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Erotici Racconti

Una vulcaniana a bordo dell’Enterprise

By 18 Ottobre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

“L’astronave Enterprise rappresenta il culmine della tecnologia spaziale terrestre, il degno risultato di uno sforzo collettivo che ha coinvolto il meglio della nostra ricerca scientifica nel meritorio tentativo di raggiungere con successo lo status di civiltà interstellare. Niente è stato tralasciato per raggiungere questo storico obiettivo e i miei complimenti personali vanno adesso a tutto lo staff della Flotta Stellare che con encomiabile abnegazione si è profuso per realizzare il sogno dell’umanità, essere accolti degnamente nell’ambito della comunità galattica per contribuire alla pace e alla prosperità e per comunicare i nostri valori di fratellanza e di amicizia tra i popoli. Ma occorre riconoscere con sincero ringraziamento che senza l’apporto fondamentale e i preziosi consigli dei nostri mentori vulcaniani non saremmo stati in grado di conseguire in tempi brevi il risultato di viaggiare a velocità superluminali impensabili fino a pochi anni fa. L’aiuto vulcaniano ci ha permesso di accelerare i nostri progressi nel campo della propulsione..” Il Vice Ammiraglio Forrest stava declamando il discorso per celebrare il varo dell’Enterprise NX-01 nell’ampia hall dell’Accademia Stellare, alla presenza delle più alte autorità terrestri, dei componenti della Flotta Stellare e di un nutrito gruppo di dignitari vulcaniani venuti per assistere all’avvenimento. Il Capitano Archer, impettito sull’attenti insieme a tutto l’equipaggio dell’Enterprise, a stento cercava di nascondere un sorrisetto sarcastico ascoltando le parole del suo diretto superiore che di fronte alla prestigiosa platea stava elencando le caratteristiche di quella che tra poche ore sarebbe diventata la sua astronave. Davvero una grande velocità la curvatura cinque, pensò ridendo, peccato che i vulcaniani già vanno a curvatura sette e quindi ciò vuol dire che potremo esplorare solo in parte il quadrante alfa della Via Lattea. Gli amici vulcaniani? Sono solo dei cani da guardia che ci vogliono controllare da vicino per evitare uno sviluppo eccessivo delle nostre capacità militari e per mantenerci subordinati alla loro sfera di influenza, ma verrà un giorno che ci libereremo del loro giogo, altro che aiuto disinteressato e altruistico! Con un sospiro di rassegnazione guardò attraverso le vetrate dell’enorme edificio per ammirare il meraviglioso panorama della baia di San Francisco, solcata da innumerevoli natanti e sorvolata da parecchi velivoli, uno dei simboli della ritrovata potenza terrestre che come la fenice era risorta dalle sue ceneri più orgogliosa e combattiva di prima. Archer ancora non riusciva a credere di essere arrivato finalmente dove aveva sempre voluto, essere nominato il comandante della prima vera astronave interstellare mai concepita dall’uomo e avere la possibilità di intraprendere una missione pluriennale per viaggiare a migliaia di anni luce da casa e farsi conoscere da altre civiltà extraterrestri. Il sogno coltivato da tanto tempo ormai stava per realizzarsi e lui era incredibilmente fiero di essere destinato ad assolvere una missione che avrebbe fatto compiere all’umanità un balzo gigantesco per reclamare il posto che le spettava nell’universo. Ma le ultime parole del Vice Ammiraglio Forrest lo riportarono bruscamente alla realtà, forzandolo ad esibire il suo miglior sorriso di circostanza, “Consentitemi ora di presentarvi i selezionatissimi ufficiali dell’equipaggio dell’Enterprise, a cominciare dal Capitano Archer, un uomo di grande carisma ed esperienza…”, insieme ad un braccio alzato in segno di saluto e di accettazione dell’onore che gli veniva concesso e in risposta agli applausi scroscianti a lui dedicati. Dopo alcuni minuti la manifestazione terminò e mentre una salva di fuochi d’artificio deliziava gli spettatori radunati nei giardini antistanti l’Accademia, Forrest gli si avvicinò con un diplomatico vulcaniano dall’aria molto seria e ieratica. “Caro Jonathan, voglio che tu conosca Soval, il nuovo ambasciatore di Vulcan appena arrivato per assistere al primo viaggio dell’Enterprise e per riaffermare la sua stima ed amicizia nei nostri confronti.” Archer squadrò il dignitario vulcaniano che indossava la solita pesante tunica colorata e impreziosita da complicati e bizzarri disegni che testimoniavano l’appartenenza ad un clan e il grado di importanza raggiunto. Il volto era regolare e dai lineamenti scolpiti, contornato da una folta e bianca capigliatura molto curata, ma i suoi occhi neri e profondi denotavano un eccesso di boria che traspariva nonostante l’espressione impassibile, suscitando in Archer una vena di malcelata insofferenza. “Sono contento di incontrarla e le faccio i miei migliori auguri per una felice traversata con la sua nave, capitano. Sono certo che la scelta del suo comando non poteva essere migliore.” “Lei è molto gentile ambasciatore e io spero di soddisfare in pieno il suo favorevole giudizio”, si sforzò di sorridere Archer. Soval lo osservò dritto negli occhi per un lungo istante senza lasciare trasparire alcuna emozione, quasi a valutare la fermezza di carattere dell’umano. Archer ricambiò lo sguardo autoritario cercando di mantenersi calmo e rilassato, ma dovette concentrarsi per non deglutire in preda all’irritazione per l’evidente provocazione che stava subendo. No, riflettè, tu non sei un mio amico, sei solo un cagnaccio…
Finalmente in plancia per prepararsi al viaggio inaugurale dell’Enterprise, Archer si sedette al suo posto di capitano con un sorriso di soddisfazione, osservando i suoi ufficiali indaffarati di fronte ai vari monitor per espletare gli ultimi controlli e verificare che tutti i sistemi della nave fossero in ordine. Hoshi Sato, la graziosa asiatica che ricopriva il ruolo di ufficiale alle comunicazioni, si voltò per avvertirlo di una chiamata riservata proveniente dall’Accademia. “Grazie Hoshi, vado subito a riceverla” rispose Archer, che perplesso si domandò di quale imprevisto potesse trattarsi mentre si dirigeva in fretta verso la porta del suo studio personale accanto alla sala comando. Archer iniziò a temere di dover rimandare la tanto agognata partenza, mentre si accomodava per attivare un video chiedendosi il perchè di tanta segretezza. Era il Vice Ammiraglio Forrest: “Mi spiace di interromperti proprio al momento dei preparativi finali, ma dovevo farti sapere che l’ufficiale scientifico che stavi aspettando arriverà tra pochi minuti a bordo di una nostra navetta”. “Ma ammiraglio”, in segno di massimo rispetto e stima Archer in privato tralasciava sempre il vice “non dovevo prelevare il vulcaniano nell’orbita di Vulcan, secondo gli ordini che proprio lei mi ha trasmesso?”, obiettò con un certo stupore. Forrest alzò le spalle facendogli capire di non aver cambiato la sua decisione ma di essere stato costretto dagli eventi: “Lo so bene Jonathan, ma l’Ambasciatore Soval che ti ho presentato mi ha fatto una richiesta precisa. L’ufficiale scientifico in questione a quanto pare si trova sulla Terra da diverso tempo e faceva già parte del corpo diplomatico vulcaniano. Non solo, sarà anche il tuo comandante in seconda, pronto a succedere al tuo posto nel caso non potessi esercitare le tue funzioni. Sai quanto me che a volte i nostri amici non ammettono repliche…”, concluse con una significativa occhiata. “Già, sono amici davvero molto premurosi che vogliono solo il nostro bene”. “Non essere troppo prevenuto, Jonathan” lo rimproverò bonariamente il suo superiore “e ricorda che volente o nolente dovrai per forza andare d’accordo con il tuo nuovo ufficiale. Ma in realtà volevo anche avvertirti che la vera sorpresa non è il cambiamento di programma, ma è lo stesso vulcaniano”. “Signore, davvero non capisco cosa cerca di dirmi…” gli rispose esitante Archer. “Preferisco che tu lo scopra da solo e, Jonathan, voglio essere informato sul comportamento del vulcaniano perchè sospetto che ci sia dell’altro in ballo”. “Può contarci signore, se scopro che mi manomette l’Enterprise lo spedisco a calci nel vuoto dello spazio” promise con tono aggressivo Archer. “Ah bene, ma almeno fammelo sapere prima così mi inventerò una bella storiella da raccontare ai vulcaniani” concluse ridendo Forrest interrompendo la comunicazione. Ma che sta succedendo, si domandò Archer andando verso il comunicatore incassato nella parete per allertare la plancia. “Parla il capitano, subito i primi due ufficiali con me nell’hangar navette. Dobbiamo accogliere un’ospite…”.
La paratia a tenuta stagna si stava aprendo per rivelare lo shuttle terrestre appena attraccato e il Capitano Archer, con ai suoi fianchi il Comandante Charles “Trip” Tucker, l’ingegnere capo dell’ Enterprise, e il Tenente Malcolm Reed, l’ufficiale tattico, era schierato per salutare il vulcaniano che avebbe ricoperto il ruolo di ufficiale scientifico nonchè di ufficiale in seconda e in generale di consulente per gli affari extraterrestri, mettendo a disposizione l’esperienza di una razza progredita come i vulcaniani. So perchè sei qui in realtà, pensò Archer, sei venuto per spiarci e per riferire al tuo comando qualunque progresso dovessimo fare in questo viaggio. Ma ti terrò d’occhio, puoi starne certo come è vero che io ho la responsabilità dell’Enterprise. Per un attimo si distrasse osservando l’ambiente che lo circondava, ma un piccolo colpo di tosse e un poi commento sottovoce dei suoi uomini lo indussero a puntare lo sguardo verso il portello d’accesso della navetta dove si era affacciata una figura che non si sarebbe mai aspettato. Questa è bella, si disse, ma che stanno combinando a Vulcan? Che scherzo del cavolo ci hanno fatto, Ammiraglio? Ed è davvero bella lei, riconobbe Archer rimirando una stupenda donna vulcaniana che con incedere flessuoso e quasi provocante stava scendendo la scaletta per raggiungerli. “Mi chiamo T’Pol e lei dev’essere il capitano di questa astronave come deduco dalle insegne della sua uniforme.” “E’ esatto. Io sono il Capitano Archer e le auguro il benvenuto a bordo dell’Enterprise e le porgo il saluto di tutto il mio equipaggio.” T’Pol era alta quasi quanto lui e aveva i tratti del viso molto piacevoli e vagamente esotici con gli occhi scuri grandi e allungati e le sopracciglia strette e alte sulle tempie, una bocca larga e dalle labbra invitanti, un nasino impertinente all’insù, un caschetto di capelli castano scuro dai riflessi ramati e ovviamente non mancavano le caratteristiche orecchie a punta. Ma quello che colpiva l’immaginazione dei maschi presenti era la sua calzamaglia mimetica con colorazioni scure che ricopriva come un guanto un corpo dalle misure pressocchè perfette e dalle forme da favola, generose e abbondanti nei punti giusti. Archer si ritrovò un pò indeciso a sostenere lo sguardo curioso e indagatore della vulcaniana in attesa che parlasse di nuovo, perchè l’istinto lo voleva spingere ad apprezzare i due grossi seni sodi ed eretti che si trovavano davanti a lui perfettamente distinguibili sotto l’aderentissimo vestito. “Mi permetta di presentarle il Comandante Tucker, responsabile della propulsione a curvatura e il Tenente Reed, l’ufficiale addetto alle armi” T’Pol non girò nemmeno la testa e lanciò solo un rapido sguardo in direzione dei due che arrossirono sorridendo imbarazzati. Razza di scemi, si infuriò tra sè Archer, non hanno mai visto un’umana più avvenente di questa vulcaniana? “Grazie capitano, ma ora vorrei essere condotta nel mio alloggio dove potrò avvertire l’Alto Comando del mio arrivo.” “Ma certo, la prego allora di seguirmi da questa parte” le disse Archer invitandola con un ampio gesto della mano. Prima di entrare nel turboascensore si fece da parte per consentirle di entrare per prima e solo allora si accorse della vita molto stretta e soprattutto di un paio di glutei ampi e rotondi, tanto che commentò pensando ad alta voce che aveva veramente un gran bel culo. Accortosi che Tucker e Reed si scambiavano gomitate di intesa li ammonì con aria di riprovazione, ma non appena si mise accanto a T’Pol a stento represse il desiderio di sfiorarla, ammettendo che forse in vita sua non aveva mai incontrato una femmina, umana o vulcaniana non aveva importanza, di una bellezza così eccitante. “Siamo giunti al ponte dove si trovano le cabine degli ufficiali” annunciò il Capitano, “la accompagno a quella che le abbiamo riservato.” Mentre stavano percorrendo un lungo corridoio incontrarono due membri della Sicurezza che si fermarono attoniti a guardare la vulcaniana, prima di rendersi conto della presenza degli ufficiali e di scattare sugli attenti. Poi una giovane che apparteneva ai servizi di manutenzione dopo un fugace saluto affrettò il passo quasi intimorita dalla giunonica presenza. Questa T’Pol mi creerà un sacco di problemi, me lo sento, si lamentò Archer, ma perchè proprio in occasione del primo viaggio interstellare mi doveva capitare una rogna simile? Beh, certo che è una gran bella rogna, però, riconobbe osservandola per un paio di secondi di profilo camminare alla sua sinistra con le sue belle gambe lunghe e flessuose con passo atletico e con movenze feline, sbirciando velocemente le due tettone sostenute di sicuro non solo dalla calzamaglia mimetica e la grande curva armoniosa del sedere che tendeva prorompente il tessuto. Invidiò i suoi due ufficiali che li seguivano scortandoli perchè si stavano certamente godendo uno spettacolo fuori dal comune. Infine si fermò davanti a una porta indicandola: “Ecco il suo alloggio che spero sarà di suo gradimento. Allora la aspettiamo tutti in plancia per iniziare la manovra.” “Grazie capitano, non ci vorrà molto tempo per la comunicazione.” “Benissimo!” si accomiatò Archer sfoderando il suo sorriso più accattivante che però gli restò stampato in volto, dato che dopo averlo guardato con espressione del tutto impassibile T’Pol bruscamente gli chiuse la porta in faccia. “Bene capitano, sembra che l’ospite sia piuttosto interessante” annotò con una punta di sarcasmo Tucker, mentre Reed si limitò ad annuire con atteggiamento ammiccante. “Niente commenti fuori luogo, è un ordine! E ricordate che nonostante le apparenze si tratta di una donna vulcaniana, fredda e calcolatrice. E soprattutto è anche un vostro superiore quindi non vi mettete in testa idee strane!” concluse severamente Archer.
Ritornato in plancia e accomodatosi sulla sua poltrona, Archer vide che ormai tutto l’equipaggio era ai propri posti pronto a ricevere i suoi ordini per la partenza. Davanti a lui c’era la postazione del Guardiamarina Travis Mayweather, il simpatico timoniere di colore che avrebbe direttamente eseguito tutte le manovre della nave; alla sua destra il taciturno Tenente Malcolm Reed era intento a controllare i suoi monitor e subito accanto si trovava la consolle dell’estroverso Comandante Charles “Trip” Tucker che stava parlando a video con un ingegnere della sala motori; alla sua sinistra la postazione dell’ufficiale scientifico era ancora vuota e più in là la Guardiamarina Hoshi Sato con indosso gli eterni auricolari per comunicare sembrava piuttosto concentrata ad ascoltare. “Capitano” lo chiamò infatti la Sato “il Vice Ammiraglio Forrest conferma l’autorizzazione alla partenza e sta aspettando che lei dia l’ordine.” “Dica al vice ammiraglio che io sono prontissimo e che anche io sto aspettando…” il sibilo delle porte del turboascensore che si aprivano lo interruppero. Archer si girò a guardare la vulcaniana che per un momento si fermò sulla soglia della plancia come per valutare la situazione, per poi dirigersi verso il suo posto senza degnare nessuno di una occhiata. Tutti i presenti fecero silenzio sorpresi, tranne ovviamente Tucker e Reed, per questa entrata inattesa, mentre T’Pol attraversava la sala ancheggiando lievemente e si posizionava di fronte alla sua consolle. Archer si alzò subito in piedi per fare le presentazioni e tutti lo imitarono all’istante: “Signori, salutate l’ufficiale scientifico e il comandante in seconda T’Pol, dell’Alto Comando vulcaniano.” Gli ufficiali si irrigidirono sull’attenti e T’pol li intimorì con uno sguardo gelido che come un laser li trapassò uno per uno, per poi fissare direttamente negli occhi il capitano in attesa di una sua reazione. Archer sentì che la tensione dell’incontro era eccessiva e quindi con un sorriso disse alla vulcaniana: “Benvenuta tra noi, T’Pol. Siamo ben lieti di avere un vulcaniano in grado di assisterci nel nostro viaggio inaugurale” se lo stava immaginando o alle sue parole T’Pol sembrava in modo impercettibile aggrottare le sopracciglia e stringere le palpebre? “Adesso che siamo al completo” distolse lo sguardo rivolgendosi accentuando il sorriso verso l’equipaggio, “possiamo avvertire il Vice Ammiraglio Forrest che stiamo per iniziare il varo della nave” e fece un cenno di assenso a Sato.
L’Enterprise si stava avvicinando alla minima velocità di impulso al rendez vous a circa un milione di km. di distanza dalla Terra con alcune navi appoggio della Flotta Stellare e con un incrociatore vulcaniano che avrebbero monitorato da vicino il primo balzo a curvatura. C’era ancora il tempo di gustarsi un buon pasto ed Archer volle invitare T’Pol insieme a Tucker nel suo alloggio privato. Trip, come chiamava affettuosamente l’ingegnere capo che conosceva da diversi anni e che aveva insistito per averlo con sè nella sua prima missione quinquennale con l’Enterprise, era appena entrato che già cominciò a discutere dell’arrivo della vulcaniana: “Non ti sembra strano che i vulcaniani ci abbiano inviato una loro donna per svolgere il ruolo fondamentale di ufficiale scientifico? Per non parlare della loro pretesa di nominarla comandante in seconda!”. Archer gli consentiva il tu e un tono confidenziale quando erano soli per rinsaldare la loro amicizia: “Non dirlo a me, sono in effetti piuttosto contrariato perchè non immaginavo una cosa simile e inoltre non so davvero come comportarmi con lei. Mantenere un distacco professionale, oppure tentare un approccio conciliante sperando che un pò di quella arroganza tipicamente vulcaniana si smorzi?”. Entrambi risero alle sue parole ma dovettero smettere quando sentirono l’avviso sonoro attivato da T’Pol. La porta si aprì di lato e il contrasto tra la forte illuminazione del corridoio e la luce più soffusa della cabina di Archer contribuì a risaltare la figura sinuosa e tutta curve della vulcaniana, che per l’occasione aveva indossato una calzamaglia più leggera con un complesso disegno cromatico tendente al marrone chiaro. Il risultato era che forse il vestito pareva ancora più stretto di quello precedente e sembrava un’altra pelle per come aderiva alle forme generose del suo corpo. Le due grosse tette meravigliosamente modellate avrebbero messo in soggezione qualunque uomo appena sensibile al fascino femminile, anche perchè stavolta i capezzoli si distinguevano benissimo, e i fianchi larghi esaltati da un vite molto sottile facevano presagire un sedere bello grande e tondo come era in effetti. Due gambe stupende, lunghe, armoniose e perfettamente proporzionate con il resto, completavano la magnifica opera. E meno male che non si riusciva a intravedere la forma del sesso, forse perchè in quel punto la stoffa era più spessa e lo manteneva celato per chissà quale strambo sentimento del pudore dato che tutto il resto veniva sfoggiato così sfacciatamente. I due ufficiali restarono interdetti a quella visione celestiale che si stagliava in modo netto ma quasi irreale. Il primo a riaversi dalla trance fu Archer che notò allarmato l’inespressività annoiata del suo volto e si affrettò ad invitarla per unirsi a loro: “Grazie per essere venuta T’Pol, le ho fatto preparare un menù speciale a base di verdure apposta per lei e ho aperto anche una birra molto rinomata su Vulcan.” “Molto premuroso da parte sua, capitano” gli rispose con un certo sussiego la vulcaniana che si avvicinò al piccolo tavolo già imbandito al centro della stanza, passando in mezzo ai due e ignorando del tutto Tucker che non sapeva cosa dire e si sentiva sudare le mani per l’emozione. “Si accomodi, la prego” la esortò Archer con un sorriso forzato e allora Tucker prese la sedia accanto alla vulcaniana allontanandola dal tavolo ed esibendosi in un leggero inchino. T’Pol gli rivolse un’occhiata non proprio incoraggiante ma comprese che il terrestre voleva solo fare il galante e si mosse per sistemarsi sulla sedia. L’ingegnere capo aveva una gran voglia di toccarle il magnifico culo perfettamente sagomato che si stava sporgendo all’indietro proprio di fronte a lui e quasi restò senza fiato, accorgendosi che le due ampie natiche dovevano essere molto sode perchè non cedettero flaccide sulla sedia ma restarono compatte. “Bene! Mi dica per favore cosa ne pensa della nostra astronave, la sua opinione in qualità di ufficiale scientifico è molto importante per me” tentò di rompere il ghiaccio Archer versandole della birra nel calice. “Come lei sa capitano” gli rispose T’Pol con una certa noncuranza “il mio compito è di assistervi durante questo lungo viaggio e di aiutarvi a risolvere eventuali problemi. Non ho alcun interesse a giudicare l’Enterprise o il suo equipaggio.” Archer fece lampeggiare il suo sorriso: “Sono sicuro che avrò il miglior secondo che potevo aspettarmi. A proposito, lei ha rubato il posto al qui presente Comandante Tucker” chiosò cercando di metterla in difficoltà e di suscitare una reazione in quel viso impassibile. Ma l’unico effetto ottenuto fu una fredda occhiata che subito dopo si posò sul malcapitato ingegnere capo seduto alla sua destra, che si fermò con la forchetta a mezz’aria non aspettandosi di essere tirato in causa. Tucker ammirò rapito per qualche istante la bellissima vulcaniana sentendosi ipnotizzato dagli occhioni nerastri con venature smeraldine: “Ah ma…” balbettò nel tentativo di cavarsi d’impaccio “anzi io sono contento di dover occuparmi solo dei miei motori a curvatura, non ho mai avuto l’ambizione del comando e…” il suo sguardo cadde per un secondo sui due seni incredibili che sembravano esplodere confinati dentro la calzamaglia perchè T’Pol si era girata verso di lui per fissarlo meglio, “per me sarà un onore eseguire i suoi ordini” concluse arrossendo un pò imbarazzato. Archer soffocò una risatina constatando che l’amico subiva in pieno l’effetto dell’estrema avvenenza della femmina vulcaniana e per aiutarlo le chiese di assaggiare la bevanda prima di iniziare a mangiare. Ma T’Pol continuò a squadrare il povero Tucker che si difese alzando di riflesso il suo bicchiere all’invito del capitano, proponendo un brindisi all’amicizia tra i due popoli. Allora la vulcaniana accettò distogliendo finalmente lo sguardo e rivolgendosi ad Archer confermò che tra Vulcan e la Terra c’era un sincero rapporto basato sul rispetto e la comprensione reciproca. Sorseggiando la sua bevanda Archer pensò che gli sarebbe piaciuto da matti schiaffarla sul suo letto per darle tutto il rispetto e la comprensione che meritava, ma si pentì subito della sua fantasticheria perchè lui era il capitano ed era suo dovere placare gli istinti dei suoi uomini e non scatenare il suo. “T’Pol, posso farle una domanda di carattere personale? E mi scusi se le sembro mancare di educazione nei suoi confronti” azzardò Archer. “Prego capitano, chieda pure” gli concesse la vulcaniana inarcando appena un sopracciglio. “Ecco, lei è una donna che dimostra appena 25 anni, un tempo troppo breve per diventare un esperto ufficiale della flotta vulcaniana e io mi chiedevo se volesse essere così gentile da…” e qui Archer venne assalito da un insolito attacco di timidezza incapace di continuare a guardarla negli occhi, “siccome lei trascorrerà molto tempo qui a bordo con noi…” continuò senza essere capace però di finire il discorso, “vuole sapere quanti anni ho” concluse per lui T’Pol. “Capitano, voi sapete che i vulcaniani hanno una fisiologia molto diversa dalla vostra, anche se in apparenza e tranne un piccolo particolare anatomico le nostre razze umanoidi sembrano uguali” spiegò con un tono insolitamente paziente, come se dovesse soddisfare la curiosità di un bambino. “Posso solo dirle che la mia età corrisponde al triplo degli anni che secondo lei esibisco.” La rivelazione lasciò a bocca aperta Archer e Tucker perchè pur essendo a conoscenza che la vita media su Vulcan era pari a circa 200 anni terrestri, risultava difficile attribuire a questa femmina favolosa la stessa età delle loro nonne. “Beh, mi spiace se sono stato indiscreto e la ringrazio per la sua sincera risposta” le sorrise Archer, “mi lasci dire signora che lei è bellissima nonostante l’età” aggiunse scherzando Tucker, che però deglutì intimidito ricevendo un’occhiata di sbieco e affatto divertita. L’incontro proseguì con tutti e tre che si scambiarono commenti tecnici sulla procedura da seguire per lanciare l’Enterprise all’inedita velocità di curvatura cinque, riassumendo gli ultimi dettagli della missione. “Spero che il pasto sia stato di suo gradimento, T’pol” disse infine Archer, “io vado ora in plancia ma lei si ritiri pure nel suo alloggio, la farò chiamare una volta raggiunto il punto d’incontro prestabilito.” “Grazie per l’invito capitano” gli rispose lei alzandosi e dirigendosi verso la porta, salutando Tucker con un “ingegnere capo” senza degnarlo neanche di uno sguardo. I due uomini la videro attraversare la porta e svoltare a destra lungo il corridoio, ondeggiando quel sedere stupendo che era impossibile non rimirare impressionati da una tale meraviglia della natura. Quando la porta si chiuse Tucker iniziò a protestare: “Ma non è possibile che si vesta in quel modo provocante, ho fatto la figura dello scemo ma non è colpa mia se ho davanti due tettone mostruose e un culone pazzesco! Perdi letteralmente la ragione!”. “Trip, controllati accidenti! Non devi pensare a T’Pol come se fosse una donna umana, la loro sessualità ubbidisce a un ciclo ben definito e poi è un militare di Vulcan e ha almeno 70 anni, cerca di calmarti…” gli disse Archer perentorio “ma comunque non posso darti torto e anzi sto ripensando a Forrest che mi ha messo in guardia a motivo di questa nomina sospetta.” “Davvero? E cosa ti ha detto della vulcaniana?” lo interrogò Tucker, ma Archer stava seguendo il filo del suo ragionamento “riflettiamo un momento: i vulcaniani ci considerano emotivamente instabili e parecchio aggressivi, bisognosi della loro somma guida per farci accogliere nella comunità galattica. Improvvisamente ci mandano un bellissimo ufficiale di sesso femminile che non può non quantomeno turbarci. Ascoltami, si tratta di una specie di test, vogliono vedere se siamo in grado di mantenere a bada i nostri istinti sessuali, deve essere questa la risposta giusta! Senti, non voglio più pensare a questa storia, devo occuparmi dell’Enterprise e quindi parlaci tu con gli altri ufficiali e avvertili, niente smancerie e soprattutto voglio un atteggiamento formale al massimo con T’Pol.” “D’accordo, sono sicuro che hai ragione, però mi sentirei più tranquillo e più a mio agio con lei se le ordinassi di vestire una nostra uniforme, magari di due taglie più grandi…”. La battuta innescò una risata liberatoria e Archer battè una mano sulla spalla dell’amico: “Andrà tutto bene e noi sventeremo il suo piano, adesso torniamo in plancia a fare il nostro dovere.”
T’Pol si era appena congedata dal capitano e si stava incamminando quando notò avvicinarsi in fondo al corridoio una guardia della sicurezza in pattuglia. Un sorriso sardonico sfigurò il suo viso dai lineamenti delicati mentre accelerava il passo, sicura di avere il tempo necessario per iniziare il suo esperimento per cui era salita a bordo dell’astronave. Il giovane soldato avvistò la vulcaniana e non potè fare a meno di giudicare con meraviglia la carica erotica che emanava, con quei seni prosperosi che esaltavano la sua figura e il suo incedere sinuoso e aggraziato. Aveva appena cominciato a fare il saluto militare mentre si stava incrociando con lei ma si senti apostrofare con autorità: “Guardia, mi accompagni al mio alloggio, mi sono persa in questo settore.” “Signorsì, comandante” rispose prontamente chiedendole il numero della cabina, “mi segua per favore” e la precedette lungo il corridoio illuminato e deserto. T’Pol osservava il giovane terrestre con uno sguardo predatorio, domandandosi come avrebbe reagito a quello che non immaginava potesse succedergli tra poco. La guardia si fermò accanto alla porta annunciandole che erano arrivati e proprio mentre si irrigidiva sull’attenti per prepararsi al saluto, la vulcaniana la aprì con il suo tesserino identificativo e gli ordinò di entrare per primo per accertarsi che fosse tutto a posto. Accidenti che donna e vuole pure che vada dentro il suo alloggio, pensò con una certa emozione varcando la soglia e accendendo l’illuminazione interna il suo battito cardiaco aumentò quando lei si diresse verso il suo letto per poi voltarsi fissandolo dritto negli occhi: “Spegni la luce e chiudi la porta.” Per alcuni istanti restò inebetito a guardarla, talmente era bella e desiderabile ma anche indeciso sul da farsi, poi si mosse con l’intenzione di spegnere la luce uscendo ma la voce stentorea della vulcaniana lo bloccò: “Ti ho detto di spegnere la luce e di chiudere la porta, non di andartene.” “Signora, non capisco…” ma quello sguardo fermo e il tono imperioso lo spaventarono inducendolo ad azionare il comando della porta scorrevole e ad attivare l’interruttore dell’illuminazione interna, facendo piombare la stanza nell’oscurità. Si sentì solo un debole fruscio, qualcosa che scivolava via e cadeva per terra, seguito da un altro ordine: “Accendi la luce.” La guardia per poco non ebbe un attacco di cuore alla vista del corpo femminile più seducente e sessualmente eccitante che avesse mai visto in vita sua, forse nemmeno sugli ologrammi per soli uomini aveva ammirato una simile bellezza. La vulcaniana era completamente nuda, aveva due grossi seni sodi e rotondi che sfidavano la forza di gravità mantenendo una forma piena e sostenuta, con un capezzolo eretto circondato da una piccola aureola; la pancia era piatta e tonica e i fianchi erano larghi e davano una sensazione di rassicurante voglia di maternità, mentre il sesso era del tutto glabro e sembrava più grande rispetto a quello di una umana, con le grandi labbra un pò arricciate e un clitoride piuttosto pronunciato; le gambe erano letteralmente fantastiche, quasi indescrivibili nella loro perfezione; ma quello che lo colpì davvero fu il suo sorriso accattivante e pieno di promesse, con gli occhi che stavolta ammiccavano con ironia. T’Pol ruotò su stessa piegandosi in avanti per esibire con maggiore efficacia forse la sua parte migliore, un culo favoloso con due natiche incredibili, grandi, tonde, sode, prominenti. Con le mani le divaricò leggermente per mostrare il roseo buchetto dell’ano e la spaccata della fica che si aprì come un fiore che sboccia, provocando una immediata reazione nel pene dell’uomo che si ingrandì indurendosi tendendo i pantaloni dell’uniforme. T’Pol si girò ancora e notando con soddisfazione che il suo spettacolino aveva già avuto successo allargò le braccia offrendosi verso il terrestre, che dopo essere rimasto a bocca aperta pietrificato per lo stupore le si avvicinò tremante. La vulcaniana era più alta di lui di quasi tutta la testa e lo guardò sorniona mentre esitante poggiava le mani sui seni valutandone la compattezza, massaggiandoli e accarezzandoli con reverenza per poi sollevarli per portarsi alla bocca i capezzoli che titillò e leccò con la lingua. Preso di coraggio dalla mancanza di una reazione iniziò a succhiare il capezzolo sinistro mentre giocherellava con l’altro tra le dita, sobbalzando non appena sentì le mani di lei sfiorargli il cazzo ormai eretto nel tentativo di abbassare lo zip dei pantaloni e liberarlo dagli angusti confini degli slip. Un gemito sfuggì al giovane sentendoselo afferrare con forza notevole da quelle dita aliene e allora baciandola sul collo lasciò scorrere le sue mani lungo la dolce curva dei fianchi per arrivare a toccare eccitatissimo le due chiappe belle sode e voluminose. “Ti piaccio, piccolo umano?” gli domandò T’Pol iniziando a masturbarlo con un certo vigore, “oh sì, signora, so che sto sognando ma spero di non svegliarmi mai” le rispose stringendo con passione le natiche e attirandola a sè premendo sul sedere, nel desiderio di strusciare il suo pene durissimo sul sesso della vulcaniana. T’Pol però lo allontanò per sbottonargli la giacca dell’uniforme e allora lui freneticamente si tolse i pantaloni senza smettere di rimirare quel corpo fantastico, “oh, lei è così bella…” e di nuovo le palpò i seni meravigliato di tanta abbondanza, puntando la sua virilità verso la vagina. Ma proprio mentre la punta del glande stava per toccarla, lanciò un grido di dolore quando la vulcaniana gli prese con una mano il membro strattonandolo senza tanti complimenti “ho molta fretta, piccolo uomo, non fare resistenza.” Con una potente spinta sul torace lo scaraventò di schiena sopra il letto e mentre il povero malcapitato la guardava spaventato, si inginocchiò in mezzo alle sue gambe divaricandole con prepotenza e gli afferrò il cazzo con la mano destra esercitando una stretta poderosa. “Ah, così mi sta facendo male…” si lamentò la guardia ma T’Pol senza mostrare la minima emozione strinse ancora più forte cominciando con un movimento rapido a masturbarlo. “Stai godendo, piccolo uomo?” gli chiese inarcando un sopracciglio, “sì…ahi, anzi no…piano per favore” la pregò quasi disperato, ma insensibile alla sua sofferenza la vulcaniana proseguì nella sua veemente azione. Il pene dell’uomo era lungo circa 15 cm. e presentava anche una leggera incurvatura, senza dubbio non era un bell’esemplare di sesso maschile terrestre, giudicò con un certo disprezzo la vulcaniana consolandosi in parte con la constatazione che almeno era molto rigido. Lei infatti aveva bisogno di ben altro per provare piacere, ed ecco perchè non gli aveva permesso di venire a contatto con la sua preziosa vagina abituata ai dotatissimi falli dei maschi della sua razza. Incapace di resistere ancora al ruvido trattamento che stava subendo il giovane si sollevò sugli avambracci per divincolarsi, ma ricevette subito un colpo violento alla fronte portato con il palmo della mano sinistra che lo intontì non poco. “Ti consiglio di non muoverti” lo apostrofò T’Pol fissandolo con aria truce e di scatto aprendo la bocca si ingollò il glande, serrando le labbra attorno alla corona e dando una succhiatina. In preda quasi al panico perchè aveva compreso di essere completamente alla mercè dell’aliena, tra l’altro molto più forte e grande di lui, l’uomo comunque sentendosi sucare il cazzo emise un sospiro di goduria che si trasformò in una serie di gemiti lussuriosi non appena T’Pol se lo infilò tutto in gola andando a toccare con il naso i peli del pube. Poi la testa della vulcaniana si sollevò con lentezza fino al glande che, stimolato con la lingua che non stava mai ferma, venne mordicchiato con i denti proprio sotto la corona e succhiato leggermente. T’Pol si tolse il pene dalla bocca e leccando ripetutamente l’asta per tutta la sua lunghezza si rivolse alla sua preda “ora ti farò godere, piccolo mio”, intendendo piccolo in tutti i sensi. Si prese tra le mani entrambi i testicoli stringendoli e dopo aver poggiato lasciva la punta della lingua sul glande, si chinò in avanti inghiottendosi tutto il pene cominciando a spompinarlo forte. La sua testa andava su e giù con un ritmo veloce e la sua bocca aderiva all’asta pulsante che veniva leccata su di un lato dalla lingua più rasposa di quella umana, aumentando così il piacere della giovane guardia che istintivamente sollevò più volte il bacino per facilitare il coito orale. T’Pol manteneva costante la pressione sui coglioni e l’intensità della sucata e la sua vittima gemeva invocando il suo nome, rigirando la testa sul cuscino e aggrappandosi con i pugni stretti al lenzuolo, travolto da sensazioni che non aveva mai provato prima. “Oh, sì T’Pol, continua così…” la incitava lui che senza pensare alle probabili conseguenze e vedendola concentrata con gli occhi chiusi a succhiargli la verga, le appoggiò le mani sulla nuca scompigliando il caschetto di capelli e piegando le sensibili orecchie appuntite. La vulcaniana venne assalita dall’ira per l’atto troppo confidenziale che non poteva di certo permettere a un maschio di una razza inferiore come quella terrestre e allora, dopo averlo fulminato con uno sguardo omicida, arretrò le labbra fino alla corona del glande e diede una terribile sucata mentre strizzava senza pietà i testicoli gonfi e ormai pronti a eruttare. “Argh!” urlò il giovane per l’estrema sofferenza sbattendo le braccia sul letto nella speranza di farla smettere, ma un’altra fortissima succhiata, accompagnata per giunta da un morso, lo fece piagnucolare per la disperazione “ah, la prego, mi sta massacrando…nooo…”. Questo non era più un pompino ma una vera e propria tortura impossibile da sopportare! Alzò un pugno per colpirla ma si fermò impaurito accorgendosi di una terrificante trasformazione nella vulcaniana: non era più la femmina dei suoi sogni, ma una bestia feroce che lo stava per divorare e gli occhi che lo fissavano esprimevano una furia disumana! Gridando ricadde sul materasso sudato e tremante portandosi le mani al viso, totalmente sottomesso al volere dell’aliena che lo stava mangiando vivo mordendolo e sucandolo con una potenza tale da sentirsi strappare i visceri, mentre i coglioni massacrati gli davano atroci fitte di dolore. T’Pol intanto era ansiosa di assaggiare il suo primo sperma umano e sospettando che una eccessiva violenza avrebbe rovinato l’eiaculazione, cessò di fargli del male cercando di rassicurarlo “non temere piccolo mio, ma dimmi quando stai per venire”, masturbandolo con foga e grattandogli i testicoli indolenziti. Esalando un lungo sospiro di sollievo l’uomo le promise che l’avrebbe fatto, stringendo però i denti perchè la stretta sul suo povero pene arrossato e sofferente era eccessiva e non aveva di certo il coraggio di protestare. Alla fine con un filo di voce l’avvertì “ecco, sta arrivando…” e la vulcaniana rapida calò la bocca sul glande vibrante, serrando le labbra per evitare di perdere anche solo una goccia del tanto atteso nettare. Il primo fiotto le colpì il palato e lei lo inghiottì ingorda, subito seguito da un secondo che le inondò la gola, ma T’Pol non avvertì alcun senso di vomito dato che la modesta dimensione del membro non le dava alcun fastidio e anzi se lo infilò tutto dentro succhiando forte per sollecitare altre sborrate che scesero dritto lungo l’esofago. Non male, commentò con se stessa T’pol passandosi la lingua sulle labbra, il sapore del seme umano non era affatto disgustoso, anche se lo trovò meno denso e cremoso di quello vulcaniano e inoltre aveva un odore troppo pungente per i suoi gusti. Poi notò delusa il pene afflosciarsi, ricordando con nostalgia quanto rimanessero belli duri dopo la prima eiaculata i lunghi e grossi cazzoni dei suoi instancabili amanti su Vulcan. Come avrebbe potuto essere soddisfatta sessualmente da questa sottospecie di razza? Come avrebbe fatto a resistere addirittura cinque anni insieme a questi ominidi sottodotati? Ma lei doveva ubbidire all’Alto Comando e alla missione che le era stata assegnata per valutare il livello di affidabilità degli umani, non poteva sottrarsi in alcun modo al compito che la aspettava. Tornando a focalizzare l’attenzione sul presente, guardò inespressiva il terrestre che d’istinto si ritrasse impaurito e con sorpresa provò compassione per lui: “sappi che non volevo ferirti, ma ora ho finito con te, puoi andare”. Il giovane non se lo fece ripetere due volte e frettolosamente indossò la sua uniforme desiderando solo di scappare al più presto dalla stanza, morendo dalla voglia di raccontare a un paio di amici l’eccezionale esperienza appena vissuta. Senza nemmeno pensare di voltarsi per ammirare quel favoloso corpo nudo ancora inginocchiato dietro di lui, si diresse verso la porta ancora con i pantaloni parzialmente abbassati, ma T’Pol con un sol balzo lo raggiunse e gli premette con forza la mano destra su una spalla paralizzandolo all’istante e provocandone lo svenimento. L’uomo si accasciò inanimato sul pavimento e la vulcaniana lo sollevò senza sforzo apparente posandolo con delicatezza sul letto. Mentre gli accostava le dita sulla fronte per la fusione mentale provò quasi un sentimento di colpa per averlo strapazzato così brutalmente, giustificandosi che forse la vicinanza con la sua razza le rendeva difficoltoso mantenersi sempre insensibile alle emozioni: “Dimentica, dimentica, dimentica…” ripetè con tono dolce e pacato.
“Ehi, stai bene?” domandò un tecnico alla guardia seduta con aria confusa e appoggiata con la schiena alla paratia del corridoio di manutenzione. “Non capisco, stavo terminando il mio giro di ronda negli alloggi degli ufficiali…non dovrei essere qui…”, ma l’altro lo provocò scherzando “mica sarai ubriaco, vero?”. “Ma non è vero!” si difese rabbioso “non ho mai bevuto in servizio, figuriamoci adesso sull’Enterprise!”. “Va bene, non offenderti” gli rispose conciliante il tecnico aiutandolo ad alzarsi. “Grazie, devo tornare al mio posto” e si incamminò verso l’uscita del settore manutenzione, ma dopo pochi passi si fermò sconvolto perchè il dolore che aveva già avvertito ai genitali non appena si era ridestato stava aumentando, ma cosa diavolo gli era successo?

L’Enterprise NX-01 stava accelerando alla fantastica velocità superluminale di curvatura 5 in direzione della Bolla Anello I, una zona inesplorata del braccio di Orione della Via Lattea a circa 300 anni luce dalla Terra, così denominata per la densità di idrogeno neutro almeno dieci volte inferiore a quella del mezzo interstellare galattico e probabilmente causata dal vento stellare di una supernova esplosa milioni di anni prima. L’obiettivo fondamentale della prima missione quinquennale dell’astronave era di cartografare con la massima accuratezza tutti i sistemi stellari per aggiornare le mappe della Federazione, senza tralasciare un eventuale contatto con una razza extraterrestre in grado di viaggiare nello spazio, ma evitando di turbare la naturale evoluzione delle civiltà ancora confinate nel proprio pianeta di origine e quindi impreparate allo shock culturale derivante da un incontro con degli alieni. Archer sedeva al suo posto di comando osservando con attenzione l’attività che ferveva in plancia con tutti i suoi ufficiali che stavano davvero dando il massimo dell’impegno per adempiere al meglio i propri compiti: di fronte a lui il timoniere Mayweather armeggiava con i controlli di navigazione della sua consolle, alla sua destra l’ufficiale tattico Reed verificava che tutti i sistemi della nave fossero in ordine e l’ingegnere capo Tucker con aria apprensiva stava guardando un monitor, alla sua sinistra l’ufficiale scientifico T’Pol con espressione assolutamente indecifrabile sembrava intenta a controllare alcuni dati a video e l’ufficiale alle comunicazioni Sato cercava di aprire un canale subspaziale per riferire al Vice Ammiraglio Forrest la situazione. La luce chiara ma soffusa dell’ambiente infondeva in Archer una intima tranquillità e una assoluta certezza sulla sua capacità di portare a termine la prestigiosa missione che gli era stata affidata, portare l’umanità ad occupare il posto che le spettava nella comunità galattica e incentivare il progresso tecnico e scientifico, insomma andare coraggiosamente là dove nessun uomo era mai giunto prima. Sì, confessò a se stesso Archer, mi sento bene, sono a casa, l’Enterprise è la mia casa, ho sempre desiderato comandare una nave stellare e scoprire strani mondi e nuove forme di vita. “Capitano!” lo chiamò Tucker voltandosi a guardarlo con un sorriso trionfante, “abbiamo appena toccato la curvatura cinque!”. “Questo è un evento molto importante per noi” rimarcò con enfasi Archer alzandosi in piedi “e vorrei commemorarlo rivolgendo un applauso agli uomini e alle donne della Flotta che ci hanno permesso di viverlo in prima persona”, concluse iniziando a battere le mani. Tutti i presenti imitarono il loro capitano e T’Pol, che si era alzata a sua volta insieme agli altri ma non stava applaudendo perchè sorpresa da quanto stava avvenendo, notò con quanta serietà e partecipazione l’intero equipaggio rispondeva all’invito per festeggiare il momento solenne. Non si trattava affatto di una manifestazione chiassosa indice di una scarsa disciplina come aveva inizialmente giudicato, ma la testimonianza che la razza umana voleva proseguire convinta lungo la strada che l’avrebbe portata alla piena legittimazione delle sue ambizioni. T’Pol strinse gli occhi per la concentrazione perchè per la prima volta intuiva la pericolosità della razza umana forse in grado in un prossimo futuro anche di scalzare la supremazia di Vulcan, sfruttando il connubio dell’esaltazione delle caratteristiche individuali con una tenace organizzazione collettiva. Archer intanto avvertiva un profondo senso di benessere perchè consapevole non solo di essere a casa, nella sua Enterprise, ma anche di trovarsi di fronte alla sua famiglia, il suo equipaggio. Non poteva e non voleva deludere nessuno e avrebbe fatto il possibile per assolvere il suo dovere, riflettè mentre sorridente applaudiva, ma quando il suo sguardo incrociò quello duro e impassibile della vulcaniana all’improvviso non ebbe più voglia di continuare. “Benissimo” disse rimettendosi a sedere “testiamo allora la piena propulsione e vediamo quanto possiamo mantenerla. Hoshi, chiami il Vice ammiraglio Forrest e lo metta al corrente che l’Enterprise ha raggiunto senza alcun problema la massima velocità prevista”. “Subito capitano” gli rispose la graziosa asiatica digitando sulla tastiera il codice di trasmissione codificata. “Capitano” era Tucker adesso a parlare “con il suo permesso vorrei andare in sala motori per sovrintendere alle operazioni”. “Concesso e grazie per l’ottimo lavoro svolto, Charles” annuì Archer compiaciuto del fatto che tutto stava andando per il meglio. Era stato talmente dubbioso sul non tanto disinteressato aiuto vulcaniano che non aveva dato per scontato che al primo tentativo l’Enterprise rispondesse così bene ai comandi, ma adesso senbrava dovesse ricredersi constatando il perfetto funzionamento del primo motore a curvatura mai realizzato dall’umanità. Certo i vulcaniani possedevano un tipo di propulsione ad antimateria più avanzato e potente che consentiva di arrivare a curvatura sette e cioè fino a 656 volte la velocità della luce, mentre invece la curvatuta cinque equivaleva solamente a 214 volte la velocità della luce e quindi era fin troppo ovvio riconoscere che ancora non era possibile confrontarsi con loro su di un piano di parità. Ma ormai la tecnologia di base era ben conosciuta e Archer si sentiva fiducioso che le future astronavi terrestri avrebbero ben presto colmato il divario di prestazioni. I loro mentori, per non dire guardiani e anzi sorveglianti, erano una razza antica e fiera che però ormai sembrava appagata dal livello di civilizzazione conseguito, mentre l’umanità si era appena affacciata sull’universo e smaniava dalla voglia di riscattarsi dai disastri che aveva combinato sul proprio pianeta natale e di recuperare il tempo perduto con le altre civiltà, nella speranza anche di sopravanzarle un giorno. “Capitano” le sue divagazioni furono interrotte dalla voce ferma e controllata di T’Pol e lui si voltò a sinistra per ascoltarla, “vorrei anche io recarmi in sala motori per prestare la mia assistenza come ufficiale scientifico”. “Molto bene T’Pol, fornisca al Comandante Tucker tutto l’aiuto possibile, dobbiamo sapere per quanto tempo l’Enterprise è in grado di procedere a questa velocità”. La vulcaniana gli rivolse un cenno di conferma e si alzò avvicinandosi alla sua poltrona per arrivare al centro della plancia per poi entrare nel turboascensore. Archer distolse subito gli occhi sforzandosi di guardare in avanti con noncuranza, ma trasalì leggermente quando il morbido fianco destro della vulcaniana gli sfiorò il braccio sinistro. La calzamaglia mimetica le fasciava il corpo stupendo in modo davvero troppo provocante, non era possibile resistere oltre e Archer le ammirò il magnifico fondoschiena che ondeggiava mentre i due seni prorompenti sobbalzavano, stabilendo un equilibrio armonioso che esaltava la camminata ancheggiante. Tutti i presenti la osservarono sconcertati da cotanta bellezza conturbante che si muoveva con eleganza felina e anche Hoshi, pur facendo finta di studiare il monitor di fronte a lei, aveva alzato lo sguardo per seguirla attonita fino a quando non uscì fuori e la porta non si richiuse. Devo organizzare al più presto una riunione con tutti gli ufficiali per metterli sull’avviso delle reali intenzioni di T’Pol, si ripromise Archer, è incredibile come mette in mostra tutta la sua mercanzia per eccitare il prossimo e pure la dolce Sato non pare essere immune al suo perverso fascino. Ma una cosa alla volta, si disse scuotendo la testa, per adesso l’Enterprise ha la precedenza perchè dobbiamo verificare tutti i sistemi della nave e quindi è necessaria la completa dedizione del mio equipaggio, non posso allarmarli avvertendoli che abbiamo a bordo una mignotta vulcaniana che vuole mettere alla prova la loro virtù.
Mentre camminava lungo il breve corridoio che conduceva verso la sezione ingegneria T’Pol si concesse un fugace sorriso al pensiero che stava per incontrarsi con l’umano Tucker, il cui imbarazzo risultava evidente quando doveva confrontarsi con lei. Stavolta però era decisa a mettere davvero alla prova la sua capacità di resistere ad un approccio sessuale diretto e era convinta che sarebbe risultato impossibile resisterle. Non appena si avvicinò alla porta d’ingresso questa si aprì lateralmente senza emettere alcun segnale sonoro e quindi di sicuro l’ultimo entrato non aveva attivato la chiusura. Forse era stato proprio Tucker a dimenticarlo per la fretta, pensò T’Pol affacciandosi alla pensilina metallica impaziente di vedere dove fosse la sua preda. La grande sala aveva un’ampiezza di circa quaranta metri per quindici per buona parte occupata dal reattore materia-antimateria che rappresentava il cuore dell’astronave stellare, capace di pompare l’enorme energia necessaria per raggiungere la velocità di curvatura e creare una distorsione dello spaziotempo per saltare nel subspazio, riducendo così nettamente le distanze nello spazio convenzionale. Nel nucleo di curvatura del reattore la materia si annichiliva con l’antimateria e la produzione di energia veniva controllata attraverso i cristalli di dilitio, un minerale inattaccabile dall’antimateria, che catalizzavano la reazione allineando i due fasci di particelle e di antiparticelle. Il plasma energetico generato veniva inviato attraverso dei condotti alle gondole di curvatura che creavano appunto una bolla di curvatura, in grado di contrarre lo spazio davanti all’astronave e di dilatarlo all’indietro per ottenere la velocità di curvatura. T’Pol stava osservando alcuni tecnici che non si erano accorti del suo ingresso, ma non riusciva a scorgere Tucker e allora discese la scaletta dirigendosi verso il quadro comandi piazzato dietro il reattore dove una persona era piegata sulle ginocchia intenta a richiudere un pannello. I capelli biondi dell’umano però le fecero capire che si trattava proprio dell’ingegnere capo e lei gli si avvicinò senza fare alcun rumore per coglierlo di sorpresa. Tucker aveva effettuato un ultimo controllo all’elettronica di alcune schede di circuiti integrati e stava terminando di stringere una vite quando avvertì dietro di lui una presenza. Con la coda dell’occhio e girando lievemente la testa vide una gamba fasciata stretta in una calzamaglia e il suo battito cardiaco subito accelerò, ma non appena si voltò il sangue gli si ghiacciò nelle vene per l’emozione perchè c’era la vulcaniana che torreggiava su di lui squadrandolo con aria seriosa. Quasi inebetito dalla visita inaspettata e con la bocca semiaperta ma incapace di spiccicare una sola parola, Tucker posò dapprima lo sguardo sul sesso di T’Pol ma in quel punto la sua uniforme sebbene aderentissima non lasciava trasparire nulla e poi sollevò gli occhi che restarono per diversi secondi ipnotizzati dalle due fantastiche tettone che lo sovrastavano in tutta la loro magnificenza. “Comandante Tucker, vuole un aiuto a rialzarsi?” lo interrogò T’Pol con un tono spazientito ma in realtà divertita per lo scherzetto che gli aveva combinato. “Oh, mi scusi, non l’avevo sentita arrivare” farfugliò lui che però nel tentativo frenetico di rimettersi in piedi perse l’appoggio e si ritrovò con il sedere per terra. Tucker rimase seduto paralizzato per la brutta figura ma quando la vulcaniana con aria stupita e un sopracciglio rialzato gli tese una mano scoppiò a ridere senza contenersi: eccolo lì in quella posizione ridicola di fronte alla femmina più desiderabile che avesse mai visto! “Beh, temo di dover accettare la sua offerta” le rispose cercando di ritornare serio e sentendosi come liberato da un peso si alzò senza lasciarle mai la mano e anzi con una certa baldanza la fissò negli occhi. Lei era di una bellezza indescribile, anzi extraterrestre, più alta di lui di quasi tutta la testa e aveva un corpo e un viso sbarazzino che avrebbero fatto impazzire di desiderio ogni uomo ed ogni vulcaniano della galassia. T’Pol rimase piacevolmente colpita dal fatto che Tucker si fosse ripreso da quel momento imbarazzante trovando anche il coraggio di affrontarla a viso aperto, ammettendo che in effetti trovava l’umano piuttosto attraente non solo dal punto di vista fisico, anche se non era certo il tipo alto e atletico che di norma prediligeva, ma anche da quello caratteriale, con il suo atteggiamento istintivo di bambino spaurito ed esitante. “Sono venuta per mettere al suo servizio la mia esperienza di ufficiale scientifico” gli disse pacata e contraccambiando lo sguardo senza liberare la sua mano, “ha fatto bene, sono certo che avrò bisogno di lei” le confermò Tucker che stava iniziando a perdersi in quei profondi occhi scuri dalle venature smeraldine. Per un lungo istante i due rimasero a guardarsi come se volessero stabilire un legame sentimentale e fu T’Pol a rompere l’incantesimo ritirando bruscamente la mano e indicando il complesso quadro comandi: “Mi sembra piuttosto ridondante la gestione computerizzata del motore a curvatura” notò con enfasi la vulcaniana. “Ha perfettamente ragione” ammise Tucker, “la verità è che ancora non ci fidiamo troppo della intelligenza artificiale del sistema informatico dell’astronave e quindi preferiamo un maggior controllo diretto soprattutto delle procedure di emergenza. Lo vede quel piccolo video attorniato da quei tasti di colore rosso?” e T’Pol fece un passo verso la consolle centrale chinandosi leggermente in avanti”. “Ecco, se qualcosa dovesse andare storto nel nucleo di curvatura” proseguì nella spiegazione l’ingegnere capo che si ritrovò proprio a pochi centimetri dal fianco destro di T’Pol “possiamo sopperire ad un eventuale malfunzionamento forzando manualmente l’immissione di altre barre di dilitio, nel tentativo di rallentare la reazione materia-antimateria”. Tucker istintivamente sbirciò il culo fantastico perfettamente delineato dalla aderentissima uniforme di T’Pol e si spostò poco dietro la vulcaniana per ammirare meglio quella meraviglia della natura continuando a parlare “come ben sa ho a mia disposizione otto uomini per aiutarmi a controllare la propulsione dell’Enterprise e quindi…” ma si bloccò perchè orripilato si accorse che il sesso gli si stava irrigidendo. Quelle natiche belle tonde, sode e ampie rappresentavano uno stimolo sessuale irrefrenabile per il suo pene che imbizzarrito cominciò a premere con fastidio dentro lo slip “e allora…” cercò di finire il discorso Tucker che iniziava a domandarsi come avrebbe fatto a nascondere la sua eccitazione se la vulcaniana si fosse girata verso di lui. “Sì, cosa mi voleva dire, comandante?” gli chiese T’Pol che nel frattempo non aveva smesso di leggere alcuni dati numerici che comparivano sul monitor. E quindi ho una voglia matta di toccarti quel tuo culo da favola perchè mi sta mandando in fiamme il cazzo, pensò lui che a fatica riuscì a completare la frase “dovrei essere pronto per ogni brutta evenienza, insomma” e senza distogliere lo sguardo si posizionò dietro la vulcaniana che sembrava assorta a studiare la disposizione dei comandi. T’pol invece si era ovviamente accorta del movimento di Tucker e, ben conscia dell’effetto che poteva provocargli la sua maestosa rotondità, piegò la schiena indicando un gruppo di luci su un quadrante posto più in basso: “Mi dice per favore il significato di quelle segnalazioni luminose?”. Subito il sedere venne sospinto all’indietro di alcuni centimetri che però bastarono a causare un contatto tra il pene dell’uomo che trasalì per l’imprevisto e il gluteo destro della vulcaniana che in apparenza fece finta di nulla. Poi accadde qualcosa di magnetico, nel senso che il membro all’istante diventato durissimo venne attratto come una calamita proprio in mezzo a quelle stupende natiche sia morbide che sode, restandovi adagiato in estasi per un paio di secondi. Tucker restò senza fiato per l’accaduto e si scostò allarmato dalle possibili conseguenze di un tale incontro dall’innegabile significato sessuale, mentre la cerniera dei pantaloni dell’uniforme sotto la spinta del cazzo pienamente eretto e fuoriuscito dalle mutande sembrava cedere da un momento all’altro con il glande che premeva furiosamente sotto la cintura per liberarsi. “Già, quelle luci fanno parte di un circuito di verifica, se restano accese vuol dire che tutto va bene”, cercò di risponderle con la maggior naturalezza possibile. T’Pol aveva sentito l’erezione dell’uomo e poichè un piacevole brivido le aveva percorso la schiena, decise di continuare il gioco per vedere se Tucker avesse mostrato il coraggio che lei in cuor suo si augurava e quindi posò le mani sul bordo della consolle mantenendo quella posizione provocante. L’ingegnere capo non sapeva davvero come comportarsi perchè non voleva mostrarsi in quella imbarazzante condizione e inoltre non aveva nessuna idea su come proseguire la conversazione, ma quando vide la vulcaniana appoggiarsi senza proferire parola come aspettando una sua reazione, inspirò profondamente chiedendosi che forse stava solo sognando e siccome nei sogni tutto è possibile tanto valeva rischiare. Osservando quel culo incredibile fasciato strettamente dal tessuto che aderiva come una seconda pelle e quelle natiche tanto ampie e tonde da unirsi celando chissà quale tesoro, capì che desiderava ardentemente divaricarle a forza per piazzarci in mezzo il suo rigidissimo cazzone. Prima però doveva bloccare la porta d’ingresso alla sala motori e assicurarsi che i suoi sottoposti non comparissero nel momento sbagliato. Si diresse verso un grosso tasto di colore verde che dopo averlo premuto diventò rosso e in tal modo chiunque volesse entrare avrebbe dovuto chiedere il permesso attraverso l’interfono sulla parete, poi afferrò un microfono avvertendo gli ingegneri di restare al loro posto e di non spostarsi senza preavvisarlo. Stava mettendosi dietro la vulcaniana, ma quando notò che lei aveva girato la testa e lo stava guardando accennando un sorriso invitante e anzi per stimolarlo stava ondeggiando il maestoso sedere, per poco non gli venne un infarto per l’emozione! Tucker si slacciò la cintura per consentire al glande di fare capolino e per raddrizzare il pene in tutta la sua lunghezza e con una potente spinta pelvica allargò i grossi glutei. “Ahhh” gli sfuggì un gemito di goduria spingendo ben a fondo il membro in quella meravigliosa morbidezza avvolgente, mentre T’pol socchiudendo gli occhi per la tensione lo favorì schiacciando il culo bello sodo contro l’asta. All’improvviso la voce imperiosa di Archer risuonò: “Qui è il capitano. Qual’è la situazione, comandante Tucker?”. Ma lui era intento a strusciare su e giù il suo pene lungo il solco dell’ano della vulcaniana, eccitatissimo nel constatare che lei lo assecondava smuovendo il sedere nello stesso senso. “Tucker, a rapporto!”, il tono del capitano ora sembrava spazientito. Vaffanculo Archer, ma perchè mi rompi le scatole adesso? avrebbe tanto voluto apostrofarlo come meritava, ma per fortuna il silenzio venne rotto da T’pol che dovette concentrarsi per rispondere con calma inespressiva “capitano, qui T’Pol, il comandante Tucker per ora è molto impegnato”. “Come stanno andando le cose, T’Pol?” volle sapere Archer con una certa urgenza, “Molto bene, il motore a curvatura è…” ma si interruppe emettendo un sospiro perchè Tucker le aveva afferrato con decisione i fianchi e stava pigiando con veemenza il suo cazzone in mezzo alle sue natiche, provocandole un violento e prolungato spasmo anale che le fece sbarrare gli occhi per la sorpresa. “Sì, mi stava dicendo?” domandò Archer e stavolta fu Tucker a parlare ansimante, mentre continuava a sbatacchiare quasi con rabbia l’ampio e tondo culone e le sue mani intraprendenti stavano risalendo lungo la vita della vulcaniana “eccomi, me la sono fatta di corsa! Il motore va a meraviglia finora!”. “Ottimo, ma T’Pol dov’è andata?”, chiese il capitano con sincera curiosità, “è qui davanti a me, è stata distratta da un monitor ma mi fa cenno che tutto va bene” e finalmente le mani raggiunsero l’agognato obiettivo stringendo con voluttà le voluminose tettone della vulcaniana che reagì d’istinto inarcando la schiena. T’Pol non riusciva a crederci che era stato così facile eccitarsi, l’umano la stava facendo godere con il suo irriverente impeto e lei non poteva farci nulla se non sottomettersi alle sensazioni che stava provando. Il suo pene seppur non eccezionale pareva ragguardevole e lo sentiva duro come un pezzo di metallo con il glande che premeva contro il buco del culo ogni volta che si spostava verso l’alto, le sue mani le palpavano con forza i seni grossi e turgidi talvolta strizzando senza pietà e indugiavano sui capezzoli eretti titillandoli e pizzicandoli. Tucker doveva piacerle veramente molto se concedeva ad un esponente di una razza inferiore come quella terrestre di strapazzarle in questo modo il corpo, senza nemmeno suscitarle un sentimento d’ira che altrimenti avrebbe dovuto scatenarsi. “Allora T’Pol, cosa dicono gli strumenti?” domandò ancora Archer e la vulcaniana fece uno sforzo immenso per mantenere controllata la sua voce: “Dalla lettura di alcuni dati non rilevo nessuna anomalia, capitano. Tutto procede come deve andare”. Ancora riesci a discutere normalmente mentre io addirittura ho difficoltà a respirare e sono tutto sudato, eh? pensò stizzito Tucker, che senza riflettere sul rischio che poteva correre dato che non si trovava di certo in un luogo appartato, calò lo zip dei pantaloni, si tirò fuori il membro rigido e tenendolo con una mano dritto orizzontale lo infilò tra le coscie di lei, iniziando un furioso movimento che simulava il coito. Era fantastico sbattere l’addome contro la massa morbida e compatta del sederone mentre il pene facendosi largo tra le gambe si sfregava addosso alla fica della vulcaniana! T’Pol ebbe un sussulto quando avvertì il cazzo durissimo dell’umano massaggiarle il sesso che subito reagì con una serie di contrazioni vaginali, costringendola ad aprire la bocca con espressione estasiata. Tucker sovreccitato riprese a toccarle le tettone che stavolta sobbalzavano all’urto delle spinte pelviche, godendo come un pazzo anche se non la stava in effetti fottendo sul serio e T’Pol, sentendo la vagina cominciare a bagnarsi, si morse un labbro per evitare che un gemito potesse sfuggirle e mettere sull’avviso il capitano Archer, che però senza sospettare niente concluse la conversazione augurando buon lavoro ad entrambi. “Allora ti piace, porca troia venuta da Vulcan?” le sussurrò all’orecchio Tucker mettendo le mani sopra le larghe chiappe per separarle a forza in modo da strusciare con maggior foga. Davvero incredibile, l’umano addirittura aveva l’impudenza di insultarla, ma invece di incazzarsi T’Pol travolta dalla passione allungò la mano destra all’indietro per accarezzare il bastone di carne che le stava stimolando anche il clitoride indurito che lanciava fitte di goduria. A Tucker quasi gli si piegarono le ginocchia per l’eccitazione quando si sentì toccare il cazzone, adesso imprigionato tra il sottile tessuto che ricopriva sia la fica che l’incavo anale e la calda mano di lei intenta a tastarlo come a saggiarne la consistenza. Con una irruenza che non credeva possibile incrementò il ritmo e la potenza delle spinte del bacino, intenzionato a provare alla vulcaniana che anche un terrestre era in grado di farla godere e di farle perdere il controllo, ma si accorse che non avrebbe retto a lungo anche perchè T’Pol aveva iniziato a soppesargli i coglioni stringendoli con una certa pressione. Tucker voleva sborrarle in mezzo alle gambe e sul deretano per insozzarle la calzamaglia che indossava con il suo sperma, ma T’Pol aveva un’idea ben diversa e quando sentì l’umano grugnire e prenderla saldamente per i fianchi, segnale inequivocabile di una imminente eiaculazione, si girò di scatto mettendosi sulle ginocchia e afferrandogli il pene con la mano destra. Era davvero un bell’esemplare rigidissimo di circa venticinque centimetri, dritto come un siluro fotonico e con un cordolo che lo attraversava per tutta la sua lunghezza, giudicò lei mentre lo masturbava con vigore, ma era la grandezza del glande ad affascinarla con la sua forma a bulbo e la corona che sporgeva dall’asta. “Dimmi quando stai per venire, caro Trip” gli chiese in tono confidenziale guardandolo con un sorriso lascivo, per poi ingollarsi per intero il glande e ancorarsi con le labbra proprio sotto la corona e con i denti che mordicchiavano leggermente. Oddio, desidera assaggiare il mio seme, pensò eccitatissimo Tucker che però emise un gemito soffocato sia di godimento che di dolore non appena si sentì il cazzo succhiato con una forza tremenda. T’Pol, che leccava freneticamente con la lingua e spompinava molto forte su e giù almeno mezzo pene inghiottendolo fino in fondo alla gola, nel frattempo si massaggiava anche la fica ribollente che colava in abbondanza di umori vaginali impregnando la stretta l’uniforme. Ma era una cosa inimmaginabile, l’umano l’aveva fatta godere per prima e ora avrebbe dovuto correre nella sua cabina per cambiarsi, non poteva ritornare in plancia comando tutta bagnata fradicia in quel modo! Ma ancora non si sentiva affatto arrabbiata, anzi grazie all’ingegnere capo la sua permanenza a bordo dell’Enterprise si preannunciava meno noiosa e deprimente del previsto, però decise di metterlo in una situazione imbarazzante per fargli comprendere chi era che comandava sul serio. “Ohh, sto venendo, vengooo…” la avvertì dopo un minuto Tucker che stava sussultando e allora la vulcaniana si alzò in piedi e lo baciò infilandogli la lingua in bocca, eseguendo una masturbazione con un movimento della mano sinistra rapido e furioso. Tucker chiuse gli occhi e rispose con trasporto slinguettando a sua volta, lasciando scivolare un braccio lungo la schiena per toccarle ancora una volta il culo sodo e strizzando anche un seno rigonfio, mentre il suo pene gioioso spruzzava ripetuti fiotti si sborra davanti a lui. Tucker sospirò per il sollievo di essersi liberato di una quantità allucinante di sperma, mai gli era capitato di venire così e inoltre il suo membro era stato talmente duro che adesso che stava perdendo l’erezione lo sentiva un pò indolenzito. “Sei stato molto bravo, Trip” gli stava dicendo la vulcaniana che si era scostata da lui, “in futuro saprò essere molto generosa con te, cucciolo mio, ma devi fare più attenzione alla mira”. Riaprì gli occhi e la osservò con aria interrogativa ma subito si accorse orripilato di aver sporcato la consolle di controllo con tutti i suoi schizzi e sopra un paio di monitor, spie luminose e parecchi pulsanti erano appiccicati rivoli di sperma giallastro dall’inconfondibile odore pungente. Santo cielo, si disse sgomento, e ora come faccio a pulire questo disastro? T’Pol intanto lo stava sfottendo con un ghigno sarcastico dipinto sul suo viso meraviglioso e senza dargli il tempo di risponderle si girò per andarsene in tutta fretta, spostandosi con eleganti movenze feline e ondeggiando provocante come sempre il sedere. Che femmina, riconobbe Tucker, abbiamo a che fare con una puttana in calore e il capitano aveva ragione accidenti, ma già pregustava il loro prossimo incontro incoraggiato dalla sua promessa. “Comandante, vorrei mostrarle questi valori del nucleo di…” era uno dei suoi uomini, “fermi tutti!” urlò disperato “e che nessuno si muova e lasci la sua postazione!”. Si guardò attorno spaventatissimo aggiustandosi con frenesia i pantaloni, doveva esserci uno straccio da qualche parte, l’aveva già notato, ma dov’era, dove diavolo era?
“Volevi vedermi?” domandò Tucker al Capitano Archer non appena entrato nel suo alloggio, cercando di dissimulare il senso di colpa che lo stava assalendo. “Sì Trip, accomodati pure” gli rispose lui accogliendolo con il consueto sorriso amichevole e indicando il divano dove era seduto “voglio sapere come si è comportata la nostra avvenente ospite, ma ricorda di parlarne sempre con rispetto perchè è il vicecomandante dell’Enterprise, perbacco!” concluse con una smorfia canzonatoria che innescò una risatina tra i due. “E’ stata molto professionale, non mi sarei mai aspettato un’attenzione così sincera e anche molto competente verso i sistemi di sicurezza del reattore” Tucker si odiava a morte per dover mentire spudoratamente al suo amico nonchè diretto superiore, anche se era sicuro che al suo posto il caro Archer non si sarebbe lasciato scappare l’occasione di possedere una donna straordinaria come T’Pol. “L’ho lasciata anche da sola per un momento di fronte il quadro principale perchè mi aveva chiamato un ingegnere” continuò in preda a un disagio crescente “e quando ho capito che stava comunicando con te ho fatto una gran corsa”. “Ah già, ho sentito che avevi la voce piuttosto ansimante” confermò il capitano senza un pur minimo accenno di incredulità, “proprio così!” annuì con forza Tucker che comunque per evitare domande poco gradite fece finta di accorgersi della mancanza del cane “ma dov’è finito Porthos?”. “Sai che i vulcaniani non hanno l’abitudine di circondarsi di animali da compagnia, ho pensato bene allora di chiedere al dottor Phlox un favore e quindi l’ho lasciato in infermeria poco prima di invitare a cena T’pol. Andrò a prenderlo più tardi sperando che non abbia combinato qualche guaio” disse incrociando le dita con aria sorniona. “Quel Phlox, secondo me è l’alieno più simpatico e gentile che abbia mai conosciuto, magari su Vulcan fossero tutti come lui” sentenziò Tucker, “a me lo dici, purtroppo non se ne trova uno manco focalizzando al massimo i sensori a breve raggio!”. La battuta ironica di Archer fece ridere di gusto i due e la curiosità del capitano sul comportamento dell’ufficiale scientifico sembrò soddisfatta quando volle sapere alcuni dettagli tecnici sulla propulsione, rallegrandosi del mantenimento senza alcun inconveniente della curvatura cinque. Ma l’effetto eccitante che T’pol suscitava in Archer lo indusse a ritornare sull’argomento, anche perchè era stato evidente l’imbarazzo mostrato dal suo fidato amico di fronte alla prorompente vulcaniana: “Ma dimmi” parlando con un tono confidenziale, “non ti sei mai trovato molto vicino a lei? Voglio dire, non hai sentito la sua carica erotica e lei non ti ha mai costretto a una reazione?” Altrochè, anzi per la precisione si tratta di un’erezione da paura caro mio, ti verrebbe un colpo se ti dicessi quello che è successo veramente, gli rispose mentalmente Tucker “beh, se devo essere sincero con te…” iniziò esitante, “Trip, cosa mi stai nascondendo?” lo esortò Archer con impazienza, “ecco, c’è stato un momento che lei si è piegata in avanti alla consolle principale per osservare meglio e…il suo deretano si è dimenato in tutto il suo splendore” ma il capitano lo interruppe subito “ma come, smuoveva il culo davanti a te?”, e Tucker nel tentativo di riprendersi “no no, stava fermo per carità, è solo che non riuscivo a staccare gli occhi da quella meraviglia, ma per mia fortuna mi ha salvato un tecnico che ha richiesto la mia presenza al suo posto di controllo”. Archer con fare indagatore però ancora non si contentava “e tu allora cosa hai fatto?”, “e che volevi facessi? Me ne sono andato con lei tutta concentrata a studiare il quadro comandi”, “e quindi mi stai dicendo che T’Pol non ti ha voluto deliberatamente provocare con quel movimento sensuale?”, “ma no, era davvero interessata alla complessità dei nostri comandi, quella non mi vede nemmeno!” concluse scuotendo la testa il capo ingegnere sperando di risultare attendibile. Archer con le dita stava tamburellando con un certo nervosismo il bracciolo del divano “e per quanto riguarda la riunione con gli altri ufficiali che avevamo deciso, ora che ne pensi?”. Tucker lo guardò con la massima serietà possibile “forse siamo stati troppo precipitosi, T’Pol è solo una donna bellissima che desidera solo prenderci in giro con tutto il carico di femminilità che si porta appresso, non ha l’intenzione di farci diventare i suoi schiavi sessuali”. “Sì, forse hai ragione tu” Archer sembrava concordare “allora mi suggerisci quantomeno di rinviarla?”. Lasciami almeno il tempo di fottermela a dovere e poi potrai anche rispedirla su Vulcan, stava pensando Tucker “decisamente sì, diamole l’occasione di ambientarsi tra di noi e non mettiamo in allarme prematuro gli altri, non credi?”. Il capitano si battè le mani sulle ginocchia sorridendo finalmente convinto, per poi alzarsi per accompagnarlo alla porta “sì, evitiamo di far precipitare la situazione ed attendiamo gli eventi. Di sicuro il nostro incontro con la vulcaniana ci ha oltremodo influenzato con i nostri pregiudizi, del tipo una donna favolosa deve essere anche una scatenata ninfomane. Se lei è una bellezza e vuole esibirla per metterci in imbarazzo che lo faccia pure, l’importante da parte nostra è non darle soddisfazione per conservare la dignità e scongiurare rapporti negativi inviati all’alto comando vulcaniano”. “Sono d’accordo con te al cento per cento, capitano!” si accomiatò Tucker ricambiando il sorriso e incamminandosi lungo il corridoio fortemente illuminato. Ahh, ammise con se stesso, certe volte la vita è proprio meravigliosa…
T’Pol voleva approfittare di non essere in servizio per conoscere l’unico extraterrestre oltre a lei presente sull’astronave, il daneboliano Phlox, che ricopriva il ruolo di ufficiale medico. Strana e brutta razza poligama, rifletteva la vulcaniana mentre con passo deciso si dirigeva verso l’infermeria, sono di una promiscuità oscena ma nel senso che dopo essersi sposati e messo su famiglia entrambi i sessi vanno alla ricerca di altre unioni, conservando le precedenti relazioni coniugali ma senza il vincolo di restare fedeli. Noi invece abbiamo una sessualità sfrenata con tanti partner, ma quando decidiamo di legarci a qualcuno lo facciamo seriamente e senza remore. T’Pol era quasi arrivata di fronte alla porta di accesso e la stava aprendo ma qualcosa la indusse a bloccarsi, costringendola ad arricciare il naso disgustata. Aveva capito cosa l’aspettava oltre la soglia e stava considerando di andarsene, ma ormai tanto valeva farsi forza anche perchè prima o poi da sola o in compagnia sarebbe entrata in quel luogo schifoso. Era proprio come aveva immaginato, anzi peggio, quella non era un’infermeria ma un piccolo zoo puzzolente! Nei tavoli e nelle mensole non erano disposti in ordine attrezzature diagnostiche e strumenti medici, ma tutta una serie di gabbie di varia foggia e grandezza che contenevano svariate specie di animali che producevano sostanze curative. Phlox era su un lato dell’ampio salone intento a calare dentro una gabbia quadrata del cibo nerastro che prendeva da un secchio, per sfamare chissà quale bestia immonda e addirittura l’idiota ci stava pure parlando! “Come stai tesoruccio? Questo ti farà stare bene, vedrai, sono interiora di quel serpentello che ti piacciono tanto”. T’Pol aveva voglia di mettersi a urlare tutto il suo disprezzo, ma invece con un colpo di tosse cercò di attirare l’attenzione dell’ufficiale medico. Phlox si voltò di scatto e vedendola esclamò: “Oh, lei è T’Pol la vulcaniana!” e il suo tondo viso rubizzo dagli occhi porcini si illuminò di un largo sorriso mentre si avvicinava, “sono davvero lieto di incontrarla”. “Dottor Phlox, si rende conto che olezzo terribile c’è nell’aria?”, lo apostrofò T’Pol fissandolo con severità, “oh, mi dispiace tanto, però è strano perchè poco fa ho spruzzato nell’ambiente una essenza profumata” le rispose sinceramente contrito, “e allora ha peggiorato di sicuro la situazione” continuò lei spietata, ma Phlox si mise a ridere “per nostra fortuna gli umani non hanno l’olfatto evoluto come il nostro e non si sono mai lamentati con me”, “ecco, in questo caso per loro è un vantaggio”, “oh, un abitante di Vulcan con il senso dell’umorismo, fantastico!”, “non era una battuta ma una semplice constatazione, dottore!”, precisò T’Pol fulminandolo con lo sguardo. Ma il daneboliano non era affatto impressionato dell’aggressività della vulcaniana, ben sapendo le caratteristiche caratteriali dei suoi simili e con un gesto di una mano le indicò tutta l’infermeria “qui dentro ho raccolto parecchie centinaia di specie da cui trarre medicamenti vari per tutte le esigenze più disparate”, “guardi che non avevo dimenticato la vostra pessima abitudine”, gli disse con sarcasmo T’Pol e lui subito di rimando “ma perchè sintetizzare chimicamente le sostanze utili in medicina ma che possono rivelarsi tossiche, se nella vasta galassia già le troviamo a nostra disposizione in questi deliziosi animaletti?”, “e vi tenete però anche la puzza!”, “si tratta invece dell’odore della vita” le rispose piccato con un’espressione offesa “e non si dimentichi che io grazie ad esso posso rendermi conto dello stato di salute di una specie e quando è pronta a secernere quello che mi interessa”. Poi Phlox la osservò di traverso esibendo un sorrisetto di sufficienza “si ricordi che noi abbiamo viaggiato in tutto il quadrante alfa della galassia per molto tempo spinti solo da motivazioni scientifiche, non siamo come certe razze ultime arrivate che sgomitano per imporre la loro tracotanza”. T’Pol sospirò spazientita, quanto le sarebbe piaciuto spaccare la faccia ridicola di quel presuntuoso, “un giorno forse vi pentirete del vostro eccesso di altruismo”, “oh, non si preoccupi, nessuno ha mai voluto darci fastidio e noi comunque saremmo in grado di difenderci senza alcun problema”. A questo punto il daneboliano e la vulcaniana iniziarono un duello di sguardi, con Phlox che si manteneva serafico e sorridente e T’Pol che con furia crescente lanciava laserate rabbiose. All’improvviso però un forte rumore di qualcosa che cadeva sul pavimento li fece smettere, seguito da un rapido calpestiò. T’Pol letteralmente terrorizzata si vide venire addosso un animale terrestre dal mantello biancastro chiazzato di marrone, un quattrozampe che non ricordava come si chiamava, piuttosto basso di statura, dal muso allungato, la coda molto sottile e le orecchie lunghe, insomma un essere orribile. Giunto proprio sotto di lei, l’animale spiccò un balzo restando appollaiato in mezzo alle sue tettone e cominciando a leccarle il volto. Colta completamente di sorpresa, T’Pol arretrò d’istinto all’indietro, ma una maledetta gabbia le fece perdere l’equilibrio e così finì distesa per terra con l’animale sopra che non mollava la presa. “Mi tolga di dosso questo mostro altrimenti lo uccido!” gridò disperata, “ma è solo un cane affettuoso, anzi è il cane del Capitano Archer. Perchè non prova ad accarezzarlo, è così grazioso”. “Dottoreee!”, “va bene, si calmi” la rassicurò Phlox prendendo in braccio il cane che gli scodinzolò festante, “fai il bravo Porthos, su, hai fatto spaventare l’ufficiale scientifico dell’Enterprise, se lo dico al capitano ti metterà in punizione, lo sai?”, “non si permetterà una cosa simile, spero” protestò T’Pol che si era rialzata e si stava strofinando la calzamaglia per togliere un’inesistente sporcizia. “Stia tranquilla, scherzavo. Lo vedi caro Porthos, si è pure arrabbiata, non devi dare confidenza a certe razze ultime arrivate” disse rimarcando le ultime due parole. T’Pol era sul punto di esplodere, quel maledetto le mancava di rispetto e per giunta la stava prendendo in giro con un animale, ma tentò di darsi un contegno e di rassegnarsi perchè non poteva reagire in alcun modo e ormai aveva perso questo round con il daneboliano. Si era appena girata per uscire dall’infermeria che Phlox la fermò “ma gli umani non le hanno mai detto che lei…”, “che cosa?” gli rispose con odio malcelato senza nemmeno voltarsi, “ecco, secondo i loro canoni sessuali, lei dovrebbe essere una gnocca di prima grandezza”. T’Pol chiuse gli occhi e strinse i pugni per calmarsi, inspirò profondamente e poi si diresse verso la porta, la aprì e si sfogò uscendo sbattendola con forza inaudita all’indietro. “Eh, caro Porthos, ti ho mai detto che le vulcaniane sono facilmente suscettibili?” e grattò la testolina del cane ridendo.

Archer era seduto di fronte al video del suo computer personale nel suo ufficio ubicato accanto alla plancia comando e stava studiando l’espressione pensierosa del suo diretto superiore, il Vice Ammiraglio Forrest, chiedendosi il perché di quella improvvisa chiamata. Lo aveva appena messo al corrente del comportamento assolutamente professionale manifestato dalla vulcaniana, nonostante la sfacciata esibizione delle sue indubbie doti fisiche, rassicurandolo con convinzione sulla capacità dell’equipaggio di mantenere la concentrazione necessaria al buon andamento delle operazioni a bordo dell’Enterprise. “Dunque la tua valutazione non è affatto negativa, Jonathan”, gli disse Forrest in tono molto serio, “no signore, devo riconoscere anzi che T’Pol si mostra molto disponibile nei nostri confronti, di sua iniziativa si è subito interessata ai sistemi di sicurezza del motore a curvatura offrendo la sua assistenza al mio comandante in seconda, il Capo Ingegnere Tucker, anche se dovrei dire ormai ex comandante in seconda…” concluse Archer concedendosi un lieve sorriso. Ma Forrest non sembrava in vena di scambiare nemmeno una battuta scherzosa e venne subito al punto che gli interessava, “ma sei davvero sicuro che lei non stia tentando una manovra di seduzione ai danni magari di un tuo ufficiale per creare scompiglio tra di voi? Infatti stai confermando le mie apprensioni quando mi riferisci del suo abbigliamento succinto”. “Beh, Ammiraglio, io ho le solo detto che veste una calzamaglia colorata molto attillata che esalta le sue forme abbondanti, non che stia sempre mezza nuda per provocarci” Archer in cuor suo era sorpreso perché stava recitando la parte dell’avvocato difensore della vulcaniana, “io sono al momento soddisfatto della competenza del mio ufficiale scientifico, non posso giudicarlo male solo in base al fatto che è una bella donna che non nasconde la sua femminilità e inoltre T’Pol ha un atteggiamento fin troppo altero e distaccato che a priori esclude una relazione anche solo di tipo amichevole”. Forrest però sembrava poco propenso ad accettare il suo ragionamento, “e tu pensi di essere in grado di controllare ogni sua iniziativa e soprattutto di conoscere veramente il livello di affidabilità dei membri del tuo equipaggio?”. “Ammiraglio per favore” lo pregò Archer cercando di mantenersi calmo, “non metta in dubbio la mia capacità di comando e la lealtà dei miei uomini, siamo stati tutti selezionati e preparati alla perfezione per il primo viaggio dell’Enterprise e non sarà di certo una vulcaniana appariscente a metterci in difficoltà”. Dopo averlo fissato per un paio di secondi Forrest si mise a ridere, cancellando la tensione che si era venuta a creare tra i due: “Questo lo so, Jonathan, ed è un bene che la tua proverbiale sicurezza non sia stata scalfita, ma vorrei che tu dia un’occhiata all’immagine che ti sto inviando dato che potresti accorgerti di qualcuno”. Dopo aver premuto sulla tastiera della sua consolle un tasto per visualizzarla, Archer riconobbe subito il salone dei ricevimenti dell’Ambasciata di Vulcan a San Francisco. In primo piano l’Ambasciatore Soval e lo stesso Vice Ammiraglio Forrest si vedevano quasi di profilo attorniati da altri diplomatici e militari delle due razze che già aveva avuto l’occasione di conoscere, mentre dietro si intravedevano altre persone che forse non aveva mai incontrato. Poi si rese conto che quella figura alta e impettita sul margine destro della foto non poteva essere che T’Pol, anche se la vulcaniana appariva ben diversa da come si presentava adesso. Infatti indossava una lunga tunica color marrone chiaro impreziosita da complessi disegni che le arrivava a coprire persino le caviglie ed essendo anche piuttosto larga quasi le nascondeva i due grossi seni, i suoi capelli poi avevano un taglio molto più corto e convenzionale dell’attuale caschetto sbarazzino. Niente lasciava immaginare che in realtà quella femmina dall’abbigliamento così casto e conservativo potesse diventare una bomba del sesso! Brutta figlia di…cosa vuoi combinare sulla mia nave? Archer doveva arrendersi all’evidenza, T’Pol era intenzionata a sedurre l’equipaggio per seminare discordia e rovinare la missione, non poteva essere casuale la sua totale trasformazione a meno di non ritenere che lei considerasse un vezzo innocente mostrarsi così provocante di fronte ai terrestri, ma come poteva sincerarsene? “Ora hai compreso la mia insistenza?” volle sapere Forrest e allora Archer salvò l’immagine e ripristinò il video per rispondergli, “sì Ammiraglio, davvero non riesco a credere ai miei occhi” gli disse con un tono rassegnato della voce, “comunque se tu mi assicuri che la vulcaniana si sta comportando in modo professionale” continuò il suo superiore, “sappi che io mi fiderò sempre del tuo giudizio, Jonathan”. Archer sorrise debolmente “grazie signore, ha fatto bene ad avvertirmi anche se…” si interruppe indeciso, “sì, cosa volevi dirmi?” gli chiese con pazienza Forrest. “Ecco, senza ricorrere all’ipotesi estrema di un complotto ai nostri danni, si potrebbe forse pensare che a T’pol piaccia essere ammirata da noi” Archer non riusciva a crederci che stava ancora prendendo le sue difese, proprio lui che aveva sempre considerato fasullo, ipocrita e affatto disinteressato l’aiuto dei vulcaniani, “beh, magari vuole solo divertirsi alle nostre spalle suscitando qualche reazione imbarazzata, ma senza tradire il suo dovere e assolvendo comunque i suoi obblighi”. Non era forse un sorriso di compatimento quello apparso sul volto di Forrest, notò allarmato Archer? “Jonathan, sai che io ripongo la massima fiducia in te e che ho caldeggiato la tua nomina a Capitano dell’Enterprise presso la Flotta Stellare, ma temo che tu stia sottovalutando il pericolo rappresentato dalla vulcaniana. Quello che sto per rivelarti è un segreto militare del livello più elevato e quindi deve restare tra noi due, al massimo posso permetterti di confidarti solo con i tuoi ufficiali più stimati”. Archer fece un cenno d’intesa e rimase in silenzio, ma in cuor suo temeva complicazioni incontrollabili e suscettibili di compromettere il suo lavoro, “Vulcan non è il popolo pacifico ed altruista che ritenevamo fino a poco tempo fa, la sua politica è caratterizzata dallo scontro tra due potenti fazioni, una interessata ad aiutare le altre civiltà però inglobandole volenti o nolenti nella sua sfera di influenza ed evitando se possibile un conflitto, l’altra invece più incline ad usare anche la forza per reprimere il dissenso e per estendere il dominio vulcaniano”. “Lo sapevo, l’ho sempre saputo, Ammiraglio!”, Archer era quasi euforico sentendo queste parole e infatti aveva sempre sostenuto in Accademia la falsità e la doppiezza delle promesse vulcaniane e il pericolo di una sottomissione della Terra alle mire espansionistiche di una razza che solo in apparenza si mostrava amichevole. Forrest alzò una mano per riprendere la parola “la Flotta Stellare ritiene altamente probabile un tentativo di sabotaggio da parte di uno o più agenti infiltrati con l’obiettivo di screditare l’umanità e costringerla a firmare un protettorato di sottomissione a Vulcan. Sarebbe la fine delle nostre ambizioni di diventare una potenza spaziale, Jonathan, se dimostrassimo di essere incapaci di governare un’astronave nel corso della prima missione esplorativa”. Archer socchiuse gli occhi un momento per trovare la concentrazione necessaria per fare una solenne promessa al suo superiore, “Ammiraglio, le giuro che farò tutto quello che è in mio potere per sventare questa minaccia. Se T’pol vuole rovinare la nostra missione, ebbene, non ci riuscirà!”. “Il tuo compito però non è affatto facile perché non puoi semplicemente smascherarla e cacciarla via. Ricorda che lei è il tuo comandante in seconda e ti è stata assegnata direttamente dall’Alto Comando vulcaniano. Lei è sull’Enterprise per valutare il vostro comportamento e aiutarvi a risolvere eventuali problemi con la sua competenza scientifica. Dovrai allora agire con diplomazia e scoprire il suo doppiogioco solamente con l’astuzia”. “Ne sono consapevole, signore”, disse Archer sospirando, “allora buona fortuna, Capitano, e mi chiami non appena ci sono delle novità”, concluse Forrest con enfasi nominando il suo grado e ricorrendo alla terza persona come era solito fare quando terminava un discorso importante, “può contare su di me, signore”, gli rispose rispettosamente Archer chiudendo il collegamento. Di bene in meglio, ho un sabotatore a bordo con le sembianze della femmina più desiderabile dell’universo conosciuto, come farò a tenerla a bada per tutto il tempo necessario?
Scuotendo la testa in preda a cupi pensieri, Archer stava per uscire dalla stanza per raggiungere la sua poltrona di comando ma si bloccò accanto all’apertura della porta senza entrare in plancia. Ogni ufficiale era seduto al suo posto e sembrava intento a svolgere le sue mansioni, ma in realtà gli sguardi di tutti erano rivolti in direzione della vulcaniana che doveva essere arrivata poco dopo che lui si era assentato per conferire con il Vice Ammiraglio. T’Pol infatti era in piedi di fronte a un grande schermo a colori che era sistemato dietro la sua consolle, dove venivano visualizzati diagrammi sullo stato della nave insieme a mappe celesti tridimensionali e quindi stava dando le spalle al resto dell’equipaggio. Stavolta indossava una calzamaglia elastica di un beige molto chiaro che definire aderente era quantomeno riduttivo, tanto le fasciava il corpo come una seconda pelle. La sua uniforme non aveva alcun disegno o trama complicata, era proprio come se fosse tutta nuda! La perfetta silouette della vulcaniana sembrava calcolata al computer: le due lunghe gambe affusolate erano accostate l’una all’altra e sotto il bacino lasciavano una piccola apertura che era sormontata da due natiche sporgenti così tonde e piene da nascondere l’incavo anale, mentre l’armoniosa curva dei fianchi si restringeva in corrispondenza dell’addome causando un eccitante contrasto con l’abbondanza sottostante. T’pol non sembrava cosciente di essere al centro dell’attenzione generale e si girò con grazia felina per controllare il video della sua postazione, comportandosi come se non ci fosse nessuno. Il suo movimento consentì a tutti di ammirare le sue tettone sode e succulente, due autentiche meraviglie a forma di coppa che sfidavano la forza di gravità nonostante la misura esagerata e poi la strettissima uniforme rendeva visibili non solo i capezzoli prominenti ma addirittura le aureole più scure e ben delineate intorno ad essi. Il suo viso dai lineamenti regolari e delicati era delizioso, con gli occhioni verdi dalle sopracciglia rialzate, il caschetto ramato dei capelli con la frangetta davanti, le labbra piene che dovevano avere il sapore del miele, le caratteristiche orecchie a punta che stranamente non rappresentavano un elemento di stonatura e anzi le conferivano un alone di mistero. T’Pol si mosse ancora, forse con deliberata lentezza, per osservare di nuovo il grande schermo, concedendo una seconda volta il suo magnifico fondoschiena agli sguardi attoniti dei presenti che iniziavano a sentirsi a disagio perché impressionati dalla carica erotica che emanava la vulcaniana. Archer con sgomento si rese conto di sentirsi insicuro di se stesso, di non essere in grado di affrontare la situazione, lei era davvero troppo sexy, come avrebbe agito se si fosse trovato insieme a T’Pol magari nel suo alloggio per chiarire la faccenda e imporle la sua autorità o arrivare a un accordo? Avrebbe resistito ai suoi scontati tentativi di seduzione fingendo di non provare lo sconcerto che lo assaliva persino adesso che la stava osservando? Si morse un labbro per reprimere l’impulso di chiamarla per domandarle se non ci fosse qualche inconveniente e rompere in tal modo quella specie di incantesimo che si era creato alla vista di quella bellezza superumana, preferendo invece un colpo di tosse per farsi notare dirigendosi verso il suo posto. Il suo ingresso sortì l’effetto voluto di ridestare l’attenzione degli astanti che si affrettarono a simulare una qualche attività alle rispettive consolle, ignorando per quanto era possibile la vulcaniana che nel frattempo si era rigirata chinandosi in avanti verso il piccolo video dinanzi a lei come per vedere meglio, ma così facendo i due grossi seni premettero verso il basso gonfiando ancora di più il tessuto tendendolo fin quasi a strapparsi, come se volessero esibirsi in tutto il loro splendore. Non appena varcata la soglia Archer si rivolse subito verso il capo ingegnere, cercando a tutti i costi di evitare di guardare T’Pol, “la situazione, Comandante Tucker?”. “Capitano, la nave va che è un piacere e dalla sala motori mi hanno appena comunicato che la reazione nel nucleo rispetta i parametri teorici e la bolla di curvatura si mantiene stabile” gli rispose l’ufficiale con voce incerta. Tucker aveva anche il volto un pò arrossato e Archer ne comprese l’ovvio motivo, rammentando l’effetto a dir poco imbarazzante che l’avvenenza della vulcaniana aveva su di lui. Annuendo soddisfatto si sedette e chiamò a rapporto il Guardiamarina Mayweather, “siamo sempre sulla rotta giusta, Travis?”, nel mentre si chiedeva se avesse trovato il coraggio di complimentarsi con la vulcaniana per lo spettacolino che aveva allestito per il suo equipaggio. “Certo signore” disse prontamente il timoniere dell’Enterprise, “e stiamo procedendo a curvatura 5,02 costante”. “Ottimo” commentò Archer, ma sentendosi fissato si voltò a sinistra accorgendosi che T’pol lo stava osservando con intenzione e senza tradire la benché minima emozione. Per un lungo e interminabile momento si sentì perduto perché rapito da quello sguardo penetrante che scavava nel profondo del suo animo, soggiogato da una intelligenza aliena che lo esaminava valutando il suo essere umano e decisa ad emettere un inappellabile giudizio negativo. Ma lui era o no il capitano, maledizione, doveva reagire e riprendere il controllo, ora e prima che fosse troppo tardi! Nonostante l’ira che lo stava assalendo riuscì a sorridere “Comandante T’Pol, vuole riferirmi qualcosa?”. “No, capitano, tutti i sistemi della nave funzionano alla perfezione, non ho niente da segnalare” gli rispose con un tono glaciale che non ammetteva repliche. Archer cercò di sostenere quello sguardo fermo ma vi rinunciò, era troppo irresistibile la voglia di ammirare quelle stupende tette e quindi per non cadere in tentazione si girò alla sua destra per chiamare il Tenente Reed “novità, Malcolm?”. “Tutto a posto, capitano, anche io vedo sul mio schermo che va tutto bene”, confermò l’ufficiale senza smettere di controllare i dati aggiornati in tempo reale sul monitor della sua consolle. Archer desiderava adesso semplicemente rilassarsi per trascorrere il tempo senza pensare troppo e ricordandosi all’improvviso del suo amatissimo cane Porthos, ancora ospite del dottor Phlox, si alzò camminando a passo svelto dirigendosi verso il turboascensore “Comandante T’pol, a lei il comando. Se ci sono problemi io sono nel mio alloggio”. “Bene capitano” lo rassicurò la vulcaniana ancora in piedi e piegata in avanti in una posizione decisamente provocante, facendo finta di essere impegnata a leggere qualcosa sul video della sua postazione.
T’Pol non riusciva a crederci, il capitano se ne era andato nonostante si fosse accorto del suo tentativo di seduzione dell’equipaggio, era davvero troppo bello per crederci! Stava godendo un mondo nel mettere in mostra così sfacciatamente, ma allo stesso tempo con tanta naturalezza e senza alcuna malizia, le sue doti fisiche per stordire tutti i presenti in plancia comando. Aveva anche scelto una uniforme attillatissima che esaltava le sue forme prorompenti al solo scopo di ammaliare e confondere, ben sapendo che non c’era alcuna possibilità di resisterle. Lentamente si raddrizzò in tutta la sua statuaria imponenza e con deliberato sussiego formulò un ordine “mantenere rotta e velocità attuali, eseguire programmi diagnostici per valutare la correttezza dei dati, voglio conferme al più presto”, mentre si metteva le mani sui fianchi assumendo una posa talmente autoritaria da indurre gli altri ufficiali ad obbedire senza proferire parola e senza persino trovare l’ardire di guardarla. I due grossi seni adesso non stimolavano più un morboso desiderio sessuale, ma sembravano addirittura due potenti armi con le oscure bocche da fuoco puntate minacciosamente contro di loro! Persino Tucker, nonostante il breve ma intenso momento di intimità intercorso tra i due, rimase impressionato dall’aggressività dimostrata e dopo averle lanciato una fugace occhiata si affrettò a far partire una routine di controllo al computer. T’Pol stava constatando con piacere di essere capace di intimidire questi esponenti di una razza inferiore quando sentì un suono strozzato provenire dal Guardiamarina Hoshi Sato, l’addetta alle comunicazioni. I sensi dei vulcaniani erano molto più sviluppati di quelli terrestri e perciò il suo finissimo udito riuscì a percepire con chiarezza quel gemito inaudibile da tutti gli altri che forse tradiva sorpresa e incredulità. I grandi occhi di T’Pol le consentivano anche di disporre di un ampio angolo di visione laterale e allora si accorse che Hoshi la osservava con la testa appena girata sperando di non farsi notare, al contrario di tutti gli altri che erano intenti ad eseguire i suoi comandi. Sembrava proprio che la dolce Sato la trovasse attraente, ma forse stava correndo troppo con la fantasia, forse era semplicemente intimorita dall’atteggiamento volitivo che aveva adottato, eppure il suo istinto le diceva che l’umana provava una decisa attrazione verso di lei. E in effetti dal posto in cui si trovava la Sato poteva ammirare il profilo del corpo della vulcaniana, perfetto nelle sue curve accentuate nei punti giusti, un equilibrio eccitante di forme piene e tonde che sembravano il risultato di un complesso calcolo matematico. Il contrasto evidente con il suo fisico asciutto e quasi efebico la metteva in una condizione di inferiorità psicologica difficile da reprimere e comunque ancora rifiutava di ammettere che sotto una punta di invidia era pronto ad emergere un forte impulso di natura sessuale. T’Pol meditò di giocarle un bello scherzetto e allora si girò di scatto e le sorrise come per farle comprendere che lei sapeva e approvava, desiderosa di stabilire un legame di profonda e sincera complicità tra i due soli ufficiali di sesso femminile dell’Enterprise, ma la reazione che provocò fu un rossore diffuso in tutto il viso e un rapido abbassamento degli occhi per l’atroce imbarazzo. La vulcaniana si avvicinò da dietro verso la giovane guardiamarina e appoggiando le mani sul basso schienale della sua poltroncina si chinò finché non la sfiorò con i capezzoli, ben sapendo che quanto stava per fare non poteva essere scorto da nessuno dato che il largo monitor davanti a loro lasciava visibili solo i volti delle due donne. “Voglio verificare alcuni dati” disse a Hoshi quasi impietrita dal terrore sentendosi toccare e subito si spinse in avanti per attivare un quadro di controllo sulla consolle, accentuando così la dolce pressione del generoso busto e accostandosi alla guancia destra di lei. Hoshi si sentiva come paralizzata e riuscì a malapena a respirare non appena avvertì le tette belle morbide ma anche molto sode schiacciarsi leggermente massaggiandole la schiena, iniziando per giunta a strusciarsi con piccoli movimenti casuali. T’pol cominciava a prenderci gusto sentendo i suoi capezzoli indurirsi eccitati e allora mentre le accarezzava le spalle con insistenza le sussurrò “ho notato come mi guardi, piccola mia, non ti piacerebbe conoscermi meglio?”. Assicurandosi nuovamente di non essere osservata e accettando di correre il rischio di essere scoperta le diede un paio di rapide leccatine al lobo dell’orecchio destro, mentre i suoi floridi seni continuavano l’opera infallibile di seduzione con brevi spostamenti laterali. Sebbene per lei la massima goduria sessuale fosse rappresentata dallo sfondamento della vagina per sentire il pene del suo amante dimenarsi selvaggio in fondo all’utero e amasse farsi fottere senza tregua da maschi superdotati e instancabili fino a sentirsi indolenzita, non aveva mai disdegnato i rapporti con il suo sesso e anzi ancora ricordava alcuni momenti di intenso piacere provato con una collega di corso quando veniva addestrata per diventare un agente segreto vulcaniano. T’Pol intanto non aveva alcun problema a mantenersi impassibile nonostante l’eccitazione stesse salendo a livelli di guardia, ma la povera Hoshi rabbrividì trasalendo quando venne leccata dalla lingua calda e umida e chiuse gli occhi inarcando la schiena alla godibile sensazione che le stavano suscitando quelle due meravigliose tettone sormontate da due grossi capezzoli eretti che non smettevano mai di pressare e di strofinarsi. “Cerca di restare calma e non ti agitare troppo, tesoruccio mio”, la ammonì sottovoce T’Pol che desiderando di dominarla sessualmente le afferrò con fermezza le spalle per tenerla bloccata e spinse con decisione ancora maggiore i seni che riuscirono a ricoprire quasi tutta la schiena pur restando belli sodi e compatti, inducendo in Hoshi che si era appena morsa un labbro nel disperato tentativo di controllarsi un sospiro di goduria repressa. “Ti piace, piccolina mia?” le chiese lasciva la vulcaniana mentre la sua mano destra scivolava lungo il braccio e poi il fianco della sua preda, per arrivare a posarsi sul basso ventre di Hoshi che sbarrò gli occhi per la paura temendo anche di mettersi a urlare. Con un gesto di disperazione cercò di proteggersi coprendo con entrambe le mani il centro della sua femminilità, ma la vulcaniana aveva già conseguito il suo obiettivo e quindi riuscì solo a prenderle il polso per cercare di torcerlo e allontanarlo dal suo sesso. Dopo alcuni strattoni però si arrese con stupore alla forza davvero ragguardevole dell’aliena perché resistette alla trazione di tutte e due le sue mani senza smuoversi per niente! Hoshi si sentiva in trappola, mai avrebbe immaginato di trovarsi in quella posizione imbarazzante con il suo superiore intenzionato a masturbarla addirittura in plancia, incurante all’apparenza della terribile figura che avrebbero fatto se qualcuno si fosse accorto di quanto stava accadendo. Forse avrebbe dovuto alzarsi di scatto e richiamare con una scusa qualsiasi l’attenzione di un ufficiale per liberarsi, ma il tono suadente di T’Pol la convinse a desistere “lasciami fare, so che lo vuoi anche tu, non ti farò del male”. Oppure i suoi sensi ottenebrati erano ormai succubi di un’esaltazione che stava montando e non poteva in alcun modo reprimere? Con un sospiro rassegnato rilasciò quella mano prepotente in segno di resa aspettando remissiva l’inevitabile con un tremito eccitato. La vulcaniana sapeva bene che da un momento all’altro sarebbe stata interpellata dagli ufficiali per ascoltare il loro resoconto e che quindi non poteva esagerare proprio adesso con la giovane guardiamarina, nonostante avesse abbandonato ogni accenno di resistenza, però non seppe lo stesso trattenersi e cominciò a palpare con voluttà la zona inguinale cercando di tastare però senza riuscirci la vagina attraverso l’uniforme troppo spessa. Per tutta risposta il bacino della donna terrestre con un moto istintivo andò incontro alla sua mano invadente come per incitarla ad andare avanti e T’Pol si chiese se non potesse osare di più, magari abbassando la zip dei suoi pantaloni per toccarle la fica nuda. Si ricordò all’improvviso la sfrenata passione lussuriosa con la sua compagna di stanza durante i lunghi mesi del suo addestramento: quasi ogni notte si erano infilate reciprocamente colossali falli sintetici riempiendosi il sesso all’inverosimile, avevano bevuto fino a inebriarsi i loro effluvi vaginali che scorrevano copiosi dopo prolungate sessioni di sesso orale, avevano esplorato frementi ogni parte del loro corpo scoprendo tutte le zone erogene possibili e immaginabili e avevano provato ripetuti e interminabili orgasmi di una intensità incredibile. “Voglio farti godere, non resistermi” le ordinò con un certo imperio e allora mosse la sua mano con impazienza e dopo aver aperto la zip trovò l’intimo indossato da Hoshi che doveva essere una mutandina di cotone piuttosto ridotta, iniziando a massaggiare il sottile tessuto per stimolare la vagina che ora si rivelava al magico tocco delle sue dita. Hoshi respirava pesantemente ancora incredula per quanto le stava capitando, la vulcaniana la voleva e lei non era in grado di opporsi e anzi comprese sgomenta di desiderarla anche lei, di possedere quel magnifico corpo alieno dalle misure abbondanti, di stringerle i seni prosperosi, di abbracciarle i fianchi ampi e di palparle il grande sedere sodo! T’Pol frattanto non perse tempo e insinuò la mano dentro lo slip toccandole finalmente la fica denudata, indugiando con fare possessivo sulla fessura completamente glabra che le sembrò piuttosto piccola con le grandi labbra appena pronunciate e quindi sorrise al pensiero dell’espressione allibita della terrestre quando le avrebbe mostrato il suo sesso. Hoshi emise un gemito soffocato al contatto proibito e non appena si sentì pizzicare il clitoride che le stava diventando turgido ebbe un sussulto, che per fortuna venne smorzato dalla vulcaniana perchè la teneva ferma con la presa sulla spalla sinistra e con i grossi seni adagiati come due cuscini di gommapiuma contro la schiena. “Sei mia, tutta mia, ricordalo sempre” le disse T’Pol sfiorandola con la guancia e soffiandole sull’orecchio, mentre continuava la sapiente masturbata sperando di farla venire al più presto e di bagnarsi con il succo dell’amore della sua prima femmina umana a bordo dell’Enterprise. Poi introdusse un dito birichino tutto dentro la vagina titillandone le pareti interne già abbastanza inumidite e lo agitò con vigore per simulare il coito, ma evidentemente troppo tardi comprese di avere preteso troppo dall’autocontrollo di Hoshi che infatti dopo pochi secondi, travolta da un improvviso spasmo vaginale, cedette e le sfuggì un gridolino estasiato, attirando l’attenzione di tutti i presenti in plancia che li guardarono con aria interrogativa. La mente della vulcaniana stava riflettendo furiosamente, che cosa stavano vedendo in quel preciso istante gli stupidi terrestri? Assolutamente niente, si disse rinfrancata dal fatto che solamente i loro visi erano esposti e, augurandosi che l’espressione choccata di Hoshi venisse fraintesa per qualcosa di irregolare apparso sullo schermo, tolse subito la sua mano spostandola sul bordo della consolle rivolgendosi alla guardiamarina con la massima tranquillità e facendosi sentire dagli altri “è vero, quel valore è irregolare e deve sparire, ripeta i controlli”. E proseguì stavolta però abbassando la voce “ti aspetto nel mio alloggio alla fine del turno, è un ordine guardiamarina”, staccandosi da lei ed erigendosi in tutta la sua statuaria figura non senza averle prima dato un’ultima spintarella con le voluminose tette tanto per farle capire il desiderio di averla il prima possibile. “Continuate le verifiche e avvertitemi subito di qualche anomalia” si rivolse agli ufficiali affascinati dai suoi incredibili seni ballonzolanti e con i capezzoli eretti messi in risalto dall’attillatissima calzamaglia, mentre ancheggiando si dirigeva verso il suo posto accomodandosi con grazia felina. Si abbassò verso la tastiera del computer come se volesse guardare più da vicino il video, ma in realtà per non farsi vedere, e si voltò a sinistra verso Hoshi ancora inebetita dall’esperienza appena vissuta, portandosi alla bocca il dito impregnato degli umori per leccarlo e succhiarlo con vero gusto. Il brodo di fica delle terrestri aveva un ottimo sapore ed emanava un profumo delizioso, non vedeva davvero l’ora di fare impazzire di piacere la giovane Hoshi, l’avrebbe fatta urlare come una matta senza ritegno, non poteva sospettare cosa teneva in serbo per lei. Infine le sorrise facendole l’occhiolino dopo aver baciato la punta del suo dito ormai ripulito, per poi raddrizzare la schiena ed esibire l’usuale atteggiamento inespressivo che non lasciava trasparire alcuna emozione.
Archer era ancora indeciso sul da farsi ma di una cosa era certo, non poteva permettere alla vulcaniana di mostrare in modo così sfacciato il suo corpo seducente senza abbozzare una reazione, infatti se non avesse agito lei avrebbe pensato di avere il campo libero per la sua azione di sabotaggio della missione. Ma se invece si fosse imposto d’autorità ordinandole di indossare un abbigliamento meno provocante per le usanze umane, forse le avrebbe fatto capire di aver scoperto il suo gioco costringendola a un netto rifiuto o a misure più drastiche e pericolose per l’astronave. No, doveva pensarci bene, un approccio più misurato che facesse leva sulla constatazione dell’imbarazzo eccessivo provato dall’equipaggio magari poteva indurla a più miti consigli per allentare la tensione. Ormai era quasi arrivato in infermeria e scuotendo la testa per scacciare al momento la sua preoccupazione si preparò ad incontrare il simpaticissimo alieno a cui erano affidate le eventuali cure sanitarie dell’equipaggio. Phlox lo salutò in modo amichevole come al solito con un sorriso a dir poco contagioso “oh, capitano, che piacere rivederla!” e lui non potè fare a meno di ricambiare a sua volta “grazie dottore, spero che Porthos non sia stato troppo monello”, mentre il cane non appena lo sentì arrivò di gran carriera balzandogli in braccio. “Il suo animale da compagnia non cessa mai di stupirmi, la sua intelligenza è davvero notevole ed è sempre attento a quello che faccio, fantastico!” Archer diede alcuni colpetti sulla testolina di Porthos che tutto festante scodinzolava osservandolo con adorazione “sentito che complimento, cucciolo? Continua a comportarti bene, mi raccomando”, meravigliandosi che tutte le specie dalle quali il dottore traeva i suoi medicamenti avevano improvvisamente cessato ogni rumore non appena era entrato in infermeria, come se fossero coscienti che un intruso avesse violato il loro ambiente turbando l’equilibrio esistente tra di loro e l’essere superiore che li accudiva in cambio dei loro servigi. La Flotta Stellare aveva accettato con entusiasmo uno scambio culturale con i daneboliani, una razza molto antica e progredita che da molti secoli viaggiava nel Quadrante Alfa e che aveva manifestato un interesse genuino e disinteressato per i nuovi arrivati, i terrestri. Si vociferava di un coinvolgimento molto pesante dei daneboliani negli affari della comunità intergalattica sebbene non avessero mai creato una zona di influenza vera e propria, come invece avevano fatto ad esempio i vulcaniani e altre potenze espansioniste orientate ad allargare i confini dei rispettivi domini inglobando con le buone o con le cattive le svariate civiltà scoperte. Sembrava fungessero da calmiere delle frizioni che inevitabilmente ogni tanto scoppiavano e però non si era ancora compreso come fossero riusciti a conservare la propria indipendenza e a farsi rispettare nei confronti di razze più aggressive. Le loro astronavi infatti possedevano solo un debole armamento per l’autodifesa ed erano progettate per l’esplorazione e non per la conquista. Archer sospettava che l’elevato livello di conoscenze mediche, acquisite grazie alle ricerche effettuate su migliaia di forme di vita, conferisse ai daneboliani un potere di deterrenza formidabile e magari erano esperti nella guerra batteriologica e in grado di produrre una tossina che avrebbe decimato la popolazione di un intero pianeta senza alcuna speranza di trovare un vaccino o un antidoto validi. E le conoscenze scientifiche non erano da meno se si pensava al bastoncino magico, veniva voglia di chiamarlo così, usato dal dottore per stabilire una diagnosi su un paziente o su una delle sue cavie. “Ma lo sa che ho conosciuto il subcomandante T’Pol?” stava dicendo il dottor Phlox, “insieme all’adorabile Porthos?” e qui scoppiò a ridere interrompendo le divagazioni di Archer che gli rispose con voce implorante “non mi dica che è successo un guaio, per favore”. “E’ stato divertentissimo invece, una scena fantastica con la vulcaniana per terra urlante e Porthos sopra di lei a leccarle la faccia!” continuò lui allargando le braccia felice, “oddio, temo allora che dovrò scusarmi per cercare di rabbonirla”, ma Phlox si fece serio e lo fissò “a dire la verità capitano, dovrebbe essere T’Pol a scusarsi con lei”. A queste parole Archer reagì con compostezza, senza rivelare il compiacimento che provava sia per la figura ridicola patita da T’Pol, sia per l’evidente segnale che gli stava mandando il dottore “e perché mai dovrebbe fare una cosa del genere?”. Un sorrisetto furbo si disegnò sul viso di Phlox “andiamo capitano, dovrebbe sapere quanto sia contorta la politica! Esistono gli amici e i nemici, ma anche i nemici che possono diventare amici e soprattutto gli amici che in realtà sono dei nemici. La verità è che non bisogna mai fidarsi di nessuno troppo incline a concedere con smaccata magnanimità appoggio e protezione”. Archer era attentissimo a quanto stava ascoltando e in attesa di una rivelazione da parte del dottore venne subito al punto “sbaglio o mi sta forse mettendo in guardia contro una possibile minaccia?”. “La vostra razza è considerata da noi molto promettente, sappiamo che avete sbagliato e sofferto nel vostro pianeta natale e che agognate ad apprendere e rimediare agli errori passati. Non volete solcare lo spazio per dominare e distruggere, ma per conoscere e dialogare con le altre civiltà. Purtroppo ci sono nella galassia dei pericoli rappresentati da chi intende i rapporti basati solo sulla forza e sulla conseguente sottomissione, pronto a reagire spietato nei confronti di ogni ribellione se non dovesse avere successo l’inganno e la dissimulazione”. Mai il dottore si era espresso in termini così espliciti ed Archer si convinse che era meglio scoprire tutte le carte “ritengo l’abbigliamento di T’Pol troppo seducente, lei pensa che io stia esagerando?”. Phlox annuì con forza “mi creda, nelle astronavi vulcaniane gli ufficiali di sesso femminile indossano uniformi piuttosto castigate, servono a celare le loro inequivocabili doti fisiche così apprezzate anche da voi terrestri”. Archer arrossì leggermente sentendosi punto sul vivo ma volle confidarsi con il daneboliano “le confesso che in effetti ho visto una immagine di T’Pol dove compare accanto all’Ambasciatore Soval e ho stentato a riconoscerla. Forse si tratta di una sorta di test per giudicarci degni della loro fiducia, i vulcaniani sono sempre molto alteri, anzi addirittura freddi e perciò ci ritengono troppo imprevedibili e in preda alle emozioni”. “Lei dice, capitano?” si sentì chiedere di rimando con una punta di sarcasmo “rammenti che sotto la cenere può covare il fuoco, non si lasci travisare dalle apparenze. Presto contatterà dei vulcaniani che hanno lasciato libere le fiamme, gli altri che le sembrano così controllati invece trovano ancora vantaggioso soffocarle”. Porthos intanto si stava dibattendo per essere rilasciato ed Archer lo posò in terra guardandolo correre verso la porta “il mio cane è affamato e quindi sono costretto a salutarla”, si rivolse verso Phlox tendendogli la mano “sono lieto della sua franchezza, è bello averla a bordo”. La stretta del dottore era sincera e vigorosa “sono stato mandato qui apposta per aiutarla, può contare su di me in ogni momento”. Archer uscì velocemente dall’infermeria non solo per soddisfare le esigenze del suo cane ma anche per chiamare Forrest e dargli la buona notizia che avevano trovato un alleato inaspettato, si sentiva euforico per l’appoggio dichiarato del dottore e sapeva che nel prossimo futuro sarebbe stato utilissimo averlo dalla sua parte.
T’Pol si trovava nel suo alloggio intenta ad asciugarsi dopo una doccia calda e non poteva non sorridere di fronte al grande specchio del bagno apprezzando il suo corpo, meravigliosamente proporzionato e dalle forme generose, l’arma definitiva che le avrebbe permesso di conseguire il vero obiettivo della sua presenza sull’Enterprise: screditare la razza umana in quanto inaffidabile e incapace di reprimere i più bassi istinti animaleschi, come per l’appunto quelli sessuali, e costringerla ad accettare un trattato umiliante in modo da spegnere le loro ambizioni spaziali e vincolarla al controllo paternalistico e totalitario di Vulcan. Adesso quel fisico favoloso però le sarebbe servito per trascorrere una eccitante serata con la giovane Hoshi Sato, aggiungendo un altro tassello al mosaico che una volta completato avrebbe reso schiavi sessualmente tutti gli ufficiali della plancia comando, per fomentare tra di loro frustrazioni e gelosie e istigare eventualmente anche atti di ribellione e sabotaggio. Si sedette sul pavimento restando tutta nuda per rilassarsi in una posa per la meditazione vulcaniana, ma dopo pochi minuti l’avviso sonoro della porta le fece aprire gli occhi con una smorfia di disappunto. Strano, era troppo presto perché Hoshi avesse terminato il suo turno e lei non stava aspettando nessuno, era poi impensabile che qualcuno osasse disturbarla senza prima avvertirla del suo arrivo con il comunicatore incassato nella parete. Mettendosi addosso un accappatoio si stava accostando alla porta senza sbloccare la chiusura di sicurezza quando sentì una voce ben nota “apri T’Pol, sono Trip”. Ma come si permetteva quell’ingegnere di seconda categoria di scocciarla senza preavviso? “Capo Ingegnere Tucker, non mi sembra di averla invitata” gli disse con un tono di voce irritato per farlo desistere, “ti prego, è molto importante” le rispose lui che sembrava in preda all’ansia e allora T’Pol considerò la possibilità di farlo entrare almeno per un momento per capire cosa ci fosse di così urgente. Ormai era consapevole di volersi lasciare andare con l’unico umano che le era davvero simpatico e non desiderava affatto trattarlo troppo male, inoltre era anche ben dotato come aveva felicemente appurato durante il breve approccio sessuale avuto nella sala motori. Un atteggiamento troppo intimo dal punto di vista dei sentimenti non avrebbe compromesso la sua missione, forse avrebbe aggiunto un pizzico di trasgressione e rendere più appassionante la sfida solitaria che aveva ingaggiato con questa razza inferiore tanto orgogliosa quanto ingenua. Non aveva alcuna intenzione di intrattenersi sessualmente con lui dato che stava aspettando tra breve Hoshi e quindi strinse la cintura dell’indumento per ricoprire le sue succulenti rotondità prima di socchiudere la porta “come vedi non sono in condizioni di ricevere nessuno”. Tucker si era recato dalla vulcaniana per metterla in guardia, non poteva presentarsi in plancia letteralmente seminuda ancheggiando maliziosamente e soprattutto spadroneggiando tutti con atteggiamento sprezzante! Chi si credeva di essere? Lei era un’ospite di riguardo e il vicecomandante dell’astronave, sarebbe stata trattata con il dovuto rispetto ma non poteva approfittare della sua posizione per ammaliare e confondere nell’illusione di non subire delle conseguenze. In realtà Tucker aveva provato una terribile gelosia nel constatare gli sguardi prima stupiti e poi concupiscenti degli altri ufficiali, quando T’Pol era apparsa come una visione avvolta in una calzamaglia aderentissima e semitrasparente. Non riusciva proprio a sopportarlo, lei era talmente speciale che doveva essere sua, non si era mai sentito così attratto da una donna, il pensiero che lei potesse avventurarsi in un’altra relazione lo faceva star male. “Mi devi scusare, è per il tuo bene” cercò di giustificarsi e allora T’Pol lo lasciò entrare fissandolo negli occhi senza dirgli nulla mentre si piazzava al centro della stanza con fare insicuro. “Sono venuto per darti un avvertimento” esordì incapace di sostenere lo sguardo indagatore della vulcaniana “vedrai che il capitano avrà da ridire sulla tua uniforme di oggi, era troppo esagerata, ammettilo”. T’Pol era incuriosita e non le sembrava vero che il terrestre volesse a suo modo difenderla da un probabile rimprovero di Archer “Trip caro, ho portato con me l’abbigliamento tipico di un ufficiale scientifico di Vulcan, non capisco” e, mentre mentiva spudoratamente, con un lungo respiro sollevò il busto per allentare la cintura dell’accappatoio ed iniziare ad esibire la irresistibile curvatura delle sue stupende tettone. Era difficile sopprimere la voglia di sedurre il povero Tucker che ancora una volta al suo cospetto si rivelava di una timidezza sconcertante anche perché celava una grande carica lussuriosa pronta a scatenarsi. Ma lui, che frattanto stava dando una sbirciatina alla figura perfetta della vulcaniana e già se la immaginava completamente spogliata, la accusò convinto “andiamo T’Pol, ormai ho scoperto il tuo gioco, sei qui per procurarci solo guai. Io non credo più alla favoletta dell’ufficiale inviatoci per aiutarci, tu invece vuoi causare scompiglio tra di noi, vuoi rovinare la nostra missione!”. T’Pol rimase sorpresa dalla franchezza avventata dell’umano, non si rendeva davvero conto del pericolo che stava correndo e per un attimo pensò di sopprimerlo per poi inscenare un incidente, avrebbe potuto balzargli addosso e rompergli l’osso del collo con una mossa efficace e senza farlo soffrire, ma subito giudicò che non le sarebbe convenuto ricorrere all’omicidio. Inoltre Trip le piaceva moltissimo, dovette ammetterlo con se stessa e quasi si pentì di aver pensato a una soluzione così drastica. Il suo comportamento era in linea con il suo carattere, in apparenza debole ma pronto a reagire in modo impulsivo e non calcolato. No, doveva agire di astuzia e il potere che le conferiva il suo corpo sarebbe servito allo scopo, quindi ribatté con calma glaciale “stai farneticando e ti ricordo che stai parlando a un tuo superiore. Potrei avvisare l’Alto Comando e riferire che un terrestre è impazzito e mi accusa ingiustamente e senza alcuna prova. Potrei dichiarare fallita la vostra cosiddetta missione, domandare il mio immediato trasferimento e richiedere l’intervento di un incrociatore da battaglia per scortare l’Enterprise di ritorno sulla Terra”. Tucker sbiancò e si mise a farfugliare confuso “ma non puoi fare una cosa simile, è assurdo, noi meritiamo lo spazio quanto voi, abbiamo puntato il nostro futuro sull’esplorazione…” non parlò più visto che T’pol gli si era avvicinata sorridendo e con gli occhioni che ammiccavano “e se ti dicessi che volevo rendermi attraente solo per te”, il suo viso sbarazzino era bellissimo con il nasino all’insù, la frangetta curatissima dei capelli e sue labbra terribilmente invitanti, “che ti ho notato fin dal primo momento e non faccio che desiderarti”, le ginocchia gli tremarono per l’emozione e deglutì quasi spaventato “non mi stai mentendo vero, io sono pazzo di te, ti sogno ogni notte”. T’Pol gli sfiorò la bocca con un dito “shh…lo so, lo so” e lo baciò con trasporto accarezzandogli il collo, mentre lui le cinse la vita attirandola a sè ed eccitandosi da morire sentendo i grossi seni premere sul suo torace. Le lingue dei due amanti vennero a contatto scatenando una scossa elettrica ed entrambi si avvinghiarono in un abbraccio furioso, le mani di lui si posarono subito sul fondoschiena della vulcaniana palpando insistenti e cercando di sollevarle l’accappatoio per denudarla, T’Pol emise un sospiro avvertendo sul suo pube il cazzo dell’umano indurirsi e crescere fulmineo di dimensione. Continuando a baciarla con frenesia Tucker insinuò le mani sotto l’indumento accarezzandole le cosce e rimase basito perché al tatto la pelle della vulcaniana era molto liscia e di una morbidezza unica, sembrava anche molto spessa ed elastica, ma il vero choc lo provò quando acchiappò con voluttà quelle ampie natiche che facevano girare la testa a tutti i presenti in plancia comando. Non c’erano parole per descrivere la magnifica sensazione di abbondante carne soda e consistente che gli procurava massaggiare un culone così fantastico e già si sentiva scoppiare i pantaloni, dato che il suo pene imbaldanzito si era allungato al massimo ed era fuoriuscito imperioso dagli slip. T’Pol era di statura leggermente più alta e quindi doveva tenere un pò alzata la testa per incontrare le sue labbra piene e dolci che sapevano di miele, ma la pressione delle tettone gigantesche lo costrinse a ricordare che c’erano altri notevoli argomenti della vulcaniana che doveva assolutamente approfondire e allora si staccò dalla sua bocca iniziando a leccarle il collo e a morderle il lobo dell’orecchio sinistro, per poi infilare il naso proprio sopra l’orlo dell’accappatoio che ancora ricopriva l’esuberante busto. Mentre la sua lingua si agitava dove iniziava il solco in mezzo ai seni cercando di assaporarne la rotondità, inalò un lungo respiro per inebriarsi dell’odore del corpo di lei che profumava di fresco e di pulito senza la minima traccia di sudore aspro e pungente. Ma ovviamente Tucker mirava a ben altro e mentre le stringeva forte il grande sedere arretrò verso la parete per trovare un solido appoggio, iniziando a piegarsi sulle ginocchia e abbassando il viso nel tentativo di aprire l’accappatoio per svelare le due magnificenze che ricopriva. T’Pol frattanto era sorpresa dall’ardore del giovane terrestre che le ricordava un focoso ufficiale vulcaniano con cui aveva passato momenti di indimenticabile puro sesso selvaggio, ma si domandava preoccupata come avrebbe fatto a soddisfarlo prima di ricevere la visita di Hoshi che non avrebbe tardato ancora a lungo. Le sfuggì un sorrisetto pensando all’ironia della situazione, lei voleva sempre pianificare e controllare gli avvenimenti e quindi si era preparata per sottomettere la timida guardiamarina e invece adesso stava subendo l’assalto non previsto dell’ingegnere capo! Ma quando l’indumento le scivolò ai lati e i suoi stupendi seni si offrirono in tutta la loro eretta maestosità, grossi, tondi e sodi, gli sussurrò “ohh…Trip caro” baciandolo sulla fronte e grattandogli la nuca non appena si sentì dapprima un capezzolo già turgido leccato quasi con riverenza e poi l’altro invece succhiato con avidità. Intanto quelle mani che si erano aggrappate con tenacia ai suoi glutei stavano spostandosi con un movimento avvolgente per cercare di toccarle i recessi più segreti della sua femminilità e T’Pol ebbe un piccolo sussulto quando il buchetto dell’ano fremette cedendo alla decisa spinta della punta di un dito. Pure un dito non richiesto ficcato nel culo doveva sopportare da questo impertinente di un umano, pensò con una certa stizza, ma poi capì che se voleva liberarsene in fretta non poteva fare altro che assecondarne le voglie senza imporgli troppe restrizioni e senza pretendere di essere lei a condurre il gioco come le sarebbe piaciuto. Il suo pene ancora confinato nei pantaloni le premeva nella zona inguinale che, sebbene ancora avvolta nell’accappatoio, rispondeva alla sollecitazione cercando d’istinto di aderire per apprezzarne la rigidità. La vulcaniana trattenne per alcuni secondi il respiro quando avvertì il dito infilarsi tutto dentro lo sfintere agitandosi all’interno e guardò Tucker aprire al massimo la bocca per succhiare quanto più seno poteva, senza smettere di titillare con la lingua un capezzolo. Ormai in preda alla frenesia dei sensi il giovane ufficiale mugolò qualcosa di incomprensibile e le strinse forte una natica bella carnosa, mentre faceva scorrere velocemente il dito medio dell’altra mano attraverso il roseo buco del culo iniziando a sodomizzarla. Le tettone poi erano qualcosa di indescrivibile, talmente incredibili da sembrare finte nella loro prorompente bellezza, con l’aureola che non era solo un anello scuro ma un soffice sostegno al generoso capezzolo che ne rappresentava quasi un prolungamento. Desiderando inconsciamente di tornare un neonato per nutrirsi del latte materno, aspirò con forza come per suggere il prezioso liquido mammario, alternando leccatine delicate a succhiate poderose e scambiando spesso i due seni per stimolarli come meritavano entrambi senza distinzione. T’Pol stava disperatamente tentando di mantenersi calma anche perché se avesse perso il controllo era sicura che avrebbe potuto arrecare del dolore fisico al suo irruente ma debole amante, però quel dito che le stava fottendo furiosamente l’orifizio anale simulando un coito e la veemente sucata di minne che era costretta a subire stavano mettendo a dura prova il suo autocontrollo. Inoltre temeva che da un momento all’altro il suo sesso avrebbe reagito mettendosi a colare di odorosi effluvi facendole perdere la ragione e già faticava a resistere ai segnali di goduria che le inviava il suo clitoride ingrossato. Doveva assolutamente rallentare la sua libidine e allora gli abbassò i pantaloni dopo aver slacciato la cintura, liberando così dalla prigionia il membro molto consistente e durissimo che palpò per tutta la sua notevole lunghezza con la mano destra per infine strizzarlo proprio sotto la larga corona del glande. “Ahhh!” si lamentò Tucker della stretta possente, per riprendersi subito di nuovo in bocca un seno e ricominciare a succhiare con trasporto, mordicchiandone talvolta il capezzolo turgido e ficcando per l’ennesima volta il dito tutto dentro l’ano. La vulcaniana era ancora nella morsa del terrestre che non voleva saperne di staccarsi nonostante la scomoda posizione, tanto valeva quindi mettersi a masturbarlo con foga per farlo venire al più presto in modo da indurlo ad andarsene prima dell’arrivo della dolce Hoshi. “Hai davvero un bel pene, tesoruccio mio” gli disse T’Pol scompigliandogli i capelli con la mano libera senza però rivelargli che di certo non raggiungeva le dimensioni superdotate a cui era abituata e che prediligeva in un rapporto sessuale, ma senza alcun dubbio doveva ammettere che la sua permanenza sarebbe stata meno noiosa grazie alla disponibilità di un simile cazzone, probabilmente il meglio che potesse offrirle l’equipaggio umano dell’Enterprise. “Grazie amore, continua…sììì…ohh” le rispose lui con i sensi ottenebrati dal piacere di sentirsi masturbato da una mano forte e instancabile che partendo dalla base dell’asta risaliva fino a sbattere contro l’orlo della cappella per ridiscendere rapida senza allentare la presa molto salda. Aveva smesso di sucare e leccare i grossi seni e restava con il viso adagiato sulle due morbide rotondità, gli occhi chiusi con espressione rapita, aveva anche estratto il dito dal culo e adesso stava soppesando le ampie natiche belle sode massaggiandole e pizzicandole, anche se ogni tanto il solito dito indugiava lungo l’incavo anale per stimolare ancora il buchetto ormai arrossato per la violenza subita, ma senza poter raggiungere il bersaglio principale, la fica ribollente della vulcaniana. Nel frattempo l’intensità della sega andava aumentando anche perché T’Pol aveva fretta di concludere e quando Tucker si accorse che il suo sperma stava per fuoriuscire impetuoso dai suoi due gonfi testicoli e la sua virilità vibrava in attesa dell’inevitabile estasi eiaculatoria, si ricordò dell’incontro precedente intercorso in sala motori. La tentazione di piazzarle il cazzo in mezzo alle gambe a contatto della vagina stavolta senza indumenti di sorta che impedissero un totale appagamento dei sensi era irresistibile! Senza avere il coraggio di aprire gli occhi la implorò di fermarsi “aspetta un attimo, mi fa troppo male” e quando lei smise di masturbarlo la colse di sorpresa sucando molto forte una tetta e strappandole il grosso pene dalla mano per schiaffarlo da sotto l’accappatoio a contatto delle sue parti intime. La vulcaniana a questa improvvisa mossa sgranò gli occhi paventando di essere impalata in un sol colpo dalla torreggiante colonna di carne, ma non appena il sesso dell’uomo si spinse verso l’alto affondando tra le sue natiche belle sode reagì serrando le gambe quasi a volerlo intrappolare. Il glande fuoriusciva da dietro l’ampio sedere mentre tutta l’asta durissima premeva addosso all’ano e alla fica completamente glabra che veniva anche solleticata dai folti peli del pube di Tucker. T’Pol allora ondeggiò con ritmo calcolato il bacino per strusciarsi lungo il grosso membro e gemette sentendo il clitoride irrigidirsi ancora di più e l’interno della vagina pulsare per l’imminente secrezione di fluidi. “Ti piace così, piccolo mio?” lo incitò dimenandosi sopra il cazzone e il terrestre per tutta risposta le morse leggermente un seno leccando senza posa il capezzolo eretto e sollevò fino all’inguine l’indumento che ricadde sulle sue braccia mentre le afferrava il deretano per agevolarne il moto e aumentare la frizione. La vulcaniana prese a sculacciarlo con entrambe le mani come per invitarlo a smuovere il pene sotto di lei e Tucker ansimando per lo sforzo cominciò quindi anche lui con spinte pelviche ad emulare il coito. La massima goduria si verificava quando il glande scompariva inghiottito dalle stupende natiche e poi riemergeva andando a grattare con la corona l’ano che fremeva per la stimolazione, oppure quando la vagina inumidita sbatteva sul basso ventre schiacciando la peluria e sfiorando i voluminosi coglioni penzolanti. Una incontenibile eccitazione travolse i due amanti che ripresero a baciarsi con furia animalesca appoggiandosi ai rispettivi fondoschiena mentre l’epilogo del breve ma focosissimo rapporto si avvicinava. T’Pol si mise a tremare per l’intensità dell’orgasmo pronto a scatenarsi quando i muscoli addominali si contrassero senza alcun controllo, rimanendo bloccata in attesa dell’abbondante innaffiata di umori vaginali mentre il rigido randello continuava l’incessante sfregamento. La sua fica all’improvviso si allagò all’inverosimile secernendo una quantità impressionante di liquido profumato e lei gridò al culmine dell’estasi “ohh, sto venendo…vengo!”, inarcando la schiena e accarezzando la nuca di Tucker che dopo aver provato la sensazione di essere toccato da una spugna molto umida e del pene che si bagnava, con un grugnito di soddisfazione capì di essere pronto ad eiaculare “anche io…anche io!”. Un primo e copioso fiotto di sborra centrò in pieno il buchetto dell’ano della vulcaniana che avvertì un gran calore espandersi sul grande sedere sodo, un secondo spruzzo invece si perse a un paio di metri dietro di loro perché Tucker aveva spinto tutto in avanti il cazzone in preda alla passione più incontenibile, ma un terzo invece impattò con forza proprio contro la fica squassata dagli spasmi quando Tucker ritirò indietro il suo lungo membro sempre durissimo, deciso a fotterla sul serio e speranzoso di sfondarle la cervice per infilarle almeno il glande fin dentro l’utero. Ma T’Pol aveva rapidamente riacquistato l’autocontrollo e accorgendosi della sua ovvia intenzione lo prese in braccio senza alcuno sforzo apparente dirigendosi verso il letto, decisa a terminare una volta per tutte pur se a malincuore questo incontro imprevisto prima che degenerasse in un amplesso vero e proprio che lei avrebbe fatto durare per delle ore se ne avesse avuto il tempo! Ma adesso non poteva anche se l’istinto quasi la obbligava a gettarsi famelica sul quell’esemplare notevole di sesso maschile umano per massacrarlo e prosciugarlo di ogni goccia di sperma, doveva concentrarsi infatti su Hoshi che a momenti si sarebbe presentata, aveva solo il tempo necessario per rifarsi la doccia e ripulire il pavimento. “Ehi, che fai?” protestò Tucker incredulo di fronte all’inaspettata dimostrazione di forza della vulcaniana che lo depositò con delicatezza sul materasso gratificandolo di una falsa promessa “fai il bravo cucciolo mio, adesso ti farò godere sul serio”. Il grosso fallo svettava provocante ancora rigidissimo tra le gambe del terrestre e T’Pol lo strinse forte sorridendo ammaliante al suo ufficiale preferito, che la guardava con una espressione adorante in attesa di essere deliziato da chissà quale segreta tecnica sessuale vulcaniana. Si passò la lingua sulle labbra cominciando a segarlo lentamente, considerando sul serio di attardarsi per spompinarlo per bene come nessuna femmina umana sapeva fare, ma purtroppo doveva rinviare la resa dei conti. “Baciami, caro Trip” gli sussurrò lasciva distendendosi accanto a lui senza interrompere e anzi accelerando il ritmo e l’intensità della masturbata tanto da farlo gemere per la goduria “e chiudi gli occhi”, concluse avvicinando il suo bellissimo viso e socchiudendo la bocca invitante. La presa vulcaniana paralizzante alla spalla destra causò l’immediata perdita di coscienza senza che la vittima si rendesse conto di quanto stava accadendo. Sospirando rassegnata T’Pol rilasciò il cazzone che già si stava ammosciando resistendo all’impulso di mettersi a sucarlo con violenza, sollevò il giovane terrestre esanime e lo nascose in un angolo del bagno che per fortuna era separato dalla stanza principale dell’alloggio dove si trovava il letto addossato a una parete. Doveva sbrigarsi a togliere ogni traccia imbarazzante della presenza di Tucker e prepararsi a trasformare la timida Hoshi in una perduta e sottomessa schiava del sesso saffico!

Sal

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