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Racconti di DominazioneTradimento

Puttana. Terza parte

By 5 Gennaio 2025No Comments

L’uomo possente la spinse contro il muro. Non con violenza, ma con una sicurezza che tolse il respiro ad Allison. – Hai paura di me? – le chiese.
Brando aveva scoperto tutto: Allison non era una escort, ma una donna con una vita ordinata, una famiglia, un lavoro e una rispettabilità. Questo secreto, scoperto, era la sua arma. Bastava evocare la possibilità di rivelarlo per piegarla. Non doveva più pagarla. Lei apparteneva a lui, non per soldi, ma per paura e, gradualmente, per un legame oscuro che andava oltre la semplice dominazione fisica.
Quando Brando la convocava, Allison sapeva che non poteva rifiutarsi. Ogni volta era una nuova prova di quanto il suo corpo e la sua mente fossero ormai nelle sue mani. Lui la trasformava in uno strumento per soddisfare i suoi desideri più perversi, un trofeo vivente della sua capacità di piegare ogni volontà. Nell’appartamento che Brando aveva affittato allo scopo, nella città di Allison, il collare era sempre il primo atto di sottomissione. Una striscia di pelle nera, decorata con anelli metallici e una targhetta con il suo nome inciso: “Allison”, come se fosse un animale domestico.
– Inginocchiati – le ordinava, con tono basso e deciso.
La giovane donna sentiva il cuore martellare nel petto, ma non osava opporsi. Quando il collare scattava attorno al suo collo, la presa di Brando sul guinzaglio era immediata, ferma, un simbolo fisico del controllo che esercitava su di lei.
– Guarda come ti sta bene – le diceva con un ghigno crudele, tirandola verso di sé.
– Un collare per ricordarti chi sei davvero: una cagna obbediente.
L’umiliazione le bruciava dentro, ma il calore che sentiva crescere nelle viscere era ancora più disturbante. Lui la conduceva per la stanza, costringendola a camminare a carponi. A volte si fermava per osservarla dall’alto, come un padrone che valuta il proprio animale.
– Continua così, Allison – le diceva con sarcasmo. – Non far finta che non ti piaccia. Ogni volta che ti guardo, vedo quanto ami essere al mio guinzaglio. Sei nata per questo -.
Lei abbassava lo sguardo, incapace di rispondere, ma il suo corpo tradiva una risposta che non riusciva a reprimere.
Quando la portava verso il bagno, il guinzaglio stretto tra le mani, il disprezzo nei suoi occhi era evidente. Ogni passo era un affondo contro la sua dignità, un promemoria di quanto fosse in suo potere.
Iniziava, il tono lento, quasi distratto: – Voglio che tu capisca una cosa: non hai più nulla di tuo. Neanche la tua privacy. Ogni tuo gesto, ogni respiro, mi appartiene.
La trascinava davanti alla toilette, il suo sguardo freddo inchiodato su di lei. – Ora inginocchiati e fai quello che devi fare. Un animale non si nasconde. E tu, per me, sei poco più di questo.
Lei sentiva il sangue salirle al viso, un’ondata di vergogna che la paralizzava. Provava a resistere, a trattenere almeno quel frammento di umanità, ma Brando tirava il guinzaglio con forza, piegandola alla sua volontà.
– Non farmi perdere tempo – aggiungeva, il tono tagliente. – Sai che non hai scelta. Sei qui perché io lo voglio.
Le sue parole erano lame che penetravano nella mente di Allison, tagliando via ogni resistenza. Quando alla fine cedeva, lui osservava ogni suo movimento con uno sguardo analitico, come se stesse studiando un fenomeno curioso.

– Brava – diceva con un sorriso beffardo. – Vedi? Anche questo fa parte di te. E io voglio ogni frammento della tua anima, anche quelli più miserabili.
Quando Brando decise di imporle il sesso anale, Allison intuì immediatamente cosa l’aspettava. Le dimensioni di quel pene rendevano l’atto doloroso, una prova estrema che sembrava disumana. Lui la preparava con calma inquietante, usando oli e massaggi lenti che alimentavano in lei una tensione insopportabile.
– Allison, rilassati. Il dolore sarà il tuo piacere, fidati di me – le sussurrava, con quel tono ipnotico che la paralizzava.
Quando la penetrò la prima volta, un grido soffocato le sfuggì dalle labbra. La pressione era intensa, il suo corpo lottava contro di lui, ma Brando non si fermò. Ogni movimento era un misto di sofferenza e piacere che la travolgeva, lasciandola incapace di capire dove finisse l’uno e iniziasse l’altro.
– Piangi pure – la provocava, spingendo sempre più a fondo. – Anche questo mi piace.
I suoi gemiti, le lacrime, le suppliche, i respiri spezzati, tutto alimentava l’euforia di Brando. Lui si nutriva del suo dolore e del suo piacere, di quella resa totale che la faceva sua in ogni senso.
La violenza fisica che talvolta le infliggeva lasciava segni sulla pelle di Allison. Lividi neri e viola che comparivano a macchie sul suo corpo, segni che parlavano di un possesso che andava oltre l’umiliazione sessuale. Brando non si limitava a piegarla con le parole o con il corpo: lui la marchiava, la riduceva a un oggetto da collezionare, imprimeva un segno tangibile del suo dominio.
Ogni schiaffo, ogni colpo, lasciava tracce che Allison nascondeva sotto i vestiti, ma non riusciva a rimuovere dalla memoria. La sua pelle diveniva una mappa delle sue esperienze con Brando, ogni livido una storia, ogni segno una testimonianza del suo capitolare.
– Guardati, Allison – le diceva, quando la costringeva a specchiarsi -, ti modello come voglio. I segni che porti rimarcano quello che mi appartiene.
Ogni volta che la puniva, la guardava come se fosse una scultura, un’opera in corso. Non solo il corpo, ma la mente. La violenza non era mai gratuita; ogni atto era parte di un piano, una strategia per ottenere il suo totale asservimento.
Brando non si limitava a dominare il corpo di Allison; voleva la sua anima. Ogni parola, ogni comando era un tassello di una manipolazione che la teneva legata a lui.
– Tu credi di essere qui per paura? Invece io vedo qualcos’altro nei tuoi occhi.
Lei, pur odiandolo, sapeva che c’era una verità in quelle parole: una parte di lei voleva respingerlo, ma un’altra – quella che non avrebbe mai confessato nemmeno a sé stessa – amava abbandonarsi a quell’attrazione. Brando l’aveva spogliata di tutto, e in quella nudità totale c’era una strana libertà e nessun segreto. Lui vedeva ogni suo lato, anche quelli più oscuri.
Mark aveva osservato tutto da tempo. I lividi che Allison cercava di nascondere con le maniche lunghe, le risposte evasive, il modo in cui evitava il suo sguardo. Il sospetto si era insinuato lentamente nella sua mente, fino a diventare un peso insostenibile. La sera in cui decise di affrontarla, il cuore gli martellava nel petto. Quando finalmente la guardò negli occhi, la sua voce tremò.
– Allison – disse, ma la parola gli morì sulla lingua per un momento, – non posso fare finta di nulla. Quei lividi, la tua distanza… Dimmi cosa sta succedendo.
Allison lo guardò, la paura evidente nel suo sguardo. Le parole sembravano incastrate nella sua gola, ma sapeva che non c’era più scampo. Con le lacrime agli occhi, finalmente si decise.
– È Brando…ricordi la sera in cui cedemmo a quel perverso gioco? Sono intrappolata in qualcosa che non riesco a fermare.
Mark ricostruì tutto in un lampo, sentì un colpo al cuore, come se tutto ciò che aveva costruito stesse crollando. – È colpa mia – mormorò con voce spezzata. – Ho reso possibile io che iniziasse tutto.
Non poteva più ignorare la verità. Sapeva che per aiutare Allison doveva affrontare Brando, l’uomo che l’aveva manipolata. Quando Brando chiamò ancora una volta, Mark prese una decisione irrevocabile che la moglie cercò invano di impedire. Avrebbe affrontato lui stesso quel mostro.
Quando entrarono nella stanza, Brando li accolse con il suo solito sorrisetto beffardo.
– Ah, così hai portato il marito – disse, deridendoli, la situazione sotto controllo.
– Che romantico! Cornuto, sei qui per unirti alla festa? Vuoi solo osservare o preferisci partecipare?
Mark non rispose subito. Si limitò a fissarlo, gli occhi freddi come ghiaccio. Chi lo conosceva sapeva che quello sguarda indicava tempesta nell’aria. – Non scherzare con me – rispose infine, con voce metallica.
Brando rise sonoramente, altero. – Brrr, che paura mi fai, povero illuso! Non hai idea di chi hai davanti -, aggiunse mentre si faceva sotto con fare minaccioso, pronto a colpire,
Fu un errore. Mark, aveva costruito la sua agiatezza economica sul duro lavoro nei cantieri e anche ora che possedeva un’azienda sua, non disdegnava duri lavori manuali. In più nella sua burrascosa gioventù aveva affrontato risse feroci di cui recava le cicatrici.
Il pugno di Mark partì fulmineo, colpì e l’impatto fu devastante. Altri pugni seguirono in rapida successione. Brando, pur già frastornato dal primo colpo, si rese conto troppo tardi di trovarsi in guai seri. L’uomo davanti a lui non era quello che si aspettava. Nonostante il suo massiccio fisico palestrato, si sentiva schiacciato da Mark, dalla sua violenza fredda, scientifica. Ogni colpo sembrava più pesante, più doloroso del precedente e la paura lo sopraffece.
– Basta, basta! – implorò Brando, la voce rotta dal dolore. – Non vorrai uccidermi?
– Ne ho tutti i motivi.
Allison, tremante e inorridita dalla violenza che stava assistendo, sentiva il suo cuore battere forte. Sapeva che doveva fare qualcosa, altrimenti la furia di Mark non si sarebbe fermata. Si avvicinò, il volto segnato dalla paura, ma anche dalla determinazione. Prendendolo per un braccio, lo fermò con voce rotta, ma piena di forza. – Fermati, Mark! Ti prego.
Mark, sorpreso, la guardò con occhi pieni di rabbia e confusione. – Non lo merita.
Allison, con il cuore in subbuglio, lo guardò intensamente. – Fallo per noi.
Il suo sguardo preoccupato, supplice arrivò finalmente a smuovere Mark. La furia che lo aveva accecato cominciò a svanire lentamente, e con essa anche la sua voglia di vendetta. Brando, sul pavimento, era in sua completa balìa, ma le parole di Allison lo fermarono in tempo. La tragedia era evitata, ma solo grazie alla voce di lei.
Brando, ancora a terra, con la testa bassa e il volto insanguinato, riuscì a recuperare un po’ di lucidità. Guardò Allison, ma nei suoi occhi c’era un mix di odio e gratitudine. Non poteva credere che fosse stato proprio lei a fermare Mark, a salvarlo da una fine tragica.
Tornati a casa, Allison si sentiva come se il peso di un mondo intero le fosse caduto addosso. Mark, nonostante la stanchezza, si avvicinò a lei. Le prese il viso tra le mani, gli occhi pieni di affetto. – È finita -, le disse dolcemente. – Ora possiamo ricominciare, ma solo se me lo permetterai.
Allison lo abbracciò con forza, piangendo. Non era solo la fine di Brando, era anche la fine di un capitolo oscuro della sua, della loro vita. Ma soprattutto, era un nuovo inizio.

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