IL CONVENTO. (1′ parte)
Chi cazzo me l’aveva fatto fare! Avevo sentito parlare di questo nuovo locale di lap dance sperduto nelle campagne, e il mio uccello come al solito aveva deciso per suo conto.
Non importava che il cielo grigio di novembre minacciava tempesta né tanto meno che mi sarei avventurato su strade sconosciute in piena notte con un catorcio che sarebbe stato davvero un grosso complimento definire automobile, avevo voglia di figa ed ero raginevolmente sicuro che in questo supermarket del sesso avrei trovato quello che cercavo!
Così, dopo aver fatto passare le ore che mi separavano dal buio fitto che circonda sempre le notti di sesso smanettandomi il cazzo navigando su siti porno, verso le 23, finalmente mi decisi ad incamminarmi.
Come sempre quando ho voglia di scopare avevo il cuore in gola, e man mano che mi avvicinavo o presumevo di avvicinarmi al luogo dei miei desideri la mia ansia si faceva più pressante.
Il problema era però che continuavo a girare a vuoto, le indicazioni in mio possesso si erano rivelate affidabili fino a un certo punto e ormai, passata la mezzanotte da un bel pezzo mi ritrovavo in aperta campagna, col serbatoio in via di esaurimento e con il cielo nero ogni tanto rischiarato dalle luci dei lampi in lento ma inesorabile avvicinamento.
All’improvviso, preannunciato dal suono secco e violento di un tuono, cominciò un temporale da paese tropicale con la pioggia che si rovesciava a secchiate sul parabrezza dell’auto.
Ormai avevo completamente dimenticato per quale motivo mi trovassi lì e desideravo solo trovare un posto dove ripararmi da quell’improvvisa tempesta.
Procedevo a tentoni in mezzo alla pioggia nella speranza di trovare qualche indicazione per tornare al mondo civile, quando, in lontananza una fioca luce mi fece sperare che finalmente le avventure di quella notte buia e tempestosa (‘lo so lo so, questa potevo risparmiarmela!) volgevano al termine.
Speranzoso mi avviai nella direzione della luce per ritrovarmi senza neanche rendermene conto al centro di un cortile di quello che, all’apparenza, poteva sembrare un convento!
Che ironia, un puttaniere insoddisfatto salvato dalle suore!
Fattomi coraggio, uscii sotto la pioggia incessante per bussare al pesante anello che facevo da campanello al portone in legno massiccio.
Quei pochi secondi che trascorsero fino al momento fatidico in cui i cigolii dei cardini in rotazione mi scaldassero il cuore furono sufficienti perché mi bagnassi fino alle ossa.
Ad aprirmi erano state due suore con in mano un candelabro la cui luce rischiarava le tonalità gialline delle pareti di tufo di un corridoio.
Con poche confuse parole spiegai la situazione e chiesi di potermi riparare nel convento almeno fino al termine del temporale.
Le due religiose mi fecero entrare in fretta e senza dire una parola mi fecero strada fino ad un’ampia sala dove una dozzina di consorelle, inginocchiate su dei banchetti individuali sembravano in preghiera guidate da quella che, per la tonaca del tutto bianca, a differenza di quelle nere delle altre, sembrava la superiora.
Zuppo come un coniglio bagnato osservavo la scena, la sala era molto larga, a pianta circolare, e molto alta, 6 o 7 metri ci separavano dal soffitto, la zona posteriore era occupata dai banchetti individuali ognuno col suo inginocchiatoio, dove le suorine, erano 11, pregavano nelle loro tonache nere con il frontale bianco che incorniciava i visi, al centro della sala c’era una specie di gogna, di quelle medioevali, che immaginai, potesse servire per le penitenze, non senza sorriderne dentro di me, mentre la zona anteriore era occupata da un altare in marmo bianco, completamente spoglio, quasi un tavolo di lavoro di macelleria, sul quale risaltava solo una croce semplice al limite della frugalità, costituita da due semplici rami di quercia a base rotonda tenuti insieme da qualche giro di corda di canapa.
L’altare poggiava su una pedana in tufo dalla quale la madre superiora guidava le preghiere.
Ormai ero lì da qualche minuto ad osservare la scena, per fortuna le mie due accompagnatrici mi avevano fatto fermare vicino ad un camino che riscaldava la grande sala e che mi stava facendo asciugare.
C’era qualcosa di bizzarro che avvertivo in quella scena, ma non riuscivo bene a capire cos’era, una cosa era certa, era il convento di suore con la statura media più alta che avessi mai immaginato, tutte indossavano delle tonache estremamente lunghe che, pur inginocchiate coprivano le estremità, e tutte sembravano molto belle, ancorchè i lineamneti del viso erano piuttosto duri.
La madre superiora, ad occhio sembrava sfiorare il metro e novanta e continuava a recitare delle preghiere in latino incomprensibili alla mie orecchie, ma non per le sorelle, pur se declamate con un filo di voce!
All’improvviso, proprio mentre stavo cominciando a rilassarmi, grazie al calore intenso del fuoco, la madre superiora rivolse il suo sguardo verso di me:
– Sorelle, un altro peccatore ha trovato la via della redenzione, accogliamolo come si conviene e diamogli tutto l’appoggio possibile sulla via della salvezza!
Quelle parole, pronunciate con voce tonante ebbero il potere di scuotermi dal mio torpore, mentre le monache si alzavano e si avvicinavano.
Da una porticina laterale venne una sorella con in mano una ciotola piena di una brodaglia fumante, che mi porse.
Digiuno e infreddolito bevvi avidamente quel liquido assaporandone il gusto leggermente acre e godendomi il calore che mi regalava dall’interno.
Non so cosa ci fosse in quel liquido so solo che immediatamente lo sguardo si offuscò e le mani delle sorelle si poggiarono su di me e cominciarono ad armeggiare con i miei vestiti per togliermeli, mentre svenivo mentre al superiora urlava: Spogliamolo e prepariamolo per la redenzione!
Non so quanto tempo sia passato fino a quando mi risvegliai, so solo che il risveglio non fu dei migliori, mi trovavo legato alla gogna, inginocchiato con le mani e la testa immobilizzate e completamente nudo, alla mercè di quella che, ero sicuro, era una congregazione di fanatiche religiose, non immaginavo neanche quanto fossi distante dalla realtà.
La prima figura che mi trovai di fronte era quella della superiora, era dritta davanti a me, dietro sentivo i mormorii delle altre suore, ma davanti avevo solo quella creatuta statuaria.
Pur infagottata in un pesante saio bianco che le copriva persino i piedi, era una donna di rara bellezza, il copricapo le copriva i capelli, ma il viso era altero e superbo, carnagione mulatta, labbra rosso fuoco (avrei giurato che la monachella si truccasse’) due occhi neri come l’abisso dal taglio leggermente a mandorla e zigomi alti, era davvero una gran donna e l’avrei scopata seduta stante, se fossi stato libero’
In quella situazione, nudo come un verme e alla mercè delle suorine che si beavano alla vista del mio culetto, a dire il vero l’uccello era rientrato nel suo guscio, e non sapevo ancora cosa mi aspettasse!
– Sorelle ‘ cominciò la superiora ‘ oggi abbiamo qui un peccatore che deve trovare la via della salvezza, e come sapete la salvezza passa per l’espiazione, il nostro fratello dovrà subire il contrappasso per tutti i peccati della carne che ha commesso! ‘
Un brivido mi percorse la schiena mentre la superiora con movimenti lenti e studiati cominciò a sfilare dal basso i lacci che le tenevano chiusa la tonaca, dapprima apparirono un paio di stivali di lucida pelle nera dal tacco in acciaio che le arrivavano a mezza coscia, da lì i su, fino ai fianche un paio di eccitanti calze nere a rete autoreggenti, poi un perizoma in pelle nera stranamente rigonfio, l’ombelico ornato da un tatuaggio etnico che non avevo idea di cosa riproducesse e con un piercing minacciosamente appuntito, e poi risalendo quella setosa pelle mulatta un reggiseno senza coppe dal quale spuntavano rigogliose un paio di tette di misura abbondante con scuri capezzoli inturgiditi!
La superiora lasciò attaccato l’ultimo bottone sul collo indossando così la tonaca a mò di mantello, e arringò di nuovo le sue adepte:
– Sorelle è giunto il momento di espiare, io sarò la prima e poi in successione il nostro fratello assaggerà il calice dle peccato da tutte!
In un attimo la maestosa figura slacciò su un fianco il perizoma lasciando che ne sgusciasse fuori un uccello enorme, quasi 25 cm di lunghezza e lo spessore di una torcia elettrica, già in fase di erezione, con alcune gocce di precum che ne ornavano la punta rosso scura, e innervato per tutta la lunghezza dell’asta da pulsanti vene, alla cui base pendevano due globi pelosi e gonfi che non preannunciavano nulla di buono, quais tutte le altre monache imitarono la madre mostrando corpi seducenti e abbigliamenti troieschi, nonché una varietà di membri in erezione che sfidavano per dimensioni quelli degli attori porno più quotati.
Un paio di loro però rimasero alle mie spalle, e mentre tremavo terrorizzato alla prospettiva che mi si presentava, pinzarono i miei testicoli rattrappiti per il terrore e i capezzoli con delle mollette di ferro strettissime che mi strapparono un grido di dolore.
La sigora del convento reagì al mio urlo con un violento manrovescio che mi lasciò un rivolo di sangue che colava dal labbro, e, senza darmi il tempo di riprendermi, mi afferrò la testa per i capelli e, dopo avermi gratificato il viso con uno sputo vischioso, mi tappò il naso per costringermi ad aprire la bocca e ci infilò quel poderoso randello per ben più della metà della sua lunghezza.
In vita mia non avrei mai immaginato che avrei ciucciato un cazzo, l’odore era penetrante, avrei giurato che la badessa avesse pisciato da poco, un misto di sudore, precum e piscio mi invadeva la bocca, e le dimensioni erano tali da impedirmi quasi di respirare, la troia spingeva vigorosamente sempre tenedomi il naso tappato per impedirmi di serrare la bocca, e quando si fermava per permettermi di respirare un filo denso di saliva si dipanava dalla punta arrossata di quel bastone imperioso fino alla mia bocca violata.
Nel gfrattempo alcune suorine, evidentemente annoiate dall’attesa si erano disposte alle mie spalle, e mentre una mi frustava le natiche con forza costringendomi a lacrimare, altre due si dedicavano alacrenmente al mio buco del culo, infilandovi a forza le dita senza alcuna lubrificazione.
Dio, il dolore era continuo, le frustate mi facevano saltare, mentre la superiora mi insultava e continuava a chiavarmi la bocca senza pietà, il retto bruciava per le sevizie e non osavo pensare a cosa mi aspettava.
Avrei voluto scappare ma ero imprigionato e alla mercè di quelle trans scatenate, che, ne ero sicuro, avrebbero fatto i loro porci comodi con me.
D’altra parte, non so se a causa delle droghe che evidentemente erano state disciolte nella minestra o se proprio la cosa fosse piacevole, incominciavo a sentire un certo sommovimento al basso ventre, e mi accorsi di essre in preda ad un’erezione poderosa con tanto di sgocciolio.
Il sapore dell’uccello cominciava a sembrarmi delizioso e stavo succhiando avidamente senza che la superiora dovesse essere ancora violenta.
– Madre?
– Dimmi sorella Thayla
– Ho bisogno di urinare!
– Bene sorella Thayla abbiamo qui il nostro fratello che sarà felice di esserti d’aiuto!
E così sorella Thayla dotata di un cannone di ragguardevoli dimensioni lo mise rivolto al mio viso e mi scaricò in gola un litro di piscio bollente mentre col naso tappato non potevo far altro che tenere la bocca spalancata.
La superiora decise che era il turno delle altre sorelle, la prima era sorella Katja, corpo statuario, caze rosse e zatteroni con zeppa che mi infilò i suoi venti cm di cazzo abbondanti in gola fino alle palle tenendomi la tsta premuta sul ventre per farmelo ingoiare tutto, mentre mi guardava col suo sguardo innocente da ragazzina troppo cresciuta, poi seguirono tutte le altre, Sorella Suzana dal callo taurino che mi riempì la gola di umori, Sorella Lisa dal cazzo duro come l’acciaio e le tette svettanti verso il cielo, con un ciuffetto di peli pubici biondi e un viso angelico da madonna medievale, e poi ancora Sabrina, Tamara, Barbie tutte megadotate e violente nel trapanarmi la bocca con i loro idranti umidi che mi riempirono la bocca di umori intensi lasciandomi con la mandibola slogata, mentre il cazzo colava ormai senza soluzione di conitnuità gli umori dell’eccitazione.
Si mi piaceva essere alla mercè di quelle virago sensuali, dai corpi scolpiti e dalla sessualità ambigua, il sapore di sperma, misto a quello di piscio e di sudore, quei profumi penetranti, mi stavano eccitando oltremisura e avrei voluto avere le meni libere per potermi dare da fare, ma non era così e il timore che quello non era che il primo passaggio di una lunga notte di sevizie, mi impediva di rilassarmi fino in fondo.
Certo quel roteare di corpi lucidi per il sudore, i baci e le carezze via via più sensuali che si scambiavano le monache in attesa che venisse il loro turno mi eccitavano sempre di più, ma sapevo che la superiora era dietro di me, con a disposizione il mio culetto indifeso e questo mi faceva tremare di paura.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…