‘Ho tanta fame… Usa il tuo sborratoio…’ dice la cagna con voce calda e graffiante mentre piegata a quattro zampe guarda il padrone dal basso, e come a sottolineare la veridicità della prima affermazione si allunga verso di lui. Protende la faccia sulla sua patta e ci struscia il viso contro, poi la addenta voracemente. Addenta anche l’uccello in realtà, se non ci fossero i pantaloni avrebbe fatto sicuramente male, ma adesso è semplicemente la stoffa a scivolare attorno alla cappella, ed ora la patta, strinta dai denti della cagna, viene strattonata con decisione, mentre un ringhio minaccioso, rivolto alle braghe, accompagna il gesto.
Quando lui la incita a continuare il ringhio si acuisce e l’espressione si contrae in una smorfia di rabbia, come una cagna che viene aizzata contro il bersaglio. Del resto il nemico numero uno della cagna adesso sono i pantaloni che la separano dal pasto. Ringhia in maniera quasi minacciosa, che potrebbe suonare spaventosa se non apparisse ridicola, e strattona indietro i pantaloni, li strattona caparbia, come una bestia separata dal proprio obbiettivo da un banale ostacolo, ma troppo stupida da superarlo. Strattona ed inevitabilmente i pantaloni scivolano via dalla stretta dei denti. Allora si slancia di nuovo e stavolta addenta una delle dita del padrone, che avevano iniziato a sbottonare la patta, non stringe però, ma subito si ritrae ed addenta la patta più sotto, e più lateralmente, ringhiando ancora e strattonando la stoffa.
Lo schiaffo che il padrone le da per allontanarla e punirla per il morso la rintrona, emette un mugolio sordo e scatta lateralmente con il viso. Sbatacchia le palpebre e si ritrae lenta. Si riprende rapidamente però, sorretta dalla forza dei propri ideali torna a seguirli puntando il pacco famelicamente. Lo punta come una fiera punterebbe una preda, e con la pezienza di una predatrice attende che lui finisca di slacciare i bottoni, mentre emette ancora un ringhio, stavolta sordo, basso, come il ronzio di un frigorifero, che poi torna a farsi aggressivo a vociante quando il cazzo scatta fuori non facendo in tempo a tendersi completamente in avanti che la cagna ci si avventa contro, agguantandolo spaventosamente. Sembrerebbe volerlo staccare con un morso, ma lo afferra tra le labbra con un mugolio, che subito si fa laido e pacifico. Avendo ottenuto ciò che agognava. Tace e succhia.
Adesso è lei, quando lui le parla, a parer non curarsene e ad occuparsi esclusivamente del cazzo, come fosse un’entità a sé stante ed indipendente. Non risponde, né con le parole, né con i gesti, né con lo sguardo, succhia e basta, ancora. Cinge il cazzo tra le labbra con decisione e succhia. Inizia a strofinarci la lingua contro e succhia, e succhiando prende a mungerlo. Sembra però, più che un’abile mungitrice, una contadina che colta da una crisi isterica pompa con impazienza per ottenere il latte che tanto agogna. E pare essere quello che vuole: il latte di lui; visto che inizia a pompare l’uccello forsennatamente, biascicando e sbavando come un’indemoniata.
Le labbra si stringono ancora attorno al cazzo, lo mungono. Lo strizzano tra di esse e scivolano dalla base verso la cappella, ancora, ancora, ed ancora, come fosse un tubetto di dentifricio. La lingua colpisce la cappella, la schiaffeggia, poi si struscia sotto l’asta. Sbava e pompa, rantolando quando l’uccello le sbatte contro le tonsille. Si sofferma solo un istante, massimo due, per biascicare goffamente, con la cappella tra le labbra ‘Bborra!’. La pretende, come una bimba, spietatamente, ed è evidente perché nel dire quella parola alza la mano destra dando uno schiaffetto coontro la coscia di lui, come a rimproverarlo per non averla ancora nutrita. Ancora pompa e nuovamente si sofferma per biascicare attorno al cazzo ‘Pappa!’ nel movimento della labiale “p” le labbra spernacchiano attorno all’uccello, e la saliva schizza verso lo scroto ed il ventre, prima di riprendere a sbocchinarlo.
Finalmente sente il cazzo fremere, sente le contrazioni aumentare, la cena è pronta e solo adesso usa le mani, non lo ha mai fatto finora, una presa di posizione forse, l’orgoglio di dimostrare che non ha bisogno di usarle per farlo sborrare. Invece adesso le mani vengono adoperate, e non per stimolarlo, ma più come si userebbe una forchetta nell’atto di nutrirsi. Il palmo si apre e le dita premono i coglioni dal basso, spingendoli contro la base del cazzo delicatamente, a far sì che la sborra esca più agilmente. La mano sinistra gli afferra il fianco invece, per aggrapparsi e far forza nel martellare il cazzo con la bocca che non smette di pompare, anzi, aumenta la velocità e la forza, per quanto possibile. La cagna sbuffa affannata dal naso emettendo mugolii rauchi, che si fanno concitati quando gli schizzi di sborra le colpiscono palato e tonsille, e subito prende a spedirli nello stomaco con colpi di lingua, inghiottendo rumorosamente.
Emette un mugolio rauco che quasi ricorda un ringhio quando lui le dice di far piano, e ad imporle quella richiesta va ad afferrarle i capelli. La troia inarca la schiena e si spinge a fondo sull’uccello. Rantola accogliendo la cappella tra le tonsille. Adesso, con i capelli serrati nel pugno di lui, ha meno libertà di movimento, ma bada a concentrare quei movimenti attorno alla base del cazzo. Mungendola. Mentre massaggia le palle da sotto con le dita e non smette di succhiare, come un’aspirapolvere impazzita. Succhia ed adesso non ingoia più, gli schizzi le arrivano direttamente in gola, quindi rantola e deglutisce a tratti, strozzata, inarca la schiena e strabuzza gli occhi, ma continua a mungere la base dell’uccello.
E munge, munge e si affoga contro il cazzo, curandosi solo del piacere di lui, parendo quasi, a cagion di questo, esser disposta a mettere a rischio la propria sopravvivenza, pur di spremere quel tubetto fino in fondo. E lo fa, nonostante la stretta di lui sui capelli. Mugola incurante del dolore e continua a pompare la base dell’uccello anche dopo che questo ha smesso di secernere il vischioso latte caldo. Solo dopo l’ultima contrazione del cazzo, e solo al drastico lamentarsi di lui, la cagna si stacca.
Si ritrae, si lecca le labbra con un movimento goloso della lingua, goloso e veloce in modo da poter dir subito, guardandolo dal basso con espressione paga e fiera, e la voce ricolma di sincera gratitudine ‘Grazie.’ e poi lasciar riposare quelle ultime gocce di sborra sulla lingua, gustandole, cullandone il sapore, per poi ingoiarle quando oramai sono disperse nella saliva.
Un tintinnante rumore di metallo contro pietra si leva quando la cagna esce fuori dalla cuccia alla vista del padrone, trascinandosi dietro la catena agganciata al collare. Volendo fargli le feste gattona sulle ginocchia e le mani fino a tendere del tutto la catena, senza riuscire a raggiungere il padrone. Emette un rantolio quando viene bloccata dal collare di cuoio, e si impenna più volte sulle ginocchia, guaendo delusa dal non riuscire a raggiungere l’uomo.
Quando però è lui ad avvicinarsi la cagna uggiola felice, si lancia contro le gambe del padrone, sbattendoci contro, e protende la lingua iniziando a passargliela a casaccio sui pantaloni.
Lo osserva prendere la ciotola rosa ormai vuota dal giorno prima e capendo che è arrivata l’ora di mangiare solleva il culo e prende a dondolarlo a destra e sinistra, agitando la finta coda e mugugnando festosa.
Vede la mano del padrone prendere la scatoletta di cibo per cani, una sotto-marca, ed apprestarsi ad aprirla. La cagna protende la lingua e se la passa sulle labbra vedendo i bocconcini di carne cadere dalla latta fin nella ciotola di plastica ora poggiata sul tavolinetto.
Inizia a guaire quando sente la zip dei pantaloni del padrone aprirsi, e vede l’uccello iniziare ad erogare il liquido dorato nella ciotola. La cagna fissa il padrone prepararle il cibo e prende a gattonare avanti ed indietro sul perimetro d’estensione della catena.
Finalmente l’odorosa ciotola ricolma le viene posata davanti e la cagna non indugia un secondo prima di tuffarci la faccia dentro, spalanca le labbra e con risucchi vibranti s’empie la bocca di piscio e di carne, masticando voracemente ed inghiottendo rumorosamente. Ingolla il pasto come farebbe un barbone al banchetto reale, ma subito viene disturbata e si trova a guaire e gattonare circolarmente, spostandosi tutt’attorno alla ciotola, cercando di sfuggire ai calci che il padrone prende a darle su un fianco.
Non ascolta le parole dell’umano adesso, si limita a seguire gli istinti ed i bisogni primari dell’animale quale lei è, accelerando ulteriormente la velocità con cui s’ingozza, come temesse di non aver abbastanza tempo a disposizione per consumare il cibo. Sfugge ai calci e tiene la faccia nella ciotola, ma evidentemente il padrone è deciso nella volontà di interrompere il suo pasto, perché la cagna si trova a dover tirare di scatto la faccia via dalla ciotola quando lui strattona la catena imponendo una notevole forza al collare che la strozza. La catena viene tirata a due mani, come si farebbe con corda e carrucola e la cagna s’impenna di nuovo sulle ginocchia, ma stavolta non per sua scelta, e digrigna i denti rantolando rauca e soffocata per il continuo tentativo di opporre resistenza per tornarsene a mangiare. La catena però viene tirata ancora ed ancora, e la cagna frana indietro, cadendo col culo nudo sulla pietra ruvida e guaendo nel venir trascinata indietro a quel modo. Decide quindi di obbedire al padrone e calmarsi, sperando di star solo rimandando il pasto e non rinunciandovi.
Ansimando affatticata dalla lotta la cagna torna a mettersi quattro zampe, lamentandosi per il culetto graffiato e per gli scappelloti di rimprovero che ora le arrivano dietro la nuca, tra le grandi orecchie finte. Si imbroncia ed abbassa il capo uggiolando, con occhi languidi ed innocenti, gli occhi di una cagna che non comprende il motivo di quella punizione, visto che lei voleva solo nurtrirsi.
Ora la bestiola solleva la mano destra, staccandola da terra, quando il padrone le chiede la zampa, e la posa sulla mano protesa di lui. Adesso torna a rincuorarsi quando dopo quel gesto riceve le carezze dell’umano sui capelli. Ed incoraggiata da ciò prontamente posa il culo sui talloni quando le viene ordinato di sedersi, si sdraia, si rotola, ed abbaia a comando. Altre carezze si susseguono, ed infine un meraviglioso premio che fa pensare alla cagna che è davvero valsa la pena di rimandare il pasto.
La bestia protende la lingua ed inizia ad ansare eccitata guardando la patta aprirsi ed il cazzo del padrone torna di nuovo alla luce, ma stavolta davanti al suo smanioso viso, così, impaziente come solo un animale sa essere, agguanta l’uccello in bocca e prende a ciucciarlo beata. Stringe il gustoso osso tra le labbra e lo succhia e strizza scivolando avanti ed indietro con la bocca come volesse a tutti gli effetti spolparlo. Non riesce a spolparlo, ma a pomparlo sì, ed a farlo con tanta foga che il padrone prende a dirle di calmarsi.
A nulla valgono però le raccomandazioni dell’uomo, la cagna non fa piano, ma continua a sbocchinarlo furiosamente. La fame è evidente in ogni gesto, difficile però è capire se munga il cazzo a quel modo per raggiungere in fretta il risultato e tornarsene a mangiare, oppure se proprio per ottenere il caldo latte e soddisfare più la propria gola che non riempire lo stomaco. Quale che sia il motivo la cagna continua a fare il proprio lavoro da grande prestigiatrice, facendo sparire il cazzo tra le labbra per poi farlo ricomparire un istante dopo. E si direbbe davvero che il cazzo sia sparito del tutto tanto riesce a prenderlo in gola, piantandoselo tra le tonsile e facendogliele vibrare attorno in un massaggio rantolante.
La cagna continua ad essere sorda agli inviti a fermarsi del padrone, ed insiste nello spompare spaventosamente il cazzo, come un’invasata, ma la stupidità della bestiola ha la meglio sulla brama d’uccello quando la cagna vede la mano del padrone dondolare il lurido osso finto davanti al proprio ventre, sopra gli occhi di lei. Questa allora si ritrae lasciando il cazzo e protende con curiosità il viso verso l’altro osso, che viene poi crudelmente sollevato affinché lei non riesca più a raggiungerlo. A quel punto la cagna riabbassa lo sguardo sull’uccello apparendo confusa e spiazzata da quell’arduo dilemma, allora l’osso le viene riavvicinato al viso, e la cagna ancora apre distrattamente e meccanicamente la bocca, come una porta automatica s’apre all’avvicinarsi di qualcuno, la bocca della cagna s’apre ogniqualvolta forme falliche le si avvicinino. Nemmeno stavolta l’osso le viene concesso però, e tale negazione lo rende ai suoi occhi tanto desiderabile che quando il padrone lo lancia verso il muro dietro di lei, la cagna non può far altro che voltarsi ed inseguire l’osso, saltellando su mani e ginocchia fino a raggiungerlo per poi chinarsi e finalmente afferrarlo tra i denti e solo allora lo stupido animale si rende conto che era a tutti gli effetti meglio il cazzo.
Quando torna dal padrone con l’osso in bocca lo trova chino sulla ciotola. Gli occhi della cagna si gonfiano di desiderio quando vedono gli schizzi bianchi e deliziosi partire dalla cappella ed andare a guarnire come gustoso formaggio il cibo rimasto nella ciotola.
Oramai niente al mondo ha più importanza, nemmeno gli ordini del padrone, figurarsi l’osso finto, che viene lasciato cadere e sulla pietra affinché la cagna possa liberamente tuffarsi sulla ciotola e riprendere a mangiare. Stavolta non si lancia sul cibo voracemente, ma tira fuori la lingua per raccogliere con essa lo sperma che non si è irrimediabilmente mischiato col piscio. Usa la lingua come una palettina per il gelato, e conquista gocce di sborra, portandole al sicuro nella bocca per poterle gustare, come una bambina impaziente che mangia il companatico, avendo cura di selezionarlo sgravandolo dal sapore non altrettanto delizioso del pane.
Finito di leccare via lo sperma rimasto integro torna ad occuparsi del resto, gioendo nel trovarlo comunque aromatizzato dalle tracce di sborra rimaste. Consuma felicemente la propria cena per poi rialzare il capo e trovarsi sola. Resta alcuni secondi a contemplare il vuoto, concentrandosi sul caleidoscopio di sapori che le risplende in bocca e nello stomaco.
Un tintinnante rumore di metallo contro pietra si leva poi quando la cagna rientra nella cuccia sparendo alla vista di chiunque e lasciando come proprio ricordo un leggero e compiaciuto ruttino che risuona per un istante.
la_cagna@hotmail.it
Grazie per la lettura
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…