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Tradimento

GLI ALTRI

By 6 Settembre 2024One Comment

Non so perché non gli ho detto di no. Eppure avevamo tutti bevuto, e in più lei, Anna, la mia compagna, con uno dei tre, Ares, c’era già stata, anni prima. Una cosa da niente, aveva detto, non avevo mai capito il significato di un’espressione del genere. Per me, se hai scopato con uno, non può essere “niente”.

– Dai, Anna, sali con noi – le aveva detto, lo stronzo. Come se io non ci fossi.
Neanche lei aveva chiesto il mio permesso, in verità.
Ero rimasto lì come un ebete, abbozzando un sorriso perché non volevo sembrare geloso. Ed ero salito sull’altra macchina, con Cristina e Giulio.
Ma arrivati a destinazione – avevamo deciso di concludere la serata in un locale sul lago – loro non c’erano.
Dopo 15 minuti l’attesa ha iniziato a farsi imbarazzante.
– Si saranno persi – ha detto Giulio.
Io ero preoccupato. Di Ares non mi fidavo. Lo stesso valeva per Claudio e Felice, i due suoi amici che erano saliti in macchina con lui e Anna, due che avevo conosciuto quella sera per la prima volta. Al tempo stesso mi dicevo che proprio la loro presenza rappresentava una garanzia: Ares non poteva provarci, davanti a loro, al massimo flirtare un po’. Ma quel pensiero non era l’unico, anzi, era il più meschino. E se avessero fatto un incidente?
Ho chiamato Anna. Nessuna risposta. Agitazione. Quasi subito mi ha richiamato lei.
– Scusa, ci siamo fermati a fare benzina, poi…
Rumori. Sembravano risate, o magari un disturbo sulla linea.
– Arriviamo subito. Dieci minuti.
Altre risate.
– Un quarto d’ora al massimo. Scusa, devo andare…
Cristina, la donna di Giulio, mi ha battuto sulla spalla. E ha proposto di entrare.
– Va bene – ho detto – tanto stanno arrivando.
Ci siamo seduti in un tavolo d’angolo e abbiamo iniziato a parlare, noi tre, io, Giulio e Cristina, di tutto e di niente. Cristina è stata bravissima a far passare il tempo come se la situazione fosse del tutto normale.
Sono arrivati quasi tre quarti d’ora dopo. Un tempo inaccettabile. Avevano un’espressione strana. Io ero furioso. Anna si è seduta dall’altra parte della panca, sfatta, anche se cercava di darsi un tono. Aveva la camicetta tutta spiegazzata.
Quello stronzo di Ares ha sorriso. – Scusate, non ripartiva la macchina – si è limitato a lasciar cadere.
– Avete dovuto spingere? – ha domandato Giulio.
– Un po’ – ha risposto Ares, sardonico.
Gli altri due hanno ordinato le loro birre e sono rimasti in silenzio tutto il tempo.

Alla fine Giulio e Cristina ci hanno accompagnati a casa. Cristina adesso era meno gentile ed espansiva di com’era stata prima. Con Anna direi fredda.
Siamo saliti sull’ascensore senza una parola.
Appena entrati, lei ha infilato la porta del bagno.
Non sapevo cosa fare. Se andarmene, e non tornare mai più. Era una possibilità. Minacciarla, per farla parlare? Picchiarla? La violenza non faceva per me.
Ma c’era qualcos’altro, sotto, che lavorava. Un dolore che era anche mescolato a una sorta di furibonda eccitazione.
Mi sono versato un whisky e l’ho bevuto in un sorso. Poi sono entrato in bagno. Si era tolta i vestiti, li aveva gettati a terra, la gonna, la camicetta, mutande e reggiseno. Stava entrando in doccia ma non aveva ancora aperto l’acqua
Le sono saltato addosso.
– Allora, non hai nulla da raccontarmi?
Lei non ha opposto resistenza. Ma evitava il mio sguardo.
– Allora? Eh? Un’ora per far partire una macchina, pensi sia coglione?
Le ho messo brutalmente una mano fra le gambe, ho sentito qualcosa di denso, vischioso. Le ho infilato un dito dentro senza difficoltà.
– Cosa c’è qui? – ho urlato.
Lei non è riuscita a trattenere un gemito.
– Allora, cos’è?
– Ti prego…
– Cos’è?
-Tu cosa pensi che sia? – ha mormorato. Una risposta che meritava uno schiaffo. Invece, le ho rigirato dentro il medio.
– Non ci credo. E’ quello che penso?
Ha chiuso gli occhi. Era più eloquente di un sì.
– Ti sei fatta sborrare dentro? Da chi, troia? Da Ares? Da chi?
– Da…tutti quanti – . Ha allungato una mano verso i miei pantaloni.
Volevo ucciderla, e morire con lei. Eppure il mio cazzo era durissimo. Ansimando, mi ha sciolto la cintura, ha tirato giù la lampo e lo ha fatto uscire.
– Abbiamo preso una strada secondaria – ha detto, mentre me lo stringeva. – poi Ares ha iniziato a toccarmi.
– Cosa?
– Sì…mentre guidava.
– E tu? Non l’hai respinto?
– Ho provato, ma…
– Ma?
– Non ce l’ho fatta.
– Non ce l’hai fatta. E sai perché?
– Perché?
– Perché sei una troia – ho detto, penetrandola anche con un altro dito. – E poi? Vai avanti.
– Ti prego.

– E poi?
– Poi ha parcheggiato. Oddio, mh.
– E?
– Giel’ho preso in bocca.
– E gli altri, erano usciti?
– No.
– Erano rimasti in macchina? Seduti dietro?
– Sì.
– E cosa facevano?
– Mi incoraggiavano, dicevano le cose che dicono i maschi. Di lavorarlo bene., di succhiarglielo bene…gli chiedevano se ero brava…
– Certo! E lui…
– Ha detto di sì. Ha detto che se lo ricordava…che ero brava…
– E tu? Eh? Tu l’hai succhiato bene?
Si è appoggiata a me per prendere fiato. Mi sono reso conto che avevo le dita fradice. Il mio cazzo sembrava volesse esplodere ma lei lo stringeva saldamente in pugno, senza muoversi. – Allora? Voglio sapere tutto.
– Sì. Allora…mi sono tolta le…le mutan-de. E mi ci sono seduta sopra.
– Sopra cosa?
– A Ares.
– Ti sei impalata.
– Sì.
– Mentre gli altri guardavano.
– Sì. Mi accarezzavano…sulla testa. Sui capelli.
– Come una cagna. E poi?
– Poi è venuto. E’ venuto presto. E dopo sono venuta anch’io.
– Sei venuta? Con il suo cazzo dentro?
– Sì, era ancora dentro. Mi sono aiutata con le dita. Gli altri hanno applaudito.
– E dopo? Non dirmi che sei passata dietro.
– Sì. Claudio mi ha lasciato il posto, si è seduto davanti. Io sono andata dietro, da Felice.
Felice. Era quello magro, con i capelli lunghi. Non riuscivo ad immaginare che anche lui si fosse fatto la mia Anna.
– Allora? Continua, maledetta…
– Ho succhiato un po’ anche il suo. E poi hai telefonato tu.
– Non hai risposto.
– No, mi ha ordinato…di andare a-avanti. Ma io ho smesso e ti ho chiamato. Non volevo che stessi in pensiero.
– E lui?
– Intanto mi ha scoperto le tette. Mi ha strizzato i capezzoli.
– E poi?
– Poi mi ha fatta sdraiare, mi ha tolto la gonna..
– E ti ha scopata.
– Sì.
– E quanto è durato, questo?
– Di più. Tanto.
– E ti è venuto dentro, anche lui, vero?
– Sì, un po’ den-tro e un po’… sulla pan-cia…senti…
Ha preso l’altra mia mano, quella che non stavo adoperando per masturbarla, e se l’è portata proprio sopra il suo ciuffetto. Sentivo qualcosa, doveva essere sperma rappreso. Impossibile, non era vero quello che stava succedendo.
– E poi?
– Poi è venuto Claudio.
Claudio era quello alto e massiccio. Non aveva quasi aperto bocca tutta la sera.
– E ti ha scopata? Anche lui?
– Non su-bi-to. Prima me l’ha…leccata…
– Che porco.
– Gliel’hanno detto anche loro, che era un…un maiale… Continua, ti prego…
Ho continuato, alternando lo scavo della sua figa a piccoli titillamenti del clitoride. Tremava.
– Te l’ha leccata così com’eri? O ti eri ripulita?
– No, me l’ha leccata…così.
– Con la loro sborra dentro…
– Sì. Era molto bravo. Mi ha anche messo un dito nel culo, prima lo ha bagnato…con la loro sborra….
– Nel culo.
– Sì.
– E poi?
– Poi me l’ha messo dentro.
– Nel culo?
– Noo. Ce l’aveva grosso, l’ho sentito bene… E sono venuta di nuovo.
– Sei venuta ancora.
– Sì. Quasi insieme a lui. Ha gridato.
– Ha gridato?
– Sì, ha gridato.
– Cosa, ha gridato?
– Ha gridato…ha gridato…questa figa…
– Questa figa?
– Questa figa è la migliore. Me la voglio fare…an-co-ra…
– Ancora? Ma non era venuto?
– Penso intendesse…un’altra volta, un altro giorno.
– E poi?
– Poi niente. Gli ho chiesto di andare da qualche parte per darmi una sistemata ma non hanno voluto. Mi hanno solo dato dei fazzolettini. Mi sono rivestita, e siamo venuti lì da voi.
– Ce l’avevate scritto in fronte, quello che avevate fatto. Lo sai vero? Lo sai, che adesso sei una troia, per Giulio, per Cristina, per tutti? Lo sai che ti verranno a cercare? Che ti vorranno scopare di nuovo, eh? Con i loro amici? Lo sai?
Non mi ha risposto. Non ha risposto a quest’ultima domanda. Del resto, non c’era niente da dire. Ma si è girata, appoggiando le mani contro la parete a mosaico della doccia. Si è chinata in avanti.
– Adesso, ti prego, scopami. Scopami, scopami, scopami, scopami.

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