la verità! Sei nuova e non hai il coraggio? – Mi dice in preda all’eccitazione ed all’alcool che invade il suo corpo.
Una sua mano torna nuovamente tra le mie gambe e sicura si insinua sotto la gonna andando subito a tastare la mia patatina.
Con l’altra invece tasta con violenza il mio seno da sopra i vestiti.
Colpita nell’orgoglio e sentendomi in pericolo, schiaffeggio violentemente il viso del ragazzo per poi dirigermi ai privè in cerca di riparo e per vedere come se la cava il mio Francesco.
Quando però entro in quel lungo corridoio, mi rendo conto di non sapere assolutamente in quale camera andare a controllare.
Quelle occupate sono molteplici e quelle libere hanno semplicemente la tenda aperta.
Quando ecco che, mentre mi volto per uscire, sbatto sul petto di qualcuno.
Qualcuno che quando metto a fuoco riconosco.
– Oh Merda! – Esclamo mentre vedo il ragazzo di poco fà ridere a pochi centimetri dal mio viso.
Affianco a lui adesso compare anche un’altro ragazzo, piu robusto di lui, più muscoloso e sicuramente con qualche anno in più.
– Adesso troietta vieni con noi. Stavi spiando le tue amiche per caso? –
mi domanda mentre il suo amico più robusto, dopo avermi preso per i capelli, mi trascina nella prima camera libera.
– No dai ragazzi. Ragionate. Io non sono di questo locale. Sono solo una loro amica ma non lavoro qui! Lasciatemi uscire vi prego. – Cerco di dire con calma prima di adottare le maniere forti.
Ma ancora prima che possa reagire, il ragazzo più giovane, nonchè il più ubriaco, afferra la scollatura della mia camicetta e con un colpo deciso fa saltare tutti i bottoni aprendola così di netto e rivelando ai due, il mio corpetto rosso.
– Ma cosa abbiamo qui! E questo bel corpetto? – mi dice sempre quello giovane tastandomi ora le tette da sopra il corpetto.
Cerco di spingerlo via, continuando a ripetere di lasciarmi stare, quando ecco che il secondo ragazzo si avvicina silenziosamente ed arrivato alle mie spalle, con uno strattone deciso, strappa di netto la mia gonna, provocando un leggero dolore a livello vita.

Finalmente anche l’altro ragazzo parla :
– Ma che troia. Non porta nemmeno le mutandine. Guarda che figa.- risponde toccandomi rudemente il culo.
In poco, tra le mie ribellioni e lamenti, riescono a posizionarmi a 90° sul lettino che c’è in centro alla camera.
Mentre uno si posiziona davanti la mia bocca, sento l’altro posizionarsi invece dietro di me.
Il primo a entrare è quello nella mia bocca, che dopo qualche spinta, accolgo con fatica tra le mie labbra.
Il secondo invece è nella mia passerina.
Dopo essersi sputato sul cazzo, punta deciso su di essa e con due spinte entra in me accompagnato dai miei lamenti.
Dopo poco però mi rendo conto che lo spavento maggiore è dato dalla situazione, mentre il dolore che potrei provare, non lo sento.

La mia passerina è un lago e questa penetrazione violenta, alla fine non ha dato alcun effetto negativo su di me, ed anzi. Ora inizio a trarne un certo godimento.

Proprio sul piu bello, mentre finalmente godevo di una doppia montata, proprio quando finlamente stavo per avere il mio primo orgasmo.
Ecco una voce fuori campo. Una voce che in precedenza avrei voluto sentire volentieri, ma che ora, preferivo non sentire più e che questa cavalcata arrivasse al termine.
– Voi tre!! Che cazzo fate !! Questo non è un bordello! –
Sento i due staccarsi da me, lasciandomi un senso strano di vuoto dentro.
Il terrore però ora colma i miei attimi.
Il buttafuori, prende con forza i due ragazzi sbattendoli fuori dalla camera.
– E tu! Se vuoi lavorare qui vedi di fare il contratto come tutte le altre! – mi urla quasi in faccia.
Poi quando finalmente esce, cerco la mia gonna, anche se rotta, per provare a coprirmi.
Cerco a lungo , ma niente.
– Quei due stronzi mi hanno rubato la gonna. – dico ad alta voce.
Dopodichè esco dalla camera e vado in cerca di Francesco.
“Basta ora voglio uscire da qui” – mi riprometto mentre vago tra i camerini con la patata al vento e la camicia senza più nemmeno un bottone.
Nel primo camerino che apro, trovo un vecchio intento a incularsi una giovane ragazza formosa.
Nel secondo, un ragazzo piu o meno dell’età di Francesco è tutto estasiato mentre due ragazze ballano nude su di lui, strusciandosi sul suo corpo anch’esso nudo.
Nel terzo poi, aprendo, trovo il volto di una ragazza, pieno di sperma che impugna un cazzo gonfio e rosso fuoco.Le sue mani sono anch’esse piene di sperma, eppure non si ferma e continua a pompare quel cazzo che non sembra stanco di eruttare.

Dietro di lei poi, seduta presumibilmente sul volto dell’uomo, un’altra ragazza sembra godere di quella bocca che ha sotto di lui. Premuta sulla sua passerina, con la lingua che sicuramente leccherà ogni millimetro di essa.
Ma poi, guardando meglio.
” Cazzo ma sono le due ragazze che ha chiamato Giovanni per andare in privè con Francesco!!”
– Ma.. Francesco??!?!?!?!?! – quasi urlo avvicinandomi al lettino.
– Ehhiii cosa faii.. Vai fuori… L’ora non è ancora finita – Mi dicono quasi in coro le due ragazze irritate dalla mia entrata.

Spingo via la ragazza che sta sulla sua faccia, rivelando finalmente il viso estasiato di Francesco.
– Che cazzo stai facendo??? Non ti ho mandato qui per farti scopare da tutte! Brutto porco! Ora andiamo a casa! Basta! – Dico mentre lo trascino giù dal lettino.
– Voi andate fuori! Avete finito con lui! – dico rivolgendomi alle due ragazze.
Ecco che poi aiuto Francesco a rivestirsi e una volta pronto, lo trascino verso l’uscita dai privè.
Ma poi ecco che si ferma e mi fa la domanda fatidica, per la quale non so cosa rispondere.
– Ma la tua gonna? Ma le tue mutandine? Dove sono? Perchè non le hai? – mi domanda mentre divento di tutti i colori.
– Non so come risponderti ora. È una lunga storia che sicuramente ti racconterò fuori da qui – rispondo tagliando per il sottile.
Quando però arrivo alla cassa è Giovanni a svelare il tutto a Francesco, domandandomi il perchè di questa mia troiaggine.
Quando poi riesco con calma a spiegare tutto, è lo stesso Giovanni a chiedere scusa a me e poi, visto il mio problema della gonna, mi promette di trovare subito qualcosa che possa indossare per uscire da qui.
Mentre attendo intanto, la camicia, per non rimanere con il solo corpetto, decido di arrotolarne la parte inferiore e poi legarla davanti.
Una volta che completo l’operazione, una ragazza in perizoma e reggiseno si presenta a me con un pezzo di stoffa nero nella mano.
– Giovanni mi ha detto che ti serviva una gonna. Questo è tutto quello che ho. Tieni, te lo regalo. Ciao! – Mi cede il piccolo indumento e come è venuta, se ne va.
Guardandolo, però, noto che non è altro che una sottile fascia elastica nera.
– Ma che diavolo. – dico mentre indosso quell’indumento tanto striminzito e stretto.
Per riuscire a coprire la mia patata, quel piccolo indumento copre solamente il centro delle mie chiappe. L’incavo alto rimane scoperto, come anche la fine di esse, una piccola parte di quelle mezze lune compare dal basso di quella fascia così stretta che copre ma mostra tutto allo stesso tempo.
Il reggicalze rimane praticamente tutto esposto e come se non bastasse, la fascia non arriva nemmeno a coprire il bordo delle calze.

Francesco mi guarda incantato da tale spettacolo, mentre io mi maledico di aver lasciato fare tutto quello che voleva Ferrandi!
Se solo avessero sentito che sotto la gonna c’erano le mutandine, non si sarebbero sicuramente comportati così quei due porcelli!

Ed ecco che , finalmente, dopo qualche saluto rapido seguito ancora dalle scuse di Giovanni. Torniamo alla macchina e ci rimettiamo in viaggio verso casa.

Francesco continuava a raccontarmi di com’era stato fantastico con quelle due ragazze, di come l’avessi reso felice e di come era venuto più e più volte.
Dal canto mio, mi sentivo nervosa per tutte le porcate subite fin’ora e per di più gelosa per quelle due donne che tanto l’avevano fatto godere.

– Quindi ti hanno fatto godere più di quanto io abbia fatto in passato vero? Quindi da sola non sono abbastanza per te? – dico nervosa.
– Ma no che dici, tu sei perfetta.. Mi piaci un sacco. Ma anche queste due ci sapevano fare.. – mi dice per confermare che non ero da meno.
– Cercherai mica di consolarmi? – dico ancora nervosamente
– Ma nooo!! Giada, io ti adoro, io non potrei avere di meglio! – mi dice trattenendo qualche altra cosa che forse avrebbe voluto dirmi.
A questo punto capisco le sue intenzioni e capisco la sua eccitazione del momento.
– Va bene. Ma per oggi basta così, tornatene a casa che io ho bisogno di un bagno, sono distrutta – dico con voce provata.
– Ok ti capisco. Mi spiace – così dicendo mi saluta con un bacio sulla guancia e subito dopo esce dall’abitacolo.
Sorrido contenta del lieto fine e ripartendo quasi sgommando vado verso casa.

Non faccio nemmeno 150 metri che ecco una paletta che compare a lato strada.
Lampeggianti blu che prima non avevo notato compaiono da dietro un cespuglio.
Mi fermo.
– Favorisca documenti e libretto. – mi dice l’agente fissando la notevole scollatura del mio corpetto.
Una volta consegnati, si sposta davanti all’auto. Guarda l’assicurazione e poi, la targa.
Qualcosa lo innervosisce, anzi forse lo stupisce.

Di corsa torna verso di me e inserita una mano nell’abitacolo spegne il mezzo e rimuove le chiavi.
– Noi abbiamo molto da dire vero? Come mai prima correvi tanto ? Almeno ti sei resa conto che ti stavamo inseguendo? – mi domanda ora scrutando le mie gambe scoperte oltre l’orlo delle calze, mostrando così sia sopra che sotto il mio reggicalze rosso.

– Ma agente. In realtà io. –

 

– Ma agente. In realtà io…. – provai a replicare venendo però stoppata sul nascere.
– Ma in realtà cosa? Era un’altra persona alla guida? Eppure da come ti abbiamo visto guidare prima di fermarti, sembravi proprio tu. – risponde l’agente con tono nervoso ed autorevole.
Con altrettanta autorevolezza, aperta la porta mi prende per un braccio e con forza mi trascina fuori dall’abitacolo.
– Agente la prego! Non ho fatto niente di male e lasci il mio braccio. – cerco di dire mentre provo a divincolarmi quasi terrorizzata per tutta questa durezza.
– Più si agita. Più non collabora. Più sarà peggio per lei. – risponde mentre ci spostiamo di fronte alla mia auto.
– ..ed ora mani dietro la schiena – continua con tono quasi di “routine”  e dopo avermele ammanettate dietro la schiena, mi spinge a novanta sul cofano.

Cerco di rialzarmi ed una mano va subito a spingere sulle mie spalle per riportarmi in posizione.
– L’agente le ha detto di stare ferma. Cosa crede? Che stiamo giocando ? – replica una voce fuori campo.
– Ma io non ho fatto niente. – rispondo, mentre vedo un’altra persona in divisa che si avvicina.
Mi fissa negli occhi quasi in tono di sfida.
Poi, rivolgendosi all’altro agente che mi trattiene sul cofano, comanda :
– Prendi i documenti dalla sua borsetta e cerca il libretto di circolazione nel porta oggetti. – prende respiro, e poi scendendo con lo sguardo lungo il mio corpo, continua :
– A lei, adesso ci penso io –
– Come desidera – annuncia l’agente dopo aver smesso di trattenermi .

Mentre l’agente ora è nella mia auto che fruga tra le mie cose, l’altro si avvicina.
Lo sento che mi fissa, anche se ora sta dietro di me, immagino perfettamente cosa stia guardando.
– Non ti ho mai vista da queste parti. Sei nuova? – mi domanda continuando a starmi alle spalle.
– Abito poco distante da qui – rispondo mentre sudo notevolmente.
– Ti senti a disagio per caso? Da quanto ti sei trasferita? Qual è la zona dove lavori? – mi domanda freddamente.
Alla domanda “Qual è la zona dove lavori? “ capisco subito che mi ha scambiata per una prostituta e allora controbatto cercando di fargli capire la realtà.
– Ma io faccio ripetizioni, ho sempre abitato qui, sono nata in questa città! – rispondo
– Palle! Non vogliamo collaborare allora? – mi urla quasi piegandosi affianco a me e dopo avermi preso per i capelli, ruota il mio volto verso il suo.
– Vuoi che ti portiamo in caserma? Vuoi stare qualche giorno dietro le sbarre? Oppure decidi che è meglio collaborare? – mi domanda facendo un mezzo sorrisino all’ultima domanda.

Una voce da dentro la mia auto però, distrae l’uomo.
– Marescià, guardi che dice la verità. Sta proprio qui dietro l’angolo casa sua. Ho qui la sua patente. – afferma l’agente ancora seduto al mio posto guida.

Quindi l’uomo torna a fissarmi e sempre tenendomi per i capelli mi domanda :
– E tu vestita così dai ripetizioni? Di che tipo si può sapere? – domanda con tono di scherno.
Ora però mi sento offesa e controbatto nervosamente :
– Ora una ragazza non può più vestire come vuole? –
Prende fiato e poi fissando il mio culo ormai completamente scoperto data la mia posizione, risponde :
– Certo che può, ma non mostrando a tutti che tra le gambe è completamente depilata –
Un sorrisino maligno compare sul suo volto, prima di lasciarmi i capelli e ordinarmi di alzare il busto dal cofano della mia auto.

Una volta in piedi, grazie ai tacchi mi trovo a sovrastare in altezza l’uomo che mi sta facendo il terzo grado.
Vorrei potermi rimettere a posto la gonna, almeno da riuscire a coprire parte del culo ormai del tutto scoperto e di conseguenza anche la mia patatina, ma le manette non me lo consentono.
Come se non bastasse, mi ordina di allargare le gambe e tenendomi sempre rivolta verso la macchina mi ordina di stare ferma.

Guardando poi all’interno dell’abitacolo, immaginavo di trovare l’altro agente impalato a guardarmi tra le gambe, mentre invece non trovo piu nessuno.
– Quando se ne sarà andato? Avrà visto tutto? – penso ruotando la testa verso l’auto degli agenti.
Infine lo trovo all’interno della loro auto, completamente disinteressato, quasi come se non si fosse accorto di me, intento a compilare quello che suppongo essere un verbale.

– Bene, porti droga con te? Alcool? – mi domanda mentre raccoglie i miei capelli dietro la schiena.
– No, sto solamente tornando a casa – rispondo adirata.
– Se non te ne stai calma ti porto in caserma hai capito o no? – risponde tirandomi i capelli che ancora teneva in mano.
Prendo fiato, respiro, cerco di calmarmi e chiudendo gli occhi rispondo di aver inteso.
– Bene, ora vediamo se veramente non porti droga con te – replica lasciando i capelli e mettendo le mani sui miei fianchi.
– Cosa vuole fare? – domando con il cuore che batte a mille.
– Una semplice perquisizione – risponde con una calma che mi fa saltare i nervi.
– Ma cosa crede di fare? Non dovrebbe perquisirmi una donna? E poi cosa ci sarebbe da perquisire scusi? Non vede da se che non potrei portare con me nulla? – rispondo nervosamente.
– Come vuoi tu, allora andiamo in caserma e calcolando che il personale femminile deve essere richiesto, penso che te ne esci tra due o tre giorni. – dice prendendomi un braccio e trascinandomi verso la loro auto.
Punto i piedi a terra e cerco di fermare l’uomo.
– Va bene, va bene, facciamo sta perquisizione. – rispondo agitatamente.
– Ecco, ora ragioniamo. Ora torna in posizione davanti alla tua auto. –  e così feci, mentre l’uomo immobile, con le braccia incrociate mi guardava tornare di fronte all’auto.
Dovevo essere uno spettacolo indecente ed altrettanto arrapante, con le braccia ammanettate dietro la schiena, la striminzita gonna arrotolata in vita, con calze, reggicalze scoperte e corpetto che sculetto verso la mia auto. Infine, dopo essere arrivata a destinazione, chiudo gli occhi, prendo un fiato a pieni polmoni e completo l’opera allargando nuovamente le gambe.

Non lo sento parlare, ma sento i suoi passi sull’asfalto che si dirigono verso di me.
Una sua mano torna a raccogliere i capelli dietro la mia schiena e subito dopo, partendo da dietro le orecchie, le mani cominciano a scendere, percorrendo la mia pelle nuda.
Scorrono sulle spalle e lungo le mie mani, fino ai gomiti piegati dietro la schiena, dopodiché iniziano a scorrere lungo i fianchi, sulla pelle coperta dal mio corpetto.
Percorrono la mia schiena verso il basso fino all’orlo dove trovano la pelle nuda, poco prima della gonna arrotolata.
Senza staccarsi, proseguono in avanti, andando a congiungersi sul mio ombelico. In quell’istante, il mio cuore inizia nuovamente a battere all’impazzata, immaginando ora cosa faranno.
Quelle mani ora iniziano a salire, tastando nuovamente il corpetto fino a dove trovano le due coppe che contengono il mio seno.
Da una parte la mia mente sperava si fermassero per confermare che tutto fosse finito, mentre dall’altra speravo che proseguissero quella surreale perquisizione.

Quelle mani.
Quasi mi prese un colpo quando le sentii avvolgere le coppe del corpetto per poi stringere la presa.  Non contento, dopo aver mollato la presa, torna a stringere con più vigore. Una stretta che mi fa sospirare e lanciare un piccolo e flebile lamento.
– Silenzio – mi viene comandato quasi sottovoce, mentre viene mollata la presa e dopo essersi chinato, inizia a risalire con le mani lungo le mie gambe fasciate dalle calze.
Sale, e sale ancora fino alle ginocchia, sale lungo le cosce, supera l’orlo delle calze e continua.
Con il cuore ormai in gola attendo il gran finale mentre la brezza notturna che passa tra le mie gambe, mi fa notare una frescura molto accentuata sulla mia patatina.
– Cazzo questo quando si accorge che sono bagnata mi monta – penso tra me.
Le intanto salgono fino al mio culo e senza mezze misure mi viene stretto con forza.
Con altrettanta frenesia, mentre una mano scorre nel solco delle mie natiche, l’altra prende possesso della mia patatina che risulta completamente fradicia.
L’agente a questo punto si ferma, un dito della mano però si muove, si sposta tra le mie labbra, entra in esse trovandole sempre piu bagnate. Trova poi il clitoride, gonfio come fosse un bottone e poi, sprofonda in me come fosse un coltello nel burro.

Apro la bocca e ansimo.
-Basta, va bene così. – Dice staccandosi e mentre si sposta verso la loro auto, lo vedo succhiarsi il dito che probabilmente aveva appena fatto visita in me.
Poco dopo torna con i miei documenti e quello che suppongo essere un verbale.
Dopo averli posati sul cofano della mia auto, mi toglie le manette .
Mi guarda, mi fissa mentre raccolgo i documenti.
Mi fissa tra le gambe, vede che non mi sto rimettendo a posto la gonna, vede la mia voglia, la sente nell’aria.
– Te la sei cavata sta volta, la multa è per una luce bruciata. – respira a pieni polmoni e poi si accende una sigaretta.
– Levati di torno e la prossima volta vai piano – mi dice vendendomi imbambolata a fissarlo, con le gambe larghe e la mia voglia che cola tra le gambe.

 

 

Mi sveglio con fatica che sono ormai le 22.00 di sabato sera.
Svegliandomi, speravo di averlo solo sognato quel maledetto venerdì notte. Ma poi, le calze, il reggicalze e quel corpetto striminzito, mi riportarono alla realtà dei fatti.
La mia patatina ancora gonfia, richiedeva attenzioni che nella corsa verso casa, dopo essere uscita dalla macchina, si era richiusa con paura di essere vista per la strada, per le scale che feci per non incontrare gente nell’ascensore e poi in casa, di corsa a letto, coperta dal solo lenzuolo, sperando che mia madre non fosse già tornata dal turno di notte.

Puzzavo di sudore, di super-alcolici ed i bei capelli boccolosi che mi ero fatta erano ridotti ormai a una massa intrecciata e deforme che ben poco si avvicinavano a qualcosa di bello.
Ancora avevo stampata nella mente, la faccia da porco di quell’agente, mentre si allontanava da me poco dopo avermi “perquisita”.

Dopo essermi svestita ed aver buttato tutto in lavatrice, mi dedico a una doccia risanante.
Non ho idea di quanto sia stata sotto l’acqua, ma quando uscii, trovai sul mio cellulare 4 chiamate senza risposta.
– Ma chi mi cerca a quest’ora? – dissi tra me ad alta voce, constatando che erano ormai le 00.45.
– Numero privato.  Ma vaffanculo. – continuai a borbottare ad alta voce, mentre mi dirigevo in camera con addosso il solo asciugamano mezzo aperto e svolazzante.

Come al solito il caldo è atroce e dalle finestre spalancate non filtra aria. Il tempo di aprire l’armadio per cercare qualcosa da indossare e già sto sudando.
– Sto caldo atroce… Non riesco proprio a sopportarlo. – barbotto mentre estraggo dai cassetti degli shorts grigi e leggeri e una canotta anch’essa grigia.
Lascio cadere l’asciugamano a terra e senza nemmeno asciugarmi, indosso quei due pezzi striminziti, sperando che così facendo il caldo si senta di meno.
Scalza, pensando che il pavimento fresco riesca in qualche modo a rinfrescarmi, mi dirigo quindi al frigorifero.
– Fantastico, una bella birra fresca. – Annuncio trovandola in bella mostra appena aperta l’anta del frigorifero. Cerco quindi del ghiaccio nello scomparto superiore.
– Perfetto. – dico mentre rovescio il ghiaccio e poi la birra in una grossa caraffa.
Accendo quindi la televisione e dopo essermi distesa sul divano, inizio a dissetarmi ricevendo finalmente delle scariche gelate in tutto il corpo.
In pochi minuti finalmente, sembra che non senta più tutto quel caldo atroce, ma altrettanto velocemente mi sale una leggera ubriachezza che in pochi secondi mi fa rizzare qualcosa sul petto…
Come due piccoli razzi pronti a partire, i miei capezzoli quasi vogliono forare la stoffa del soffice tessuto che li copre.
Ci vogliono pochi minuti prima che tutta la birra finisca e nella caraffa rimanga solo il ghiaccio che ancora non si era sciolto.

Questione di pochi secondi e la mia mente malata agisce contro ogni mia volontà.
Aziona le mani.
Le dirige alla mia canotta che abbassa facendo saltare fuori le mie tette. I capezzoli sono ora liberi di puntare verso il soffitto senza alcuna stoffa che li fermi.

Poi l’inevitabile.

Entrambe le mani si dirigono alla caraffa ed estratto un cubetto di ghiaccio per mano, si dirigono ai miei capezzoli duri come il marmo.
Goccie di acqua gelida, cadono su quelle due cupole quasi perfette ancora prima che il ghiaccio vada a contatto con i capezzoli.
Scosse di godimento iniziano ad invadere il mio corpo ancora prima del contatto, solo grazie a quelle poche gocce.
Poi finalmente, quei due cubetti si poggiano senza alcuna delicatezza su entrambi i miei razzi pronti per il decollo.

Finalmente decollo.

Senza pietà struscio quei gelidi cubetti di acqua sui miei seni senza una meta ben precisa, per il solo gusto di sadismo e di goduria eccelsa che mi provocano.
Tutta la pelle si raggrinzisce in un turbine di goduria e gelo che non si riesce a descrivere.
Poi uno dei due cubetti, in un attimo di follia, si dirige tra le mie gambe, dentro quei semplici e leggeri shorts. Diretto non sulle mie labbra, ma all’interno di esse.
– Voglio ficcarmelo dentro e spingerlo fino in fondo – dico in piena estasi dei sensi.

E proprio quando il cubetto inizia ad allargare le grandi labbra al suo passaggio e quando finalmente sta per varcare quelle più piccole e delicate iniziando a farmi bagnare come una maiala…….

……….. squilla il telefono ……………

– Porca puttana! – urlo mentre sbatto a terra i due cubetti e mi alzo nervosamente dal divano in cerca del telefono.
Mentre scalza, cammino verso il tavolo, calpesto casualmente uno dei due cubetti ormai frantumati a terra, il quale mi regala ancora qualche scossa piacevole lungo la mia gamba destra.

Prendo nervosamente il telefono in mano e quando leggo lo schermo :

– Ancoraaa? Ma che palle sti numeri anonimi! – urlo quasi e poi schiaccio il tasto verde.
– Pronto? Ma chi è a quest’ora ? – domando attendendo una risposta dall’altro capo della cornetta.
– Sono Francesco! Ma sto usando il telefono di papà! – risponde sottovoce.
– Ahh sei tu.. Ma cosa vuoi a quest’ora?? – domando rispondendo anche io sottovoce.
– Senti, sto impazzendo. Non riesco a studiare se non mi aiuti. – mi conferma con tono disperato.
– O semplicemente il tuo pisello non sta piu nei pantaloni? – domando maliziosamente.
– No ti giuro Giada! Non riesco a studiare se non mi aiuti e poi lunedì ho il primo scritto! – risponde ancora più disperato.

Sbuffo. Ci penso su qualche secondo e poi concludo.

– Va bene Fra, vieni da me, ti aspetto ma ad una condizione ! – rispondo quasi in tono materno.
– Qualunque, basta che mi aiuti – risponde Francesco quasi in tono di supplica.
– Si studia e nessuna porcata capito? Fino a quando non hai finito tutti gli scritti devi tenere il tuo pisello nelle mutande. – rispondo ora in tono di comando.
Poi aggiungo :
– Però se sarai bravo, prima degli orali avrai una piccola ricompensa per essere stato bravo. Tutto chiaro? – domando nuovamente in tono quasi materno.
– Capito. Sisi. Grazie Giada, ti adoro. Mi stai salvando. – mi risponde quasi con il fiatone.

In altre occasioni avrebbe notificato il suo dissenso al non poter fare porcate con me, ma si vede che sta volta è disperato e ha veramente bisogno di ripetizioni.

Così nel giro di nemmeno mezzora, me lo trovo sotto casa con lo zaino ed il suo pollice premuto sul tasto del mio campanello.
– Sali. – rispondo prima di schiacciare il tasto per aprire il portone e senza attendere risposta richiudo la cornetta del citofono.
Apro quindi la serratura di casa e socchiudo la porta in modo che possa entrare, dopodiché mi vado a sedere al tavolo della cucina, dalla parte nascosta, in modo che non veda il mio culo appena entra.

Mentre attendo il suo arrivo, guardo ancora il cellulare, trovando un messaggio da un numero sconosciuto.
– Ciao Giada! Sono Francesco! Non ti cerco per fare porcate! Ho finito i soldi sul mio e ti cerco da quello di mio papà! Ti prego, vediamoci! Non riesco a studiare senza di te! –
Immagino l’abbia spedito prima di avermi chiamato l’ultima volta.

– Oggi voglio essere seria e produttiva. – dico tra me prima di sentire la porta spalancarsi e poco dopo richiudersi rumorosamente.
Entra in cucina con fretta, quasi non mi degna di sguardo mentre appoggia la cartella a terra e preso in mano una pila di libri li sbatte sul tavolo quasi con violenza.

Lo vedo che è disperato, sudato in volto, capelli sconvolti e persino la maglietta indossata al contrario.

Tutta la mia voglia che avevo prima da sfogare, dopo questa visione, improvvisamente cessa e dopo aver scosso il capo ridendo, finalmente ci mettiamo al lavoro.

 

 

 

Francesco andò via da casa mia che erano ormai le 6 di domenica sera, giusto per poter cenare con i suoi genitori.
Interrotti solo da spuntini ogni 2 o 3 ore e dalle volte che io o lui dovevamo andare in bagno, lo aiutai a studiare per piu di 15 ore.
Nel frattempo lo intossicai quasi fumando un pacchetto e mezzo di sigarette, ma alla fine, con delle occhiaie che quasi toccavano il suolo, se ne andò molto rilassato e finalmente sicuro di riuscire a combinare qualcosa il giorno successivo.

Per tutta la settimana, il tavolo della mia cucina fù invaso dai suoi libri e dalle sue irruzioni improvvise in casa mia. Mia madre ormai mangiava sul divano da parecchi giorni mentre noi facendoci spazio tra un libro e l’altro mangiavamo ciò che capitava.

La madre di Francesco ormai non chiamava nemmeno più per sapere se tornava a casa per cena o per dormire. Ogni cosa era lasciata al caso e oltre a vederlo sempre più distrutto, nel contempo stava smontando anche me che ogni giorno mi sentivo più stanca.

Le mie amiche tentarono più e più volte di farmi uscire la sera, ma niente. Non ci riuscivo, oppure non potevo perché Francesco era qui al tavolo, piegato sui libri a studiare e a domandarmi questo e quello, a farmi appuntare cos’era importante ed a quale pagina avrebbe trovato i riferimenti.

Infine, per mia fortuna anche la terza prova si concluse.

Ed io, anche se per poco, riuscì a respirare.
Poi, il venerdì sera, un altro messaggio da un numero che non avevo in memoria mi risvegliò improvvisamente i sensi, sapendo di cosa si trattava.

– Ma il premio? Non sono stato bravo? – nessuna firma. Ma sapevo che era Francesco.

Mia madre assonnata, pronta per andare a lavoro, stava mangiando finalmente al tavolo di cucina quando quasi saltò in piedi per lo spavento quando mi vede alzarmi e di corsa dirigermi in camera.
– Giada!?!?!?! Tutto bene? – mi urlò quasi, correndomi in contro.
– Si mamma .. tutto bene, scusami – dissi ridendo
– Vai a cagare Giada! – rispose ridendo e tornando al tavolo per riprendere la cena appena interrotta.

Aperto l’armadio, per prima cosa mi spogliai e poi guardandomi allo specchio mi domandai :
– Ed ora che porcata vogliamo fare Giadina? – mi domandai a bassa voce passandomi un dito sul capezzolo di destra che già iniziava ad indurirsi.

Penso che in quei pochi minuti che passarono, avrò cambiato più capi io che tutte le ragazze di una sfilata di moda.
Poi infine, dopo una scelta molto sobria ma provocante del mio intimo, trovai anche un abito adatto.
Ora però un problema al quanto grosso, mi impediva qualunque cosa.

– Ma vestita così dove cazzo voglio andare? – mi domandai guardandomi.

Ai piedi semplici infradito erano il problema minore, salendo poi oltre le mie depilate e nude gambe, circa un dito sotto il mio culo, dopo uno stretto elastico violetto iniziava un leggerissimo e attillatissimo vestito a rete stretta anch’esso violaceo che mi copriva fino a poco sotto le mie ascelle, terminando anche sta volta con uno stretto elastico violetto.

Sotto ad esso, un perizoma copriva la mia patatina sul davanti e si riduceva ad un semplice filo nero che passava tra le mie chiappe per poi ricongiungersi poco più sopra metà di esse.
Infine, un reggiseno composto da una semplice fascia nera che copriva e sorreggeva ben poco, completava il mio abbigliamento.

In effetti così non potevo assolutamente uscire di casa.

Presi il telefono e composto il messaggio lo inviai al numero sconosciuto.
– Ci vediamo in cantina tra mezzora –
Inviato il messaggio, indossai un tubino anch’esso senza spalline e aderente sopra quello che già indossavo e uscii così di casa.

La patatina già colava.

 

 

Corsi giù per le scale di casa come un fulmine e saltata in macchina, iniziai a guidare come una pazza verso casa di Francesco.

Non dovetti suonare al suo portone, avevo le chiavi.
Una volta aperta la porta corsi al suo interno , di fronte l’ascensore che avrebbe portato al suo piano, svincolai a sinistra e scesi le scale buie in direzione della sua cantina che da tanto non visitavo più.

Accesi la luce del corridoio fresco e silenzioso.
Solo le mie infradito, sbattendo sul pavimento di cemento, facevano rumore, rimbombando per tutto il corridoio.
Una volta arrivata di fronte alla porta della sua cantina infine, dopo aver preso respiro a pieni polmoni, chiusi gli occhi e con un gesto rapido, feci cadere a terra il mio corto miniabito che copriva quello a rete.
Lego i capelli in una semplice coda dietro al capo e provo ad aprire la porta ma trovandola chiusa, immagino Francesco debba ancora arrivare.
Inevitabilmente, un altro pensiero mi invade la testa, come una spina fastidiosa che finche non la togli, continuerà a darti fastidio.
E così feci, mi inginocchiai a terra, poi anche le mani toccarono il freddo cemento. Curvai verso il basso la schiena, sporgendo maggiormente il culo e poi mi posizionai di profilo rispetto al corridoio.

L’impatto agli occhi di Francesco era garantito.

Così fù.
Il rumore dell’ascensore che arriva al piano terra, le porte che si aprono per poi richiudersi e poi passi rapidi che scendono la corta rampa di scale.
Ho Il cuore in gola, potrebbe sempre essere un qualunque altro inquilino del palazzo che è sceso a prendere qualcosa in cantina. Eppure l’ora e tarda ed è molto improbabile che qualcun altro scenda.

Quando finalmente vedo quella figura giovanile che dopo la visione del mio corpo alla pecorina, in mezzo al corridoio, si ferma a fissarmi a bocca aperta, con una faccia quasi frastornata, mi tranquillizzo ed allo stesso tempo inizio a sentire qualcosa tra le gambe che si inumidisce ancora più di prima.

Ora si avvicina quasi al rallentatore, sapendo esattamente che vuole godersi quella vista il più a lungo possibile, ma poi, quando è finalmente arrivato di fronte a me, gli tocca fare i conti con la realtà e con la mia voce.
Ma non uso la mia solita voce, il tono è calmo ma usando la carica più erotica  e con espressione più sensuale possibile, voglio renderlo schiavo di me, del mio corpo e delle mie voglie.

– Voglio che ti inginocchi dietro di me. Voglio che mi scopri il culo e poi, usando solo la lingua, mi abbassi il perizoma fino alle ginocchia. – lo dico tutta di un fiato mentre vedo che da quei sottili pantaloncini si sta mostrando sempre più visibile un notevole rigonfiamento.

Quasi come se fosse un cane, mentre inghiotte rumorosamente la notevole saliva accumulata in bocca, con gli occhi pallati e le guance rosse, lo vedo prendere posto dietro di me, in ginocchio e poi finalmente, esegue.

Sento lo stretto vestitino allargarsi e poi con lentezza, strusciando sulla mia pelle, alzarsi, scoprire le mie chiappe sode e lisce e poi stringersi nuovamente ed inesorabilmente all’altezza della mia vita.

Una lingua, con timidezza, con dolcezza, percorre quasi sfiorando la mia chiappa destra in cerca di quel sottile filino nero che fa parte del mio perizoma.
Una volta trovato, sento quella punta umida di carne che cerca a fatica di trovare il modo per prendere quel filo di stoffa e trascinarlo verso il basso.
Non con poca fatica, finalmente riesce nel suo intento.
Ovviamente non contenta, per rendergli la vita più difficile e per potergli dar modo di approfittarsi maggiormente di me, stingo le chiappe, non lasciando la possibilità al perizoma di poter scendere ulteriormente.
–  Ti conviene passare la lingua tra le mie chiappe tesoruccio, altrimenti non scende – affermo ridacchiando.
Con il respiro affannato, lo sento leccare, raspare cercando di farsi spazio tra le mie chiappe.
Lecca come un ossesso, fino a quando, decido di lasciare strada sgombra e rilassando finalmente le chiappe, posso finalmente sentire la sua lingua tra di esse, scavare e leccare a lungo fino a quando fa capolino sul mio ano.

A quel contatto, come una scintilla, una scarica mi percorre tutta la schiena fino ad arrivare al mio cervello, che come una bomba esplode facendomi andare fuori di testa.

Con le mani, prendo il perizoma tirandolo violentemente fino alle mie ginocchia.
Prendo quindi Francesco per i capelli e una volta indirizzata la testa tra le mie gambe, quasi gli urlo :

– Vedi di leccarmela come si deve, non ce la faccio più. Muovi sta cazzo di lingua. – ordino premendo con forza la sua faccia sulla mia passera.
Mentre la sua lingua, quasi con violenza inizia a invadere la mia figa, spingo la sua faccia tra le mie chiappe, in modo che il suo naso venga a contatto con il mio ano e poi completo il tutto strusciandolo su di esso.
– Si muovi quella lingua cazzo. Dai di più, ficcala tutta dentro, dai scopami con quella lingua… Dai fra.. – continuavo ad incitarlo trattenendolo per i capelli.

La sua faccia, oltre che in estasi era paonazza, quasi non riusciva a respirare, ma come un tornado, non si fermava e continuava a girare e rigirare quella lingua impertinente nella mia figa che ormai grondava umori a non finire.
Quando ormai ero sul punto di venire, lo fermai.

Sempre tenendolo per i capelli, lo spostai con la bocca tra le mie chiappe e poi, spingendo tra di esse, ordinai :
– Ora se mi lecchi per bene il buco del culo, dopo ti faccio un regalo – Poi mollai la presa dalla sua testa.
Appoggiai entrambe i gomiti in terra e voltando nuovamente il capo di fronte a me, chiusi gli occhi e mi gustai quella lingua che dura, bagnata e ancora una volta impertinente, mi massaggiava con cura il mio buchino posteriore.

Ancora una volta mi stavo bagnando, anche se sta volta, senza essere minimamente sfiorata da nulla.
Ancora una volta la voglia cresceva dentro di me, ed ancora una volta comandai.
Ma prima ancora della voce, le mie mani, il mio corpo, si mosse, trascinando con se il ragazzo alle mie spalle.

Lo feci alzare in piedi, mentre io rimasi in ginocchio di fronte a lui.
Poi le parole, unite ai fatti, fecero tutto il resto.
Mentre iniziavo ad allentargli il nodo dei pantaloncini, gli ordinai secca :
– Ora tu mi scopi e quando stai per venire ti fermi e me lo dici. – finii la frase tirandogli giù in un colpo solo sia i pantaloni che i boxer.
Mi alzo quindi in piedi e rivoltami con la faccia verso la porta, mi appoggio ad essa e sporgo il culo in fuori.
– Dai che ho la patata in fiamme e vedi di non fare la checca, sbattimi come fa un uomo vero – dissi quasi usando disprezzo, per motivarlo a cavalcarmi come un toro.

Dopo quelle parole, Francesco non seppe più usare mezze misure.
Una volta aggrappato con una mano al mio fianco sinistro, con l’altra indirizza il cazzo sulla mia patata. Trovata l’entrata, si aggrappa anche con l’altra mano ai miei fianchi e poi, senza remore, senza mezze misure, senza alcuna dolcezza, mi penetra con forza.
La mia passera bagnata fa la sua parte e lascia che il cazzo del ragazzo sprofondi per intero in me, fino a quando sento nitidamente i suoi peli pubici toccarmi la passerina.

Un urletto mi scappa spontaneo per l’intrusione.
Si ferma quindi un secondo ma io lo incito nuovamente sottovoce ma con tono da zoccola :
– Allora cosa aspetti? Voglio che svegli tutto il palazzo, voglio che tutti sentano quando mi sbatti con forza. –

A quelle parole, vedo una luce strana brillare nei suoi occhi e dopo aver aperto la bocca per respirare meglio, inizia a sbattermi con una violenza che non immaginavo assolutamente potesse possedere.

Finalmente il suo cazzo aveva ottenuto ciò che desiderava da tempo.
Finalmente Francesco riusciva a possedere la sua Giada.
Ma non con un amplesso amoresco.
Giada sapeva bene cosa voleva.
Voleva un amplesso animalesco, voleva passione, voleva un porco maiale che la fotteva, non un ragazzino innamorato.

E c’era riuscita.

Con la bocca spalancata, gli occhi chiusi, appesa alla grata della porta di ferro della cantina, si godeva quella cavalcata animalesca.
Quel cazzo sembrava fottergli il cervello, sembrava penetrare fino nel suo cranio e sconquassare anche quel briciolo di dignità ultima che poteva avere.
Venne.
Ma Francesco non si fermava.
Sentiva la sua passerina infuocata, scaricare scosse lungo tutto il suo corpo.
Chiuse gli occhi.
Strinse i denti.

Venne ancora.

E proprio quando stavo per venire nuovamente, la voce di Francesco mi risvegliò :
– Sto… per… venire… – disse il ragazzo staccandosi.

In un turbine di emozioni e di voglie che non so descrivere, mi girai di scatto e una volta inginocchiata, arrotolai tutto ciò che rimaneva a coprirmi all’altezza della mia vita.

Tutto di me era esposto.
-Toccami le tette dai. – gli dissi mentre, preso possesso del cazzo, mentre con una mano lo segavo freneticamente, con la bocca gli ciucciavo la cappella come fosse un ciupa ciupa.

Francesco iniziò quindi a massaggiarmi le tette e poi a prendermi tra le dita i capezzoli.
Massaggiava senza sosta, mentre il suo cazzo, sempre piu umido e gonfio era ormai sul punto di venire.
Con la mano libera presi in mano le sue palle e massaggiandole, mi staccai un secondo dal cazzo per un altro ordine.

– Strizzami i capezzoli. Forte e smetti solo quando stai venendo. – gli dissi per poi tornare a succhiare ma ora senza l’ausilio della mano.

Andavo su e giu lungo il suo cazzo, fino a quando si ficcava nella mia gola.
La mano sulle sue palle continuava il lento e dolce massaggio.

E poi, pollice e indice delle sue mani si posano sui miei capezzoli e inesorabilmente, li pressano in una stretta pazzesca.
Apro la bocca per respirare rumorosamente. Una vena compare sulla mia fronte, mentre arrossando il volto torno a ciucciare con prepotenza quel pezzo di carne.

Quelle dita strizzano, ruotano e torturano i miei capezzoli.

Quel dolore alimenta nuovamente la voglia della mia passerina, alimenta di nuovo il fiume di voglia che sgorga da essa.
Quel dolore, quel male, oddio, sto per scoppiare quando finalmente lo sento affannarsi, lo sento staccarsi da me, dai miei capezzoli che ora iniziano a bruciare ancora di più di prima.
Si attacca con entrambe le mani alla mia testa e poi, spinge il cazzo in profondita nella mia gola.

Appena sento però che inizia a scaricarsi in me,  lo spingo fuori da me.
Prendo possesso del suo cazzo che erutta sperma sulla mia faccia e segandolo, continuo a farlo scaricare sulle mie tette e poi ancora sulla mia faccia.

Quando finalmente smette di emettere sperma, lo prendo nuovamente in bocca, succhiandolo con forza e ripulendolo da ogni traccia.

– Guarda come mi hai conciato – gli risposi quindi  lasciando la presa dal suo cazzo e mostrando tutto lo sperma sparso per il mio corpo.

– Ma Giada.. io… – lo fermai.
– Zitto, sono io che ho voluto che mi sborrassi addosso. Voglio che ti ricordi bene e voglio che la prossima volta sarai più porco ancora. Chiaro? – rispondo iniziando a raccogliere lo sperma e portarmelo poi alla bocca.

Poi mi alzo e prendo solo il miniabito che ho usato per coprire quello a rete.
Mentre lo indosso sotto lo sguardo attento di Francesco che si sta rivestendo anche lui, aggiungo.
– Ora il vestitino a rete, il perizoma ed il reggiseno a fascia li tieni tu. Quando poi avrai finito gli orali, se sarai stato bravo, mi porti dove vuoi tu e dopo avermeli fatti indossare, sarò tua per un giorno intero. –

Lo vedo spalancare gli occhi e guardarmi senza parlare.
– Chiaro? – rispondo dandogli uno schiaffetto leggero sulla guancia, in segno di cercare di risvegliarlo.
– Ah.. si.. si.. si.. – dice mentre raccoglie i vestiti da terra.
Poi continuo mentre gli accarezzo il pacco da sopra i vestiti :
– Voglio che li tieni tu per ricordarti che se studi e farai il bravo, quello che abbiamo fatto ora, è solo un assaggio perché avrai tutto di me e per un giorno intero, sarai tu a dovermi comandare – concludo sorridendo e baciandolo su una guancia.

Mi avvio quindi verso le scale.

 

– Buona notte tesoruccio, domani pomeriggio vieni da me, così studiamo per gli orali. –

Francesco rimane imbambolato, con i miei vestiti in mano, mentre io scompaio dietro l’angolo.

 

Finalmente in macchina, metto la cintura e decido di tornare verso casa come un’autista modello.
– Non sia mai che quel porco di agente è in giro anche sta notte. – barbotto tra me senza però accorgermi subito dell’effetto della cintura sul mio capezzolo sinistro.
Dopo qualche svolta, finalmente nel viale che porta a casa mia, quella maledetta cintura risveglia quel bruciore maledetto ai miei capezzoli. In pochi attimi, tornano entrambi a cercare di forare il vestito e qualcosa tra le mie gambe inizia a sgorgare dalla passerina.

Quasi inconsciamente, con un dito sfioro il capezzolo.
Gli attimi che seguono sono molto confusi, scene sconnesse mi fanno intuire che ho parcheggiato la macchina, con due dita che strizzano il mio capezzolo e una mano che massaggia da sopra il miniabito la passerina, mi dirigo quasi di corsa al portone di casa.

Cerco le chiavi, mi cadono a terra, mi piego noncurante che il vestito è talmente corto che chiunque potrebbe vedere la mia passerina fradicia.
Riprendo possesso delle chiavi e una volta infilate nella toppa ed aperto, mi butto sulle scale e mentre il grosso portone si richiude, due dita entrano con violenza in me, iniziando a fare un ditalino frenetico.

A pecorina, con la faccia che struscia sulla fredda pietra delle scale, con una mano tra le mie cosce che si muove frenetica e l’altra che dopo aver scoperto le tette strizza senza sosta i capezzoli, finalmente trovo sollievo e dopo un piccolo urletto, vengo abbondantemente riuscendo finalmente a scaricare le mie voglie.

– Chissà se qualcuno mi ha sentita o vista ? – mi domando recuperando lucidità e dopo essermi ricomposta, inizio a salire le scale verso casa.

 

 

Il telefono squilla.

Apro gli occhi e cerco di mettere a fuoco l’ora che lampeggia sulla radiosveglia.
– Sembra un 8. Ah no 18. – dico a bassa voce.
– Ma chi cazzo mi chiama alle 6 di sera? – mi domando scazzata per il sonno interrotto, anche se ormai ho passato abbondantemente le 12 ore.

Leggo lo schermo del cellulare. Il numero che appare è quello del padre di Francesco.
– Sicuramente avrà ancora voglia quel porcello – dico mentre constato toccandomi con una mano, che il mio corpo è ancora appiccicaticcio per colpa della notte precedente.
– Sarà meglio che faccio una doccia. – dico mentre inizio a liberarmi dei vestiti.
– Chissà dove ho messo l’accappatoio – mi domando mentre prendo in mano il telefono ormai nuda e pronta per la doccia.

Compongo il numero, ormai lo so a memoria.
– Pronto. Ciao Luca, sono Giada. Mi fai una pizza 4 stagioni per le ore 19 ? – domando tutta di un fiato.
– Ah puoi solo per le 18.35 ? Ok dai va bene lo stesso. Allora solita via. Ok, grazie a te, ciao! – chiudo il telefono e dopo averlo poggiato sul tavolo inizio a ragionare sul cosa avrei dovuto fare.

– Boh. Non ricordo più. Ora però è meglio che mi sbrighi a lavarmi, sennò quello della pizza arriva che sono ancora sotto l’acqua. – continuo a barbottare mentre mi dirigo verso il bagno.

Finalmente mi butto sotto l’acqua tiepida e in pochi minuti riesco finalmente a rilassarmi.
Mi insapono con calma i capelli, massaggio bene la cute e poi passo al resto del corpo.
Ogni singolo passaggio sui miei punti sensibili è una scarica di emozioni ancora vive grazie alla serata precedente. Tutta quella volgarità nelle mie parole e finalmente quella scarica che solo un cazzo nella mia patatina poteva darmi, mi hanno risvegliato violentemente tutte le voglie ancora assopite.
Come una cacciatrice, mi sto risvegliando dal letargo per il semplice scopo di cibarmi e mentre faccio questi ragionamenti, una mano inizia lentamente a massaggiare la patatina.
Ci vuole poco a bagnarmi e mentre il getto tiepido continua ad abbattersi su di me, due dita sono già immerse nelle mie carni roventi.

Ci vuole veramente poco, troppo poco.
Le mie gambe cedono e mentre la mente è immersa nei pensieri e nei desideri di cosa potrebbe accadere con Francesco, la patatina esplode facendomi ululare dal piacere.

Il telefono squilla.
– Porca puttana! – impreco chiudendo l’acqua.

Finisce di squillare proprio quando esco dal box doccia.
– Ti pareva – dico nervosa raggiungendo il telefono.
– Ancora Francesco! – esclamo vedendo visualizzato il numero del padre.
Infine mossa dalla compassione gli scrivo :
– Dai Fra, tieni duro ancora per un po’ e vedi che avrai la tua ricompensa –
Invio.

Suona il campanello.
– Ma cos’è sta sera? – esclamo ancora.
– No, maledizione! La pizza ! Mi sono dimenticata ! – dico agitata mentre cerco l’asciugamano.
– Ma dove l’ho messo? Ma eppure pensavo di averlo preso… – dico non trovandolo.
Infine mi ricordo, di aver fatto la telefonata alla pizzeria e poi, la cosa che mi ero dimenticata era proprio l’asciugamano.

Il campanello suona ancora.
– Arrivooo!!! – urlo e dopo aver preso l’asciugamano più grosso che c’era a portata di mano, mi incammino verso l’entrata.
– Sto arrivando ! Un secondo! – urlo ancora avvolgendomi in esso.
– Merda. È corto ! – ed in effetti, copriva a malapena i seni per poi terminare un dito sopra la fine delle natiche.
La patata e i capezzoli però, se non faccio movimenti improvvisi, sono sicura di riuscire a coprirli.

Suona ancora il campanello.
– Eccomi. E che cavolo. – esclamo pizzicando l’asciugamano sotto un ascella per poi aprire la pesante porta.
– Buona sera. Pizza a domicilio! – il ragazzo che si presenta frettolosamente, poco dopo l’apertura della porta, rimane a bocca aperta e con la pizza in mano, sembra diventare una statua.
Il suo sguardo è fisso sul mio corpo completamente bagnato e coperto da un semplice asciugamano.
Mano a mano che sto ferma, sul pavimento si sta formando una chiazza bagnata, segno inequivocabile per il ragazzo che ora si scusa :
– Scusami. Mi spiace essere arrivato mentre ti facevi la doccia. – dice mortificato senza togliere gli occhi da ciò che di me è esposto.

Lo fisso un attimo valutando il suo semplice abbigliamento per correre qui e la con lo scooter e poi, appoggiandomi allo stipite della porta mi scappa un mezzo sorriso.
– Dai entra e chiudi la porta. Intanto cerco il portafogli. – dico girandomi e dirigendomi verso la cucina sculettando leggermente.

Non mi sembrava il caso di dirglielo:
 – No ma figurati, mi hai giusto fermata mentre stavo per riprendere a sditalinarmi –

Finalmente arrivata in cucina, sicura che il ragazzo abbia visto con attenzione tutta la scena, sento la porta chiudersi  ma nessun rumore di passi nella mia direzione.
Trovato il portafogli, mi dirigo nuovamente verso l’entrata, trovandolo ancora imbambolato.
– Tutto bene? – domando sorridendo innocentemente.
– Si.. si sisi… tutto bene.. forse, il caldo… mi ha un po’ …. – e lascia in sospeso la frase mentre lo vedo sudare notevolmente.
– Vuoi sederti un secondo? Vuoi bere qualcosa di fresco? – domando innocentemente, facendo finta di non accorgermi del suo disagio nello stare davanti ad una ragazza tutta bagnata e coperta da un asciugamano striminzito.
– Ecco, tieni la pizza. – dice risvegliandosi tutto di un tratto e porgendomela frettolosamente.

L’unica reazione, per me logica in quel momento, è stata quella di afferrare quella scatola fumante con una mano e con l’altra lasciar cadere il portafogli e quindi afferrarla dall’altro lato.

Conclusione?
Il suono delle monete che rimbalzano rumorosamente sul pavimento per poi spargersi rotolando in ogni direzione.
Il portafogli che, una volta toccato terra, sparge sul pavimento i miei documenti, la mia patente con la foto di quando ero ancora diciottenne.
Ma poi, l’inevitabile.
Silenziosamente, accompagnato da un leggerissimo spostamento d’aria, scivola carezzando i miei fianchi, le mie cosce ed infine, posandosi sui miei piedi e circondandoli, quel corto asciugamano completa la sua corsa.
Nuda, bagnata e con in mano la pizza fumante, la mia faccia si infuoca ed ogni muscolo del mio corpo si blocca rendendomi una statua vivente.

Il ragazzo ormai a bocca aperta, mi fissa con il viso paonazzo ed un notevole rigonfiamento che sbuca sempre di più tra le gambe.

Per attimi che sembrano ore, nessuno dei due si muove.
Nessuno dei due parla.
L’imbarazzo è palpabile come l’eccitazione che sale nel corpo del ragazzo.

Tutto in me è fermo, come fossi in pausa, come non volessi fosse mai successo, come non volessi provare tutto quest’imbarazzo che per la prima volta mi invade veramente.
Il suo sguardo è fisso sulla mia patatina depilata.
Sembra voglia penetrarla, sembra lo stia facendo, sembra di sentire il suo sguardo risalire in me per aprirmi e sverginarmi una seconda volta.

Mi cedono quasi le gambe mentre stringendole tra loro e senza toccarmi, erutto tutta la mia voglia che come un fiume inizia a colare tra esse.

Nessuno parla, solo i miei respiri a pieni polmoni rompono il silenzio e poi, sempre in silenzio, mi volto e mi dirigo in cucina per posare la pizza sul tavolo.

Altrettanto in silenzio torno verso il ragazzo, non raccolgo nemmeno l’asciugamano ed una volta chinata, inizio a raccogliere tutte le monete sparse per il corridoio.
Senza minimamente curarmene, come in uno stato di trance, inizio a spostarmi a quattro zampe intorno a lui, fermo, rigido, quasi violaceo in volto, con il respiro strozzato ma con gli occhi puntati tra le mie cosce.

Raccolgo infine i documenti ed il portafogli, dopodiché, rialzatami, senza guardarlo in volto e continuando a non coprirmi, prendo una banconota da 20 euro prima di posare il tutto sul divano.
– Mi spiace per cos’è successo. Io non volevo che… – cerca di dire, poi bloccandosi quando le mie mani allargano l’elastico dei suoi pantaloni.
Allargo anche quello dei boxer facendo così saltar fuori un bel cazzo duro e quasi scappellato.
Con una mano lo avvolgo, lo strizzo constatando la sua durezza e poi, dopo averci avvolto i 20 euro attorno, copro nuovamente tutto.

Mentre mi avvicino alla porta, aggiungo :
– Il resto è mancia e spero che la notizia non si sparga, altrimenti saprò chi cercare. – dico tutta di un fiato.

La serratura scatta, abbasso la maniglia, apro la porta standone sul retro di modo da non essere vista dall’esterno.
– Grazie per la pizza. Ciao. – aggiungo.

Come risvegliatosi da un sogno, si gira e con sguardo basso e paonazzo si dirige verso l’uscita.
Non una parola.

La porta si richiude quasi da sola mentre io crollo a terra, prima in ginocchio e poi con il culo sul freddo pavimento.

Mi guardo tra le gambe.
Una mano apre la mia patata, l’altra entra ad ispezionarla.
Quando estraggo le dita sbianco quasi.
Sono fradice.

Ora però è meglio mangiar la pizza, prima che si freddi.

Mentre sono intenta a cenare, il telefono squilla ancora.
Non faccio in tempo a raggiungerlo che ha già smesso.
– Cazzo! Ancora Francesco. – impreco aprendo il menu dei messaggi.

Un messaggio non letto.
Quando lo leggo quasi non mi reggo in piedi.

“Ti voglio. Ti aspetto in cantina adesso. Ti prego vestiti da porca”

– Vaffanculo alle regole. – dico con gli occhi che brillano.
Guardo il tavolo.
– Vaffanculo alla pizza. – dico guardando quei tre pezzi fumanti rimasti ancora sul cartone.

Quasi di corsa mi dirigo in camera.
Nel mentre rispondo al messaggio.

“Arrivo mio bel porco”

Inviato.

 

 

 

– Non voglio risparmiarmi e fanculo ai suoi esami. Ho troppa voglia – quasi urlo mentre sgatto tra i vestiti nell’armadio.
Poi finalmente inizio a trovare qualcosa che mi può interessare.
Autoreggenti nere a rete con balza rossa.
Coulotte di pizzo nero e completamente trasparente.
Corpetto nero e anch’esso trasparente, con ampie rifiniture in pizzo di colore rosso, lascia i capezzoli totalmente scoperti ma comunque sorreggendo egregiamente il seno.
Ai piedi, con il tacco 12 in acciaio luccicante, un paio di scarpe completamente nere in simil-raso.

Mi guardo allo specchio e l’unico commento che posso fare mentre lego i capelli in una semplice coda è : – Mi sento zoccola nell’anima –

Poi tocca al vestito.
Opto per un semplice e casto tubino smanicato che finisce poco sotto a dove comincia la rete di color nero delle autoreggenti.

Chiudo casa, prendo la macchina e parto sgommando.
Parcheggio lontano da casa sua, non vorrei mai che i suoi genitori fossero fuori casa e quando tornano, capiscono che sono qui.
Potrebbero venirci a cercare in cantina e non mi sembra una buona cosa.

Il rumore dei miei tacchi, rimbomba rapido lungo i vicoli bui e deserti.
Come un fulmine, quasi volando, raggiungo il palazzo di Francesco.
Impugnate le chiavi apro la porta e mi dirigo subito alle scale in direzione delle cantine.

La luce del corridoio è accesa.
– Immagino si starà già segando – barbotto ghignando.
Prendo un respiro lungo e dopo aver fatto una piccola pausa espiro…
Prendo un altro respiro e poi…il corto e semplice tubino è già stato tolto.
Ora, in lingerie, mi dirigo verso il nostro covo segreto.
Arrivo di fronte alla porta della cantina, impugno la maniglia e la spalanco pronta a ricevere la solita ondata di emozioni che mi fanno battere il cuore all’impazzata e caratterizzano ogni incontro.

Richiudo subito la porta dietro di me e mentre mi giro sorridendo, Clack!

Un Flash quasi mi accieca.

Poi ancora Clack!

Un altro flash.

E poi un altro .

E poi un altro ancora.

Sono disorientata, non capisco come mai di queste foto.
Ma quando poi finalmente i miei occhi non sono più abbagliati, inizio a riconoscere la sagoma di qualcuno seduto di fronte a me.

– Ma scemotto, perché tutte queste foto così d’improvviso. Mi hai quasi accecata.. – dico sorridente.
Un sorriso che però, appena la stampa del flash nei miei occhi scompare, lascia prendere posto ad una fitta incontrollabile allo stomaco, al cuore ed ai polmoni.
Mi sento mancare mentre riconosco la figura dell’uomo che ho di fronte.
Mi sento quasi svenire mentre le guance avvampano riconoscendo di fronte a me la figura del padre di Francesco.

– Oddio – mi scappa quasi sottovoce, mentre un passo dopo l’altro indietreggio fino al muro alle mie spalle.

– Quindi è qui che troieggi con mio figlio? È qui che ti fai scopare ? Studia tanto bene da quando ci sei tu solo per poterti scopare vero?  – domanda duramente mentre si alza dalla sedia.

– Immaginavo che avresti fatto un’entrata trionfale. Ne ho approfittato per farti qualche foto dove finalmente non c’è mio figlio presente – continua mentre si avvicina a me.
– Sai è stato bello filmarvi l’altra sera, ma non mi piace che si veda mio figlio che scopa con una troia – afferma mentre una volta di fronte a me, prende entrambi i capezzoli strizzandoli con forza e facendomi gemere di dolore.
– Non ti piace più che ti strizzino i capezzoli? Eppure l’altra sera sembrava ci godessi a essere maltrattata – afferma mollando la presa.
Respiro affannata mentre finalmente il dolore inizia a diminuire.

– Qui però non mi piace, meglio cambiare posto. – dice aprendo la porta della cantina.
– Portami alla tua macchina. – ordina uscendo dalla cantina e fissandomi.
– Non puoi farmi questo, io non ti ho fatto niente di male – dico impaurita mentre tento di rimettermi il tubino.
– Questo lo prendo io – dice strappandomi di mano il vestito e poi continua – e poi si che hai fatto, mi hai provocato e non solo, hai scopato come una pazza con mio figlio nel corridoio delle cantine! Manco in un letto! –

– Ora portami alla macchina – mi ordina mentre mi trascina fuori dalla cantina

Lo sento dietro di me che mi guarda, mi osserva.
Ho il terrore che ci vedano, ho il terrore che qualcuno che conosco mi veda passeggiare per le vie del centro in questo stato, con le tette di fuori e con tutto in mostra.

– Muoviti – mi ordina spingendomi fuori dal portone del palazzo e quindi proiettandomi in piena strada.
La vergogna mi assale, come mi assale la paura di una pattuglia della polizia, di qualche amico in zona o addirittura di qualche altro maleintenzionato.

Con passi rapidi mi dirigo verso la mia auto ma il mio carnefice, mi ordina ancora :

– Se non fai tutto per bene, sappi che pubblicherò ugualmente le tue foto. Ora vedi di camminare piano e sculetta come si deve –

Eseguo.
Non posso fare altrimenti.

 

La macchina è ancora distante, ci saranno da fare almeno 200 metri, 400 passi, 400 sculettate, 400 balzi delle mie tette nude, 400 volte il rumore dei miei tacchi sull’asfalto, 400 volte quel suono che può attirare l’attenzione di qualcuno.

Sento delle macchine in avvicinamento, le sento passarmi affianco.
Chiudo gli occhi e mentre continuo a camminare, spero che le macchine parcheggiate di fianco a me facciano da scudo tra me e la strada.
Nessuno ha rallentato, nessuno si è fermato.

Poi, uno stop, un attraversamento pedonale.
Devo attraversare, arrivano macchine, non posso accelerare il passo.
Lo diminuisco….subito una mano si appoggia alla mia schiena spingendomi con forza in avanti.

– Muoviti e fai vedere bene come muovi sto culo –
Poggio il piede sull’asfalto, sulla prima riga bianca del passaggio.
La prima macchina passa.
Poggio anche il secondo piede mentre passa una seconda macchina.
Faccio il primo passo mentre una terza passa e rallenta bruscamente la corsa.
Il cuore mi sale in gola.
La macchina riparte ed ora il silenzio incombe.

Vorrei che sto attraversamento finisca il prima possibile, vorrei poter scomparire, vorrei poter non essere mai uscita di casa questa sera.

– Fermati dove sei –
Il sangue mi sale alla testa, il cuore in gola rimbomba nella testa come un martello pneumatico.
Mi fermo in mezzo alla strada.
Sento una macchina avvicinarsi.
Sempre più vicina.
Ancora di più.

– Cammina – mi ordina nuovamente.
Torno a camminare, vorrei volare, vorrei correre.
– Muovi sto culo – mi ordina ancora.

La macchina passa, quasi inchioda.
Il cuore inizia a battere all’impazzata, gli occhi iniziano a lacrimare.
Le luci di retromarcia si accendono.

– Ehi zoccola. –
Non rispondo mentre lentamente proseguo con il respiro strozzato.
– Ehi! Quanto vuoi per farti inculare? –
Non rispondo e finalmente con il primo piede, torno sul marciapiede.
Quando anche il secondo è finalmente al sicuro, sento il freno a mano scattare.
La porta si apre.
Vorrei fuggire.
Le lacrime sgorgano senza sosta.
– Troia. Sta sera cosa fai? Vuoi solo farla vedere? Vieni qui che ti sfondo con i miei amici –
L’uomo, penso di età già avanzata, inizia a raggiungermi a passo svelto.
– E fermati zoccoletta! – mi ordina quando sto per iniziare veramente a correre.
Poi una voce fuori campo.
– Lei non sta qui per battere e soprattutto non è qui per farsi scopare da te. Vattene o chiamo la polizia –
Urla quasi il padre di Francesco mentre va incontro all’uomo.

Finalmente respiro.
Finalmente il cuore rallenta.
Finalmente sono salva.

Appena sento la macchina ripartire sgommando, una risata, dietro di me, riempie il vicolo, rimbomba e decreta il mio imbarazzo più completo, la mia sottomissione più totale, decreta la mia sconfitta dove prima io dominavo.

 

 

 

 

La risata rimbomba ancora per le vie silenziose e deserte mentre continuo a camminare terrorizzata dalla possibilità che qualcun altro mi veda.

Finalmente scorgo la macchina.
Vorrei essere già nell’abitacolo ed invece, anche il telecomando dell’antifurto si rifiuta di disabilitare l’allarme da così lontano.
Ancora passi, ancora sculettate, ancora le mie tette che rimbalzano libere.
Poi finalmente, il telecomando fa il suo lavoro, le porte scattano, le quattro frecce si accendono rapidamente per notificare la corretta apertura.
Finalmente manca poco.

– Fermati – quella voce, mi raggela nuovamente.
Come una statua, rimango immobile, impaurita, imbarazzata e pur essendoci un caldo atroce, sento quasi freddo, quasi tremo.

Sempre stando dietro di me, si avvicina al mio orecchio con il suo volto. Sento il suo respiro sul mio collo.
– Ora sta a te decidere. Se vuoi ti restituisco il vestito, torno a casa e tu puoi andartene. – parla sottovoce, tranquillo e lentamente.
Poi prosegue :
– Oppure adesso mi consegni le chiavi della macchina, mi dai del lei e da brava schiavetta inizi a chiamarmi Signore – fa un’altra pausa.
Io intanto, sogno già che mi restituisce il vestito, che se ne torna a casa mentre io posso finalmente andare a dormire e domattina, mi convincerò che era solo un brutto sogno.

Ma poi :
Da dietro di me sbuca una fotocamera.
Sullo schermo, viene riprodotto un filmato di scarsa qualità. Ma le figure sono inconfondibili e che cosa fanno è più che scontato.
Si vede chiaramente, mentre godo come una vacca con il cazzo di Francesco che entra e esce dalla mia patata.
A tale visione il mio cuore inizia a battere all’impazzata.

– Ovviamente se torno a casa, mia moglie, purtroppo, troverà questa fotocamera ed ovviamente questo video – continua ridacchiando.
– E se ti chiamassi Signore ? – riesco a dire con voce tremante.
– E se mi chiami Signore…. Questo video e le relative foto, te le regalo. Tutto salvato nella memoria di questa fotocamera – fa una pausa, poi dopo averla spenta e tolta dalla mia visuale, una mano si appoggia lieve sulla mia chiappa destra prima di proseguire :
– Tutto salvato, assieme a quello che ti farò fare questa notte, in cui si vedrà che farai tutto di tua spontanea volontà – dice mentre la mano entra nelle mie coulotte per poi percorrere il solco delle natiche in un leggero massaggio.
Prosegue ancora :
– In questo caso, nessuno saprà mai delle tue porcate con mio figlio, mia moglie non ti manderà via dicendo a tutto il quartiere di cosa hai fatto e tu continuerai ad avere la tua dignità. –
Terminata la frase, si mostra finalmente davanti a me e dall’alto del suo metro e ottanta mi domanda serio:
– Cosa decidi ? – domanda con le braccia conserte.

Con occhi bassi, mi domando cosa sia meglio.
Ragiono…. – Infondo, sarebbe un brutto colpo per le mie ripetizioni, ma con il tempo, potrei trovare altri lavori. Poi però, ripensandoci, chi lo dice che sto porco non metta il filmato pure in rete.  Anche se è suo figlio, questo tipo è capace di tutto e poi, qualche pensierino ammetto che me lo sono fatta su di lui e su come deve essere messo tra le gambe. – i miei pensieri però, sono interrotti da una macchina che sfreccia affianco a noi.
– Vuoi stare qui tutta la notte? – mi domanda sbuffando.
Il cuore mi batte all’impazzata, il terrore che qualche altra macchina arrivi mi perseguita e la cosa che mi viene più spontanea, quasi a dirgli “ ti prego proteggimi “, in un impeto allungo le chiavi dell’auto verso le sue braccia.
– Quindi stai accettando? – mi domanda senza muoversi, sempre a braccia conserte.
Ora tocca a me, tocca piegarmi ancora.
– Si Signore. – rispondo tremando.
– Brava – risponde mentre mi toglie le chiavi di mano – allora ho fatto bene a mandare mia moglie in gita con il pullman assieme alle sue amiche – ridacchia senza però muoversi ancora.
– Ora possiamo andare? – domando facendo quasi fatica a tirare fuori le parole di bocca e sempre tenendo il capo chino.
– No. – il cuore si gela – una zoccola che si rispetta, non possiede mutandine di nessun genere – continua con tono serio facendomi sbiancare.
Con terrore, alzo lo sguardo verso il suo mentre le orecchie iniziano a fischiarmi ed il cuore non smette di battere all’impazzata.
– Ma… ma devo… dev.. – provo a dire prima di essere interrotta.
– Sei scema o cosa? Levatele subito! Oppure vuoi che ti punisca subito con una bella sculacciata? – mi domanda ridacchiando ancora una volta.
Sento il mio volto avvampare mentre, con le mani, raggiungo i miei fianchi e dopo aver preso i bordi delle mutandine, spingo verso il basso.
In pochi attimi mi trovo piegata a novanta, in mezzo al marciapiede deserto, con la mia patatina e il mio culo al vento, disponibile allo sguardo di chiunque.
Sto per rialzarmi, quando una mano dell’uomo si posa sulla mia nuca.
– Quello straccetto che hai in mano. Lascialo a terra . – mi ordina calmo e quasi sottovoce.
A malincuore, anche se sono le mie preferite, mollo la presa lasciandole cadere in terra. Solo allora, la mano dell’uomo si toglie, lasciandomi risalire.
In un impeto di imbarazzo però, con le mani vado a coprire il mio frutto proibito.
– Allora le vuoi proprio prendere questa sera? Togli quelle mani. – quasi urla facendo rimbombare la sua voce ancora una volta tra le case.
Impaurita lascio cadere rapidamente le mani lungo i fianchi e finalmente l’uomo si dirige verso la mia macchina.
– Sali – ordina prima di sedersi al mio posto di guida.
Raggiungo rapidamente la macchina e prima di chiudere la porta, guardo ancora una volta quel pezzettino di stoffa tutto stropicciato rimasto in terra.

– Brava troietta. Sta notte ci divertiamo –  ridacchia ancora mentre con una mano strizza il mio capezzolo sinistro prima di partire.

 

 

 

La macchina sfreccia rapida per le vie deserte della città.
La musica che si diffonde nell’abitacolo è alta e il ritmo incalzante fa divertire l’uomo alla guida che, senza pietà, affonda il piede sull’acceleratore.
Il suo volto ruota verso di me e con un sorriso perverso stampato sulle labbra, mi annuncia che stiamo per arrivare a destinazione.

Siamo ormai in piena periferia quando svoltiamo in una stradina stretta e sterrata.
Noncurante dei numerosi buchi nel terreno, il padre di Francesco, continua a viaggiare a forte velocità dirigendosi verso un fabbricato recintato poco distante da quella che presumo essere la tangenziale.
Di fronte il cancello di ferro massiccio, l’uomo estrae dalla tasca un telecomando e dopo averlo premuto, le pesanti inferiate si aprono mentre un grosso faro si accende, illuminando un piccolo piazzale terminante con l’entrata del fabbricato.
L’auto continua a muoversi in direzione di quella lontana entrata, quando, in centro al piazzale ferma improvvisamente la sua corsa.

– Scendi – il torno è imperioso e non ammette repliche.
Apro la porta e scendo dall’abitacolo sotto lo sguardo vigile del mio aguzzino .

Senza uscire ancora dall’auto, fissando la mia patatina che non oso più coprire, mi domanda :
– Per questa sera cosa decidi di essere ? –
Rimango titubante sul cosa rispondere.
– Non capisci vero? – sospira e poi continua – Devi decidere se sta sera vuoi essere la mia cagna o la mia puttana. –
A queste parole, ovviamente, divento paonazza e con il respiro corto, inghiotto a fatica la saliva che ho in bocca.
– C..cosa significa questo? Non.. non capisco.. – rispondo a fatica non sapendo cos’altro rispondere.

A queste parole, si innervosisce, esce dall’auto sbattendo con forza la portiera e dopo essere arrivato di fronte a me, con una mano si appoggia sul parabrezza.
Con la testa reclinata verso il basso e gli occhi chiusi, torna a parlare.
– Secondo te è tanto difficile da capire? – sospira e poi inizia a spiegare – Una cagna secondo te cosa fa? Scodinzola, lecca, viene portata al guinzaglio e quando sbaglia viene punita. –
Fa una pausa e sempre tenendo il capo chino apre gli occhi e punta nei miei facendomi raggelare.
– Una puttana invece ? penso lo sai benissimo. Ciuccia il cazzo, si fa scopare, si fa inculare, urla come una troia in calore e vuole essere solo sbattuta da tori violenti e feroci… e poi… – si tocca vistosamente il cazzo da sopra i jeans –  e poi… una puttana è sempre affamata di cazzo. Una volta che si bagna, vuole scopare tutta la notte con chiunque –

L’ultima frase, mi fa raggelare.
Che voglia farmi scopare da chiunque per davvero?

– Allora cosa scegliamo di fare ? – mi domanda impaziente vedendomi paralizzata dal suo discorso
– A..Allora, de…devo scegliere… – dico con terrore ma senza ricevere risposta .
Poi, abbasso il capo, chiudo gli occhi e tutto di un fiato dico :
– Se devo proprio decidere, allora che sia una cagna. – finisco la frase sentendomi avvampare le guance fino ad essere ustionanti.

Devo attendere qualche secondo per ricevere una reazione dal mio aguzzino.
Poi, sottovoce, decreta :
– Cagna sia… ma… una cagna sta a quattro zampe.  – conclude la frase poggiando una mano sulla mia testa e spingendo verso il basso fino a quando le mie ginocchia e le mie mani non sono a contatto con il liscio cemento del piazzale.
Sempre sottovoce, comanda ancora, facendomi vergognare ancora di più di me stessa e di dove mi sono andata a cacciare :
– Allarga un po’ ste gambe e sporgi sto culo, sta sera devi essere la mia cagna. – poi tirandomi una pacca sul culo prosegue – ed io…. la mia cagna la voglio in calore –

Sto quasi per mettermi a piangere dalla vergogna, quando un altro comando mi spiazza.
– Ora da brava cagna fammi vedere come ti muovi a quattro zampe. –
Così, obbedendo al mio aguzzino, cerco di muovermi goffamente, con le autoreggenti che ad ogni movimento sento rompersi sempre di più strusciando sul duro cemento.
Lui sta appoggiato al cofano della mia auto e con le braccia incrociate, guarda sorridente il mio percorso sotto la luce gialla del faro.
Mano a mano che proseguo le ginocchia iniziano a far male e noto a malincuore che anche le mie belle scarpe iniziano a rovinarsi.
Ad un certo punto, un sassolino si conficca nel mio ginocchio facendomi emettere un piccolo urlo.
Con la mano vado subito a rimuoverlo e per non aver calcolato bene il baricentro da tenere, con il culo finisco rovinosamente a terra, battendo anche la spalla sul duro cemento.
Risa di sottofondo mi fanno innervosire mentre finalmente riesco a massaggiarmi il punto dolorante.

Mentre infine torno a quattro zampe, sento i passi dietro di me, sempre più vicini.
– Hahahaha. Ora stattene qui buona a cuccia cagna. – dice accarezzandomi il culo, pericolosamente vicino al mio buchetto posteriore.
– Aspettami che vado a prendere il necessario per addestrarti a dovere – continua sorridendo prima di lasciarmi da sola, in mezzo a quel deserto ed enorme piazzale.

Durante la sua assenza, mi guardo intorno ed in lontananza noto quella che deve essere la tangenziale.
Sotto la forte luce del faro, in mezzo ad un piazzale deserto, anche se sono a quattro zampe, chissà se qualche automobilista mi vedrà e non mi scambierà per un cane qualunque.
L’imbarazzo, la paura, ma anche una strana perversione mi affollano la mente ed è inutile dirlo, ma toccandomi, la mia patatina è irrimediabilmente umida.

– Maledizione, che vergogna. Ma dove cazzo mi sono ficcata. – impreco a bassa voce guardandomi intorno.

In lontananza si sente improvvisamente sbattere il grosso portone di ferro.
Appena uscito da esso, vedo il mio aguzzino sorridente venirmi in contro con in mano un sacchetto .
– Ora ci divertiamo – dice estraendo da esso quello che sembra essere un collare con terminante una doppia catenella, di quelle a strozzo, come si usano veramente per i cani.
– Hahaha – ride sganciando la doppia catenella e preparandola per farla passare sulla mia testa.
– Brava la mia cagnetta – dice infine avvolgendola attorno al mio collo per poi agganciarci il collare in cuoio.
Prova quindi a tirarlo e l’effetto è di vero e proprio strozzo intorno al mio collo.
Spaventata, raggiungo subito il collare con le mani, cercando di allargarlo per riprendere fiato.
– Stai buona stronzetta e metti a posto le mani – dice prima di mollare il tiro e lasciarmi quindi respirare.
– Questa era solo una prova. Più farai la cattiva e più non mi obbedirai e più tirerò il guinzaglio. – dice carezzandomi il capo.
– Capito? – dice quasi urlando, non vedendo mie risposte.
Impaurita rispondo affermativamente solamente muovendo il capo.
– Brava. – dice tirandomi una pacca sul culo.
– Ora però – prosegue riprendendo in mano il sacchetto – una cagna che si rispetti, deve anche avere la coda. – dice estraendo da esso un fallo di buone dimensioni terminante in una lunga coda, proprio come quella di un cane con il pelo nero.
– C..Cosa ci vuoi fare con .. con quello ??? – domando cercando di allontanarmi.
– Zitta, le cagne non parlano e comunque, tranquilla, prima lo lubrifichiamo. Hahahaha – ride ancora, lasciando cadere a terra il sacchetto vuoto, dopo aver ancora estratto un tubetto di liquido.
– Ora vedi di stare ferma, altrimenti ti tengo per il collare e ti sculaccio fino a quando non hai il culetto tutto blu – decreta infine mentre si dirige alle mie spalle.
Sento quindi cadere a terra rumorosamente, quello che credo essere il tappo del tubetto, poi….

…freddo, sulle mie chiappe. Una sensazione di unto e freddo si insinua tra esse, fino al mio buchetto posteriore dove si concentra per poi colare lungo la passerina e poi finire in terra.
– Brava la mia cagna. Ora stai ferma – dice mentre sento un dito raccogliere quel liquido e concentrarlo sul mio ano.
Con quel maledetto dito inizia a spingere su quel buchetto usato pochissimo.
Spinge… Spinge… e spinge ancora, fino a quando, tutto di colpo, la prima falange viene risucchiata bruscamente facendomi gemere.
Esce e rientra più volte, sempre bruscamente, con arroganza, con prepotenza.
Infine spinge ancora, e tutto il dito entra in me.
Lo gira, rigira, entra ed esce rapidamente, quasi fosse un ditalino.
Cambia quindi dito.
Questo lo sento che è molto più grosso, ma lubrificato, dopo due spinte, anch’esso entra senza troppi problemi.
– Vedi che non era tanto difficile? – dice ridacchiando mentre estrae il pollice.
Poi quello che sento appoggiarsi dopo, è molto più grande.
Non è il suo cazzo, ne sono sicura, non ha abbassato i pantaloni, non l’ho sentito e poi questo è troppo freddo.

Una spinta decisa precede un mio urletto.
– Dai cagna, spingi come se dovessi fare la pupù – mi incita dandomi uno schiaffone sul culo.
Un’altra spinta ancora più forte ed il fallo entra per buona parte in me.
– Dai ci siamo quasi, ancora una spinta ed entra – ridacchia senza mollare la presa.

Un’ultima spinta e come una lama affilata, lo sento sprofondare nel mio intestino, fino a quando, dopo il punto di massima espansione, sento i muscoli richiudersi trattenendolo all’interno.
L’urlo che emetto è forte e rimbomba contro la parete del fabbricato.
Fuori da me, a decretare la mia “profanazione”, una coda, lunga almeno 40 centimetri svetta tra le mie chiappe.
– Brava la mia cagnetta – ora sei perfetta.
Mi carezza quindi la testa, mentre io, con il respiro affannato, uso una mano per asciugare le lacrime, prima di sentire il collare tirare e la catena stringersi attorno al mio collo.
Come un automa, con le ginocchia doloranti e i palmi delle mani sul freddo cemento, inizio a trotterellare stando al passo del mio nuovo “padrone”.

Dolorosamente, in pochi minuti, tra uno strattone e l’altro, con quella maledetta coda, piantata fastidiosamente nel mio culetto, raggiungiamo l’entrata del fabbricato.

– Dai cagnetta, entra che ho voglia di divertirmi – sorride trascinandomi dentro a quel grosso portone.

La corrente d’aria all’entrata mi fa venire la pelle d’oca, ma non per il freddo ma bensì mi fa riflettere nella mia mente : – Maledizione. Eppure tutta sta cazzo di situazione, non so come faccia ma.. la mia patatina è un lago.. cazzo! –

 

 

 

Il posto in cui mi ha portata, una volta entrati, mi pare essere un grosso magazzino dove viene stivata roba di ogni genere.
Mentre vengo tirata ancora per il guinzaglio rimango sbalordita da quanta roba ci sia qui dentro.
– Ti stupisce vero tutta sta roba? – ridacchia – io ed un mio amico abbiamo comprato questo capannone tanti anni fa ed assieme, noleggiamo una piccola fetta, ad ogni persona che ne ha bisogno per stivare la propria roba –
Poi dopo esserci fermati davanti ad una scalinata in ferro mi fa cenno di salire:
– Muoviti, voglio proprio vederti salire –
Quando appoggiai le mani sul primo gradino, il timore fu già enorme. Non tanto per la visione che potevo dare a quel porco, quanto per il male che avrei provato alle ginocchia già doloranti .
– Allora ti muovi? – mi incita schiaffeggiandomi ripetutamente una chiappa.

Il primo scalino, gemetti.
Il secondo, qualche lacrima iniziò a colare lungo il mio viso.
Il terzo… – Cazzo, le calze!! – imprecai, rimanendo impigliata nella grata del gradino.
Provando a tirare verso l’alto, la calza si strappava sempre più.
Poi arrivò la mano dell’uomo che, senza remore, tirò la calza impigliata, strappandola di netto.
– Dai finisci di salire che poi togliamo tutti sti straccetti di dosso. – mi incita schiaffeggiando ancora il culo.

La scala sembrava non finire mai, ripida, dolorosa ed infine, ad ogni scalino, il mio aguzzino mi tirava un sonoro sculaccione per chiappa.
Gli ultimi furono atroci.
Mi lamentavo per ogni movimento, ogni volta che appoggiavo mani e ginocchia e poi, ululavo per ogni colpo ricevuto sulle chiappe ormai rosse acceso.

Ed infine la scala terminò e con essa il mio supplizio.
Almeno per ora.

Entrando poi dalla porta che avevo di fronte, ci ritrovammo in un ampio stanzone con qualche divano, un televisore e qualche scrivania al centro.
– Da brava cagnetta. Ora mettiti sulla prima scrivania e togliti tutti sti stracci di dosso. – mi ordinò strattonandomi il corpetto da dietro prima di togliermi il guinzaglio e poi darmi un altro schiaffo sul culo.
Mentre quindi, mi dirigo alla scrivania, lo vedo affrettarsi a raggiungere una scrivania più lontana, estrarre qualcosa da un cassetto e quindi, dopo un segnale acustico, posizionare l’oggetto sul piano in legno lucido.
Mano a mano che mi avvicino, ne sono sempre più certa di cosa sia. Quando poi noto la spia luminosa, ne ho la conferma.
Mi sta riprendendo.

Rossa in volto, cerco di non farci caso, salgo a fatica sulla scrivania e poi, senza potermi sedere, visto il coso conficcato nel culo, cerco con difficoltà di togliermi le scarpe e poi il resto di ciò che resta del mio vestiario.
Per ultimo, faccio quindi per raggiungere quella maledetta coda, ma un urlo, mi desiste dal farlo.
– A quella ci penserò io quando sarà il momento. – dice mentre me ne torno buona buona a quattro zampe, visto che è l’unica posizione possibile da tenere con quel coso dentro.

– Ora visto che hai fatto la brava, ti meriti il biscottino. – conclude avvicinandosi al mio volto.
Con una mano mi prende i capelli dalla coda, mentre con l’altra, dopo aver aperto la patta dei jeans, estrae con disinvoltura un cazzo ben più grosso di quello del figlio e tra l’altro , nemmeno in completa erezione.
– Beh? Cosa aspetti? Lecca cagna! – mi incita tirandomi per la coda e puntando il cazzo verso la mia bocca.
Altro non posso fare se non spalancare la bocca e dopo aver accolto quel pezzo di carne, iniziare a leccare e succhiare.
– Brava la mia cagna. Ora continua da sola – mi annuncia mentre inizia ad ingrossarsi nella mia bocca.
Lascia quindi la presa dai miei capelli e con entrambe le mani raggiunge i miei capezzoli per iniziare un lento ma inesorabile e sempre più energico massaggio con pollice e indice.

Dopo poco tempo, il massaggio diventa una vera e propria morsa, sempre più dolorosa, fino a quando inizio a lamentarmi.
Per tutta risposta, quel cazzo ormai in piena erezione, mi viene piantato in gola e dopo aver messo una mano dietro la mia testa, spinge ancora, cercando di ficcarmelo tutto dentro.
Il risultato però non è per niente soddisfacente. Inizio a tossire, i conati di vomito si susseguono ed il cazzo non ne vuole sapere di entrare nella mia piccola gola. Infine non riesco più a respirare mentre le lacrime scendono senza sosta dai miei occhi commossi per il grande sforzo.
Con entrambe le mani mi punto sul suo stomaco e mi spingo via.
Non mi trattiene e lascia che riprenda respiro.
– Peccato, speravo lo sapessi prendere in gola. – ridacchia per poi porgermelo nuovamente sulle mie labbra.
Come un automa ormai, apro nuovamente la bocca e torno a succhiarlo e leccarlo ma senza tanto interesse.

– Non va bene – se ne accorge anche lui – ci vuole più passione – dice per poi piegarsi su di me.
Quella maledetta coda inizia a essere mossa. – Finalmente mi verrà tolta – spero tra me.
Invece dopo qualche movimento più brusco, quel maledetto affare inizia a vibrare.
– Aaaahhhhh – mi scappa dalla bocca mentre il respiro si mozza.
Quella diavoleria vibra ad un intensità pazzesca.
Chiudo gli occhi e prendo a respirare con forza.
Di colpo mi sento tirare per i capelli.
– Forza, non sono qui per far divertire solamente te. – mi dice ficcandomi ancora una volta il cazzo in bocca.
– Succhia come si deve – mi ordina quasi urlando.
Mi sforzo di fare cosa mi dice, ma quella diavoleria mi sta rivoltando gli intestini.
Succhio, succhio, eppure quella maledetta vibrazione mi manda fuori di testa.
Succhio, succhio e quella diavoleria, cazzo.. inizia a piacermi…
Ed in effetti, anche il gusto del cazzo, sembra sempre più buono, più invitante, anche se è sempre lo stesso.
Succhio, succhio.
Ora succhio quella nerchia con forza, voglio staccargliela a forza di succhiare. Voglio fare venire sto porco maledetto.
Cazzo mi sta per far venire sto stronzo.
Quel vibratore maledetto nel culo.

Dopo poco, i muscoli del mio culo si rilassano, quasi vogliono che sto affare entri di più.
La mia patata ormai, credo coli umori a non finire.
Quando ecco che mentre succhio e lecco…
– PRRRRRR – il mio culo, rilascia una forte flatulenza.
Mi metto quasi a ridere, mentre il mio aguzzino si allontana per la puzza emanata.
– Ma porc… – dice sventolando la mano ma rimanendo serio.
– E tu che cazzo hai da ridere – dice tornando a ficcarmi il cazzo in bocca con forza – questa me la paghi – finisce la frase ridacchiando, però questa volta divertito.

Infine si abbassa di nuovo verso il mio culo, armeggia ancora con quell’aggeggio che ora comincia a vibrare ancora più forte.
Ora però la vibrazione è per me insopportabile, mi stacco dal suo cazzo ed a fatica lo prego di farla cessare.
– Cagnetta, questa è la tua punizione. Prima finisci di succhiarmelo e prima te lo tolgo – conclude rificcandomi il cazzo in bocca.

Questa volta mi metto di impegno e come una dannata inizio a succhiarlo a più non posso.
Fatico a respirare, fatico a stare a quattro zampe con il corpo che vibra tutto.
Finalmente lo sento irrigidirsi.
Finalmente inizia ad avere il fiatone.
Finalmente sta per venire.
Il cazzo si gonfia, il respiro e i suoi movimenti sono affannati.
Ecco che ora mi sborra in bocca.
Ecco che…

All’ultimo secondo si stacca da me e come un torrente si scarica sulla mia faccia imbrattandomela tutta.
Con una mano, spalma tutta la sborra sul mio volto e poi mi porge il cazzo da ripulire con la lingua.

Solo quando ho finito, si piega nuovamente su di me e la vibrazione cessa.
Riprendo fiato.
In pochi minuti inizio a riprendere sensibilità di quelle parti.
In pochi minuti, sento la mia passerina, ancora traumatizzata da quelle vibrazioni, sempre più sensibile, sempre più gonfia, sempre più vogliosa.
– Cazzo, ma come faccio a eccitarmi così – dico tra me, mentre l’uomo è seduto sul divano di fronte a me, intento a guardare il filmato appena registrato.

 

 

 

– Ti prego, mi puoi togliere sto coso dal culo ? – ripeto per la terza volta la domanda mentre lo vedo indaffarato con la videocamera.
– Se non stai zitta te ne ficco un altro nella figa e dopo averti legata alla scrivania, li accendo entrambi al massimo per 2 ore –
A questa risposta, decido di zittirmi ed attendere con le ginocchia ormai insensibili per l’eccessivo tempo passato in ginocchio.
Passa ancora qualche minuto e finalmente si alza, posiziona nuovamente la videocamera sulla scrivania più distante e tornato da me, prende immediatamente possesso della coda con una mano.
Lo sento che armeggia e poco dopo la vibrazione riparte.
– Aaahhh.. Ti prego.. Ti prego… – supplico sperando che smetta il prima possibile.
– Ti prego cosa? Ahahaha – si mette a ridere e poi sento quel coso vibrante cercare di uscire dal mio culo ormai richiuso.
Lentamente ma inesorabilmente, il mio culo viene riaperto da quell’affare che mano a mano esce e vibrando, quasi non mi accorgo di cosa stia succedendo.
Solo quando sento un vuoto, quasi un cratere, al posto del mio culo, mi rendo conto che è riuscito ad uscire.
Passano pochi attimi, con le sue forti braccia, mi rigira come un fuscello ed ora, con la schiena sulla fredda scrivania, mi piega le gambe sul petto e poi lo vedo prendersi il cazzo in mano e puntarlo tra le mie gambe.

In un attimo è dentro.
In un attimo mi ha inculato, senza alcun dolore, senza anzi alcuna sensazione.
Si piega su di me, si aggrappa alle mie spalle e inizia subito a cavalcarmi con un ritmo selvaggio.
Ora che il mio culo torna ad avere sensibilità, lo sento bene quel cazzo che entra ed esce da me.
Come un martello pneumatico, senza sosta entra ed esce.
Provo a stringere i muscoli del culo che ora hanno ripreso sensibilità e finalmente, sento quel violento intruso entrare e uscire.
Dalla sua bocca escono, mischiati ai miei, continui lamenti.
Lamenti di godimento, lamenti di fatica, si mischiano assieme al fiato corto di entrambi.
La mia passerina è un lago. Non resisterò ancora a lungo prima di venire.
– Ti prego… – provo a dire.
– Cosa cagna? – risponde lui
– Scopami anche davanti – riesco a dire rapita dall’imbarazzo ma piena di eccitazione.
– Te lo sogni cagna. – si mette a ridere.
– Le cagne in calore si inculano solo – continua ridendo senza smettere di fottermi.

Con una mano, si insinua tra le mie gambe. Rallenta la cavalcata e con due dita entra con prepotenza nella mia passerina, trovandola bagnata all’inverosimile.
– Sei fradicia – annuncia portandomi le sue dita alla bocca.
– Succhia – ordina ancora.
Come un automa ormai, in preda all’eccitazione smisurata, succhio i miei umori.
– Che cagna. Forse avresti fatto meglio a scegliere di essere la mia puttana. Chissà, forse ti avrei fatto venire se mi andavi a genio – dice ridendo per poi smettere di incularmi.
Stupendomi di me stessa, mai avrei immaginato di riuscire a rispondere come sto per fare :
– Voglio essere la tua puttana allora. – rispondo tutta di un fiato.

L’uomo mi fissa.
Fissa il mio corpo.
Con una mano raggiunge la mia patatina.
Due dita prendono possesso del clitoride e … stringono..
– Aaaaahhh – esclamo.

Senza mollare la presa, si avvicina alla mia faccia che mano a mano si arrossa sempre più e risponde :
– No. Cagna. Forse la prossima volta –
Finisce la frase lasciando il mio clitoride e allontanandosi da me.
Si dirige verso un mobiletto e da esso estrae diverse corde.
– Sai, le cagne, quando si rendono conto di aver sbagliato, come hai fatto tu ora, vanno punite. –
Torna da me, ancora supina sulla scrivania e prende entrambe le braccia portandomele dietro la testa.
Le lega tra loro e poi sento far scorrere la corda fino alle gambe della scrivania.
Conclusa l’operazione, torna al fondo della scrivania e piega nuovamente le gambe e ginocchia sulla mia pancia. Lega una gamba per volta, poco sotto il ginocchio, in modo che rimangano chiuse e poi, fa passare una corda sotto la scrivania legando i capi alle due corde che mi tengono piegate le gambe.
Così facendo, le mie gambe rimangono larghe e piegate sul mio corpo lasciando a chi è di fronte a me, una visione invidiabile della mia passerina e il mio ano spalancati.

Lo vedo quindi tornare a quell’armadio e prendere un sacchetto.
Da esso estrae tre mollette da bucato e tornato da me, senza pietà ne applica una per capezzolo sotto le mie urla.
– E questa dove la mettiamo ? – domanda mostrandomi la terza e ultima molletta.
Ridacchiando e senza aspettare risposta, si dirige dall’altra parte della scrivania e con la stessa noncuranza, allarga le labbra della mia passerina ed applica la molletta sul mio clitoride.
– Aaaaaahhhhh!!!!!!! – urlo sta volta per il male che provo.

Si allontana nuovamente e quando torna, in mano ha un fallo ancora più grosso e lungo di quello precedente.
– O … cazzo – riesco solo a dire.
– Hahahaha…. Dovresti vedere la tua faccia! – mi schernisce indicandomi divertito.
Preso quindi in mano il tubetto di gel, ne fa cadere un’abbondante quantità sopra il fallo di gomma passando e ripassando la mano di modo da spargerlo su tutta la superficie.
Finita quest’operazione, si posiziona tra le mie gambe.
Come un’ostetrica pronta a far uscire il bambino dalla mia pancia, il mio aguzzino decide di ficcarmi sto coso nel culetto.
Ci vuole diverso tempo, prima che il mio culo si apra e riesca a far passare quel bisonte.
I lamenti sono continui, il respiro è affannato e il cuore mi batte all’impazzata.
Appena la cappella di quel pezzo di gomma entra in me, credo finalmente il peggio sia finito, ma quando l’uomo inizia a spingere per farlo risalire nei miei intestini, inizio di nuovo a tremare.
Dopo che finalmente trena centimetri circa di quell’arnese sono risaliti nel mio culo, sembra finalmente contento e si stacca da me, lasciandomi dentro quel maledetto intruso.
– Ora possiamo iniziare con la punizione. – afferma ridendo ancora.

Armeggia con la sua cintura, la toglie lasciando cadere a terra i jeans.
A quel punto, vedendo il cazzo gonfio coperto solo dai boxer, vorrà sicuramente sfogarlo.
Ma quando vedo che non posa la cintura e si posiziona tra le mie gambe, capisco che qualcosa non quadra.
– Cosa… Cosa vuoi fare? – dico terrorizzata.
– Zitta e inizia a contare, se sbagli ricomincio da capo – mi comanda senza ammettere repliche.
La prima cinghiata quasi non mi accorgo che arriva.
Fa saltare la molletta che cade a terra mentre il cuoio della cintura colpisce rumorosamente la mia passerina bagnata.
Il bruciore che segue è tanto intenso da farmi urlare.
– Allora? Non conti ? – dice colpendomi una seconda volta, facendomi questa volta sobbalzare.
– U..UNO – dico, anzi, urlo.
Un altro colpo, bruciore.
– DUE – dico tra i lamenti.
– TRE – le lacrime iniziano a rigare il mio viso.
– QUATTRO – continuo a lamentarmi mentre la passerina brucia a tal punto da essere quasi insensibile ai colpi.

Al decimo colpo, finalmente si ferma quando ormai, sentivo solo più il rumore ma nessuna sensazione, se non quella di propagato e continuo bruciore.

Lo vedo poi spostarsi dietro la mia testa e lo sento slegare la corda che passava tra le gambe della scrivania.
Non mi slega però le mani ma bensì, mi spinge in avanti, fino a quando il culo non sporge dal fondo della scrivania. A quel punto si ferma e passato dalla parte opposta, sorride e poi si cala i boxer.
Passa il cazzo più e più volte sulla mia passerina infuocata.
Lo passa tra le labbra, ma non entra mai.
Infine sento quel maledetto affare nel culo che si muove.

Con una mano, il mio aguzzino prende il fallo dalla base e senza remore, lo sfila dal mio culo con forza.
Il movimento improvviso, misto alla sensazione di vuoto che crea dentro di me, mi fa urlare ancora.
Ma non ho il tempo di riflettere, di ragionare ed il culo viene nuovamente riempito.
Sta volta però il cazzo è vero ed inizia nuovamente a fottermi con vigore.
Sbavo, mi lamento, ed eccitata, prego l’uomo di scoparmi la figa.
Ma niente da fare, continua imperterrito a ficcarmelo dietro con arroganza ed arrossandolo sempre di più.
Va avanti a fottermi per un tempo interminabile, mentre le mie tette con le mollette sui capezzoli sembrano due antennine che si muovono a ritmo anche loro.
Ma non passa tanto tempo che, anche loro, vengono finalmente rimosse tra i miei lamenti di dolore.
Subito dopo averle rimosse poi, con pollice e indice, torna a strizzare i capezzoli già abbastanza martoriati.
Le scariche che arrivano al mio cervello però sono disturbate, dolore, piacere, dolore, piacere. Un mix che non so descrivere, mentre quel cazzo continua a fottermi il culo senza sosta.
Poi si stacca anche dai capezzoli e dopo un’ultima e feroce strizzata al clitoride, si aggrappa alle mie spalle per dettare una cavalcata ancora più profonda e violenta.

Mi fotte ancora a lungo, entrambi sudati e stremati emettiamo continui gemiti ormai di puro godimento.
La mia passerina è un lago e il suo cazzo ormai è sul punto di venire.
Lo sento che si irrigidisce, lo sento che inizia a essere più frenetico, più violento ed in un impeto, stringe gli occhi, i denti e urlando mi fotte con una violenza inaudita.
Anche io urlo, lo sento rivoltarmi con quel cazzo che mi trapana il culo.
Lo sento sempre di più e sempre di più il mio culo inizia a bruciare.
Lo sento ancora una volta urlare.
– Cagnaaa!!! Ti lascio il regalino per casaaa!!!! – urla finalmente fermandosi e scaricandosi nel mio intestino

Con il fiato corto ed ormai stremato, si stacca da me e raggiunto rapidamente un sacchetto, torna tra le mie gambe estraendone un fallo di piccole dimensioni.
– Ancoraaa??? – mi lamento ancora.
– Mica vorrai perdere sborra per tutta la tua bella macchina? – domanda mentre mi ficca quel piccolo fallo nel culo.
Quasi non lo sento entrare e mi domando quanto diavolo sarò diventata larga.

Conclusa anche quest’operazione, finalmente mi slega, lasciandomi alzare mentre lui si pulisce il cazzo con un fazzoletto.
Faccio quindi per rimettermi il corpetto e quello che resta delle calze, ma mi ferma.

– Prenditi il vestito dentro quel sacchetto e da terra, raccogli solo le scarpe. Il resto lo tengo per ricordo – mi ordina indicandomi un sacchetto poco distante, dove dentro trovo il mio vestito tolto ancora quando eravamo nella cantina del suo palazzo.

Mentre torniamo verso casa, quasi fatico a star seduta per colpa del mio culo martoriato e di quell’affare all’interno.
Mi stupisco a sentirmi nuda, quando ho quel tubino, anche se striminzito ma che comunque mi copre lo stretto indispensabile.
Finalmente davanti a casa sua, mi riconsegna la macchina, lasciandomi tornare nuovamente alla guida.

– Il giorno che vorrai essere la mia puttana, scrivimi e quando ti presenterai in quel magazzino, preparati a trovare anche altre persone. –
Senza lasciarmi modo di replicare, chiude la porta e si dirige a passo svelto verso casa.
Guido con calma e quasi distrattamente fino a casa, cercando sempre di non poggiare troppo il culo sul sedile.

Solo nella doccia di casa, torno ancora una volta a riflettere sul mio culo e quando finalmente tolgo quel piccolo fallo, sento tutta la sborra colare tra le mie gambe.

L’eccitazione non mi è ancora calata, così decido che finalmente è il momento di darmi sfogo anche se da sola.
Due dita vanno tra le labbra della mia patatina, provo a stimolarla ma brucia da matti.
Provo quindi a toccare il clitoride, ma la situazione è ancora peggio.
Provo quindi a mettere un dito dentro, ma il bruciore continua a darmi problemi.
– Vaffanculo! Manco posso venire! – strillo nervosamente piena di voglia e senza possibilità di darmi pace.

 

 

 

– Ciao sono Francesco. Ma hai ancora il mio numero? Il giorno dopo che ci siamo visti, avevo provato a chiamarti con il numero di papà, ma visto che non rispondevi ho lasciato poi perdere! –

Ricordandomi delle ripetizioni fissate tre giorni fà per l’orale, mi schiaffeggiai la fronte e chiudendo gli occhi per quanto mi sentii stupida gli risposi:
– Scusami Francesco!!! Mi ero proprio dimenticata!!!! Ma quand’è che ti fanno passare?? – domando in tono mortificato.
– Eh, Giada… Mi passano oggi pomeriggio alle 15.00 ! – risponde in tono sconsolato.
– Cazzo… – rispondo sottovoce
– Dai non ti preoccupare… però… – si blocca un momento – ti andrebbe di accompagnarmi tu? Almeno sono più tranquillo – mi domanda.. anzi, quasi mi supplica..

– Ma io.. dovrei.. cioè… non so perché.. non so se sarebbe il caso.. forse sarebbe meglio ti accompagnasse tua madre no? – dico con il terrore di rincontrare Ferrandi in qualche corridoio.
Ricordo ancora l’ultima frase che uscì dalla sua bocca << Prof un cazzo... Vedi di andartene e non farti vedere mai più. Riguardo a Francesco poi, stai tranquilla che farò in modo che abbia ottimi voti  >> e per questo << … non farti vedere mai più … >> ho il timore che se mi vedrà ancora, la prenderà come una provocazione.

– Dai ti prego, ti aspetto per pranzo alle 13.00 e poi ci incamminiamo verso scuola – conclude quasi comandandomi.
– Ma Fra ! io non so se.. – lascio però la frase a metà, sentendo che dall’altro capo la chiamata è stata interrotta.
– Cazzo! – urlo quasi prima di alzarmi svogliatamente dal letto.
Ormai sono le 11.30 quando esco dal bagno dopo essermi fatta una doccia rigenerante.
In questi giorni ho proprio poltrito, non ho lavorato, non ho pulito casa, non ho fatto niente, ma almeno qualche uscita con le amiche sono riuscita a farmela. Decido per questo motivo, prima di uscire di casa di risistemare almeno un poco la mia camera, prima che mia madre mi urli per l’ennesima volta che sono una disordinata cronica.

Assorta nei miei pensieri e con una leggera musica di sottofondo, quasi non mi accorgo che il telefono squilla già da qualche secondo.
Corro quasi ed una volta raggiunto, senza guardare chi sia, rispondo :
– Giada ma dove sei? Sono le 13.15… qui è tutto pronto –
Guardo l’ora della radiosveglia e sbianco. 13.15
– Scusami!!! Stavo pulendo casa e mi sono distratta! Arrivo subito!!! – dico mortificata prima di chiudere frettolosamente la chiamata.
– E adesso che mi metto? È tardissimo maledizione! – strillo mentre mi tuffo nell’armadio alla ricerca di qualcosa di decente da mettere.
Fuori piove, ed in effetti, i classici vestitini estivi è meglio che li eviti per non diventare un’improvvisata e involontaria “miss maglietta bagnata”.
Poi eccoli, i pantaloni per fare danza moderna.
Poi un top da tenere sotto una leggera felpa può andare anche bene scollato, tanto nessuno lo vede.
Scarpe da ginnastica, coda di cavallo e niente trucco.
Prendo la prima borsetta che mi capita, butto dentro chiavi della macchina, telefonino e documenti.
Quando mi guardo allo specchio, sapendo che andrò in una scuola, penso di poter essere benissimo scambiata per una prof di educazione fisica con questo vestiario.
Butto rapidamente la scopa e la paletta nel ripostiglio e in pochi attimi sono già in strada, di corsa, sotto la pioggia, dopo aver tirato su il cappuccio della felpa, corro verso la mia auto.
Lampeggiano le quattro frecce, apro la portiera e quando finalmente mi trovo nell’abitacolo mi rendo conto di essere già mezza fradicia.
– Ma almeno un cazzo di ombrello potevo prenderlo! – mi sgrido da sola prima di partire sgommando.

Arrivata di fronte a casa di Francesco, ovviamente anche li non trovo subito parcheggio, ed anche lì, mi tocca fare un’altra corsa verso il portone del palazzo.
Il risultato della pioggia lo posso infine valutare nel piccolo box dell’ascensore, dove, guardandomi allo specchio posto nella parete posteriore, la felpa ha trattenuto bene la sua forma ed anche se bagnata non si nota nulla, mentre i pantaloni della tuta, soprattutto all’altezza del mio culo, si può notare quasi perfettamente il segno del perizoma e quasi si intuisce il suo colore bianco.

– Dai Giada! Un respiro profondo forza – mi incoraggio da sola.
Chiudo gli occhi, respiro profondo e poi in un attimo sfilo le scarpe da ginnastica che tengo sempre aperte, calo rapidamente pantaloni e perizoma fino alle caviglie, esco da essi, butto in un angolo il perizoma e mi infilo nuovamente i pantaloni. Senza manco aiutarmi con le mani, mi ributto con i piedi nelle scarpe e poi dopo aver ripreso possesso del perizoma, lo infilo nel tascone della felpa.
Giusto in tempo.
Le porte si riaprono mentre ancora ho il perizoma in mano, ma già al sicuro da occhi indiscreti.
La porta di casa è socchiusa, la apro con cautela e chiedendo permesso la lascio chiudersi dietro di me.
– Vieni che si fredda tutto qui. – la voce agitata di Francesco mi fa intuire che non ci siano altri componenti della famiglia in casa.
Una volta giunta in cucina posso confermare che i piatti pronti sono solo due.
– Sei solo in casa? – domando sedendomi a tavola.
– Si. Mamma è via tutto il giorno e papà è al bar. – quando dice papà, un brivido mi corre lungo la schiena, ricordando le porcate che mi ha fatto qualche giorno fa.

– Capito, allora posso togliermi sta felpa fradicia. – decreto mentre mi tolgo a fatica l’indumento fradicio.
La butto quindi sulla sedia libera vicino a me e poi, quando mi volto, gli occhi di Francesco sono puntati su di me. Abbasso quindi lo sguardo  e la visione deve essere in effetti molto gradita.
Per la fretta non avevo indossato reggiseni di alcun genere e con la leggera canotta ora fradicia, sto mostrando il recentemente citato “miss maglietta bagnata”.
Ridacchio divertita.
– Porcello. Dai ! Mangiamo ! – ridacchio mettendogli una mano davanti agli occhi.

Per tutto il tempo del pranzo, nessuno parla, evidente segno che entrambi siamo affamati.
Poi sono io a spezzare il silenzio :
– Ma hai cucinato tu? – domando curiosa visto che trovo tutto squisito.
Non mi risponde a voce ma si limita a scuotere il capo affermativamente.
– e bravo il mio cuoco – rispondo sorridendo e carezzandogli il capo.
Quando finiamo il pranzo, senza chiedere permesso mi dirigo verso i fornelli e mentre Francesco inizia a sparecchiare io preparo il caffè. Nel frattempo faccio finta di non notare i continui sguardi alla scollatura o al mio fondoschiena, fino a quando, messa la caffettiera sul fuoco, non mi tocca voltarmi.
Lo trovo intento a pulire il tavolo ma con lo sguardo è fisso tra le mie gambe.
– Ma la smetti?!?!?! – dico tirandogli uno schiaffetto sulla guancia poi, dopo essermi inginocchiata di fronte a lui, con una mossa decisa, gli faccio cadere a terra pantaloni e boxer.
Il cazzo svetta dritto e duro di fronte il mio viso.
Con una mano lo avvolgo, lo stringo accompagnata dai suoi sospiri e poi, dopo averlo scappellato, inizio a ciucciarlo come fosse un ciupaciupa.

Bastano veramente poche succhiate, qualche leccata e dopo un grigno quasi animalesco, si attacca alla mia testa. Sento il cazzo vibrare, il suo respiro fermarsi e poco dopo, tutta la sua voglia si scarica nella mia bocca.
Altro non posso fare se non inghiottire, inghiottire e poi ripulire tutto.

– Cavolo che velocità. Era da tanto che non?? …. – lascio la domanda in sospeso mimando con la mano una rapida sega.
Lui ancora provato dall’appena conclusa vicenda, mi risponde affermativamente e sempre senza aprir bocca .

Il caffè inizia a salire, spengo il fuoco e dopo aver rovesciato il contenuto in due tazzine, mi dirigo verso il balcone.
Mentre bevo il caffè, mi accendo una sigaretta e poi appoggiandomi alla ringhiera e sporgendo un po’ il culo, dico a Francesco di raggiungermi.
Anche lui arriva con la tazzina fumante in mano e quando vede me, in quella posizione, sta volta è lui a lamentarsi mentre fissa il mio culo e quei pantaloni ancora umidicci che si perdono tra le mie natiche.
– Ok, va bene tutto. Ma ora basta provocarmi!! –
Entrambi ci mettiamo a ridere e poi fissiamo assieme il paesaggio bagnato dalla pioggia.

 

 

 

Finito di bere il caffè, decido di andare in bagno per darmi una veloce risistemata.
Dopo essermi sciacquata alla veloce, fissandomi allo specchio, constato che finalmente i vestiti si sono quasi del tutto asciugati. Decido quindi, prima di ritornare da Francesco, di indossare nuovamente il mio perizomino, poi giunta in cucina, Francesco è sparito e lo trovo in camera già intento a prepararsi per il colloquio orale.
Per tutto il viaggio rimane nervoso, non parla, gioca con le mani, mangia le unghie e parla a monosillabe.
Solo quando siamo arrivati finalmente di fronte a scuola, riesce a spiccicare una frase di senso compiuto :
– Sono teso. Spero di farcela o i miei mi ammazzano. Vero che mi guardi mentre mi interrogano ? – mi domanda agitato.
– Ma certo, starò tutto il tempo dietro a te. Tranquillo però, vedrai che andrà tutto bene. – rispondo carezzandogli la testa.

Scesi dalla macchina, ci dirigiamo prima all’interno dell’istituto e poi seguendo le indicazioni, ci ritroviamo nell’aula magna.
In me, il timore di incontrare Ferrandi è sempre più vivo. In Francesco, il timore di questo orale è anche in lui sempre più acceso.

Dopo pochi minuti, una professoressa, dal centro dell’aula inizia a dettare le disposizioni.
I ragazzi venuti a sostenere l’esame vengono quindi messi a sedere nella prima fila, di fronte alle cattedre. I genitori ed eventuali accompagnatori invece, vengono fatti accomodare nelle ultimissime file di modo da interagire il meno possibile con gli esaminati.

Una volta sistemati tutti, Francesco si gira un’ultima volta a controllare dove sono e poi, mentre io con il pollice della mano rivolto verso l’alto e strizzandogli l’occhio, lo vedo che finalmente sorride.

La commissione in pochi minuti si riunisce e dopo che si sono sistemati sulle cattedre poste di fronte ai ragazzi, iniziano subito a chiamare in ordine alfabetico.
I primi due sono stati veramente un disastro, il terzo ragazzo invece, molto molto preparato e tra l’altro, mannaggia che fisico! Noto inoltre che i colloqui sono veramente lunghi, 15 o anche 20 minuti per ogni ragazzo o ragazza che passa e quindi, visto che il ragazzo è bravo, spero duri il più a lungo possibile questo.

Mentre sono assorta nei miei pensieri e mi godo la visione di questo ragazzo strafigo, mi sento stringere la spalla destra da qualcuno dietro di me.
Sorpresa, mi giro per capire chi sia e quando vedo il suo viso, impallidisco, mentre il cuore inizia a battere nuovamente all’impazzata.
Si avvicina con il volto al mio e poi, sottovoce, guardandomi negli occhi, mi domanda :
– Non ti avevo espressamente detto di non farti più vedere qui? – mi domanda il professor Ferrandi.
– Prof.. io.. non volevo.. ma… Frances… – mi fermo di colpo perché dalle cattedre, un professore sta appunto citando il suo nome.
Mi giro quindi repentina e lo vedo lanciarmi un’occhiata di sfuggita, giusto per capire che ero ancora qui e poi, a testa bassa, si dirige verso il patibolo.
Poi ecco nuovamente, la mano sulla mia spalla farsi viva, stringendo ancora di più.
Poi la sua voce :
– Non abbiamo molto tempo. Forza. Seguimi. – il tono non ammette repliche.
Non oso contraddirlo, ne tantomeno aprir bocca e come un automa, mi alzo dalla sedia controllando di non essere vista da Francesco ed esco in direzione della sagoma che mi attende nella penombra del corridoio di servizio.

Percorro diversi metri di quel corridoio buio, prima di arrivare di fronte all’uomo che mi attende, poi, quest’ultimo, dopo avermi squadrata da testa a piedi, apre una porta posizionata dietro di lui e lasciando il passaggio libero, mi indica di entrare.

Una volta varcata la soglia da entrambi, la porta si richiude alle nostre spalle e il prof, dopo aver fatto scattare due volte la serratura, estrae la chiave dalla toppa e la infila nella tasca dei suoi pantaloni.
Di fronte a noi, un corridoio molto lungo finisce con una porta grezza in ferro.
– Ti ricordi questo posto vero? – mi domanda mentre continua a squadrare il mio corpo.
Faccio cenno di no con la testa e lui prosegue :
– Forse ti ricorderai meglio se ti dicessi Luca, Matteo, Filippo e Mattia. – conclude ridacchiando.
A quei nomi, ricollego tutto e in pochi secondi il mio cuore torna a battere all’impazzata mentre penso la mia faccia diventi rosso fuoco.

Eccome se mi ricordo di quei nomi, ed in fondo a quel corridoio, ora ricordo anche cosa succedeva.
Dentro quella porta, nel locale caldaia.
Avevamo rubato la chiave di questo corridoio dall’armadio del bidello e dopo che Luca ne aveva fatta una copia, l’avevamo rimessa al suo posto.
Quel cavolo di rumore della caldaia. Era praticamente assordante e così potevamo fare tutto il casino che volevamo, tanto nessuno ci avrebbe sentiti.
Proprio li, avevamo fumato le prime sigarette e poi, avevamo fatto e rifatto giochi tipo “obbligo o verità”.
La prima volta, io per fortuna avevo solo dovuto mostrare il reggiseno, mentre Luca e Mattia erano rimasti completamente nudi.
La seconda volta invece, me la fecero pagare, ma resistetti, riuscendo a rimanere in mutandine e reggiseno. I ragazzi invece, c’era chi non aveva più vestiti addosso e c’era chi invece doveva fare penitenze strane e sadiche.
Poi, la terza volta fui io a dover rimanere nuda e come se non bastasse, tutti assieme,  mi toccarono ovunque per 2 minuti.
La quarta volta invece, fu l’inizio della mia discesa verso la perversione.
Quella volta, mi scoparono tutti e quattro.
Ma non uno per volta.
Tutti assieme.
Luca in bocca, Matteo nella patatina e per finire Filippo e Mattia si alternavano nel culo.
Finirono poi per venirmi tutti e quattro in bocca.

– Cos’è, ti sei imbambolata? – La voce alle mie spalle mi risveglia dai pensieri.
– No.. no.. ci sono… – dico cercando di stare calma.
– Bene allora togliti le scarpe – mi dice stando fermo ad osservarmi con le braccia incrociate.
Non oso nemmeno più ribellarmi dopo ciò che è successo l’ultima volta ed una volta tolta le scarpe, alzo lo sguardo verso il suo.
– Ora lascia cadere a terra i pantaloni – continua usando sempre lo stesso tono e senza scomporsi minimamente.
Tra l’imbarazzo e l’agitazione che mi salgono dopo questa frase, con le mani che tremano, prendo l’elastico dei pantaloni e con lentezza lo faccio scendere fino alle caviglie, mostrando così le mie curve all’uomo sempre fermo ed impassibile.
Quando infine torno in posizione eretta, una sua mano mi prende con forza dal colletto della felpa e con altrettanta forza, mi tira verso di se.
Con la faccia vado a sbattere sul suo petto, poco sotto il suo mento e poi, entrambe le sue mani prendono possesso delle mie chiappe per poi strizzarle con forza e attrarmi ancora di più contro di lui. Contro il suo ventre che sento sempre più gonfio sulla mia pancia e contro il suo petto con il respiro sempre più affannato.
Poi, quelle mani volgari risalgono lungo i miei fianchi e poi ancora più su, trascinando con se la felpa e la striminzita canotta.
In pochi attimi, quelle mani mi denudano lasciandomi con solo più quel sottile e bianco perizoma addosso.
Ed ora, sempre quelle mani, strizzano con forza le mie tette, ci giocano, torturano i capezzoli e poi tornano a vagare per il mio corpo.
Una di quelle mani infine, si insinua nell’ultimo pezzetto di stoffa rimasto e scendendo, facendosi strada tra le mie gambe, entrano in contatto con la mia patatina.
– Sei fradicia. – decreta la voce dell’uomo.

Si è vero. Sono un lago.
Tutta questa crudeltà gratuita mi sta eccitando all’inverosimile.

Sempre quella mano, ora prende quel piccolo indumento, lo stringe tra le mani e poi….
… un forte strattone che mi scuote…
– Aahhhhh!! – il mio urletto esce spontaneo.
…un altro strattone e il rumore di stoffa strappata riempie il piccolo corridoio…
– Noo.. Il mio perizoma – impreco mentre scivola lontano dalla mia pelle denudandomi completamente.
Si porta quindi quel perizomino strappato al naso. Inspira quasi a volerlo risucchiare nelle narici e poi guardandomi negli occhi, se lo mette in tasca.

– Completamente nuda non ti avevo mai vista e devo dire che sei provocante anche così – ammette mentre mi carezza una tetta. Poi, prendendomi per i capelli, mi fa girare  di schiena e mi schiaccia con la faccia contro la sporca parete.
Mentre una sua mano continua a schiacciarmi il capo, con l’altra scende tra le mie gambe. Con dei piccoli calcetti mi obbliga ad allargare le gambe per facilitare l’operazione e poi, due dita della mano, si fanno strada tra le mie chiappe, fino al buchetto posteriore dove con la solita arroganza iniziano a spingere.
– Ahia.. la prego prof, piano – dico sentendo male per quelle due dita così prepotenti.
– Ahia? E lo dici dopo che ci sono già sprofondato dentro? – domanda ridendo e poi aggiunge
– e brava la maiala che si è fatta aprire il culo di recente. Vero troietta? – domanda spingendo ancora più a fondo le dita nel mio culo.
Quasi non me ne ero resa conto che erano già all’interno. Inizialmente immaginavo cercassero di entrare, mentre temo che l’esperienza di qualche tempo fa, con il padre di Francesco, mi abbia allenata per bene il culetto.
La mano dopo essersi poi allontanata dal mio culo, si aggiunge a quella sulla mia testa e dopo avermi riportato in centro al corridoio, mi forzano entrambe verso il basso fino a quando mi trovo in ginocchio di fronte la sua patta gonfia.
– Ora me lo insalivi bene con la tua bocca. Capito? – domanda forzandomi il capo verso l’alto.
Faccio solamente cenno di si con la testa, senza parlare.
Mi lascia quindi la testa e dopo aver aperto la patta, tira fuori un cazzo di modeste dimensioni quasi eretto.
Come un automa, mi avvicino con il viso ed aprendo la bocca, lo lascio entrare tra le mie labbra.
Inizio così a succhiare e pompare quel pezzo di carne che mano a mano diventa sempre più lungo e duro, quando, uno strattone ai miei capelli mi fa fermare .
– Ti avevo detto solamente di insalivarlo. Ma sapevo già che puttanella come sei, non avresti resistito. Ora però insalivalo. – mi ordina deciso, prima di mollare la presa dai miei capelli.
Senza quindi staccarmi dal suo cazzo, inizio a raccogliere la saliva nella bocca, per poi spargerla con la lingua su tutta l’asta. Continuo a lungo fino a ché, mi ferma e con la solita rudezza, mi fa tornare in piedi per poi spingermi nuovamente contro il muro.

Da quando ti ho conosciuta, ho sempre sognato questo momento.
Così dicendo sento il suo corpo aderire contro il mio e poi, qualcosa di grosso e umido, farsi strada tra le mie chiappe.
Il cazzo punta quindi sul mio sfintere e poi, dopo essersi aggrappato con entrambe le mani ai miei fianchi, sento una spinta decisa, forte, e poi, lo schiocco dei due corpi che si incontrano e poi, male.
– aaahhhhhh!!!! Il mio culoooo!!! Ahhhh cazzoo!!!! – urlo quasi mentre inizio a respirare a fatica per il dolore.
Senza remore alcune, esce quasi tutto dal mio culetto e poi riaffonda ancora.
– Aaahhhh!!! Piano, ti prego…!!! – supplico…
Ma ancora una volta esce e poi, dopo aver sentito sputare due volte, rientra…
– Aahhhh!!!-
Mano a mano che entra ed esce, il bruciore inizia ad essere accettabile, mentre il suo cazzo continua ad essere lubrificato dai continui sputi. Poi, ad un certo punto, sempre tenendomi schiacciata contro il muro, prende possesso delle mie tette, le stringe, con i denti afferra il mio collo e poi, inizia a fottermi il culo selvaggiamente.
Vibro tutta incatenata dalle sue mani e dai suoi denti, mentre quel cazzo mi infilza senza tregua.
Più passano i minuti e più la mia passerina, scossa da tutte queste attenzioni sul mio corpo, inizia a manifestare la sua voglia di essere penetrata.
Dopo ormai 5 minuti abbondanti di scopata, la mia passerina è un lago.
Le mie mani, vagano sul grezzo muro mentre le sue continuano ad essere aggrappate alle mie tette ormai doloranti.
Ad un certo punto, presa dall’eccitazione, lo supplico di fottermi la figa.
– Mai, stronzetta. Questa è la tua punizione per fare la zoccoletta! – mi dice prima di riprendere a fottermi il culo.
Poi le mani si staccano dalle tette, raggiungono la figa, aprono le labbra e poi, due dita iniziano a ispezionarla, a penetrarla leggermente ed infine, entrambi gli indici affondano con forza.
– Aaaahhhh!!! Siiii!!! Ancoooraaa!!! – inizio a dire quasi in estasi per ricevere finalmente qualcosa dentro.
Ma poi, dopo poco, mentre sono ancora a bocca aperta, lo sento fottermi il culo con più forza. Lo sento iniziarmi nuovamente a far male, a farmi bruciare e poi, mentre il suo fiato si accorcia, si stacca da me, lasciandomi il culo aperto e poi, dopo avermi fatto girare, mi sbatte praticamente a terra, per poi mettersi sul mio petto.
Due, tre, quattro colpi di mano e poi, con il cazzo affonda nella mia bocca.
– Ahhh! Sii, bevi tutto… – mi ordina mentre il suo sperma cola sulla mia lingua.
Lo succhio per bene, lo ripulisco e poi finalmente mi lascia alzare da terra.

Mentre si ricompone, riprendo possesso dei miei vestiti e piano piano, con il culo dolorante cerco di indossarli.

– Sei proprio una brava troietta. – mi conferma dandomi una pacca sul culo.
Dopodiché, prende dalla tasca la chiave, apre la porta e dopo avermi fatto passare, la richiude un’altra volta alle nostre spalle.

Quando torno a sedere nelle ultime file, Francesco sta concludendo il discorso.
Quando si alza e si gira, mi trova sorridente che gli faccio l’occhiolino e gli faccio capire che è andato benissimo!

 

 

 

Finalmente gli esami sono finiti.
Finalmente tutte le fatiche fatte fino ad ora possono cessare.
Francesco è finalmente in vacanza, in attesa dei voti finali, può finalmente godersi il suo meritato riposo e con esso, anche io sono finalmente libera dagli impegni.

Sono nuovamente in cerca di lavoro, nuovamente con curriculum alla mano, vago per le vie del centro tra negozi e studi privati per trovare una nuova e spero più duratura occupazione.

Dopo tre settimane di completa assenza da casa di Francesco, nonostante sentirci costantemente per sms, alla fine, decido di passare a trovare il ragazzo nel primo pomeriggio.
Per l’occasione, ovviamente non voglio mancare di provocarlo e dai messaggi, sapendo che è a casa da solo, decido di farlo impazzire. Quindi, una volta aperto l’armadio, la scelta ricade su di un miniabito molto leggero ed elastico di colore rosa che lascia la schiena nuda e con una profonda scollatura anche sul seno. Riguardo le scarpe invece, opto per un paio di decolleté molto aperte di colore nero.

Quando mi guardo allo specchio, immagino già una folata di vento e tutti si accorgeranno che non porto nient’altro sotto il vestito.
– Fortuna che vado solo a casa di Fra. – penso mentre prendo le chiavi e la borsetta.
Mentre guido verso casa sua, penso che se mai ci fossero i suoi in casa e mi vedessero così conciata, succederebbe il finimondo sapendo che sono stata la sua insegnante per più di 6 mesi.
Non ci penso oltre e dopo essermi accesa una sigaretta, guido canticchiando le canzoni alla radio.

Finalmente arrivata di fronte al palazzo di Francesco, spengo l’auto e una volta uscita dall’abitacolo, mentre guardo verso il suo balcone, faccio un’ultima tirata alla sigaretta prima di buttarla a terra e spegnerla con la suola della scarpa. Sbuffo quindi il fumo fuori dalle narici mentre già mi incammino pronta ad aprire il portone con le chiavi che ancora posseggo e poi entrata nell’ascensore, mi do un’ultima sistemata ai capelli prima di trovarmi al suo piano.
Apro quindi la porta di casa e senza chiedere permesso, entro e la richiudo dietro di me.
Sento subito la voce di Francesco, intento a spiegare qualcosa riguardo a qualcuno e penso sarà quindi al telefono. Mi dirigo allora verso la cucina, da cui proviene la sua voce, ma quando mi appresto a salutarlo, quasi sbianco, rimango ferma e senza parole.
– Ciao Giada!!! Ma che ci fai qui??? Mi hai quasi spaventato.. Pensavo fosse mia madre! – dice mentre si alza dalla sedia e viene a salutarmi con due baci sulle guance.

– Ciao Fra. – dico mentre continuo a fissare l’altra persona seduta al tavolo, di fronte a dov’era seduto lui.
Quel figo.
Si, proprio lui.
Quello che aveva sostenuto il colloquio orale prima di lui.
E lui…
Rimane a bocca aperta a fissarmi.
Fissa le gambe, la scollatura, il mio volto e poi si alza venendomi incontro.

– Piacere, Claudio. – riesce a dire dopo aver inghiottito penso una buona dose di saliva.
– Pia..Piacere.. G..Giada.. – dico stringendogli la mano.

Francesco rimane un attimo a fissare la scena e poi, captando i nostri sguardi reciprocamente attratti, ci sveglia chiedendo di sedermi capotavola.
– Prego vieni, stavo parlando dell’esame. Siediti pure capotavola. – dice senza il minimo imbarazzo e contrariamente a cosa immaginavo sarebbe successo, senza nemmeno un briciolo di gelosia apparente.
Tra l’altro non ha quasi fatto caso a come sono vestita.

-…e se non gli piaccio più? E se ha un’altra? E se non sono più di suo interesse ? e se mi ha usato solo per farsi passare le voglie? Eppure era così bravo e dolce con me… – rifletto nella mia testa mentre raggiungo la sedia.
– …forse sarà solo il lungo periodo senza vedermi.. gli passerà… – rifletto ancora mentre mi sto sedendo facendo ben attenzione che Claudio non intraveda niente dal mio più che corto vestitino.
Dopo breve, venni interpellata anche io nei discorsi riguardanti quella scuola, che anche io al mio tempo, avevo frequentato e capitò anche di esprimermi sul professor Ferrandi.
Poi Claudio mi fece quasi sbiancare alla domanda che pose a Francesco :
– Ma.. Giada.. Ma Giada quella che ti faceva le ripetizioni? È lei? – domanda all’amico mentre mi indica.
– Si si.. Proprio lei! – Risponde sorridendo rivolto verso di me.
– Ma ora mi spieghi come hai fatto a fare quello che in 5 anni di scuole superiori non ha mai fatto? – mi domanda curioso.
Immaginando già di essere completamente rossa in volto, cerco di rispondere con di rispondere con la massima disinvoltura possibile :
– Ehh.. eheh… beh, diciamo che ho dovuto usare qualche stratagemma e poi… la sua.. intelligenza è saltata fuori da sola e ha dato ottimi risultati ! – cerco quindi di sfatare il momento ed allungandomi verso il piano cucina poco distante, riesco a recuperare un’arancia.
– Ne volete? – domando iniziando a sbucciarla.
– No grazie – rispondono quasi in coro per poi tornare a chiacchierare tra di loro.

Stufa di non essere nemmeno più degnata, mi alzo, facendo sempre attenzione al vestito che non salga troppo e poi mi dirigo verso il balcone, notificando che andrò a fumare una sigaretta.
Francesco mi fa cenno di consenso con il capo, prima di tornare a parlare con Claudio.
– …. Cazzo questo manco mi guarda più… – mi ripeto due volte mentre esco sculettando vistosamente per attirare la sua attenzione. Ma proprio mentre chiudo la porta, dando un ultimo sguardo al tavolo, ad avermi osservato attentamente, scopro essere qualcun altro.

Mentre mi accendo la sigaretta, fisso la porta chiusa, con la tenda tirata davanti al vetro e mi domando che gli stia prendendo a Francesco.
Senza pensarci mi appoggio così con il culo al corrimano della ringhiera e dopo poco, una folata di vento si insinua tra le gambe, fino alla passerina, facendomi venire la pelle d’oca.
Abbasso così lo sguardo verso le mie gambe, poi voltandomi, verso il basso, verso la strada piena di gente e le case tutte attorno. In quel momento mi rendo conto che sto praticamente dando libera vista delle mie parti intime a tutto il quartiere.
Arrossendo e sperando che nessuno l’abbia notato, decido allora di voltarmi e dopo essermi piegata quasi a novanta, con i gomiti mi appoggio al corrimano così da allontanarmi con il culo dalla vista di chi sta sotto.

Non passano nemmeno due minuti e sento la porta aprirsi alle mie spalle. Non sentendo però rumori, voci o movimenti, senza muovermi, volto solo il capo in quella direzione.
Per la terza volta in nemmeno un’ora torno ad arrossire trovando gli occhi di Claudio puntati tra le mie gambe.
Poi fortunatamente è lui a sfatare il momento, quando, vedendo il mio sguardo puntato verso di lui, quasi balbettando mi chiede se ho una sigaretta da offrirgli.
Non esito un secondo di più e con la scusa di prenderla dalla borsetta, torno in posizione eretta, togliendoci così reciprocamente dall’imbarazzo.
– Francesco dov’è ? – domando mentre gliela offro assieme all’accendino.
– Bagno – dice frettolosamente prima di accendere la fiamma da puntare sulla sigaretta.
Fatto il primo tiro, mi fissa qualche secondo mentre trattiene il fiato, poi, dopo avermi riconsegnato l’accendino, finalmente lascia uscire il fumo dalla bocca rivolgendosi verso la ringhiera del balcone.
Da quel momento, parte il solito discorso di rito, di dove sei, quanti anni hai, che fai nella vita, ecc.. Poi, fissando il vuoto davanti a se, mi fa i complimenti per il vestito.
Arrossando rispondo solamente con un grazie ed una piccola risatina a seguire, dopodiché cala il silenzio.

Poco più tardi, siamo rientrati entrambi e dopo esserci seduti al tavolo con Francesco, si torna a chiacchierare.
Claudio, dopo un po’ annuncia che deve tornare a casa visto che la strada è lunga e non vuole perdere il pullman, decide che è ora di andare.  Francesco però, sorprendendomi, fa ad entrambi una proposta quando credevo di riuscir finalmente a stare con lui qualche minuto .
– E se lo accompagnassi tu? Giada. Hai voglia? Sono 20 minuti di strada in macchina, mentre lui dovrebbe farne 40 con il pullman. – mi chiede con molta gentilezza ma altrettanta autorità che non avevo mai visto nei suoi occhi. Poi guardando Claudio, ci penso qualche secondo e accetto la proposta.
Al mio consenso, il ragazzo mostra un sorriso a 32 denti che fa veramente fatica a togliersi dalla faccia. Francesco invece è impassibile, quasi insensibile nei miei confronti.

Decretato quindi il da farsi, saluto freddamente ed a malincuore Francesco e precedendo Claudio in una clamorosa sculettata, mi dirigo alla porta.
– Fra, visto che le chiavi non mi servono più le lascio qui sull’entrata – urlo mentre sto uscendo di casa dopo aver posato le chiavi.
– Ok. Ciao Giadina. – mi saluta senza muoversi dal tavolo della cucina e senza alzare gli occhi dal cellulare appena tirato fuori dalla tasca.
Mentre scendiamo in ascensore, Claudio non smette di guardarmi di sfuggita la scollatura o le gambe nude.
Si vede che è eccitato, sia dal bozzo nei jeans che dal colore rossiccio che ha assunto la pelle del suo viso.
Arrivati poi in auto, sento il mio cellulare suonare.
Un sms.
Francesco.
 – Ero anche io nel magazzino, stavo cercando una cosa quando vi ho sentito entrare. Ho visto tutto quello che ti sei lasciata fare. Penso che sia il caso di essere solo più buoni amici. Ciao. –
– Merda! – impreco ad alta voce letto il messaggio.
Claudio affianco a me, mi guarda interrogativamente e poi domanda :
– Che succede? –
Risvegliandomi e guardandolo rispondo sorridendo :
– Niente niente. Non ti preoccupare, era solo un messaggio –
– Ah ok. – risponde sorridendo nuovamente ma senza smettere di fissarmi le cosce molto scoperte.
Accendo quindi la musica per sfatare il momento e parto sgommando in direzione del suo paesino situato in piena campagna.
Sono nervosa. Sono incazzata. Prima con il padre e poi con lui che ha guardato.
Poi ci penso bene e mi incazzo anche con me stessa.
– Alla fine me le sono cercate queste situazioni! E mi sono pure piaciute! – concludo nella mia mente.

Poi mi guardo affianco e vedo questo ragazzo. Quello che mi era piaciuto dal primo momento che avevo visto, ai colloqui, prima che passasse Francesco.
Lui è intento a guardare le mie cosce che manco si accorge del mio sguardo puntato su di lui.
In quel momento, quelle attenzioni, miste alla rabbia ed al nervoso mi fanno agitare tra le gambe ed in poco, mi trovo umida. Troppo umida.

Prendiamo l’autostrada, poi dopo varie uscite, c’è anche la nostra e da li, è obbligato a non guardarmi perché deve indicarmi la strada.
Dopo altri 10 minuti abbondanti finalmente siamo di fronte alla villetta presumibilmente dei suoi genitori.
– Questa è casa tua? – domando apprezzando la vista.
– Si. – risponde mentre si appresta ad aprire lo sportello.
A quel punto, quando tutto potrebbe finire e io tutta incazzata me ne sarei tornata a casa, ovviamente non mi accontento e devo far scendere il nervoso in qualche modo.
Trattenendolo per un braccio lo fermo e gli domando :
– Senti ma, posso mica entrare per fare la pipì ? me la sto facendo addosso – dico sorridendo.
Lui istintivamente mi guarda le cosce ed arrossendo, prima di tornare a guardarmi in viso, mi dice:
– Si certo, entra pure, tanto sono da solo. – fa una pausa e apprestandosi nuovamente ad uscire, conclude – Fai come fossi a casa tua, tanto i miei sono ancora a lavoro. – conclude richiudendo la porta e dirigendosi quindi verso la villetta.

Questa volta sono io a seguirlo anche se lui non perde occasione di voltarsi di sfuggita.
Una volta all’interno dell’abitato, è tutto più grande e spazioso che i normali appartamenti.
I miei tacchi rimbombano quasi in questi spaziosi locali.
– Il bagno è li. – mi indica con il dito la porta.
– Ah si grazie. – rispondo dirigendomi verso di esso sempre sotto il suo sguardo vigile.
Una volta all’interno, mi dirigo verso il lavabo dove è presente un grosso specchio.
Ovviamente, di fare pipì, non ne ho alcuna necessità, ma nel frattempo mi guardo allo specchio e dopo essermi sistemata un po’ i capelli, tiro lo sciacquone per far capire che ho finito e dopo una breve lavata di mani, esco.
– Dove sei? – domando ad alta voce.
– Sono qui in camera. Vieni pure – mi annuncia quasi urlando.
Facendo quindi sentire bene il rumore dei tacchi, mi addentro nel lungo corridoio, fino dove sento provenire una leggera musica di sottofondo.
Una volta all’interno, lo trovo impegnato a guardare su Facebook il profilo di una ragazza.
– Chi è ? la tua ragazza? – domando con falsa curiosità
– Ma no. È solo un’amica che ha pubblicato cazzate che fanno ridere – risponde ridendo prima di voltarsi.
Quando poi mi guarda, sembra che mi stia spogliando con lo sguardo.
– Ma tu stai… Ma tu… – fa una pausa – stai con Francesco? – mi domanda tutto di un fiato.
Sorrido e ripensando nervosamente a lui, rispondo con sincerità :
– No. – poi lo fisso bene e gli domando – perché me lo chiedi? – finisco la frase sorridendo.
– Così bella… – mi dice indicandomi – e poi, quasi non ti guardava – finisce la frase quasi per dire “ma guarda che scemo quello”
Sorrido, ma ora non resisto più :
– Perché tu invece, non hai smesso un secondo di guardarmi vero? –
Lo vedo arrossire vistosamente ma non riesce a dire mezza parola.

A questo punto non resisto oltre.
Prendo le spalline del microabito e dopo averle spostate, le lascio scivolare lungo le mie braccia, scoprendo così al ragazzo i miei seni.
I suoi occhi si spalancano e la sua bocca si apre ma non si muove, sembra pietrificato.
Decido quindi di continuare e spingendo il vestito verso il basso, lo faccio cadere a terra, rivelando così a Claudio il mio corpo completamente nudo, con solo addosso le mie scarpette.
Avvicinandomi poi a lui, domando :
– Non era per caso questo che volevi vedere? – domando piegandomi verso di lui mentre mi strizzo i seni tra loro.
Continua a non parlare e non si muove, sembra in stato di shock.
Ne approfitto quindi per girarmi e stando sempre a novanta porto la mia patatina pericolosamente vicino al suo viso.
– Non trovi che sia un po’ troppo bagnata? Ti va di leccarla un po’ ? – domando ora avvicinandomi volontariamente fino ad essere a contatto con la sua faccia.

Non parla ancora, ma finalmente la sua lingua inizia a muoversi.
Raspa, si fa spazio tra le labbra e con le sue inizia a succhiare, aspirare i miei succhi e poi torna a leccare.
Sempre più a fondo, sempre più intensamente, con sempre più foga.

Finalmente poi, le sue mani si muovono e si aggrappano ai miei fianchi, per poter sprofondare ancora di più con la sua faccia tra le mie cosce.

Inizio a mugolare.
Miagolo.
Mi lamento.
Lo incito.
Respiro forte.
Lo prego.
Voglio venire.
Voglio che mi faccia venire.
Voglio quella lingua tutta dentro.
Voglio che mi fotta.
Lo voglio adesso.

Come un automa, lo prendo dalla sedia e dopo averlo sbattuto a terra, con furia gli levo i pantaloni.
Non lo succhio nemmeno e duro come il marmo, senza nemmeno scappellarlo, ci salgo sopra e con tutto il mio peso, mi lascio cadere su di lui.

– Aaaaaahhhhhh!!!! – da entrambi esce questo lamento liberatorio.
Da entrambi esce l’animale che c’è in noi.
Dopo poco, mi trovo alla pecorina, appoggiata alla sua scrivania, mentre senza remore me lo spinge nel culo poco lubrificato.
Poco dopo, mi trovo sul suo letto, con le gambe piegate sul mio corpo in modo che con il suo cazzo possa affondare il più possibile nella mia passerina.
Poi ci spostiamo nuovamente a terra, dove mi tiene con la faccia per terra ed il culo in alto, sodomizzata con forza inaudita.
Poi mi alza in piedi, mi sbatte contro il muro e da dietro mi prende ancora una volta nella figa.
Poi cambia e me lo rimette nel culo.
Poi, finalmente, dopo che sono venuta almeno quattro volte, mi spinge a terra, in ginocchio, con la faccia verso l’alto, a guardarlo segarsi violentemente e poi, mentre mi insulta nel peggiore dei modi, mi scarica tutto il suo seme in faccia.

Non mi fece tornare subito a casa.

Mi scopò in questo modo altre due volte.

La sera, tornata a casa, sia la figa che il culo mi bruciavano, eppure non mi ero mai sentita così soddisfatta.

Con Francesco tutto finì.
Con il padre pure.

Trovai un lavoro fisso, a tempo indeterminato dal padre di Claudio. Un contabile di ottima fama e con uno studio molto grande qui in centro città.

Claudio, due volte alla settimana solitamente, mi chiama e mi dice il posto in cui andare. Mi dice anche cosa mettere addosso e poi, una volta che ci si incontra, mi fotte come la peggiore delle zoccole.

Eppure… mi piace, anche se so che non durerà a lungo quest’altra esperienza.

Giada.

 

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