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Racconti sull'Autoerotismo

Ottobre

By 10 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

&egrave una mattina di ottobre, una delle prime mattine buie dell’anno; chi si sveglia verso le sei, in questi giorni, si ritrova come in un non-tempo; non &egrave mattina, ma non &egrave più notte. Credo sia in quei momenti che &egrave avvenuta la creazione dei mostri, e forse anche quella delle donne. Le donne, il primo pensiero che sfiora la mia mente quando mi sveglio; e in queste mattine oscure d’autunno non si tratta solo di un pensiero. Ancora a letto, sento i pantaloni del pigiama gonfi e umidi, mi viene la tentazione di toccarmi, anche di masturbarmi, magari; ma ho paura di svegliare i miei. Siamo ancora troppo vicini, in casa, l’intimità può essere solo segreta.

L’erezione resta fino all’ora della levataccia; va bene così, la pesante vestaglia blu impedisce che si veda; si sente, però, e come. Colazione all’italiana, poi un’aspirina, forse un po’ di raffreddore, ma passerà in fretta. Le lezioni iniziano solo alle 10.30, c’&egrave tempo per annoiarsi. Mamma e papà fuori alle 7.25, stachanovisti che non sono altro. Ormai anche l’erezione &egrave passata. Cerco di metterci molto a lavarmi i denti, ma l’orologio sembra farlo apposta, non passa mai il tempo. Allora ricomincio a pensare alle donne, a quelle che vedrò oggi, maliziose e profumate, a quelle che vedo solo d’estate, discinte e lolitesche, a quelle che non vedrò mai. Una volta erano le migliori, quelle che non avrei mai visto, ora meglio andare sul concreto. Un certo stimolo torna a farsi sentire nel basso ventre. Mi cambio, mi tolgo il pigiama blu, fin troppo serio, e la biancheria di ieri. Resto con addosso i soli calzini. Mi guardo il pene, &egrave un vizio che ho sempre avuto; &egrave in posizione di riposo, ma una goccia trasparente, ricordo dei pensieri notturni, cade dalla punta e scompare nel tappeto colorato della mia stanza. Fa freddo, ci vuole una doccia. Apro l’acqua, sempre nudo, e mi tolgo i calzini. Uso il piede destro per grattarmi il polpaccio sinistro. Sta tornando l’erezione, forse all’idea del mio corpo nudo, e di quella luce accesa per contrastare il buio di ottobre. Entro nella doccia, l’acqua calda percuote le mie spalle, i miei glutei, i miei piedi, il mio membro, ormai perfettamente in tiro. Verso un po’ di bagnoschiuma sul palmo della mano, me la passo sul torace, poi sulle gambe. Poi un altro getto di schiuma, questa volta la mia mano lo spalma in mezzo ai glutei, sento il dito medio che carezza l’ano delicatamente; lo sento come se fosse il dito di qualcun altro, come se io non c’entrassi nulla. Il bagno si riempie di vapore, fa male all’intonaco, ammuffisce i soffitti; dovrei muovermi e spegnere il getto d’acqua. Ma la mia mano sul sedere mi trascina altrove; il pene &egrave di una durezza adamantina; inizio a massaggiare il glande con le dita poi racchiudo l’asta in mano e comincio ad andare su e giù delicatamente. Mi vengono in mente le donne, quelle che vedrò tra poco; me le immagino nude, davanti a me, a carezzarsi mentre mi guardano così, vulnerabile, con il sesso tra le mani. Sto per raggiungere l’orgasmo, quando suona il telefono. Coitus interruptus. Esco dalla doccia bagnato fradicio, con una goccia di sprema sulla coscia. &egrave mia zia, vuole avvertirmi che fa freddo, e devo vestire pesante. Io la liquido in men che meno, poi torno in bagno, mi sdraio sul tappetino della doccia, e finisco l’opera. Mi guardo dopo l’orgasmo, come sempre; lo sperma cola dal pene ancora duro. Ce n’&egrave un po’ tra i peli pubici, un po’ sull’apertura della coscia sinistra, ne sento un po’ lungo lo scroto, fino in mezzo alle gambe. Mi alzo e mi ripulisco, felice. Poi, però, guardo fuori dalla finestra. Ottobre &egrave ancora buio, e le mie donne, le vedrò ancora vestite, maliziose e profumate.

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