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Racconti Erotici Etero

Debora

By 14 Agosto 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Luca mi aveva portata al Palladium. Una disco dove bazzicavano i suoi amici. A me non dispiaceva.

Ci giravano anche una bella quantità di neri con dei corpi muscolosi e intriganti da farmi gustare l’occhio
parecchio.

Amo fare sesso e, se non avessi avuto paura di rimanere gravida di un moro, ci sarei pure stata più di una volta. Infatti, immancabilmente, la mia voglia di cazzo non passava inosservata tra i ragazzi. E, anche quella sera, c’era un negro che mi marcava stretta.

Del resto ho un corpicino da lolita. Alta 1.58, due perette discrete, un culone pienotto e una cascata di capelli biondastri e ribelli.
Luca, furbescamente, mi ci porta spesso tra di loro. Conoscendo le mie paure sa che non rischia le corna e va tranquillo. Solo che, ogni tanto, la troppa sicurezza finisce per fregarlo. Si era appartato troppo con amici e amiche.

Mentre io ero particolarmente su di giri e in calore per le mie cose che stavano per arrivare. Quasi senza volerlo ero finita per dare più corda del solito a ‘Ndorambtu, un negro galletto. In pista mi si era strusciato addosso e, con la scusa del ballo, mi aveva tastata dappertutto.
Tette, culo, cosce. Fino ad arrivare alla passera. Trovandomi permissiva, aveva capito che la cosa era fattibile.

Mi si incollò addosso non lasciandomi più sola nemmeno un istante.
Luca pareva ignorarci. O, se anche se ne era accorto, confidava nel ‘solito’ discorso. Mi lasciai offrire un cono gelato dal moro. Ormai su di giri quanto lui, glielo divorai davanti come fosse un lavoretto di bocca al suo uccello ammiccando lascivamente. Si accostò al mio orecchio suggerendomi di spostarci nei bagni per dimostrarmi come lo sanno far meglio i neri dei bianchi.

Sorrisi compiaciuta e complice quando mi afferrò la mano per portarsela alla patta e farmi notare il volume consistente del suo cazzo. Ero ansiosa di provare quella nuova esperienza fottendomene di tutto il resto ! Lo seguivo come una troietta scodinzolante pronta a divenire finalmente la donna di un maschio di colore.

Afferrai un paio di cuscinetti nel passaggio da uno dei divanetti più nascosti e liberi.
Ci chiudemmo lesti nel cesso degli uomini e in un lampo ci sfilammo tutto di dosso.
Non era la prima volta che scopavo nel wc di una disco con il ragazzo di turno.
A ventisette anni avevo alle spalle già un bel bagaglio vasto di esperienze di sesso avendo cominciato a sedici anni, cambiato una mezza dozzina di morosi ufficiali e almeno dieci amanti solo di letto.

Avevo già cornificato diverse volte Luca in due anni di fidanzamento.
Ma farlo nel cesso aveva sempre un sapore particolare di clandestinità, l’afra di piscio e merda sale alle narici diventando afrodisiaca.
‘Ndorambtu gradiva quanto me quegli odori nella eccitazione.
I nostri piedi nudi strisciavano nel pavimento macchiato di piscio e le mani sudate andavano su e giù.

Ammiravo il suo uccellone scuro estasiata. Era il primo che vedevo dal vivo ed il più grosso che mi fossi mai trovata davanti. Afferrando al volo la situazione, il furbo negrone mi costrinse ad abbassarmi spingendomi da dietro la nuca. Con quell’affare davanti alle labbra, presi a lavorarlo di lingua in punta con rapidi colpi. Sapeva di sudore raffermo da giorni ma mi piaceva.
Tanto che me lo presi in bocca.

Già lo sentivo nella gola che ne avanzava ancora fuori. Con tutti i cazzi passati tra le mie labbra era il primo che quasi mi soffocava con le palle ad almeno dieci centimetri dai denti. Ero in fregola di brutto.
‘Ndorambtu fece scivolare una mano tra le cosce aperte e mi trovò subito schiusa e bagna.
Rapido, me lo tolse dalla bocca per puntarmelo alla fessurina.
Ormai ero fatta.

La stangona nera baciava già il mio pelo umido e ‘Ndorambtu mi aveva piazzata a gambe all’aria rapido e deciso per impedire ogni mio possibile vago ripensamento e riuscire finalmente a chiavarmi.
Gli bastò appoggiarmelo con una leggera pressione che le mie grandi labbra avvolsero ed inghiottirono affamate il suo cappellone gonfio.

Tirò una risatina soffocata trovandomi così esplicitamente troia ed iniziò a spingere per infilarmi dentro anche l’asta scura.
Mi scioglievo come burro sotto la sua spinta sicura. Lasciando che l’uccellone mi penetrasse in profondità.
Ma pareva non smettere mai di entrare.

‘Ah …. ma quant’&egrave grosso ? ….’ Sussurrai tra me e me cominciando ora a preoccuparmi nel sentirlo ormai sfiorare la testa del mio utero.
Dovetti mordermi le labbra per non venire subito sentendomi tutta riempita dal suo attrezzo.

Una volta arrivato in cima lo ritrasse di un paio di centimetri e diede un colpetto forte al mio utero provocandomi una smorfia di dolore. Quindi me ne rifilò altri tre ancora più forti sorridendo di soddisfazione probabilmente per autocelebrare il suo essere superdotato. Ebbi due smorfie più marcate della prima e mi lasciai sfuggire un gridolino sofferente.

Non mi ci ero mai trovata in eccesso di cazzo ! Ma non obiettavo nulla. Mi piaceva sentirmi in suo potere.E lui mi fissava divertito sapendo di essere in grado di sformarmi l’utero come nessuno prima e mettendo alla prova le mie voglie. Rimase a riempirmi tutto il canale vaginale per qualche attimo ancora. Dandomi altri due, tre colpetti violenti che mi fecero inarcare la schiena ed ansimare per il male. Vedendomi succube e partecipe al suo giochetto perverso, prese allora a farlo scorrere lento nella fica. Aprendogli le cosce a spaccata cercai di aprirgliela ancora di più stimolandola con la mano e, nel volgere di pochi attimi, il suo stantuffamento divenne agevole e rapido perch&egrave, stavolta, non potei fare a meno di avere un orgasmo.

Sentendomi perciò abbandonata ed in balìa totale dei suoi istinti, approfittò dell’allargamento
conseguente del mio buco, e prese a pompare con ritmo sostenuto sballottandomi come una bambola di pezza sotto le botte profonde del paracarro di carne.

Avvertivo delle fitte lancinanti al basso ventre e latravo come una vacca a cui fanno la festa. Sperando che la musica assordante ricoprisse le mie urla anche nei cessi e che nessuno si fosse messo a origliare dietro la porta.

Il negraccio pareva deciso ad entrarmi dentro pure con le palle e mi fotteva brutale.

Per quanto duro, il suo uccellone, si piegava sbattendomi sulle ovaie perch&egrave lui spingeva forsennato.
Gridavo di male e perverso piacere. A gambe larghe.
Subendo lo sfondamento e la lacerazione.
Con la schiena e i capelli avevo ripulito il pavimento lercio.

E mi piaceva.

La minchia nera mi sguazzava dentro come un balenottero chiuso in una gabbia di gomma troppo piccola.
Sentivo l’utero pulsare in difficoltà sotto le mazzate continue.
Ma stavo lì a prenderlo senza fiato conquistata dal mio carnefice.
Non ci stavo ormai più con la testa fin dalle prime botte.
Ma adesso ero completamente persa.

‘Uaaaahhhh ….. Siiiiiiiiii …… Amoreeeeee ……
Mi stai sfondandoooooooo …… Aaaaahhhhhh …… Ssssiiiiiiii …….
Uuaaaarrrrggghh …… Nnngggh ….. Gasp ….. Aaahhhhhhhh ……’
Latravo non capendo più un cazzo di niente.
I capelli scivolavano nella turca zozza.
E lui pompava, pompava, pompava …..
In un paio di occasioni mi ficcò la lingua in bocca.
Singhiozzando sentivo la sua saliva scendermi nella gola.

Il sapore delle sue labbra era come quello dell’uccello; sapeva di selvatico ! Un gusto mai provato prima che mi piacque da subito.
Aveva diminuito il ritmo per farmi recuperare il respiro e la voce oramai roca.

Le fitte all’utero divennero presto molto più forti ora che ci sbatteva addosso con meno pressione.
Sapevo che il dolore non mi avrebbe fatta dormire. Per ignorarlo mi buttai sulla lingua di ‘Ndorambtu. Capivo che stava conducendo il gioco come gli pareva. Poich&egrave ci pastugnammo di saliva e lingue da assatanati per un po’.
Quando ne avemmo abbastanza, riprese a sbattermi imbestialito.
Facendomi latrare quanto e più di prima.

Ebbi un piccolo campanello di allarme nell’inconscio nell’attimo in cui lo avvertìi irriggidirsi.
Ma prima che potessi raccogliere le forze per una qualsiasi reazione, dopo una galoppata selvaggia di una decina di minuti, i fiotti caldi e intensi del suo sperma mi stavano annaffiando tranquillamente utero e ovaie premendoci direttamente addosso.

Ero certa che il mare di sborra che mi stava riversando dentro rischiava seriamente di ingravidarmi !

Ma le mie paure erano mischiate a sensazioni di grande perversione ed eccitazione nell’affrontare la possibilità che il seme di un negro trovasse in me terreno fertile.

In un baleno mi attraversarono la mente i volti di Luca, dei miei genitori, di mio fratello, di mia sorella, parenti, amici e conoscenti che guardavano impietriti e sbigottiti un neonato nero come la notte tra le mie braccia di neo mamma.

Osservavo quella minchiona scura uscirmi dalla fica devastata.
Incredula di come fosse riuscita a sprofondarmi dentro per almeno tre quarti della sua straordinaria lunghezza !

Il mio amante ebbe un altro leggero grugnito animale, dopo quello avuto nel momento dell’orgasmo, e scaricò altri tre fiotti di densa sborra sopra le mie cosce spalancate centrando la topa slabbrata ed impastrugnandomi anche il pelo.

Altro seme che se ne viaggiava all’interno.

Restammo accovacciati a terra per qualche minuto per riprendere fiato.

Poi, lentamente, svogliati, cominciammo a rivestirci.
Sembravamo usciti da una fogna. Tanto eravamo zozzi. E ci ridemmo su divertiti.

Tornammo verso le piste da ballo. Qualcuno ci vide uscire insieme dai cessi tra la folla di gente.
Ma si fecero i cazzi loro. Abituati a scene simili in una disco piena di mori.

‘Ndorambtu, soddisfatto ampiamente per la scopata, si defilò tra il casino di gente e musica senza degnarmi più di alcuno sguardo. Chiaramente rilassato dall’essersi fatto probabilmente l’ennesima troietta bianca. Osservai a lungo le sue spalle che sparivano tra gli altri corpi.

Mi aveva fatto superare i miei timori di sempre. Mi incamminai a mia volta nella direzione opposta lanciando sguardi di rinnovato interesse verso la moltitudine di ragazzi di colore che affollavano il Palladium.

Luca mi vide dopo qualche minuto che avevo raggiunto il divanetto ai bordi della pista accasciandomi sopra sfinita.

Mi raggiunse parecchi minuti più tardi all’oscuro di tutto.

Nel trovarmi unta e bisunta ebbi l’alibi di addossare la evidente stanchezza a parecchi e fasulli balli fatti.

In macchina guardavo verso i vetri ripensando trasognata al mio primo negro cazzuto…

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